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Non si comprende tutta questa eccitazione intorno a Kamala Harris.

Tutta questa smania posticcia, costruita a tavolino, preventiva.

È il chiaro segno di un brutto episodio di razzismo al contrario,

quella classica manfrina politically correct che ambisce a creare un personaggio

che deve essere amato, apprezzato, venerato, ritenuto capace prima ancora che proferisca verbo.



A quelli non più giovani, tutti questi salamelecchi intorno alla vicepresidente in pectore
dovrebbero ricordare la bellissima gag che Gianfranco D’Angelo era solito mettere in scena
nella trasmissione anni Ottanta “Drive In”.

D’Angelo, nella parte del signor Armando, si presentava con un cocker completamente sedentario di nome Has Fidanken.

L’eccentrico personaggio esaltava le doti acrobatiche del cane, che voleva spacciare per iperattivo
anche se restava fermo come un sasso a fissare sornione il pubblico,
nonostante il domatore urlasse costantemente il suo nome incitandolo.


Mutatis mutandis, il mainstream sta facendo la stessa cosa con Kamala Harris,

esaltandola prima ancora che dica qualcosa di eccezionale

(poi sicuramente questa cosa eccezionale la dirà davvero prima o poi ?).



Ammettetelo, perbenisti.

Ditelo chiaramente che “scodinzolate” intorno a Kamala solo perché è donna,
figlia di immigrati e calza perfettamente con la vostra narrazione buonista.

Se volete farle un piacere, non trattatela come un panda allo zoo perché,
facendo questa distinzione/elogio razziale e di genere, non le rendete un buon servigio.

E non rendete nemmeno un buon servigio alla causa delle discriminazioni,
le quali sono problema ben più serio di queste macchiette grottesche.

Comprendiamo quanto la pulsione ideologica possa giocare brutti scherzi
ma tra il ridicolo e la convinta militanza, il passo è veramente breve.
 
Nonostante l’incoronazione mediatica di Joe Biden e le successive congratulazioni giunte da mezzo mondo,

non c’è ancora una sicurezza matematica sul reale vincitore delle elezioni presidenziali americane

e su chi sarà il comandante in capo degli Stati Uniti per i prossimi quattro anni.



La pressione dei media, dei social e di alcuni poteri interessati a favore di Biden è evidente e fortissima,

ma Donald Trump, che non è stato abbandonato, come si vuole far credere,

né dalla propria famiglia e nemmeno dal Partito Repubblicano, non ha alcuna intenzione di arrendersi.


Il sentiero è stretto per il tycoon, tuttavia alcuni Stati continuano a contare e a ricontare i voti,
fra questi la Georgia dove si procederà ad un riconteggio manuale, quindi sono ancora possibili sorprese e ribaltamenti.


Per sbrogliare la matassa di un’altra elezione presidenziale complicata,

quella che vedeva contrapposti Al Gore e George Walker Bush nel 2000,

fu necessario attendere per più di un mese, perciò,

indipendentemente dalla simpatia o antipatia per l’uno o l'altro candidato,

sarebbe opportuno riservare un po’ di pazienza anche alla sfida fra Biden e Trump
.


Se poi il vantaggio del primo sul secondo diventerà chiaro ed incontestabile, ne prenderemo tutti atto
e non vi saranno suicidi di massa fra i supporter di Donald Trump.

Pazienza e prudenza, alle quali stanno facendo ricorso persino le altre due potenze globali, Russia e Cina,
che non sono proprio amiche, soprattutto la seconda, dell’America trumpiana,
e dovrebbe imporre delle riflessioni il fatto che sia Vladimir Putin che Xi Jinping non si siano ancora sbilanciati
con le congratulazioni al presidente eletto, secondo le proiezioni mediatiche, Joe Biden.


Esiste però una parte dell’America e del mondo, potente e forte,

che pretende subito un risultato netto di queste presidenziali

ed è disposta anche a calpestare garanzie e valori della democrazia americana pur di ottenerlo.



Colui che nel 2016 umiliò a sorpresa Hillary Clinton ed un certo sistema di potere,

deve rappresentare un incidente della Storia da estromettere dalla politica il più presto possibile.


