2015

Immaginate di avere debiti, una montagna di debiti e di vivere comunque nel lusso, al di sopra delle vostre possibilità, da quella che ormai sembra un'eternità. In realtà potete permettervi un debito tanto elevato solo per-ché, finora, nessun creditore ha insistito per essere rimborsato. E soprattutto perché, grazie all'in-credibile valanga di soldi prove-niente dalle Banche centrali, riuscite a non crollare sotto il peso degli interessi. Piano piano, però, nessuno vi da più molta fiducia. Dopo che avete promesso più volte di gestire con maggior serietà il vostro bilancio, senza mai averlo davvero fatto, i vostri creditori minacciano di stringere i cordoni della borsa. Peccato, perché ormai solo la disponibilità dei creditori e, soprattutto, il fattore tempo possono essere d'aiuto. Purtroppo, però, le aziende private e le famiglie non possono temporeggiare come si fa per le finanze pubbliche, confidando nella disponibilità altrui. È arrivato il momento di tirare la cinghia. I debitori pubblici hanno vita più semplice, dato che per loro la crisi del debito dura già così a lungo da aver stancato tutti e da non scandalizzare più nessuno se occorre tirar fuori dalla saccoccia qualche altro miliardo di euro. Si è già visto nel caso della Grecia, che nonostante la sua arroganza (solamente confusa con orgoglio, si spera) ha potuto infine contare sull'Europa. I paesi dell'Eurozona hanno accettato, senza stringere troppo i denti, la decisione di concedere più tempo alla Grecia e di destinare ad Atene gli ultimi crediti messi da parte per gli aiuti. Da quando gli interessi hanno toccato il fondo, la Banca centrale mette a disposizione essenzialmente del tempo; per denaro ad alto interesse, si intende.
[FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com][FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com] Perdita di tempo
[/FONT][/FONT] Il tempo risulta quindi costoso e merita di essere sfrutta-to. Dalla crisi finanziaria, la Banca centrale europea investe quasi esclusivamente in tempo. Ha guadagnato tempo per le banche e poi per i paesi dell'UE fortemente indebitati. Sono ormai più di cinque anni che la situazione è questa. Considerato il costo del tempo, si dovrebbe presumere che venga gestito con estrema attenzione. Ma non è così. Se n'è accorto nel frattempo persino Mario Draghi, il più grande «illusionista del tempo», che non considera più i bond greci come una garanzia. Anche lui ha capito che gli stati dell'Eurozona non hanno intenzione di intraprendere il percorso, doloroso ma inevitabile, delle riforme strutturali e preferiscono aspettare del tempo. Magari fino a quando la congiuntura ricomincerà a migliorare e l'inflazione farà ritorno. L'Europa però sta aspettando già da troppo tempo. E come sempre il tempo continua a essere sprecato. Il governo francese intende frenare le misure di risparmio e ridurre solo entro il 2018 il deficit dell'economia globale al di sotto del para-metro di Maastricht del 3% del prodotto nazionale lordo. Sulla scia del costoso esercizio greco, Bruxelles ha approvato anche questa decisione senza alcuna resistenza. L'Eurozona continua a seguire la stessa formula collaudata, ossia temporeggiare. La Grecia si difende strenuamente da condizioni eccessive, in Francia e in Italia non si trova una maggioranza disposta ad attuare riforme strutturali incisive e anche in paesi come la Germania, dove la situazione è migliore, molti politici guardano più alle elezioni che al bilancio dello stato. Data la forma smagliante dell'economia tedesca, il pareggio nel bilancio pubblico doveva già essere stato raggiunto da molto. Ma anche la Germania si è presa tempo fino al dopo elezioni, visto che in fin dei conti anche gli altri paesi l'hanno fatto. L'azzeramento del deficit significa soltanto che il debito non aumenta, una prestazione tutt'altro che esaltante. A quanto pare, lo è invece per le democrazie dei paesi industrializzati altamente sviluppati. Insomma, anche le presunte economie solide stanno perdendo tempo.
[FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com][FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com] Gioco con il tempo
[/FONT][/FONT] Questo gioco con il tempo sembra poter proseguire così per l'eternità. Ma alla fine, il tempo guadagnato e finora non sfruttato potrebbe venire a mancare. Con le spalle coperte dalla potente Banca centrale, qualche stato si ritiene forse al sicuro, dimenticandosi che i mercati finanziari possono subire un cambio di direzione anche molto rapidamente. Ecco che giocare con il tempo equivale a giocare con il fuoco. Se la pazienza dei mercati nei con-fronti dell'Europa si esaurirà, sarà ormai troppo tardi. Eppure sembra quasi che i paesi europei ci contino. O forse si sono presi una sbronza politico-monetaria. Da quando la BCE ha avviato il quantitative easing, le borse europee si sono riprese. Ciò che sembra seguire il model-lo ormai consolidato degli ultimi cinque anni – ogni an-nuncio o provvedimento politico-monetario ha provocato un aumento dei corsi sui mercati azionari a prescindere dai fattori fondamentali alla base – potrebbe essere an-che un ultimo tentativo di toccare nuovi vertici. Ogni attore del mercato sa, infatti, che la fase di rialzo non può continuare in eterno e che i mercati sono maturi e cari. I corsi di oggi riflettono già molto di ciò che deve ancora verificarsi. Non si può escludere che i mercati diventino più prudenti e che la sfiducia torni a fiorire. Allora giocare con il tempo potrebbe non essere più così facile. Vedremo se i Greci riusciranno ancora a farlo e se a giugno saranno in grado di fornire risultati concreti dalle misure di risparmio adottate. I mercati punteranno sempre più l'attenzione sulla Grecia e faticheranno a concederle altro tempo. Perché col tempo anche i merca-ti perderanno la pazienza. E questa tarda primavera potrebbe diventare
bollente

