La Germania conferma il no, ma ora si affaccia “l’eurobond a geometria variabile” 30/03/2020 18:17 - MKI
Il “no” agli eurobond sentenziato nel weekend dal presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e' stato ribadito ieri dai due massimi esponenti italiani presso le istituzioni Ue: il commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni e il presidente dell’europarlamento, David Sassoli (entrambi appartenenti al Pd, nella maggioranza di governo in Italia).
Sembra dunque restringersi l’orizzonte per un compromesso sul finanziamento straordinario di Paesi piu' in difficolta', causa emergenza coronavirus e sue conseguenze economiche, anche perche' ci stiamo avvicinando alla meta' del tempo concesso ai ministri delle Finanze dal Consiglio dei capi di Stato e di governo della Ue: 10 giorni, anche se c' e' incertezza se sono giorni di calendario o lavorativi.
Sui tavoli di Bruxelles sembrano quindi rimanere solo soluzioni profilo nettamente piu' basso rispetto alla mutualizzazione del nuovo debito o all’utilizzo del Mes senza condizioni. Ed i rumor continuano a citare soprattutto l’utilizzo della Bei come piattaforma-leva per la raccolta di fondi attraverso emissione di titoli ibridi. Una soluzione di profilo decisamente basso rispetto alle aspettative della prima ora.
In ogni caso e' evidente che i Paesi nordici della Ue (anzitutto Germania e Olanda) restano rigidi nel non considerare il coronavirus un buon motivo per rivedere alcun meccanismo dell’eurozona. Nella prospettiva “nordica” subito sposata dalla tecnocrazia di Bruxelles, italiana inclusa, appaiono sufficienti la sospensione del patto di stabilita' gia' annunciata da von der Leyen e le misure di sostegno ai titoli pubblici dei Paesi deboli decise dalle Bce.
Nel frattempo, sul mercato prendono forza congetture su scenari alternativi, innestati essenzialmente su due sviluppi degli ultimi giorni.
Il piu' importante e' certamente il “no” congiunto dei governi di Spagna e Italia al documento conclusivo del vertice Ue di giovedi' scorso. Una posizione preparata da una lettera firmata anche dalla Francia e da altri sei Paesi-membri Ue (Slovenia, Grecia, Portogallo, Lussemburgo, Belgio e Irlanda) a supporto di misure eccezionali. A questi Paesi, nelle ultime ore, si sarebbero aggiunte le tre Repubbliche baltiche, la Slovacchia e Cipro.
Questi 14 Paesi – anche secondo l’ascoltato Brussels Briefing firmato come ogni inizio settimana da Wolfgang Munchau su Financial Times – potrebbero sulla carta dar vita a forme di mutualizzazione reciproca: emettendo quindi “eurobond” a geometria parziale, che avrebbe molte chance di ottenere un rating superiore a quello dei singoli paesi aderenti a un ipotetico patto.
E se tutti gli osservatori si stanno interrogando da subito sui possibili impatti politico-istituzionali di una mossa simile sull’Unione, e' un fatto che di per se' la nascita di “eurobond a geometria parziale” non implicherebbe effetti automatici sul Trattato di Maastricht, cioe' sull’eurozona governata dalla Bce.
Un’ipotesi del genere, peraltro, sembra funzionalmente compatibile con il cosiddetto “schema Draghi”, delineato dall’ex presidente della Bce sullo stesso FT alla vigilia dell’ultimo Consiglio Ue.
In esso Draghi ha raccomandato misure di politica fiscale immediatamente e fortemente espansive a livello europeo per evitare la disruption non solo economica ma anche sociale e istituzionale della stessa Unione.
“L’Europa non deve aver paura di indebitarsi”. ha detto il banchiere italiano, che nel suo curriculum ha anche un’importante esperienza di vertice alla Goldman Sachs Europe a Londra.
Non e' infatti sfuggito che il suo “schema Salva Europa” sia stato proposto sulle pagine del quotidiano della City: che resta la piu' importante piazza finanziaria del continente europeo, anche se da due mesi si e' ritrovata fuori dalla Ue alla ricerca di un nuovo riposizionamento dopo Brexit.
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