Utopia o realtà ? La LIBERTA' di espressione va difesa ora, perchè domani sarà troppo tardi......e ce ne pentiremo.

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Ma sì, dai, c'è posto per tutti.
Milioni di nutrie, centinaia di migliaia di cormorani e gabbiani, decine di migliaia di cinghiali, centinaia di cervi,
.............21 branchi di lupi

Al momento è stimata la presenza accertata di 21 branchi di lupi
che si muovono lungo il territorio lombardo
per un numero complessivo di esemplari superiori alle 100 unità:

circa 8 branchi nell’Oltrepò pavese,

9 sulle aree alpine (alcuni di questi gruppi di lupi sono transfrontalieri, ossia si muovono anche verso la Svizzera e la provincia di Trento).

Sono 4 invece quelli presenti nelle zone di pianura.

Nel 2023 le predazioni sono state un centinaio e ammonterebbe a circa 70mila euro l’importo degli indennizzi,
riguardante sia agricoltori che privati cittadini.

Il problema lupo è reale, la sua presenza in Lombardia è in costante crescita,
non solo nelle zone montane, ma anche in pianura.
 
Lecco come la Manchester d’Italia:

“Manchester è una città dove nella seconda metà Settecento parte l’era industriale legata al distretto del tessile,

a Lecco qualche secolo prima, si parlava già di trafilatura.

A Manchester nasce la prima macchina a vapore che apre la seconda rivoluzione industriale,

a Lecco nasce la capacità di lavorare il fil di ferro.

Manchester ha saputo valorizzare e conservare la sua memoria storica industriale
creando il Mosi, il Museo della Scienza e dell’Industria.
Un luogo aperto al pubblico, vivo e visitato, dove si tengono iniziative e mostre permanenti e temporanee”.


Barbara Cattaneo consulente scientifica delle Gallerie d’arte del Sistema Museale Urbano Lecchese - Archeologa industriale
ha ripercorso una parte della storia del distretto della meccanica:

“Nel 13esimo secolo negli statuti di Lecco si parla della fumesella, la fiumicella.
La città è attraversata da due torrenti Caldone e Bione,
e da un fiume, il Gerenzone con un costante flusso di acqua,
fattore molto importante perché faceva muovere le ruote idrauliche che azionavo le macchine.
Nel 1600 l’industria del ferro era fiorente,
qui si producevano i pezzi per le armi e le corazze dell’esercito spagnolo.
A metà Ottocento la zona viene citata nelle guide come “da andare a vedere”


La storia prosegue toccando la trafilatura meccanica
firmata da Giuseppe Badoni, passando dai Falck, fino ad arrivare ai giorni nostri.

Alcune testimonianze sono ancora visibili lungo la valle del Gerenzone
dove si trovano le chiuse che servivano alle piccole attività artigianali e ciò che rimane delle ruote idrauliche.

La presentazione del progetto si è chiusa con l’intervento di Momo Frigerio, socio delle Trafilerie di San Giovanni a Lecco.
Una trafileria storica nata nel 1947 sulle sponde del torrente Gerenzone nel rione di San Giovanni,
grazie all’energia creata dall’acqua e trasmessa con una ruota:

“E’ partita da cinque soci con dieci mila lire a testa, la trafila cambiava velocità in base alla potenza dell’acqua.
Nel 1951 è stata aperta una piccola officina e abbiamo potuto sviluppare strumenti e prodotti,
nel 1961 è stata la volta di uno stabilimento a Maggianico,
dove siamo riusciti a realizzare qualcosa di più concreto con macchine più moderne.
Da cinque persone, siamo arrivati a sessanta”.

L’azienda è continuata a crescere, sempre guidata dalle stesse famiglie, fino ai giorni nostri,
tanto da raggiungere le attuali dimensioni riassumibili in un’area produttiva di 25mila mq
e una produzione annua di 60mila tonnellate di trafilati d’acciaio a basso tenore di carbonio.

