VENDO PLASMA DELLA REGINA ELISABETTA. TRATTATIVA RISERVATA.

Oggi analizziamo brevemente un agghiacciante messaggio,
pubblicato su Twitter da Roberto Burioni, in cui invoca l’obbligo vaccinale,
sostenendo che la variante Delta abbia reso il virus assai più pericoloso.


I numeri, però, sembrano smentirlo clamorosamente.
 
00:50 Ddl zan, il Pd rosica: Renzi li sta fregando. Ma è solo il normale gioco parlamentare, come scrive Folli.

01:45 “Frocio” non si può dire, “eunuco” sì: l’attacco del Fatto a Scalfarotto.

03:15 Per Repubblica ci sarebbe un’intesa Salvini-Renzi per il Quirinale…

03:35 Pezzo favoloso su Rep di Maurizio Maggiani: io non sono un asterisco Lgbt.

04:30 Londra, nonostante la Delta, riapre tutto e i nostri virologi rosicano: Ricciardi dice che è una scelta delirante.
Toc toc, Ricciardi: dunque lei ci sta dicendo che i vaccini non servono ad una ceppa? Lì tutti anziani e fragili sono vaccinati.

06:10 Sondaggi da paura per Conte e Grillo.

06:50 Il Sole fa le pulci al bilancio della Camera: col taglio dei parlamentari risparmieremo 50 milioni.

07:45 Fisco, Marattin dice che si può ridurre il peso fiscale anche in deficit.

08:25 Per il Sole gli stranieri ci comprano. E intanto molte società lasciano la Borsa.

09:30 Vittorio Feltri si candida con la Meloni.
 
Temo che il Sole 24ore, il mitico giornale di Confindustria, sia incorso in un infortunio giornalistico piuttosto grave.

Nella sua edizione odierna ha diffuso un megasondaggio dedicato al gradimento dei Presidenti di Regione.

Evito di discutere i risultati.


Discuto (e contesto) la metodologia.

Dalle note tecniche riportate dallo stesso giornale, sarebbero state realizzate 1000 interviste per Regione e 600 interviste per Comune
(peraltro senza che si capisca bene come il campione sia stato costruito, secondo cioè quali criteri di stratificazione)

Per chiunque abbia anche una minima esperienza nel campo della ricerca si tratta di una manifesta assurdità.

Significherebbe aver realizzato decine di migliaia di interviste nell’arco delle dieci settimane indicate come periodo di svolgimento della rilevazione:
costi proibitivi (parliamo di centinaia di migliaia di euro) e uno staff di rilevatori composto da almeno un migliaio di unità.



Prendiamo allora la versione più ‘realistica’ (si fa per dire) di questa nota.

Ammettiamo dunque che i Comuni cui ci si riferisce siano soltanto i capoluoghi di provincia delle 16 Regioni testate
(dall’indagine sono state infatti escluse, per ragioni tecniche, la Calabria, il Trentino A. A. e la Valle d’Aosta).

Ma anche così i conti non tornano.

Sarebbero state condotte 600 interviste per i 103 Comuni capoluoghi di provincia: totale 61.800 interviste.

Cui andrebbero aggiunte le 16.000 interviste per Regione (1000 x 16).

Insomma si sarebbe lavorato su un mega-campione di 77.800 persone.


Il “Sole 24 ore” avrebbe pagato una simile ricerca (250-300mila euro a valore di mercato) per ricavarne, al dunque, un articoletto di 6000 battute ?


E quale società specializzata in sondaggi è in grado in Italia, in 10 settimane,
di condurre una tale indagine (ammesso abbia statisticamente senso operare con un campione tanto grande)?

Per inciso, per ogni telefonata o intervista via mail che va in porto, ci sono almeno 7-8 cittadini che si rifiutano di rispondere.

Si ha idea di quante telefonate o messaggi di posta elettronica sarebbero stati necessari a prendere per buoni questi numeri?



Si potrebbe allora pensare che ci si sia limitati a sondare 600 cittadini per città
tenendo conto solo dei capoluoghi di regione: totale 9.600 interviste (600 x 16).

Ma sondare il gradimento di un Presidente di Regione intervistando i residenti della sola città capoluogo di regione
(Milano, Bari, Napoli, L’Aquila ecc.) è un palese errore. I risultati sarebbero inattendibili per definizione.


