Perché Roberto Speranza scelse AstraZeneca
Alla luce di quanto emerso a “Fuori dal Coro”, il ministro Speranza sollecitava di inoculare prodotti biogenetici a tutti, nonostante i notevoli dubbi dello stesso CTS insorti dopo le prime segnalazioni di morti.
Un articolo di Roberta Villa, che certo non si può considerare “no vax” (tant’è che pure lei mi voleva espulso dal NITAG!), rivela i RETROSCENA di quella scelta deleteria. Eravamo a metà giugno 2020 e il ministro dell'allora governo Conte, per accaparrarsi le "dosi", aveva stipulato strani contratti "preventivi" con i partner europei della AstraZeneca.
Qui ne ho estratto le affermazioni più “pesanti” a carico del ministro Speranza (caratteri maiuscoli mei).
La speranza del vaccino
“Tra oltre 130 possibili vaccini anti Covid-19 su cui si sta lavorando, una quindicina dei quali già in fase di studio sugli esseri umani, il ministro della salute ROBERTO SPERANZA HA ANNUNCIATO LA SUA SCELTA. INSIEME A FRANCIA, GERMANIA E OLANDA, L’ITALIA HA PUNTATO SU QUELLO MESSO A PUNTO DAL JENNER INSTITUTE DI OXFORD E DI CUI STA PORTANDO AVANTI LA SPERIMENTAZIONE ASTRAZENECA, con sostanziosi finanziamenti anche da USA e Regno Unito. Un ruolo nella decisione deve aver avuto senz’altro il fatto che alla realizzazione del vaccino di Oxford ha contribuito UN’AZIENDA ITALIANA, la IRBM di Pomezia, il cui presidente, Piero Di Lorenzo, si è esposto molto in televisione negli ultimi mesi.
Pur nella consapevolezza dell’importanza di avere il vaccino in tempi brevi, è bene quindi ricordare che LA SITUAZIONE NON BASTA A GIUSTIFICARE SCORCIATOIE PERICOLOSE. Le autorità regolatorie devono essere incentivate anche in questo caso, come per tutti gli altri farmaci e vaccini immessi in commercio, a garantire la sicurezza sulla base di dati solidi. Dati che per ora non sono disponibili e non consentono quindi di affermare che il vaccino “è assolutamente sicuro”.
Anche l'efficacia è ancora tutta da dimostrare. Nel primo studio sui macachi la metà degli animali vaccinati non ha manifestato sintomi respiratori dopo l’inoculo del virus, ma, sebbene tutti avessero sviluppato anticorpi neutralizzanti, tutti avevano anche tamponi nasali positivi, con una carica virale uguale tra animali vaccinati e controlli. Il campione è talmente limitato da non poter essere in alcun modo traslato a quel che si verificherà negli esseri umani, ma, se così fosse, AVREMMO UN VACCINO CHE RIDUCE IL RISCHIO DI POLMONITE NEL 50% DEGLI INDIVIDUI VACCINATI SENZA PERÒ PRODURRE ALCUNA IMMUNITÀ DI GRUPPO.
NON SO SE CERTE COSE "SI POSSONO DIRE", MA CONOSCERE I DETTAGLI DEL CONTRATTO SAREBBE UTILE A GIUDICARE MEGLIO LA SCELTA.
Il rischio è che proprio gli operatori sanitari, già tendenzialmente scettici nei confronti del vaccino influenzale, non aderiscano con l’entusiasmo atteso alla campagna di vaccinazione, qualora questa venisse proposta con un prodotto di cui non siano state adeguatamente accertate sicurezza ed efficacia o che comunque sia avvertito come approvato in maniera frettolosa, con l’inevitabile sfondo di interessi economici che girano intorno alla vicenda, per quanto l’azienda abbia dichiarato che fornirà i vaccini a prezzi di costo.
Tanto meno, per quanto sappiamo ora di sicurezza ed efficacia, e del futuro comportamento del virus, è pensabile anche solo invocare un obbligo. Le modalità di comunicazione trionfalistiche con cui l'annuncio della scelta del vaccino è stato dato rischiano quindi di trasformare una scelta in qualche modo obbligata in un boomerang. MOSTRARE UNA SICUREZZA CHE NON C’È PER CERCARE DI ALIMENTARE LA FIDUCIA DEI CITTADINI È UN AZZARDO ANCORA PIÙ SFACCIATO che scommettere, per necessità, su un vaccino che ancora non c’è. Vale sempre il vecchio motto della comunicazione del rischio: perdere la fiducia è un attimo, per ricostruirla ci vogliono anni.”