Titoli di Stato Italia Trading Titoli di Stato IV° (Gennaio 2012 - Dicembre 2012) (4 lettori)

Baro

Umile contadino
Mi sono proprio divertito oggi, e sono tornato liquido :up:

Buon fine settimana a tutti!! :ciao:
Stessa cosa ma al contrario il mio ptf è solidissimo e non vendo nulla...su Ucg18 non mi hanno servito mentre mi son comprato ancora un po' di immondizia greca...sapete il detto che quando si fa un errore spesso si ripete...
 

Baro

Umile contadino
Cronaca del primo incontro dell'associazione Fermiamoildeclino di Oscar Giannino

Caro G.,
ti invio la mia cronaca – da un parzialissimo punto di vista – della serata al Dal Verme. A me è sembrata un’iniziativa interessante e promettente.
Mi ha colpito un’immagine evocata dal prof. Zingales: c’è un cartello ben in vista sul Gran Canyon: “non date da mangiare agli animali selvatici” e la guida spiega: “altrimenti si abituano e perdono la capacità di procurarsene da soli”.
Può essere anche questa una delle ricette per superare la crisi di crescita dell’Italia di oggi, stretta tra una legislazione criminogena e prolissa, un fisco poliziesco e asfissiante, sussidi alle imprese e ai media, privilegi di casta.

Per allentare intanto la morsa fiscale sulle imprese non sussidiate – la prima ricetta da applicare – c’è un solo metodo: togliere i privilegi ai beneficiari dei sussidi improduttivi, qualche impresa fallirà, quelle che sopravvivranno avranno imparato a stare in piedi da sole, proprio come gli animali selvatici del Gran Canyon.
La seconda ricetta è abbassare ulteriormente la spesa pubblica attraverso la riduzione degli enti pubblici, attraverso l’eliminazione radicale dei privilegi e degli stipendi di amministratori e boiardi di stato. Il confronto con nazioni estere – occidentali – è imbarazzante: Obama guadagna meno di un presidente di regione italiana qualsiasi, ma su questi argomenti Rizzo e Stella hanno ampiamente informato gli Italiani.
La terza ricetta è abbassare ancora di più la spesa pubblica attraverso una vera ed efficace semplificazione delle farraginose procedure previste dalle innumerevoli regole italiche: meno funzionari ed impiegati pubblici a sorvegliare cose del tutto inutili. Meno adempimenti per le imprese, meno consulenti a carico delle imprese e degli enti pubblici, “interpreti” dei demenziali metalinguaggi della burocrazia e della legislazione italiana.

Solo al termine di queste fasi di riduzione della spesa pubblica, si potrà, gradualmente abbassare la pressione fiscale e far respirare le imprese. In certi casi di potranno raggiungere più rapidamente gli obiettivi.
In parallelo occorre promuovere il merito sulla raccomandazione nelle carriere e negli incarichi pubblici e privati, senza tentennamenti o preferenza di genere, di razza e di religione: c’è un mondo femminile che non fa carriera e che non ha bisogno di essere umiliato da quote rosa decise “per legge”, sarebbe sufficiente riconoscere i meriti delle donne per promuoverle a posizioni dirigenti; la stessa cosa varrebbe per i giovani e per gli immigrati, che sovente studiano e lavorano sodo senza ottenere un adeguato riconoscimento, ostacolati da mille fattori di blocco sociale.

In estrema sintesi sono questi alcuni dei messaggi usciti dal primo incontro tra gli aderenti lombardi di “fermare il declino” con i loro fondatori Michele Boldrin, Sandro Brusco, Alessandro De Nicola, Oscar Giannino, Andrea Moro, Carlo Stagnaro, Luigi Zingales.
In un Dal Verme gremito di 1.500 persone, con 400 rimaste fuori ad ascoltare con diffusori sonori, i promotori dell’iniziativa hanno intrattenuto il pubblico con le loro ricette di libero mercato e di libertà di impresa, ottenendo spesso applausi a scena aperta. Di entusiasmo vero si è trattato, specie per gli interventi dei professori Boldrin e Zingales e per le conclusioni di Giannino.

Zingales ha esordito raccontando come la parola “crisi” in cinese è rappresentata da due ideogrammi uniti, il primo indica paura, il secondo opportunità. Noi ci troviamo in una situazione di opportunità; l’opportunità è rappresentata dal sostanziale fallimento del sistema, che è tecnicamente involuto su se stesso: non si può pagare il debito senza crescita, non si può crescere nell’oppressione – fiscale e legislativa – delle imprese e dei lavoratori. Dunque si è obbligati a una svolta vera, non limitata a falsità verbali propagandate dai media asserviti al potere. Per una volta, se si abbandonano i consueti schematismi delle ideologie del secolo scorso, “padroni” e lavoratori hanno un interesse comune; se si prendono ad esempio gli accordi industriali e sindacali tedeschi o americani si può ricominciare a crescere e a guadagnare. Nel nuovo orizzonte politico non è rappresentato da destra e sinistra, categorie obsolete, ma tra statalisti parassiti e produttori di reddito, espropriati dei loro beni attraverso un sistema iniquo ed asfissiante.
Siparietto tra Zingales e Boldrin, quando il primo ha ricordato al secondo come gli economisti italiani di formazione marxista vanno negli States e ritornano liberali…

Boldrin ha ricordato come il governo Monti abbia riportato l’Italia in un alveo di serietà e presentabilità, in precedenza fortemente compromesso dai governi di centro destra, anche se per formazione e condizionamenti parlamentari non ha potuto mettere in pratica decisive azioni di governo, ma, con l’eccezione della timida riforma Fornero, ha sostanzialmente vivacchiato cercando di tenere a bada lo spread. Un linguaggio franco, essenziale, che mira al sodo. Ha raccontato che da quando va in televisione e ha contribuito alla nascita di questo movimento, molti esperti d’immagine si sono proposti come consulenti, suggerendogli un certo linguaggio, ceri argomenti, certi vestiti. Lui era in giacca e camicia aperta, pantaloni sobri senza particolari tagli alla moda, scarpe molto diverse da quelle di D’Alema e non gli interessa dire alla gente quel che la gente vuole farsi dire.

Ma il pezzo forte sono state le conclusioni di un Giannino in gran forma che ha esordito gridando forte e chiaro come il nemico numero uno del movimento sia Silvio Berlusconi e il suo partito falsamente liberale; Berlusconi ha rappresentato 15/18 anni di politiche interventiste dello stato centrale a danno della spesa pubblica e a danno dei patrimoni dei cittadini derubati dal fisco; Berlusconi ha dato un colpo mortale alla reputazione internazionale dell’Italia, dell’etica condivisa, della morale, del principio di autorità, non mettendo in atto nessuna delle riforme liberali di cui aveva tanto blaterato. Il PD, che rappresenta comunque la continuità sostanziale di queste politiche stataliste, non ha per lo meno mai ostentato certi argomenti.

Inutile ricordare che questo nuovo movimento sarà fortemente osteggiato da tutti quelli che beneficiano di posizioni privilegiate garantite dal sistema.
 

stefanofabb

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