Ci sarebbero altre cose da notare (ad esempio, cosa sono esattamente le ‘interviste in tempo reale’ che si dice d’aver utilizzato), ma mi fermo qui.


Ciò che penso dovrebbe essere ormai chiaro:

quello pubblicato dal ‘Sole 24 ore’ è un non-sondaggio, numeri cioè buttati a casaccio,

sui quali magari si pretenderebbe che si aprisse una qualche discussione politica.

Ma si possono discutere e commentare dati sui quali pesa il sospetto dell’inattendibità?



So bene che si tratta di un’affermazione grave, ma mi sono attenuto
alle note metodologiche illustrate dallo stesso giornale (e fornite, immagino, dalla società di rilevazione).

A questo punto sarebbe utile un pubblico chiarimento, riguardo l’entità esatta della ricerca (e dunque riguardo il suo eventuale valore conoscitivo).

O sbaglio io, nel qual caso chiedo scusa.

O Il Sole 24 ore, forse per leggerezza, forse perché tranno in inganno, ha pubblicato cifre,
fatto ragionamenti e avanzato interpretazioni che col giornalismo (in questo caso politico) non hanno nulla a che fare.



Mi piacerebbe ricevere una replica dai diretti interessati.

E magari, nel caso avessi anche solo lontanamente ragione,

mi piacerebbe vedere un intervento dell’AGCOM:

il ‘garante della comunicazione’ dovrebbe preoccuparsi se circolano comunicazioni, ad essere generosi, farlocche.
 
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FDA ha approvato aducanumab con un'approvazione accelerata
(https://www.fda.gov/.../info.../accelerated-approval-program).

Cioè basata su un endpoint secondario (la riduzione delle placche amiloidi)
con lo sviluppatore che si impegna a proseguire i trial per dimostrare l'utilità clinica.


Il problema dello sviluppo di farmaci per l'alzheimer è che fino ad oggi farmaci sperimentali
che riducevano le placche non sono mancati, ma il beneficio clinico non si è mai visto
(tra anticorpi anti-betaamiloidi e inibitori di gamma secretasi a Eli Lilly ne sanno qualcosa, visto che ci hanno bruciato circa quattro miliardi).


Sulla vicenda aducanumab stanno venendo fuori gli scheletri dagli armadi
(https://www.statnews.com/.../biogen-fda-alzheimers-drug.../)
e Billy Dunn (capo neuroscienze a FDA) e Janet Woodcock, che guida l'agenzia,
oggi sono sulla sedia dell'imputato (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/.../un-sistema-che...),
anche se ad ora, nonostante tutto, non si può parlare di illeciti:
formalmente l'azione dell'agenzia è stata perfettamente legittima (beh, forse per Dunn non proprio).


Ma questa approvazione accelerata è stata un'evento di tale portata che a Endpoints ormai parlano del suo fallout
(https://endpts.com/roche-reportedly-mulls-filing.../):

tutti quelli che avevano anticorpi anti betaamiloidi incagliati o messi da parte per i soliti motivi
(mancanza di beneficio clinico) ora li ritirano fuori, e il motivo è chiaro:

"Date un'approvazione accelerata a farmaci che riducono le placche amiloidi? Beh, anche il nostro lo fa".

E non si parla solo di Roche, che nel frattempo fa fuori 400 posizioni nella ricerca e sviluppo
(https://endpts.com/roche-reaches-out-once-again-for-the.../):
tornano in campo i veterani dell'ipotesi amiloide, e vengono ricoperti di soldi
(https://endpts.com/veteran-amyloid-champion-helps.../).
 
Tutta la follia gender riassunta dalla storia di Keira Bell,
trans inglese che ha cambiato sesso a soli 23 anni.

Nata femmina, è diventata maschio e oggi, a 23 anni,
ha fatto causa alla clinica Tavistock and Portman NHS Trust di Manchester,
dove è stata operata perché a suo dire i medici non le avrebbero spiegato nel dettaglio
tutte le implicazioni e le ripercussioni di una scelta così radicale, maturata da adolescente.