Le Trafilerie di San Giovanni, producono la gamma di fili più estesa d’Italia forse anche d’Europa.
 
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Accade troppo spesso. R.I.P.

Uno sportivo vero, grande amore per le montagne e la natura, fisico scolpito e passione per le acrobazie.
Aveva 25 anni Leonardo Di Virgilio e abitava ad Arcisate, in provincia di Varese.

E’ morto ieri, precipitando per 150 metri mentre stava facendo un’escursione con un amico
sul monte Due Mani in Valsassina, nel territorio di Morterone (nel Lecchese).

L’ultimo video che ha pubblicato sul suo profilo Instagram risale a ieri mattina, poco prima dell’incidente.
 
Le "dimensioni non contano", si sente continuamente dire da qualcuno...
eppure secondo il sito Incontri-ExtraConiugali.com non è così.

Tramite un sondaggio è stata stilata la classifica delle dimensioni del pene in Italia, regione per regione.

Secondo quanto emerge dai dati, possono congratularsi fra loro gli uomini delle regioni del Centro-Sud.
Qui le dimensioni del pene andrebbero dai 19 ai 20 centrimetri.


Sul primo gradino del podio nazionale c'è la regione Lazio, con una media di 20,2 cm.
Al secondo posto troviamo la Campania con una media di 19,6 cm.
Al terzo posto la Calabria con 19,4 cm.
Seguono la Sicilia con 19,3 cm,
il Molise con 19,2 cm e
l’Umbria con 19,1 cm.


Nella fascia che va dai 17 ai 18 centimetri troviamo tre regioni:
la Sardegna con una media di 18,4 cm,
la Puglia con 18,2 cm e
la Lombardia con 17,4 cm.


A metà classifica, con dimensioni di pene che vanno dai 15 ai 16 centimetri troviamo
la Basilicata con una media di 16,4 cm,
l’Emilia-Romagna con 16,3 cm,
il Trentino-Alto Adige con 15,9 cm,
la Toscana con 15,8 cm e
la Valle d’Aosta con 15,7 cm.


Un po' più giù in classifica troviamo
l’Abruzzo con una media di 14,6 cm,
le Marche con 14,5 cm,
il Friuli Venezia Giulia con 14,2 cm e
il Piemonte con 14,1 cm.


Agli ultimi due posti troviamo due regioni del Nord:
il Veneto con una media di 13,7 centimetri e
la Liguria con una media di 13,9 centimetri.


Nessuno in Italia, a quanto pare, scende sotto questa media!
 
Povero me, tapino agnostico, tipaccio che non crede neanche a Chiara Ferragni,
a Selvaggia Lucarelli e all’amaro lucano Vincenzo De Luca.

Sono ateo al punto da non prestar fede neppure a Mario Draghi,
“il vile affarista, liquidatore dell’industria italiana”.

Eppure, mi tocca rendere giustizia all’unica possibile e razionale idea di Dio,
insidiata da un pontefice che, di fatto, ne nega l’esistenza.

Jorge Mario me lo figuro come il primo e unico camionista che, strada facendo,
si ferma, sbrana pane e mortadella, quindi, verga sul muro o sul segnale stradale “Dio non c’è”.

Comunque, adoratelo, cari amici atei, costui è il vostro perfetto pontefice.

Infatti, Bergoglio, rovistando nel Vangelo di Luca, arriva a dargli del mago Zurlì,
sempre in movimento per stupire i bambini: “Dio è il Dio delle sorprese... Dio è sempre nuovo”.

Per giustificare se stesso e le continue, permanenti novità,
a mo’ di rivoluzione permanente bolscevica alla Lev Trockij,
Jorge Mario descrive la divinità come motore mobile, sempre in divenire,
spazio e tempo a gogò, senza riflettere che codesta interpretazione è una bestemmia filosofica, oltre che teologica.