A chi ha tutta questa fretta, si è accodato anche il Papa,
che ha già provveduto a telefonare a Joe Biden, promettendogli anni sereni di lavoro comune.


Non sorprende nemmeno più di tanto la “benedizione” bergogliana

perché l’agenda politica di questo Pontefice, è disinteressata a livello spirituale,

ma attiva sul fronte delle istanze globali radical-chic.


Non a caso, egli confida di lavorare bene con Biden sul clima,

ossia sulla difesa dell’ambiente trasformata in ideologia illiberale ed anti-economica,

sui poveri,

cioè tramite il pauperismo socialista,

ed infine sui migranti,

e vale a dire attraverso il terzomondismo irresponsabile.


Jorge Mario Bergoglio
chiama Joe Biden in particolare perché un’eventuale presidenza Biden,

a differenza dell’amministrazione Trump,

sarebbe maggiormente funzionale ai desiderata della Chiesa di questo tempo, così politicizzata e partigiana.
 
Vi riportiamo l’articolo di un giornalista di Las Vegas , Victor Joecks,
che è riuscito a votare 8 volte nella Clark County (la contea dove sorge la nota città dei divertimenti)
tramite il voto postale, verificato solo con la firma. Vediamo cosa dice:



I funzionari della Contea di Clark hanno accettato la mia firma
su otto buste di ritorno delle schede elettorali durante le elezioni generali.

È un’ulteriore prova del fatto che la verifica della firma è una misura di sicurezza imperfetta.

Per mesi, i funzionari elettorali hanno detto agli abitanti del Nevada di non preoccuparsi delle schede
che si accumulavano nei bidoni della spazzatura degli appartamenti o che venivano inviate a indirizzi sbagliati.


“Le schede elettorali scartate non possono essere ritirate e votate da chiunque”,
direbbe un foglio informativo del segretario di stato.


“Tutte le schede elettorali devono essere firmate sulla busta di ritorno della scheda”.

Questa firma viene usata per autenticare l’elettore e confermare che è stato effettivamente l’elettore e non un’altra persona a restituire la scheda”
.


Volevo testare questa affermazione simulando ciò che potrebbe accadere se qualcuno restituisse schede che non gli appartengono.

Molte persone hanno avuto questa opportunità.

Billy Geurin, un abitante di Las Vegas di 10 anni, ha trovato cinque schede gettate nel suo appartamento.

Un lettore mi ha inviato per e-mail una foto di una pila di posta sul ciglio della strada, che includeva schede sciolte.

Ci sono numerose foto di esempi simili sui social media.


Nove persone hanno partecipato a questo test.

Ho scritto i loro nomi in corsivo usando la mia normale calligrafia.

Hanno poi copiato la mia versione del loro nome sulla loro busta elettorale.

Questo processo in due fasi è stato necessario per garantire che non venisse infranta alcuna legge.




Lunedì ho chiesto al cancelliere della contea di Clark, Joe Gloria, di questo scenario.

Se le schede firmate da qualcun altro
“fossero arrivate, avremmo ancora la capacità di valutare della firma su cui fare affidamento per l’identità”, ha detto.

Alla domanda se era sicuro che la salvaguardia avrebbe identificato quelle schede, ha detto:
“Sono sicuro che il processo ha funzionato durante tutto il processo”.


Si sbagliava.

Otto delle nove schede sono state esaminate.

In altre parole, la verifica delle firme ha avuto un tasso di insuccesso dell’89 per cento nella raccolta di firme non corrispondenti.


Questo potrebbe spiegare come una scheda “firmata” da Rosemarie Hartle, morta nel 2017,
abbia superato la verifica delle firme, come riportato da 8 News Now.

Potrebbe spiegare come a Jill Stokke, residente da tempo a Las Vegas,
sia stato detto che la firma sulla sua scheda corrispondeva, anche se ha detto di non averla mai ricevuta.



Nessuna verifica dell’identità, voto postale pessimo, possibilità di votare per altri.

Questo è stato il voto negli USA: praticamente una caricatura di democrazia.
 