Keira ha raccontato la sua storia al seguitissimo show mattutino Good morning Britain del canale Itv:

"Non si possono prendere decisioni simili a 16 anni, così in fretta.
I ragazzi a quell’età devono essere ascoltati e non immediatamente assecondati.
Io ne ho pagato le conseguenze, con gravi danni fisici. Ma così non va bene, servono cambiamenti seri".


"Era il percorso sbagliato", ammette ora la ragazza diventata ragazzo.

"Ero molto depressa da ragazzina, non mi sentivo a mio agio nel mio corpo da donna
e così ho sviluppato presto una disforia di genere", riconosce la 23enne, che accusa poi le autorità sanitarie:

"Non c’è stato un vero esame psichiatrico nei miei confronti, è stato tutto così rapido e basato sul mio passato.
Non c’è mai stata una vera discussione: i miei sentimenti dovevano essere scandagliati e non semplicemente accettati per quello che erano.
Perché quando inizi il percorso, poi è molto complicato tornare indietro".


Con buona pace di chi crede che la vita si possa decidere già quando si è ancora bambini,

come fosse semplicemente una scuola da cambiare, nel caso non andasse come sperato.
 
ahahahahahahahah quatto quatto da buon sudista.......nel senso di uomo sudato dal lavoro ......



Il ministro degli Esteri, nei panni del mediatore, si è ripreso il Movimento agendo nell'ombra.

E Giuseppe Conte rischia già di essere commissariato.

In ogni caso il vincitore sarà Luigi Di Maio.

Sia che si certifichi la rottura, sia che si trovi una rabberciata intesa, la sfida premierà l’ex capo politico.

Diventando il leader, anche se solo sulle macerie del Movimento 5 Stelle.


Nell’estenuante partita di scacchi iniziata nel M5S c’è già chi ha dato “scacco al re,
in questo caso Giuseppe Conte”, come dicono fonti interne:
è proprio lui, l’attuale ministro degli Esteri, che ha indossato i panni del grande mediatore.

La chiave di volta è stata propria la trattativa avviata con il faccia a faccia tra Di Maio e l’ex presiedente del Consiglio.

Preziosa è stata la sponda dei gruppi parlamentari.

Durante le ore più roventi, quando la tensione tra Beppe Grillo e Conte era all’apice,
l’ex viceministro dello Sviluppo, Stefano Buffagni, ha agito da pompiere sugli eletti di Camera e Senato,
spegnendo i bollenti spiriti e portandoli a più miti consigli.

Il tutto in nome di un confronto, capace di coinvolgere i parlamentari.

L’operazione ha prodotto una sorta di tragua tra deputati e senatori pentastellati, spaccati tra contiani e fedelissimi grillini:
è stata scongiurata la conta, facendo prendere quota all’ipotesi di una mediazione che sembrava impossibile fino a qualche minuto prima.


La strategia ha funzionato: la spinta al dialogo, è stato questo il grimaldello per penetrare nella rottura tra garante e leader in pectore.

Una fase nuova che ha spianato la strada al Di Maio in versione sarto:

“Troveremo una soluzione comune per far ripartire questo progetto il prima possibile”,
ha scandito in una delle poche e studiatissime uscite pubbliche sulla situazione nel Movimento.

La corsa verso il precipizio è stata quindi frenata.

“Adesso Conte non può accelerare verso lo scontro finale con Grillo e quindi sulla nascita di un suo partito”, ragionano tra i 5 Stelle.

Il motivo? “Così lascerebbe intendere che è lui a voler abbandonare il rilancio del Movimento, mettendosi in proprio.
E questo non sarebbe un buon punto di partenza”, spiegano dal M5S.

La dinamica nel frattempo “ha rafforzato Luigi”, sottolinea un parlamentare fedelissimo all’ex capo politico.

Certo, i saggi individuati sono sette.

Ma è chiaro che il ruolo più importante è stato quello di Di Maio, anche superiore rispetto a Roberto Fico,
“oscurato dal suo ruolo istituzionale di presidente della Camera”, osservano fonti interne.

Anche se, a quanto risulta, i due sono stati in contatto costante per raggiungere l’obiettivo.

Così il ministro degli Esteri “sarà di fatto il vero punto di riferimento del M5S, perché capace di unire contiani e grillini della prima ora”, ribadiscono.


Comunque vada, per lui sarà un successo.

Perché se la trattativa dovesse andare in porto, sarebbe inevitabilmente il numero due di Conte,
“il suo commissario”, si mormora maliziosi nel Movimento.

