Rappresentanti dei ministeri dell’Energia e dello Sviluppo economico di sette governi – Egitto, Italia, Cipro, Grecia, Israele, Giordania e Autorità palestinese – hanno firmato la carta istituzionale dell’East Mediterranean Gas Forum (Emgf), con sede al Cairo.
Perché conta: Sotto la spinta soprattutto di Egitto, Grecia e Cipro, è un passo – quantomeno di facciata – per dimostrare che la cooperazione geopolitico-energetica nel Mediterraneo orientale in funzione antiturca non è morta.
L’Emgf nasce nel gennaio 2019 come piattaforma e spazio di discussione per aumentare la connettività tra paesi produttori, di transito e consumatori del gas levantino. Con l’obiettivo di creare un mercato regionale del gas ottimizzando lo sviluppo delle risorse, riducendo il costo delle infrastrutture e competendo sui prezzi. La reale finalità geopolitica consiste nello sfruttare la leva energetica per istituzionalizzare un cordone di contenimento alla proiezione turca nel Mediterraneo.
Coronavirus e crollo dei prezzi del petrolio hanno però minato la fattibilità di molti progetti comuni, come la costruzione del gasdotto EastMed. In più, all’interno dell’Emgf il sentimento antiturco non è percepito da tutti con la stessa intensità: in Italia e Israele è inferiore, per esempio, che in Grecia ed Egitto.
Sulla carta Washington è garante del blocco levantino con l’Eastern Mediterranean Security and Energy Partnership Act firmato lo scorso inverno. Sulla carta. Perché in questi giorni gli americani mandano segnali distensivi alla Turchia, con l’obiettivo di non incendiare la disputa marittima con Grecia e Cipro e di non farla allontanare dalla sua sfera d’influenza.
Il futuro dell’Emgf è appeso a ciò che gli Usa vorranno fare di Ankara.
La rassegna geopolitica del 24 settembre.
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