Secondo una certa teoria sociologica, il potere, nella società americana,
deriverebbe dalla confluenza degli interessi delle élites economica, politica e militare, i cui interpreti, spesso, si alternano o scambiano ruoli.

Testimoniava questa convergenza di interessi, il messaggio di commiato del monumentale Dwight David Eisenhower
(repubblicano, conservatore e liberale) che, da ex-militare e prossimo ex-presidente, avvertiva la nazione dei pericoli del complesso economico-industriale e militare.

E non sorprenda che le presidenze democratiche (incluso l’amato, dal fronte progressista, Barack Obama)
abbiano, storicamente, sempre dato larga sponda a interventismo e spesa militare.

Quasi tutti i principali conflitti o confronti militari dell’epoca contemporanea si sono verificati sotto amministrazioni democratiche:

le due Guerre mondiali,

il primo e fortunatamente unico ricorso all’arma atomica,

Corea,

crisi dei missili di Cuba,

Vietnam,

intervento in Libia.

Anche la guerra in Iraq, scatenata dal repubblicano George Walker Bush, non mancò di avere il convinto supporto dei senatori dem.


La famosa risoluzione 114 che ne forniva i mezzi finanziari vide, in primo piano, il voto convinto del presidente della Commissione senatoriale dell’epoca: Joe Biden.

Bernie Sanders non mancò di usare l’argomento ripetutamente contro l’avversario alle primarie democratiche.

Il tema è poi, stranamente, sparito dalla lente dei media, durante la campagna politica per le elezioni di novembre.



Il predecessore Obama ebbe l’onore anticipato del premio Nobel per la pace senza, nonostante questo, sentirsi trattenuto, poi, dall’avere,
ogni giorno della sua presidenza, soldati americani “boots on the ground”, come dicono loro, ossia dispiegati in combattimento su qualche fronte.


Al contrario, il disimpegno militare promosso dall’Amministrazione di Donald Trump ha, sin dall’inizio del mandato,
attirato le critiche dei settori progressisti, riluttanti ad abbandonare il ruolo americano di poliziotto del mondo ed “esportatore di democrazia”.

Le accuse di isolazionismo sono riecheggiate nelle cancellerie europee dei Paesi ai quali Trump aveva chiesto maggior condivisione degli oneri dell’Alleanza atlantica.

La posizione anti-interventista si è riflessa anche nel difficile rapporto tra il presidente e il Pentagono.


Poco risalto e merito è stato, invece, dato dalle opposizioni alla risoluzione, con le sole armi della diplomazia,
di importanti snodi nel quadrante dei rapporti tra Israele e Paesi della regione e di altri dossier.

E con poca eco sui media persino della potente lobby editoriale ebraica, da sempre, sostenitrice delle posizioni di Israele in Medio Oriente.

In campo economico, i risultati della politica svolta dalla presidenza Trump – concentrati sulla riduzione delle tasse e della spesa comprimibile
(in Usa, per quanto si pensi il contrario, il principale capitolo di spesa non è il bilancio della difesa ma il welfare) –
si riflettono nella miglior performance dei principali indicatori:

crescita del Pil,

picco dell’occupazione,

aumento di consumi e investimenti,

boom delle principali borse.


Eppure, nonostante ogni segmento della vita economica del Paese ne sia risultato beneficiato e, in campo internazionale,
il quadriennio sia stato tra i più pacifici delle presidenze Usa,
le principali élites del Paese hanno manifestato una crescente ostilità verso la presidenza Trump.


Infatti, il presidente non rappresentava nessuna di quelle tre élites – perché è un maverick
(termine che in origine definiva un capo di bestiame non marchiato e, oggi, in senso traslato, a connotare persona con comportamenti eterodossi o anticonformisti) -
sembrerebbe aver “disturbato” la tradizionale struttura di esercizio del potere.


Non a caso, Trump ha tanti avversari in campo politico quanti nemici nel campo dei media,

nell’establishment e tra le più influenti powerhouses di Wall Street.


Mutatis mutandis
– ossia ridefinite le élites, la loro reale agenda e le relative nomenclature
si potrebbe dare analoga lettura della traiettoria politica della Seconda Repubblica italiana e dei suoi principali interpreti.