E se le cose dovessero precipitare Di Maio sarebbe il vero vertice dei 5 Stelle nel triumvirato immaginato con Fico e Virginia Raggi.

In questa incertezza, un fatto è trapelato: “Luigi resta nel Movimento”, scommette chi lo conosce bene.


Con i galloni del leader, anche se non per forza in veste ufficiale.
 
La notizia è giunta con il prezzo del barile che, causa mancato accordo all’Opec, viaggiava sui massimi dal 2014:

la European Bank for Reconstruction and Development (EBRD) non investirà più in esplorazione e produzione di gas e petrolio.


A confermarlo alla Reuters, il managing director Harry Boyd-Carpenter,
a detta del quale l’istituzione cui fa capo allineerà tutte le sue attività alle finalità dell’Accordo di Parigi entro la fine del 2022.

Transizione verde, insomma.

Tanto più che, in contemporanea, il board dei governatori della stessa banca
ha annunciato l’accelerazione verso la de-carbonizzazione nelle regioni in cui opera (Europa centrale e dell’Est, Asia centrale, Mediterraneo),
in ossequio al target di emissioni zero entro il 2050.

Pur non essendo direttamente riconducibile all’attività delle istituzioni Ue,
la EBRD di fatto nasce nel 1991 con la partecipazione diretta di European Investment Bank e l’allora CEE
al fine di guidare il lato economico della transizione dell’ex blocco sovietico.

E la vera notizia del giorno, di fatto, riguarda proprio le componenti in campo in questo quadro prospettico:
l’energia, l’Europa, l’ex Urss.


Questo grafico
Gas1
Fonte: Bloomberg
mostra infatti la reazione di questa mattina dei futures sul gas naturale europeo, record assoluto,
alla decisione di Gazprom di non prenotare alcuna capacità supplementare di trasporto del gas naturale verso l’Ue
all’asta tenutasi ieri in Ucraina e gestita dall’operatore locale, GTSOU.


Di fatto, il bypass insieme alla Polonia delle pipeline che ci uniscono a livello di approvvigionamento energetico a Mosca.


Insomma, Vladimir Putin ha chiuso un po’ i rubinetti per quanto riguarda la prossima stagione invernale,

imponendo al principale player energetico del Paese di astenersi dal garantire extra-offerta per il periodo 1 ottobre 2021-1 ottobre 2022.


E la questione, questa volta, appare decisamente seria.


Perché al Cremlino non è affatto andata giù la decisione del Consiglio Europeo

di stralciare la proposta tedesca
di aprire a un bilaterale con Mosca, al fine di appianare le divergenze,

acuitesi ulteriormente dopo la visita di Joe Biden in Europa per il G7 e il vertice Nato
.


Gran cerimoniere del boicottaggio in sede di Consiglio fu la Polonia,
la quale pagherà di fatto dazio diretto alla propria presa di posizione,
poiché la stessa pipeline Yamal-Europe (Russia-Bielorussia-Polonia-Germania) patirà la scelta politica di Gazprom.

E la mossa russa non appare causale, quantomeno nel timing.


Proprio l’infrastruttura polacca resterà a secco di gas russo da oggi al 10 luglio causa lavori di manutenzione decisi da Gazprom,

mentre dal 13 al 22 sarà il turno dello stop alle consegne via Nord Stream
.


Insomma, un assaggio di isolamento energetico.


Immediatamente festeggiato dal costo del prezzo dei futures del gas naturale europeo.

Una scelta politica, appunto.


Tanto che venerdì scorso, il gigante russo aveva declinato l’offerta di extra-capacity del gestore ucraino per il mese di luglio,
proprio al fine di ovviare allo stop sulla principale rotta verso l’Europa.


Volete la guerra in sede diplomatica, preparatevi al freddo questo inverno.


Insomma, il Cremlino stavolta alza la posta.


E non solo spedendo alle stelle il prezzo del gas,
chiaro spoiler di un trend che potrebbe diventare strutturale e fiaccare non poco la ripresa economica post-Covid dell’industria Ue
ma anche rendendo sempre più fondamentale il completamento dei lavori e la messa in funzione di Nord Stream 2,
la pipeline che collega Russia e Germania.

Bypassando proprio l’Ucraina.