Attribuire il movimento alla Causa incausata significa negarlo
come farebbe un ateo da osteria, dopo il secondo litro.
 
Ahahahahah

Qualcuno, in queste ore confuse in cui si inseguono voci e certezze sulla rottura fra Fedez e la Ferragni,
ha ipotizzato che in realtà siamo di fronte a una operazione di marketing.

Qualcosa di finto, inscenato per distrarre dai problemi giudiziari della coppia.

Un dubbio lecito quando si parla di una delle coppie più esposte e imprevedibili della mondanità nel nostro Paese.
 
“Cari miei, la questione pensioni è molto semplice,
se il tasso di natalità è sotto l’uno
e gli immigrati non solo non ci pagano le pensioni ma ci costano,
fra poco lo sbilancio pensionati/lavoratori non sarà sostenibile
se si continua a voler abbattere il debito per dare retta alla UE
.

L’unica soluzione sarà andare verso uno scenario “giapponese”,
in cui il livello di debito non conta più e una società di vecchi
riesce ad andare avanti senza problemi, anzi,
riservando gli onori del caso a chi ha più esperienza.

Finché si sta nelle regole europee qualsiasi governo, per far tornare i conti,
continuerà a limare le pensioni per due motivi
:

il primo molto banalmente perché è di gran lunga la principale voce di spesa dello stato
e quindi qualsiasi altra spesa o taglio di tasse deve passare da lì,

il secondo è che la differenza fra il vecchio sistema e quello che avranno gli attuali lavoratori,
quando cominceranno ad arrivare le prime pensioni completamente contributive, non sarà socialmente accettato.

Le uniche differenze saranno che un governo di centrodestra
tenterà in ogni caso di preservare anche le pensioni alte
(gli elettori non apprezzeranno che li stiamo difendendo, anzi,
grideranno al tradimento perché vogliono il 100% di rivalutazione) ,

mentre un governo piddogrillo, per ringraziarli, azzererà tutte le pensioni
sopra il livello della “pensione di cittadinanza” in nome della “giustizia sociale”.

Cominciate a pensarci. Io sono per la soluzione Giapponese.”
 
“Le auto elettriche non saranno in grado di dominare il mercato.
Sembra logico continuare a investire in motori termici,
come i tradizionali propulsori alimentati a benzina e diesel
ed in tipologie di alimentazioni alternative all’elettrico“.

Una verità banale, ma di questi tempi “dire la verità è un atto rivoluzionario”,
ovvero il fatto che sono “i clienti e il mercato“, e non già “la regolamentazione o il potere politico
a decretare l’eventuale successo dell’auto elettrica.

Successo che, però, assai difficilmente si potrà concretizzare, sicché, aggiunge Toyoda,
“penso che le auto elettriche avranno una quota di mercato del 30%.
Ciò lascia il restante 70% a vetture ibride, fuel cell o alimentate direttamente a idrogeno.
Non ho dubbi che i veicoli a motore sopravviveranno“.

Notoriamente, l’ibrido è un segmento di mercato in cui Toyota è leader.

La casa giapponese sta perseguendo un approccio multiplo con una gamma completa di veicoli,
una scommessa che si sta rilevano vincente.

Ricorda Akio Toyoda:

“Al G7 del 2023, il Giappone ha finalmente iniziato a sostenere un approccio multi percorso.
Nei tre anni precedenti, sono stato l’unica persona nell’industria automobilistica a proporlo
e ho subito un sacco di critiche. Combattere da soli è davvero difficile”.

Toyoda ha, poi, inteso sottolineare come in Giappone la maggior parte dell’elettricità che viene prodotta
proviene da centrali elettriche a carbone e gas, ma per alimentare le auto elettriche servirebbe molta più elettricità:

“E, durante questo processo, viene emessa CO2“.
Ne discende che “questo approccio non ha senso”.


Ancora una volta: come dargli torto?
 

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