In attesa del sereno giudizio della storia.
 
Olalè Olalà


Il 13 novembre il sindaco di Pesaro Matteo Ricci firmava l’ordinanza che impone l’obbligo di circolazione pedonale a senso unico in alcune strade del centro storico.

Un senso unico per i pedoni durante il week end, dalle 15 alle 20, con lo scopo di limitare la diffusione del virus diminuendo l’afflusso delle persone del centro.

Del resto è noto che i virus rispettano i sensi unici.



Si tratta di una disposizione che ha fatto discutere molto i cittadini e che ha sollevato le proteste del ristoratore Umberto Carriera che ha così commentato sui social:


“Ma vi rendete conto che ci stanno ridicolizzando sotto ogni punto di vista?
ADESSO DECIDONO ANCHE IN CHE SENSO DI MARCIA DOBBIAMO CAMMINARE!!! Cittadini o burattini?”.



In segno di protesta domenica ha dunque deciso di ‘camminare liberamente’ nel centro di Pesaro
e, per entrare in un negozio, ha violato il senso di marcia imposto ai pedoni.

È quindi stato seguito dalla polizia che gli ha chiesto di fornire i suoi dati.

Il ristoratore ha filmato l’accaduto e lo ha diffuso attraverso i social, accompagnando il video con queste parole:

“Gli agenti di polizia, con uno stipendio non all’altezza del loro ruolo, vengono mandati a fare la caccia all’uomo.
Sono stato inseguito in centro storico, mentre facevo acquisti per aiutare i negozi in difficoltà ,
perché non ho rispettato il senso di marcia imposto (?!).
Ho comprato dei libri, una camicia e dei vestiti per mio figlio.
L’agente, al quale va il mio più grande sostegno, ha dichiarato che i Dpcm hanno CALPESTATO la Costituzione“.



Vi sembra possibile ??

 
È l’ultimo dei pensieri, adesso, dopo aver visto morire l’amico praticamente davanti ai propri occhi.
Un momento che non si può dimenticare, tanto che lui, il testimone della tragedia, non ne vuole parlare.


La tragedia è quella della morte di Simone Massetti, sabato pomeriggio, runner di 34 anni scivolato sulla cresta del monte Palino.

L’amico che era con lui, 32 anni, di Castello dell’Acqua, testimone di quella scivolata,
colui che ha chiamato i soccorsi e ha sperato fino all’ultimo di rivedere vivo il compagno,
è stato multato dai carabinieri per violazione del decreto sugli spostamenti in zona rossa.

Lui e Simone erano saliti a 2.400 metri lungo la cresta che dà sul versante della Val di Togno, nel territorio comunale di Spriana.
Iscritti entrambi all’associazione sportiva dilettantistica Castelraider, si stavano allenando.


La cifra non è stata specificata, ma sono almeno 400 euro, probabilmente di più, 533 euro,
per l’aggravante di essersi recato in automobile fuori dal suo Comune di residenza.


Ma di questo ora il giovane di Castello Dell’Acqua non vuole parlare, perché, davvero, è l’ultimo dei suoi pensieri,
l’ultimo dei problemi dopo quello che ha vissuto sabato.

Il 32enne di Castello dell’Acqua, dopo aver vissuto uno dei peggiori momenti della sua vita, si è visto notificare la pesante sanzione.

La sanzione applicata dai carabinieri merita però di essere spiegata,
perché francamente non c’è molta chiarezza su alcune interpretazioni dell’ultimo Dpcm,
che forse potrebbero rivelarsi utili per gli altri sportivi.

Secondo i carabinieri non poteva trovarsi dov’era, vale a dire sul territorio di un altro Comune rispetto a quello dove risiede,
e di conseguenza non ha rispettato le disposizioni del Dpcm.


Intanto tra i tanti amici che hanno voluto ricordare Simone Massetti, il runner di 34 anni di Sondrio
che ha perso la vita, c’è anche la campionessa di short-track Arianna Fontana.
 
