La guerra dei tassi: ecco perché la politica economica ormai è affare delle banche centrali
Ciò vale per la stessa Bce anche se i tassi sull’euro sono vicini a zero (0,5% la media ponderata reale). Mario Draghi ha detto chiaramente che resteranno bassi a lungo e la Banca centrale europea è intenzionata a stampare altra moneta per comperare titoli di stato e anche privati. Una scelta nient’affatto scontata anche perché in Germania, presso l’alta corte di Karlsruhe gli oppositori della linea Draghi hanno rialzato la testa. I giudici debbono esaminare oltre duemila querele contro il quantitative easing e la riduzione dei tassi. «Gli interessi debbono salire non scendere ancora», sostiene Annegret Kramp-Karrenbauer che ha preso il posto di Angela Merkel alla testa della CDU. «È il più grande esperimento di politica monetaria nella storia umana e noi siamo le cavie», sostiene Gabor Steingart commentatore del quotidiano economico Handelsblatt. In effetti la Bce si è avviata in terra incognita, come ha ammesso lo stesso Draghi, arrivando a tassi negativi, ben più in là della Fed per la quale un interesse sottozero è un nonsense. La Frankfurter Allgemeine Zeitung, il giornale che rappresenta il Mittelstand, quella media industria pilastro del Modell Deutschland, si inquieta sugli effetti collaterali di un denaro così a buon mercato soprattutto sulle banche le quali vedono ridursi al minimo i margini tra tassi attivi e passivi e, di conseguenza i loro utili. Il mega piano di riconversione della Deutsche Bank suona come una campana d’allarme. La Bce ha in pancia titoli per duemila seicento miliardi di euro, non li smaltirà mai ed è problematico aumentare ancora l’esposizione.