Sabato 11 dicembre 2010/ borsa e finanza.pag5
l'esplosione del problema del debito
dell’Eurozona e il relativo salvataggio
di alcuni suoi Paesi periferici
come Grecia e Irlanda ha attenuato
nelle ultime settimane il ruolo attivo
e monopolista del presidente
della Federal Reserve di salvatore
dei mercati finanziari internazionali, portando in auge davanti
al parterre mondiale i titoli istituzionali della Banca
Centrale Europea e del Fondo Monetario Internazionale.
Come noto, infatti, Bce e Fmi, unitamente all’Unione Europea
hanno steso una rete di contenimento contro il disfacimento
di una delle colonne del sistema finanziario
planetario, l’Eurozona. Dunque le poltrone di ciascuna di
queste due istituzioni monetarie rappresentano «panchine
» importanti, che nel 2011 potrebbero essere oggetto di
un turnover. Con implicazioni profonde per gli equilibri
finanziari internazionali.
Nel caso della Banca Centrale Europea, il cambio-panchina
è un atto dovuto. Nell’ottobre del 2011 scadrà il mandato
dell’attuale numero uno Jean-Claude Trichet. Il suo stile
di gioco si è basato su due idee fondamentali: indipendenza
dell’istituto e coerenza con il mandato da statuto di tenere
a freno l’inflazione. A dire il vero, con l’acuirsi della crisi
Trichet ha dovuto smussare questo secondo obiettivo, modellandolo
verso la difesa dell’euro e dell’integrità dell’area
della moneta unica. In ogni caso ha ottenuto, almeno
finora, i risultati che voleva raggiungere. Come giocherà
la squadra dell’Eurotower nel dopo Trichet? Dipenderà,
ovvio, dal nome del sostituto. I candidati sono noti: ormai
sembra essere uno scontro a due tra Axel Weber, con i pantaloncini
nerogiallorossi made in Germany, e Mario Draghi,
vestito del tricolore biancorossoverde sfumato verso
quello francese e ancora di più verso una bandiera addirittura
sovranazionale. Il transalpino Trichet si è chiamato
fuori dal fare pronostici. Pressato dai giornalisti, non ha
voluto rispondere a una domanda circa la possibilità che il
suo sostituto alla presidenza Bce possa essere il governatore
della Bundesbank Axel Weber.
Il candidato tedesco, da tempo il favorito, addirittura dato
per certo alla presidenza da alcuni osservatori come moneta
di scambio richiesta da Angela Merkel per il via libera
della Germania agli aiuti alla Grecia, si sta complicando
da solo la corsa alla panchina più prestigiosa dell’Eurozona.
Amaggio Weber prese a sorpresa le distanze dalla decisione
della Bce di comprare titoli dei Paesi travolti dalla
speculazione. Un disallineamento dalla linea guida dell’Eurotower
che a più di un analista ha fatto storcere il
naso e mettere in dubbio le capacità del numero uno della
Buba di restare fermo nel principio di coerenza che deve
contraddistinguere una squadra come quella del board
della Bce. Ma non è l’unico passo falso fatto dal «mister»
della Bundesbank. Anzi. Non perde occasione per sottolineare
la sua impostazione tedesca in termine di rigore e
d’inflessibilità. E qui il rischio potenziale è il venire meno
dell’indipendenza di una Bce sottoposta alla sua leadership
che sarebbe tentata dal seguire la sirena di Berlino.
Indipendenza che resta una qualità imprescindibile per
una corretta azione da parte dell’Eurotower. Non si può
infine non citare il fatto che poche settimane fa ha detto
che il fondo europeo da 750 miliardi di euro potrebbe essere
ampliato. Una sortita che gli sarà costata quanto meno
una tirata d’orecchie. La sua «germanicità» da punto di
forza rischia quindi di diventare punto di debolezza. In
questo momento la Germania occupa già un ruolo dominante
nell’Eurozona a livello politico e decisionale. E va
bene. Ma aggiungerci una Bce, che tra l’altro ha la sede
nella teutonica Francoforte, dal vertice con l’imprinting
tedesco, rischia uno sbilancimento all’interno della Ue16
che potrebbe scontentare diversi Paesi. Non è certo un
caso che il ministro dell’Economia della Germania, Rainer
Bruederle, ha risposto, durante una conferenza all’Associazione
stampa estera a Roma a chi gli chiedeva se Berlino
accetterebbe un non tedesco alla guida della Bce, che
la questione rilevante sul chi sarà il prossimo presidente è
«la qualità della persona, non la sua nazionalità». Beh, se
veramente fosse così, il governatore della Banca d’Italia,
Mario Draghi, avrebbe molte chance di vittoria. L’economista
che presiede l’osservatorio economico francese
Ofce, Jean-Paul Fitoussi, ha definito l’attuale presidente
del Financial Stability Forum il candidato più qualificato
di quelli in corsa. Draghi nella funzione di coordinatore di
quell’organismo sta ridisegnando l’architettura finanziaria
globale. E l’ultimo G20 ha già approvato le regole su Basilea
3 proposte dalla squadra da lui diretta. Il numero uno
di Bankitalia può mettere sul piatto anche la coerenza di
un sistema bancario che pur con tutti i suoi limiti, costi e
storpiature ha retto alla crisi finanziaria meglio di tanti altri
Paesi. Non solo. Ha fatto dell’indipendenza la sua bandiera.
Sia a livello politico interno, sia come guida di un
organismo internazionale come il Fsf.Ese la panchina dove
ora siede Trichet fosse affidata a lui, probabilmente
non ci sarebbero strappi pericolosi, soprattutto in tempi
di crisi, tra le due gestioni dell’Eurotower.
Altro posto caldo per il 2011 è quello di numero uno dell’Fmi.
Per carità, il mandato dell’attuale presidente, Dominique
Strauss-Kahn, o Dks comelo chiama la stampa internazionale,
scade solo nel 2012. Ma c’è chi ipotizza già da
tempo una sua discesa in politica in Francia. Ipotesi che si
è rafforzata nelle ultime settimane visto che per la prima
volta da quando è alla guida dell’Fmi, Dks ha accettato di
ipotizzare l’identikit di un suo possibile successore, alimentando
così le voci che lo vogliono candidato alle presidenziali
francesi del 2012. Se fosse vero si dovrebbe candidare
alle primarie dei socialisti francesi contro Sarkozy entro
giugno prossimo, lasciando vacante la panchina dell’organizzazione
che a sede a NewYork. Chi potrà sostituirlo?
Il nome migliore potrebbe essere ancora Mario Draghi.
FABRIZIO GUIDONI
buona Domenica a tutti del 3d