Utopia o realtà ? La LIBERTA' di espressione va difesa ora, perchè domani sarà troppo tardi......e ce ne pentiremo.

  • Creatore Discussione Creatore Discussione Val
  • Data di Inizio Data di Inizio
I musicisti, i letterati, gli atleti, i semplici cittadini russi sono censurati in quanto russi.


La cultura e lo sport vengono rigidamente selezionati secondo criteri di nazionalità e provenienza.


Proprio il contrario di quanto affermavano estenuanti messaggi,

in nome del pluralismo,

del cosmopolitismo

e dell’integrazione,

propinati dalle frange politically correct.



Oggi, l’Occidente si sta progressivamente “russificando”,
rischiando di cadere nella trappola autoritaria che, guarda caso,
trova a Mosca il proprio pane quotidiano:

censura,

pensiero unico,

illiberalità.
 
“Una decisione folle.
Quando il governo interferisce con lo sport, il risultato non è mai buono.

Essendo cresciuto durante i conflitti civili che hanno seguito il crollo della Jugoslavia,
sono anch’io figlio della guerra, non la sosterrò mai.

Ma i tennisti, gli atleti non c’entrano niente”.


Dello stesso pensiero del tennista serbo è anche l’Atp,

definendo “un precedente dannoso”

la scelta di escludere i tennisti in base alla loro nazionalità,

e non secondo il più classico dei criteri di selezione sportiva: la classifica.



Il fuoriclasse serbo, l’unico ad affermare i principi che più si avvicinano al liberalismo occidentale.

Nel caso sul vaccino, Djokovic sosteneva la necessità di riservare la libera scelta vaccinale al singolo atleta,
senza giudicare un tennista dal possesso o meno di una certificazione;

nel secondo, ricordando come la storia, la cultura, la tradizione liberale dell’Europa,
con la quale essa ha sconfitto il blocco sovietico, si fondino proprio sul pluralismo delle idee,
sul “melting pot” di derivazione newyorkese, sulla sana competizione tra tutti gli atleti mondiali,
indipendentemente dalla propria nazionalità ed identità.
 
Il procedimento di cancel culture,

sempre di origine americana,

sta portando l’alleanza atlantica a seguire l’altra riva del fiume,

quella che più la avvicina malauguratamente al blocco dei regimi asiatici.


Paradossalmente, la risposta più grande alle violenze perpetrate dal regime putiniano
sarebbe quella di permettere a tutti gli atleti, musicisti, autori russi di alzare ancor di più la propria voce,
la propria possibilità di partecipare da protagonisti nella vita sociale e culturale europea.
 
Mai sottomesso a limitazioni, mai. Spirito libero.


Sacrificarci per l’Europa.

Sacrificarci per l’euro.

Sacrificarci per la crisi finanziaria.

Sacrificarci per lo spread.

Sacrificarci per il terremoto.

Sacrificarci per il Covid.

Sacrificarci per l’Ucraina.

Sacrificarci per l’Europa, perché “è lei che ce lo chiede”.


Così il cerchio è chiuso.

Gli inetti,

gli insetti,

le cavallette di Bruxelles

dal caldo delle loro stanze surriscaldate

dettano la linea per far fronte al caro energia:

MORITE

questa la strategia.


Morite schiavi, che tanto siamo troppi e se non lasciate eredi è meglio.
 
Le raccomandazioni del falansterio eurocazzone sono sconfortanti,
deprimenti per pochezza logica e praticabilità sociale;

in più, sono stantie come Greta,

miscuglio tossico di finto buon senso e infantilismo ideologico:

le solite smanettate alla caldaia,

l’auto “responsabile”, cioè imbarcarne 15 in una utilitaria, tipo le sfide demenziali di Mai dire Banzai;

censurarsi su termosifoni e condizionatori, per esempio non più di 5 gradi in inverno e 42 in estate:


con queste precauzioni, che ricordano l’allenamento di Rocky in Siberia per sfidare Ivan Drago,

a tremare sarà Putin, certamente: noialtri saremo già stecchiti.
 
“Fare la nostra parte” è l’euromantra che tradisce una voglia matta di controllo e di uomo nuovo,

tipica di tutte le dittature

e quindi anche di quella Unionista, con la scusa del risparmio:



andate piano in autostrada, tipo 45 all’ora su tratte di 800 km,

non usate la macchina la domenica, e ci voleva Ursula a dircelo,

usate i mezzi pubblici,

poi se per esempio a Roma bruciano con voi dentro si può immagazzinare energia termica.


Bene anche i monopattini elettrici,
che saranno pure giocattoli mortali di fabbricazione cinese
ma sai la libidine sfrecciare da Lambrate a Rho quando piove.

