Piedi a Terra
Forumer storico
La Borsa cerca nuove ancore contro la speculazione
di Antonio Quaglio 25 gennaio 2012
Tornare ai fixing in Borsa, ancorare di nuovo la volatilità a una catena di "prezzi di giornata"? Se li ricorda bene Ettore Fumagalli, che per tanti anni – tra le corbeilles di Piazza Affari – ha "chiamato" i titoli al prezzo ufficiale. Sarà lo storico agente di cambio milanese - ex presidente della Federazione delle Borse europee – ad aprire oggi a Milano (via Giotto 36, auditorium San Paolo, ore 9,30) il convegno Aiaf su «Finanza: la serva padrona?
Una finanza responsabile per una sana economia». Oltre a lui e al presidente degli analisti finanziari italiani, Paolo Balice, a confrontarsi sul dopo-crisi ci saranno tra gli altri Giacomo Vaciago, Donato Masciandaro e Salvatore Bragantini. Ma il compito di rimettere in discussione la negoziazione continua – tra provocazione intellettuale e proposta operativa – sarà Francesco Cesarini.
«La frammentazione degli scambi su più piattaforme – dice, anticipando il suo intervento – assieme al ruolo crescente delle banche specialist e allo sviluppo del program trading hanno aumentato la volatilità in misura sempre meno sopportabile sia per l'investitore finale, individuale o istituzionale; ma anche per l'emittente di azioni». Cesarini, per quarant'anni economista bancario alla Cattolica, tuttora alla guida dell e-Mid, è stato l'ultimo presidente della Borsa italiana pubblica. Quando arrivò a Palazzo Mezzanotte nel '96, il telematico azionario funzionava già anni: anche in Piazza Affari le grida erano state spente dall'onda lunga del big bang della City, a metà anni '80.
«Allora la tecnologia sembrava la via maestra per modernizzare gli scambi, per reggere l'urto di volumi finanziari enormemente moltiplicati; per arricchire l'offerta di prodotti da parte di società-mercato privatizzate e in concorrenza.
Poi il trading continuo ultraveloce ha generato volatilità strutturale: e il costo del rischio addizionale ha via via assottigliato, per l'investitore "puro", i benefici economici di operare su circuiti efficienti».
Ma in clima di ripensamento ampio Cesarini sottolinea: «La crescita dell'high frequency trading ha finito per favorire principalmente gli intermediari, le Borse privatizzate e i loro azionisti e quella parte di operatori che puntano sulla volatilità strutturale». Per non parlare delle opportunità artificiali, generate dalla stessa tecnologia: come l'arbitraggio tra diverse piattaforme o diversi strumenti (per esempio un derivato e il relativo sottostante). Un paradiso per gli addetti ai lavori, ma sempre meno per la gestione in Borsa della ricchezza finanziaria diffusa e della capitalizzazione produttiva delle imprese.
Che fare? «Personalmente credo poco ai trading halt, agli stop "per eccesso" di rialzo o ribasso», dice Cesarini, già presidente di UniCredit e Popolare di Milano. Ma qualcosa per abbassare la temperatura speculativa a tutela degli outsider di Borsa si può fare:
«L'intera seduta di Borsa potrebbe essere riorganizzata su una serie di predeterminata di "aste a chiamata", fissate secondo cadenze stabilite».
In concreto:
«Tra un'asta e l'altra andrebbero contrapposti tutti gli ordini in acquisto e in vendita giunti agli intermediari, evitando quasi sicuramente variazioni esasperate dei prezzi: presumibilmente con un effetto più incisivo sulle blue-chip».
E una significatività particolare tornerebbe ad assumere l'ultima asta della giornata: il prezzo di per sè più segnaletico, quello di chiusura, dovrebbe risultare il meno manipolabile.
di Antonio Quaglio 25 gennaio 2012
Tornare ai fixing in Borsa, ancorare di nuovo la volatilità a una catena di "prezzi di giornata"? Se li ricorda bene Ettore Fumagalli, che per tanti anni – tra le corbeilles di Piazza Affari – ha "chiamato" i titoli al prezzo ufficiale. Sarà lo storico agente di cambio milanese - ex presidente della Federazione delle Borse europee – ad aprire oggi a Milano (via Giotto 36, auditorium San Paolo, ore 9,30) il convegno Aiaf su «Finanza: la serva padrona?
Una finanza responsabile per una sana economia». Oltre a lui e al presidente degli analisti finanziari italiani, Paolo Balice, a confrontarsi sul dopo-crisi ci saranno tra gli altri Giacomo Vaciago, Donato Masciandaro e Salvatore Bragantini. Ma il compito di rimettere in discussione la negoziazione continua – tra provocazione intellettuale e proposta operativa – sarà Francesco Cesarini.
«La frammentazione degli scambi su più piattaforme – dice, anticipando il suo intervento – assieme al ruolo crescente delle banche specialist e allo sviluppo del program trading hanno aumentato la volatilità in misura sempre meno sopportabile sia per l'investitore finale, individuale o istituzionale; ma anche per l'emittente di azioni». Cesarini, per quarant'anni economista bancario alla Cattolica, tuttora alla guida dell e-Mid, è stato l'ultimo presidente della Borsa italiana pubblica. Quando arrivò a Palazzo Mezzanotte nel '96, il telematico azionario funzionava già anni: anche in Piazza Affari le grida erano state spente dall'onda lunga del big bang della City, a metà anni '80.
«Allora la tecnologia sembrava la via maestra per modernizzare gli scambi, per reggere l'urto di volumi finanziari enormemente moltiplicati; per arricchire l'offerta di prodotti da parte di società-mercato privatizzate e in concorrenza.
Poi il trading continuo ultraveloce ha generato volatilità strutturale: e il costo del rischio addizionale ha via via assottigliato, per l'investitore "puro", i benefici economici di operare su circuiti efficienti».
Ma in clima di ripensamento ampio Cesarini sottolinea: «La crescita dell'high frequency trading ha finito per favorire principalmente gli intermediari, le Borse privatizzate e i loro azionisti e quella parte di operatori che puntano sulla volatilità strutturale». Per non parlare delle opportunità artificiali, generate dalla stessa tecnologia: come l'arbitraggio tra diverse piattaforme o diversi strumenti (per esempio un derivato e il relativo sottostante). Un paradiso per gli addetti ai lavori, ma sempre meno per la gestione in Borsa della ricchezza finanziaria diffusa e della capitalizzazione produttiva delle imprese.
Che fare? «Personalmente credo poco ai trading halt, agli stop "per eccesso" di rialzo o ribasso», dice Cesarini, già presidente di UniCredit e Popolare di Milano. Ma qualcosa per abbassare la temperatura speculativa a tutela degli outsider di Borsa si può fare:
«L'intera seduta di Borsa potrebbe essere riorganizzata su una serie di predeterminata di "aste a chiamata", fissate secondo cadenze stabilite».
In concreto:
«Tra un'asta e l'altra andrebbero contrapposti tutti gli ordini in acquisto e in vendita giunti agli intermediari, evitando quasi sicuramente variazioni esasperate dei prezzi: presumibilmente con un effetto più incisivo sulle blue-chip».
E una significatività particolare tornerebbe ad assumere l'ultima asta della giornata: il prezzo di per sè più segnaletico, quello di chiusura, dovrebbe risultare il meno manipolabile.