Ma l’agenda atlantista dell’Europa sta sortendo un pessimo effetto anche verso l’altro partner commerciale messo nel mirino, la Cina.


Questi grafici
Gas2
Fonte: Bloomberg
Gas6
Fonte: Reuters

mostrano infatti l’aumento dei costi di trasporto container per i principali scali merci marittimi globali

ma soprattutto il livello di congestione raggiunto in uno dei principali hub del mondo,

l’area del Outer Pearl River Delta (OPRD) fuori Yantian, nella Cina meridionale.


Tutti containers in attesa di entrare in porto, venire sdoganati e scaricati.

Nel febbraio 2020 la media era di 50, lo scorso febbraio di 35: alla fine di giugno, era di 75.

Non a caso, pochi giorni fa la Giochi Preziosi lamentava il rischio di un Natale senza giocattoli,
visto il blocco dei container in Cina e l’aumento delle richieste di denaro fatte da Pechino,
cinque volte il pattuito prima della crisi della supply chain.

E il rischio di bambini in lacrime e offesi a morte con Santa Claus rischia di essere globale, come mostra questo altro grafico:

Gas4
Fonte: Bloomberg

i tempi che intercorrono fra prenotazione e consegna delle componenti elettroniche di base sono saliti da 16 settimane di media a oltre 52.

Ovvero, un ordinativo fatto oggi equivale a una bene consegnato nell’estate 2022.

Ecco il vero danno compiuto dal COVID a livello economico globale:

totale distruzione del principio di supply chain globalizzata dei mercati,

già pesantemente messa in discussione da un decennio di abusi, outsourcing, delocalizzazioni e guerre tariffarie.


Non a caso, interpellato da Bloomberg, Bernie Thompson - fondatore della Plugable Technologies,
azienda con sede a Washington e specializzata nella vendita di pc, laptop e altri prodotti tecnologici via Amazon o attraverso altri retailers
- ha così sintetizzato il quadro: Ormai è tardi per salvare il Natale.

E per chi sperasse in una crisi del debito cinese che riporti Pechino verso più miti consigli
rispetto al braccio di ferro potenziale, magari mal consigliato dall’indice Pmi dei servizi sceso in area di quasi contrazione a giugno,

questo grafico
Gas5
Fonte: Bloomberg
mostra come la Banca centrale cinese (Pboc) dopo mesi di politica restrittiva sul credito
abbia dato luce verde ai governi locali per emissioni record di debito
.

La finalità?

Ripagare quello in scadenza, al fine di evitare defaults.

Stando a dati del ministero delle Finanze ed elaborati da Bloomberg News, infatti,
città e province del Dragone nei primi sei mesi di quest’anno hanno emesso
cosiddetti refinancing bonds per un controvalore di 1,9 trilioni di yuan
(293 miliardi di dollari)
contro i 700 miliardi dello stesso periodo del 2020 e i 660 miliardi del 2019.


L’Europa che ancora lotta con le diseguali ripartenze dalla pandemia è proprio sicura che,

in nome di una mal interpretata fedeltà atlantica,

valga la pena prendere di petto Cina e Russia, proprio ora?
 
Prima della sfida tra Italia e Spagna,
Paesi dove il successo di Raffaella è stato totale,
si sentiranno le note del suo successo più celebre





E se l’Argentina, in un ritratto meraviglioso e commovente, l’ha incastonata in un’epoca di tremore e timore
come quella che si colloca tra gli anni Settanta e Ottanta, ritraendola per quel che era, o
vvero l’amica di Diego Armando Maradona, Italia-Spagna le renderà un tributo dovuto,
necessario per quanto ha donato con amore incondizionato al suo pubblico.

Sarà divisa a metà, Raffaella.

Qualunque sarà l’omaggio che verrà accordato non le renderà mai abbastanza,
eppure è avvertito come prioritario per quanti hanno goduto dell’allegria e di quella cosciente e consapevole qualità
che ha elargito con intelligenza, portando istanze e temi di natura squisitamente civile sul fronte del palco.

Così sentiremo ancora le sue canzoni, per testimoniare un tributo di riconoscenza prima di tutto umano, chiesto dalla Figc e accordato dalla Uefa.