Secondo l’ultimo sondaggio YouGov / The Economist,

l’86% degli elettori di Trump crede che Biden “non ha vinto legittimamente le elezioni”,

mentre il 73% afferma che “non sapremo mai il vero risultato di queste elezioni”.



Il sondaggio rivela anche che la maggioranza degli elettori (53%) pensa che il presidente Trump abbia vinto contro Biden (47%),
secondo il giornalista di dati dell’Economist G. Elliott Morris.


Nel frattempo, l’88% degli elettori di Trump afferma di credere che
“gli immigrati illegali abbiano votato in modo fraudolento nel 2016 e ci abbiano riprovato nel 2020”,

mentre il 90% crede che “le schede elettorali per corrispondenza vengano manipolate per favorire Joe Biden”.


C’è poi una deriva un po’ preoccupante:

il 46% dei repubblicani pensa che “alcune persone non siano abbastanza intelligenti da votare” (contro il 27% dei democratici),

ed il 43% dei repubblicani pensa anche che le persone dovrebbero superare un test prima di votare (contro il 15% dei Dem).


Questo mostra un’America spaccata in due ed in modo veramente radicale.

Trump non accetta la sconfitta anche perchè il suo elettorato non la accetta,
sente puzza di brogli e vuole un’azione immediata, e quindi il Presidente mette in moto i legali:

l’ex procuratore federale Sidney Powell, avvocato della campagna di Trump,
ha suggerito in un’intervista di domenica che emergono sempre più prove delle affermazioni del presidente Donald Trump sulle frodi ed irregolarità elettorali.


“Ci stiamo preparando a ribaltare i risultati delle elezioni in più stati”, ha detto Powell,
affermando di avere prove sufficienti di frodi elettorali per avviare un’indagine penale su vasta scala.


“Non faccio commenti senza avere le prove a sostegno”, ha aggiunto,
dicendo che il software elettorale ha cambiato “milioni di voti” da Trump al candidato democratico Joe Biden.


Powell in particolare ha fornito consulenza legale al generale Michael Flynn nel 2019.

È stata nominata nel team legale di Trump negli ultimi giorni.


Powell tra l’altro ha affermato che un informatore si è fatto avanti per testimoniare
che il software per lo spoglio delle schede è stato progettato per “truccare le elezioni”,
riferendosi ai sistemi di voto Dominion Voting Systems e Smartmatic.


Un’inchiesta penale su larga scala avrebbe ricadute difficili da prevedere.
 
Secondo la NBC di Los Angeles, due californiani sono stati incriminati per 41 accuse di frode elettorale
dopo aver presentato migliaia di richieste di registrazione fraudolenta di elettori per conto di persone senza fissa dimora, secondo la NBC di Los Angeles.


Carlos Antonio De Bourbon Montenegro, 53 anni, e Marcos Raul Raul Arevalo, 34 anni,
sono accusati di cospirazione per frode elettorale, otto capi d’accusa per frode elettorale,
quattro capi d’accusa per aver procurato e offerto uno documento falso o contraffatto
e quattro capi d’accusa per aver interferito con il rapido trasferimento di una dichiarazione giurata completata,
secondo l’ufficio del procuratore distrettuale della contea di Los Angeles.


Il Montenegro deve inoltre affrontare altri 10 capi d’accusa per frode elettorale,
sette capi d’accusa per aver procurato e offerto uno strumento falso o contraffatto,
due capi d’accusa per falsa testimonianza e cinque capi d’accusa per aver interferito con il rapido trasferimento di una dichiarazione giurata compilata.


L’ufficio del procuratore distrettuale dice che il Montenegro ha presentato
più di 8.000 richieste di registrazione fraudolenta degli elettori tra luglio e ottobre 2020.


È anche accusato di “aver falsificato nomi, indirizzi e firme sui documenti di nomina sotto pena di spergiuro per la candidatura a sindaco della città di Hawthorne”.


Montenegro rischia una pena massima di 15 anni e otto mesi nel carcere di Stato, mentre Arevalo rischia un massimo di sette anni.


C’è da chiedersi per chi lavoravano gli uomini, e quanti altri agenti stessero facendo la stessa cosa?