E il treno al posto dell’aereo, mi raccomando, con il che il comparto precipita,
però in compenso salta il sistema di rifornimento elettrico che alimenta l’alta e la bassa velocità ferroviaria,
così stiamo “co le pezze ad culo” peggio di prima.


L’unione Europea è deficiente.


Certi consigli sono da disagiati, nel senso di chi li fornisce:

per tragitti brevi, tipo 600 metri, andate a piedi o in bici. No, piglio una petroliera.
 
Ma la feccia del provvidenzialismo energetico, la leggendaria Ue la

si concentra nell’invito al lavoro da casa, detto smart working,

che è quello che ha originato sindromi,

depressione,

8 milioni sulla soglia dell’alcolismo

e quasi uno già dentro fino al collo,

manie di persecuzione,

miraggi,

solitudini,

pulsioni suicide.


Andate a chiedere a un insegnante come sta dopo due anni di Dad, maledetti.
 
Il tutto per l’umiliazione di risparmiare, messo insieme ogni sacrificio “responsabile”,

meno di trecento miserabili euro l’anno a famiglia.

Venti al mese.


Se siamo ridotti così, tanto vale farci fuori in massa: non è vita.


Le testate del servilismo democratico riassumono questa nuova economia modello Calcutta con lo slogan:

come risparmiare denaro,

ridurre la dipendenza dall’energia russa (sic!),

sostenere l’Ucraina

e salvare il pianeta.


Altro? Ah, sì:

converrebbe anche farsi la doccia in gruppo,

tutti “co la spada de fori”,

o al limite non lavarsi affatto,

centro sociale style,

e poi dire beccati questo Putin,

come invitava a fare quell’altra megera della Vestager.
 
Manteniamo una pletora di eurocialtroni,

tutti leccati, scaldati, rinfrescati, da nessuno eletti e da nessuno controllati,

già eliminare quelli sarebbe un gran risparmio.


Tanto più che se avessero per tempo provveduto a trovare risorse per canali alternativi,

anziché occuparsi di asparagi transgender, non saremmo a questo punto.


Ma c’era da dar retta a una disagiata con le trecce che prestava la faccia a speculazioni colossali.


E poi c’era la signora Cancelliera che più obbligava gli altri a obbedire alla Ue
e più sinceramente se ne sbatteva e trescava pro domo sua.


Adesso siamo ai primi bollettoni letali ma attenzione, la guerra c’entra poco,
è tutta roba di primo inverno, quando già di parlava di rincari traumatici.

E se ne parlava anche perché, ma questo non ce l’avevano detto,
l’Eni già da ottobre aveva allertato l’intero comparto energetico
della inevitabile invasione russa dell’Ucraina in febbraio,
riprendendo un rapporto riservato degli Stati Uniti.


Ma si preferì dire che era la solita fake news dell’America imperialista,

e, in Italia, il sofisticato supertecnico scelse di puntare sulla vaccinazione coatta col ricatto mafioso del greenpass.


Mesi persi, e adesso vengono a dirci di fare la nostra parte per salvare l’Ucraina, cioè il pianeta.

E inevitabilmente sale il sospetto che a questi fini strateghi faccia comodo così,
un altro lockdown di fatto, non dichiarato ma imposto:

chi sta al limite non protesta,

chi rabbrividisce d’inverno e rantola in estate,

e per di più paga l’impossibile per questa agonia,

è troppo impegnato a sopravvivere per rompere i coglioni con la democrazia.


La nostra parte sarebbe di farli volare tutti dalla finestra, qui come a Bruxelles, a cominciare da chi ce lo viene a dire. Sai l’energia.
 
La Fiaba del Filosofo Somaro, scritta apposta per noi



«Filosofo somaro? Qualcuno si potrebbe offendere. E io infatti chiedo scusa: a tutti i somari».

Sound: romanesco (Trilussa style).
Come dire: abbassiamo i toni, siamo tra amici.
Ambientazione: un vecchio telefono obsoleto.

Nostalgia d’altri tempi, sottolineata dalla tappezzeria musicale del violino Klezmer.
In un angolo spunta una bacchetta, come quella di Mandrake.
Sul tavolino, un cappello adagiato sopra tre volumi (date retta, gente: leggete, per il vostro bene).

Accanto, un bicchiere: quello della pozione di Apuleio.
E sulla parete, una specchiera.

Cosa riflette, lo specchio? Lui.

Protagonista delle pitture: l’asino filosofo.

In altre parole, noi. O meglio, lui. L’asino parlante. Il somaro volante.
L’anima cui tocca prima cadere, se vuole ascendere al cielo della piena consapevolezza di se stesso.


A parte l’ovvio rimando dantesco, ci ricorda qualcosa? Eccome.

