Il Covid aveva appena raggiunto le coste americane il 9 febbraio 2020,
quando Newt Gingrich invitò Anthony Fauci, capo del
National Institute of Allergy and Infectious Diseases,
e lo zoologo britannico Peter Daszak nel suo podcast,
Newt ‘s World“ .
Inizia così un articolo del
New York Times a firma di Megan Stack
che ripercorre la storia della censura globale sulle origini del Covid-19.
Amnesie virali
Nel corso del podcast, ricorda il cronista,
Gingrich domandò a Fauci lumi sulla “leggenda metropolitana”
secondo la quale il nuovo virus sarebbe stato sviluppato in laboratorio.
Ovviamente, Fauci ebbe a liquidarla come “teoria del complotto”, rigetto confermato da Daszak.
Da qui il commento di Stack.
I due
“avrebbero potuto dire che al laboratorio di Wuhan stavano effettivamente studiando i virus dei pipistrelli, compresi i coronavirus.
Nel laboratorio venivano tenuti pipistrelli vivi e occasionalmente gli scienziati hanno condotto controverse forme di
ricerca
manipolando i ceppi virali in forme che avrebbero potuto risultare più pericolose per l’uomo”.
“Entrambi hanno lavorato per organizzazioni che hanno inviato fondi dei contribuenti statunitensi agli scienziati di Wuhan:
il dottor Daszak è stato
coinvolto per anni nella ricerca sui pipistrelli di Wuhan.
Le e-mail del dottor Fauci dimostrano che il suo staff gli ha recentemente ricordato i finanziamenti del NIH
per lo studio sui coronavirus supportato dall’organizzazione del dottor Daszak”.
“Avrebbero potuto ammettere che, sebbene credessero che il virus avesse raggiunto l’uomo tramite uno spillover zoonotico,
esiste il rischio di fughe accidentali dai laboratori e non si può escludere tale possibilità
(anche se l’idea di usare i coronavirus come arma biologica era ridicolmente improbabile)”.