La Fiaba del Filosofo Somaro, scritta apposta per noi
«Filosofo somaro? Qualcuno si potrebbe offendere. E io infatti chiedo scusa: a tutti i somari».
Sound: romanesco (Trilussa style).
Come dire: abbassiamo i toni, siamo tra amici.
Ambientazione: un vecchio telefono obsoleto.
Nostalgia d’altri tempi, sottolineata dalla tappezzeria musicale del violino Klezmer.
In un angolo spunta una bacchetta, come quella di Mandrake.
Sul tavolino, un cappello adagiato sopra tre volumi (date retta, gente: leggete, per il vostro bene).
Accanto, un bicchiere: quello della pozione di Apuleio.
E sulla parete, una specchiera.
Cosa riflette, lo specchio? Lui.
Protagonista delle pitture: l’asino filosofo.
In altre parole, noi. O meglio, lui. L’asino parlante. Il somaro volante.
L’anima cui tocca prima cadere, se vuole ascendere al cielo della piena consapevolezza di se stesso.
A parte l’ovvio rimando dantesco, ci ricorda qualcosa? Eccome.
Nel senso: vuoi vedere che ci toccava proprio cadere così in basso, per sperare un giorno di tornare a volare?
«Visto così, non si direbbe certo che avessi un nobile passato, che fossi di bell’aspetto».
E’ senza tempo la lezione de “L’asino d’oro”: storia esemplare di chi, per diventare “aureo”
(per accedere alchemicamente al proprio “oro” interiore, estraendolo dal “piombo”)
deve per forza cambiare stato.
Già, perché ci sono modi diversi, di essere uomini.
Gli anglosassoni lo sanno dire in due parole: “mankind” e “humanity”.
La prima designa semplicemente l’Homo Sapiens,
l’altra la sua dote precipua: saper amare, trattando gli altri con umanità.
Anche nel caso di Apuleio, come sappiamo, il percorso è complicato.
E nasce da un imprevisto accidentale:
«Ai tempi in cui ero d’oro, curioso di capire dove sia l’Altrove, sbagliai l’unguento, sì: e fu un errore.
Ma grazie a quello scoprii l’amore, l’essere umano, le sue bassezze (e il suo livore)».
Facile: basta inserire il vernacolo, e al posto di Apuleio compare l'asino.
Siamo in piena Era Pandemica: è il posto giusto, da cui scrutare tutto.
«Sedetti alla destra di quell’ometto, che nacque nella paglia senza il tetto, e cambiò il mondo
– non a tutto tondo, solo in quel distretto; ma gli bastò, per diventar l’eletto».
E’ un attimo, con la magia: sbagli pozione, e ti ritrovi trasformato in somaro (sia pure veggente).
«Sono griglio come un topo, e sulla schiena da sempre porto una croce».
Da Betlemme al Golgota, il passo è breve: su quella croce
«un uomo ci legò un bastone, mi mise un cappio al collo e si proclamò padrone».
Raglia soavemente, il divino Somaro Filosofo.
L’alfa e l’omega: «Io sono il niente e il tutto, sono l’inizio e la fine, come il Matto dei Tarocchi al dritto.
E tiro quel carretto, zitto zitto, curvato su quell’ombra sovrastante: fino a quando non ci ho scoperto il trucco».
Come? Cambiando posizione.
Ricordate Robin Williams, nei panni del professor Keating?
Salite sul banco, mettetevi in piedi. E tutto, all’improvviso, vi apparirà diverso.
«La volta che mi voltai per un istante, vidi che chi c’era a cassetta non era quel grand’uomo, dalla statura così imponente,
ma un pupazzetto (che il sole radente rendeva gigante)».(Draghi)
Questo ha scoperto, Apuleio trasformato magicamente in ciuchino, come Pinocchio.
«E quando mi sono impuntato (perché è accaduto) m’è apparsa questa carota davanti al muso: bella, arancione lunga.
Pareva buona, e ci ho creduto! Sì, però una volta sola».
Avvertimento:
«A te, di carote legate a quel bastone che ti fa correre senza pigliare niente, ne hanno messe tante: la libertà, la gioia, l’avventura».
Ma anche
« l'emergenza,
la dittatura,
la paura ;
l’antidoto salvifico (e quasi mai la cura)».
Sorride, l’attore. Sornione.
«Io sono ignorante, sei tu l’erudito: e infatti accusi e punti sempre il dito su un povero somaro come me».
Lockdown,
distanziamento,
il dilagare televisivo dei contagi.
«Ma che, non l’hai capito, che quello che ci appare innanzi agli occhi è un’illusione, come la caverna di Platone?
Qualcosa che ti arriva da dietro (come dentro a un film: la proiezione)».
Con il suo periodare affabile, sul palco o davanti alla telecamera,
si offre di prenderci per mano, in questa palude stigia nella quale siamo sprofondati a partire dalla primavera 2020.
“Vojò vive come er bombo”, dall’inizio della tragica farsa italiana – era solo un lusinghiero preludio.
Quella voce non si fermerà, continuerà a sciorinare l’arguzia poetica dei suoi apologhi.
Missione invariata: superare la Mankind e approdare all’Humaniy.
Anche, eventualmente, passando per la trasmutazione – inevitabile –
che prevede il calvario transitorio della vita quadrupede.
«Con le quattro zampe ben piantate al suolo, nessuno m’ha aiutato a capire chi ero. Ci arrivai da solo».
Capito, il Somaro Filosofo?
Alfa e omega, appunto:
non aspettarti aiuti prodigiosi, dal cielo.
Semmai, smetti di dormire.
Scendi in cantina, a esplorare i tesori sepolti nella tua interiorità.
«Ma per quelli ingenui e distratti come te, tranquillo: resto sempre l’asino che è in volo».
(