Si stima che in California ci siano 151.000 senzatetto – il che significa che il Montenegro e Arevalo avrebbero coperto oltre il 5% della popolazione senza fissa dimora dello Stato.


A febbraio, nove persone erano state accusate di aver pagato i senzatetto per utilizzarne i voti.
 
Il CEO di Twitter, ̶O̶s̶a̶m̶a̶ ̶B̶i̶n̶ ̶L̶a̶d̶e̶n̶ Jack Dorsey (ah scusate, la foto mi ha confuso)
afferma che la sua piattaforma ha censurato con etichette negative 300.000 tweet relativi alle elezioni,
tra cui oltre 50 dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, nel corso di due settimane.

Dorsey, insieme al fondatore di Facebook Mark Zuckerberg e al CEO di Google Sundar Pichai,
è tornato martedì al Congresso per affrontare le domande sul ruolo dei social media nell’influenzare la politica,
in particolare le elezioni presidenziali del 2020.


Twitter ha probabilmente affrontato le critiche maggiori,
poiché la piattaforma continua a etichettare i tweet del presidente che denunciano la frode degli elettori come “fuorvianti”.


Dorsey ha rivelato che circa 300.000 tweet relativi alle elezioni hanno ricevuto l’etichetta “fuorviante” tra il 27 ottobre e l’11 novembre,
il che equivale a circa lo 0,2% dei tweet relativi alle elezioni. Più di 50 di questi provenivano dallo stesso Trump.


“In vista delle elezioni del 2020, abbiamo apportato miglioramenti significativi alle nostre politiche per proteggere l’integrità delle elezioni.
In particolare, quest’anno, abbiamo aggiornato la nostra politica di integrità civica per applicare in modo più completo l’etichettatura
o la rimozione di informazioni false e fuorvianti “, ha affermato Dorsey.


I legislatori repubblicani hanno specificamente preso di mira Twitter per la sua decisione di ottobre di sopprimere un articolo del New York Post
su un laptop presumibilmente appartenente a Hunter Biden, figlio di Joe Biden, che conteneva immagini illecite,
così come le e-mail che insinuavano che l’ex vice presidente fosse coinvolto con suo figlio in affari esteri.

Qualcosa che ha negato a lungo. Dorsey ha ammesso che la soppressione era “sbagliata”.


Naturalmente chi ha deciso che una cosa fosse giusta ed un’altra sbagliata?

Gli uomini di Jack Dorsey, tutti santi, eroi e navigatori al di sopra delle parti.

Basta che ci crediate… Intanto però Parler.com sta esplodendo, letteralmente.
 
La Georgia ha deciso di procedere al riconteggio manuale delle schede, in modo tale che non vi fossero più contestazioni.

I risultati di questa scelta coraggiosa e controcorrente stanno iniziando a rivelarsi.


Nella contea di DeKalb il controllo ha portato a svelare 9626 schede, diciamo così, sbagliate.

Uno dei delegati del partito repubblicano ha scoperto che un gruppo di schede era stato etichettato come 10.707 per Biden e 13 per Trump,
un margine improbabile anche per gli standard DeKalb.

Il conteggio effettivo per il lotto era 1.081 per Biden e 13 per Trump “, ha scritto David Shafer su Twitter il 18 novembre.

Nel frattempo in altre tre contee sono state trovate urne piene di schede, per la maggior parte a favore di Trump,
il che ha ridotto di alcune migliaia di voti il vantaggio di Biden nello stato.



FLOYD COUNTY, GEORGIA! pic.twitter.com/mIZ5rmdkvw
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) November 18, 2020




Però la battaglia non è ancora finita: i legali di Trump affermeranno al segretario di stato della Georgia
che il riconteggio è inutile senza un controllo delle firme e della calligrafia delle ricevute di ritorno.

Le ricevute devono essere scritte a mano proprio per permettere il controllo della calligrafia,
per essere sicuri che chi ha ricevuto la scheda sia lo stesso che h votato.

Un processo molto più lungo rispetto al l semplice riconteggio manuale.


Sicuramente , dopo la scoperta di questi clamorosi errori, il team legale di Trump sarà ancora più motivato nelle contestazioni.
 

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