Nel senso: vuoi vedere che ci toccava proprio cadere così in basso, per sperare un giorno di tornare a volare?

«Visto così, non si direbbe certo che avessi un nobile passato, che fossi di bell’aspetto».


E’ senza tempo la lezione de “L’asino d’oro”: storia esemplare di chi, per diventare “aureo”
(per accedere alchemicamente al proprio “oro” interiore, estraendolo dal “piombo”)
deve per forza cambiare stato.

Già, perché ci sono modi diversi, di essere uomini.

Gli anglosassoni lo sanno dire in due parole: “mankind” e “humanity”.

La prima designa semplicemente l’Homo Sapiens,
l’altra la sua dote precipua: saper amare, trattando gli altri con umanità.

Anche nel caso di Apuleio, come sappiamo, il percorso è complicato.

E nasce da un imprevisto accidentale:

«Ai tempi in cui ero d’oro, curioso di capire dove sia l’Altrove, sbagliai l’unguento, sì: e fu un errore.
Ma grazie a quello scoprii l’amore, l’essere umano, le sue bassezze (e il suo livore)».



Facile: basta inserire il vernacolo, e al posto di Apuleio compare l'asino.

Siamo in piena Era Pandemica: è il posto giusto, da cui scrutare tutto.


«Sedetti alla destra di quell’ometto, che nacque nella paglia senza il tetto, e cambiò il mondo
– non a tutto tondo, solo in quel distretto; ma gli bastò, per diventar l’eletto».

E’ un attimo, con la magia: sbagli pozione, e ti ritrovi trasformato in somaro (sia pure veggente).

«Sono griglio come un topo, e sulla schiena da sempre porto una croce».

Da Betlemme al Golgota, il passo è breve: su quella croce
«un uomo ci legò un bastone, mi mise un cappio al collo e si proclamò padrone».

Raglia soavemente, il divino Somaro Filosofo.


L’alfa e l’omega: «Io sono il niente e il tutto, sono l’inizio e la fine, come il Matto dei Tarocchi al dritto.

E tiro quel carretto, zitto zitto, curvato su quell’ombra sovrastante: fino a quando non ci ho scoperto il trucco».


Come? Cambiando posizione.


Ricordate Robin Williams, nei panni del professor Keating?
Salite sul banco, mettetevi in piedi. E tutto, all’improvviso, vi apparirà diverso.


«La volta che mi voltai per un istante, vidi che chi c’era a cassetta non era quel grand’uomo, dalla statura così imponente,
ma un pupazzetto (che il sole radente rendeva gigante)».(Draghi)


Questo ha scoperto, Apuleio trasformato magicamente in ciuchino, come Pinocchio.

«E quando mi sono impuntato (perché è accaduto) m’è apparsa questa carota davanti al muso: bella, arancione lunga.

Pareva buona, e ci ho creduto! Sì, però una volta sola»
.

Avvertimento:

«A te, di carote legate a quel bastone che ti fa correre senza pigliare niente, ne hanno messe tante: la libertà, la gioia, l’avventura».

Ma anche

« l'emergenza,

la dittatura,

la paura ;

l’antidoto salvifico (e quasi mai la cura)».



Sorride, l’attore. Sornione.

«Io sono ignorante, sei tu l’erudito: e infatti accusi e punti sempre il dito su un povero somaro come me».

Lockdown,

distanziamento,

il dilagare televisivo dei contagi.


«Ma che, non l’hai capito, che quello che ci appare innanzi agli occhi è un’illusione, come la caverna di Platone?

Qualcosa che ti arriva da dietro (come dentro a un film: la proiezione)».



Con il suo periodare affabile, sul palco o davanti alla telecamera,
si offre di prenderci per mano, in questa palude stigia nella quale siamo sprofondati a partire dalla primavera 2020.

“Vojò vive come er bombo”, dall’inizio della tragica farsa italiana – era solo un lusinghiero preludio.

Quella voce non si fermerà, continuerà a sciorinare l’arguzia poetica dei suoi apologhi.


Missione invariata: superare la Mankind e approdare all’Humaniy.

Anche, eventualmente, passando per la trasmutazione – inevitabile –
che prevede il calvario transitorio della vita quadrupede.


«Con le quattro zampe ben piantate al suolo, nessuno m’ha aiutato a capire chi ero. Ci arrivai da solo».


Capito, il Somaro Filosofo?

Alfa e omega, appunto:

non aspettarti aiuti prodigiosi, dal cielo.


Semmai, smetti di dormire.


Scendi in cantina, a esplorare i tesori sepolti nella tua interiorità.



«Ma per quelli ingenui e distratti come te, tranquillo: resto sempre l’asino che è in volo».



(
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto