La Turchia è in pieno boom +7%
Di tutti i paesi dell'Ocse è quello uscito più velocemente dalla crisi. Dopo aver conosciuto la recessione nel 2009 (-4,7%), quest'anno l'economia della Turchia è ripartita alla grande: nel 2010 il tasso di crescita dovrebbe infatti attestarsi al 7% e nei prossimi anni mantenersi al 5%.
Un motivo di orgoglio per un paese che da oltre dieci anni reclama, invano, di entrare nell'Unione europea.
Secondo gli economisti turchi, la crisi del 2008 è stata una passeggiata rispetto a quella del 2001, che ha rappresentato per il paese qualcosa di simile a quello che il 2010 è stato per la Grecia.
Ma la Turchia ha saputo trarne insegnamento, risanando il proprio sistema finanziario. Risultato: è l'unico paese del G20 il cui rating durante la crisi è migliorato (da stabile a positivo, secondo Moody's e Fitch).
La ripresa è trainata dai consumi interni e dagli investimenti privati. Il 75% dei turchi ormai vive nelle grandi città (sono dodici quelle con oltre un milione di abitanti) ed emerge una vera classe media, ma soprattutto una nuova classe di imprenditori, originari dell'Anatolia e in concorrenza diretta con l'élite tradizionale di Istanbul, i quali, sempre più numerosi, si volgono al Medio Oriente, al Caucaso e all'Africa, cercando di approfittare dell'atout geografico della Turchia.
Disamorati ormai dell'Europa (solo il 35% desidera ancora aderire all'Ue, contro il 70% di cinque anni fa), i turchi, e il loro primo ministro Erdogan, si volgono sempre più verso Est. A giugno Ankara ha firmato un accordo di libero scambio con Siria, Libano e Giordania. In Iraq e Kazakhstan le imprese turche controllano i tre quarti del mercato. Quanto agli scambi con l'Iran, questi nel 2009 (con l'embargo) ammontavano a 10 miliardi di dollari (7,2 miliardi di euro).
Un' occasione persa.