G.Evangelista: si infiamma l'inflazione! ...
di Gaetano Evangelista , 19.05.2005 16:11
...almeno quella raffigurata dal CPI americano, che negli ultimi tre mesi è cresciuto ad un tasso annualizzato del 6.2%! Si tratta del dato più elevato da novembre 1990. Il tasso annuale ovviamente cresce con minore impeto, ma conferma pur sempre la tendenza crescente inaugurata dalla seconda metà del 2002 in avanti.
Bizzarro che si parli di inflazione (prezzi al consumo) in crescita, con le commodities che dall'inizio dell'anno sono visibilmente calate di prezzo. Ma evidentemente il Consumer Price Index fotografa una realtà, che può legittimamente non coincidere con quella che risente dei prezzi delle materie prime. Oltretutto, del CPI esiste una versione "core" (al netto dei prezzi di beni alimentari ed energia) che riflette una situazione ancora differente; ma ci sembra corretto valutare tutti le componenti che entrano nella busta della spesa dei consumatori, senza escluderne quelle più "volatili". Ad ogni modo, il grafico in basso merita di essere attentamente analizzato.
Come si può notare, la variazione annuale del CPI resta ben superiore al 3%, e ciò fa sì che in termini reali il Fed Fund rate sia ancora negativo, seppur di poco, nonostante i ripetuti aumenti decretati dalla Federal Reserve. Si può notare peraltro come la tendenza crescente sperimentata dalla seconda metà del 2002 in avanti abbia prodotto il venir meno del downtrend del CPI registrato a partire dal 1990. Da questo punto di vista, la disinflazione degli anni '90, che ad un certo punto è diventata deflazione, sta ora segnando il passo a favore dell'inflazione.
Ma di maggiore interesse è il quadrante superiore del grafico in alto. Esso mostra il tasso annualizzato dell'inflazione degli ultimi tre mesi. In altri termini, si suppone - se si vuole, arbitrariamente - che ciò che è accaduto fra febbraio ed aprile si possa ripresentare nei prossimi nove mesi, onde estrapolarne una tendenza. Arbitrario, si diceva; ma esattamente come si fa per il PIl trimestrale, che usualmente viene reso noto in termini di tasso trimestrale annualizzato. Orbene, il tasso annualizzato del CPI mostra una sensibile crescita, che lo ha portato ad abbattere il livello di "resistenza storico" del 5%, e a portarsi come si diceva in apertura in prossimità del 6.2%. In che misura questo "assaggio" di tendenza si rispecchierà nei dati dei prossimi mesi del CPI?
Non lo sappiamo, ma di sicuro non si tratta di un dato isolato, e ciò deve iniziare a preoccupare i responsabili della politica economica americana. Potrebbe diventare necessario aumentare i tassi ufficiali in maniera più aggressiva, onde contrastare la fiammata inflazionistica sui prezzi al consumo; ma ciò avrebbe inevitabilmente ripercussioni sulla crescita economica. Un bella matassa da sbrogliare, per gli economisti ...