Italia-Spagna sarà una fiesta con Raffa:

Marca, il più importante quotidiano sportivo spagnolo le ha dedicato una prima che bene riassume tutto quello che c’è, in questi giorni di lutto e sgomento.
“Que fantastica esta fiesta” è l’emblema dello sfarzo e dell’iperbole raffaelliana, la sfida calcistica per definizione, con Italia-Spagna che nella Carrà si superano.

Quando fu esule, con abnorme successo, in Spagna e Argentina
Raffaella diede il meglio e conquistò iberici e sudamericani che la idolatravano e la adorano
anche oggi per il suo stile inimitabile e la sua cifra umana che, per quanti altri e altre tentino, non riescono neanche a sfiorarne il livello.

In Spagna fu tale l’amore che si guadagnò il titolo di dama al Orden del Mérito Civil, una delle massime onorificenze spagnole.

Complice il calcio e la formula Carrà del dopo, Raffaella divenne una personalità nota anche al pubblico iberico
che rese complice con dei brani insuperabili, dove condensò ironia, emancipazione e una disinvoltura allegra e simbolica,
una sorta di liberazione laica che sancì il successo di Pedro al più italico Ballo, ballo.


Di fede juventina, riusciva a essere anche sul versante spagnolo appassionata e partecipe:
aveva scelto il Real come squadra del cuore spagnolo, ma sempre con un certo distacco
e una indubbia gioia di vivere che il calcio spesso impone anche a chi non la avverte come urgente.

Una delle sue ultime interviste, in quel programma definito piccolo che poi tanto piccolo non era,
è stata a Leonardo Bonucci che l’ha salutata con affetto dopo averla incontrata per “A raccontare comincia tu”.

Anche l’ex capitano Alessandro Del Piero, protagonista di una carrambata splendida e divertente
si era prestato a ballare il Tuca tuca e aveva portato il suo stile in un programma come quello della Raffa nazionale.

Sui social aveva festeggiato anche l’ultimo scudetto della Juve con la consueta qualità e sportività, perché no:
“Cara Juve: mi piaci, ah-ah! Mi piaci, ah-ah-ah! Mi piaci, tanto, tanto, ah! Sembra incredibile ma sono cotta di te…”.


Siccome Raffa apparteneva solo a se stessa, il suo pubblico ne era consapevole e ne rispettava le qualità e il grande lavoro
che la sua ossessione per la scrittura e lo studio richiedevano, aveva amato tanto Diego Armando Maradona che l’Argentina definisce amico.

“L’ho conosciuto in Italia quando lo invitavo ai miei programmi televisivi – confessò al Messaggero –
ma la prima volta è venuto lui da me ed è pure finito in prigione. Io cantavo in una grande arena a Buenos Aires.
Era il 1979. Lui avrà avuto 18 anni. L’arena era piena, non c’era più posto, ma lui tentò comunque di entrare per ascoltarmi.
Disse ai poliziotti: ‘Non sapete chi sono io!’. Lessi questa storia il giorno dopo sul Clarin. Per colpa mia Diego aveva passato la notte in guardina”.

In nome di questa reciproca stima, che li univa oltre l’amicizia, Raffa lo rese protagonista di una carrambata assoluta:
dopo sette anni lo riportò all’Auditorium per celebrare il Napoli dello Scudetto con lacrime, balli, abbracci.
Ebbe modo poi di ricambiare allo stesso modo, rendendo unica “La noche del 10”.

“Amava il calcio ed era una grande tifosa della Nazionale Raffaella Carrà,
vera e propria regina della televisione italiana morta ieri all’età di 78 anni.
Per omaggiarla, la FIGC ha chiesto e ottenuto dalla UEFA di inserire nella playlist utilizzata per il riscaldamento
prima della semifinale dell’Europeo con la Spagna ‘A far l’amore comincia tu’, una delle sue canzoni più amate e ballate”,
si legge nella nota della Federazione. “La scomparsa di un’icona come Raffaella Carrà – ha dichiarato Gabriele Gravina
donna innovativa e artista straordinaria, ha colpito tutti. Prima di Italia-Spagna, la sua partita,
vogliamo ricordarla con allegria, ascoltando insieme la sua musica carica di energia”.

Stasera a Wembley, Londra ‘A far l’amore comincia tu’. Perché, comunque vada, sarà una festa fantastica.
 

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