:mumble:m
 
...................... buon week...

L'economia svizzera ha chiuso l'anno scorso in modo robusto. Nel T4, la crescita del PIL è stata molto più forte del previsto. Rispetto al trimestre precedente, l'aumento è stato ancora dello 0.6%, dopo lo 0.7% nel T3. Con la crescita superiore alla media nel 2° semestre, l'economia svizzera nel 2014 ha registrato un forte aumento del 2.0% rispetto all'anno precedente. I recenti dati hanno mostrato che il consumo rimane un affidabile pilastro della crescita. Anche il commercio estero ha contribuito di nuovo alla crescita. Quindi l'economia svizzera prima della sospensione della soglia minima del tasso di cambio mostrava molto slancio, al quale dovrebbe però ora seguire una forte fase di indebolimento nel primo trimestre 2015. L'indice dei responsabili degli acquisti (PMI) per gennaio è crollato di oltre 5 punti, scendendo sotto i 50 punti. All'inizio di questa settimana, il valore di febbraio mostrava però solamente una contenuta correzione ulteriore a 47.3. Le previsioni sulla produzione delle aziende sono scese a un livello simile a quello della fine del 2012. Allora, l'adeguamento della dinamica industriale è stato complessivamente contenuto. Di conseguenza, nono-stante le previsioni di un rallentamento nel primo semestre continuiamo a prevedere buone possibilità che il PIL anche nel 2015 aumenterà ancora complessivamente – soprattutto se l'EUR/CHF, come previsto, rimarrà nettamente sopra la parità.
Ultimamente, l'EUR/CHF si è stabilizzato attorno al livello di 1.07. La ripresa delle settimane precedenti non è proseguita. Dall'altro lato, tuttavia, nonostante il recente ulteriore indebolimento dell'EUR rispetto all'USD la pressione sulla valuta svizzera non è di nuovo aumentata. Rispetto all'USD il franco si è ulteriormente svalutato ed è quindi molto più debole rispetto all'anno precedente.
La debolezza dell'euro dipende dallo sganciamento della politica monetaria della BCE da quella della Fed statunitense. Nel frattempo, i recenti risultati dei sondaggi tra i responsabili degli acquisti segnalano un'accelerazione della ripresa congiunturale nell'Eurozona. Questo si è riflesso anche nelle nuove previsioni della BCE, che sono state pubblicate giovedì dopo la riunione di politica monetaria. La Banca centrale prevede ora tramite il suo allentamento politico-monetario un'accelerazione della crescita del PIL all'1.5% nel corso di quest'anno, dopo l'attuale 1.0%. Pertanto, entro il 2017 anche l'inflazione dovrebbe aumentare di nuovo verso l'obiettivo a medio termine della BCE. Durante la conferenza stampa, la BCE ha annunciato ancora che il 9 marzo inizierà con gli acquisti di titoli di stato, nell'ambito dei quali potranno essere acquistati titoli di debito fino a un rendimento negativo massimo del -0.2%. Per il momento, la Grecia e Cipro rimangono escluse dagli acquisti a causa di verifiche non concluse dei loro programmi di riforme. E per il momento il rifinanziamento delle banche greche rimane limitato ai crediti di emergenza da parte della Banca centrale greca.
In Cina, il calo dei prezzi delle materie prime, assieme a un indebolimento della dinamica congiunturale, ha fatto scendere l'inflazione sotto il livello dell'1%. In seguito a ciò, l'ul-timo fine settimana la Banca centrale cinese ha ulteriormente allentato un po' la sua politica monetaria. Dopo che già all'inizio di febbraio ha diminuito il suo più importante strumento di politica monetaria, il tasso delle riserve minime per i depositi bancari, questa volta i tassi di riferimento per la concessione di crediti e i depositi di risparmio sono stati leggermente abbassati. Altri passi ben definiti dovrebbero seguire nel corso dell'anno per aiutare ad ammortizzare il rallentamento congiunturale. I dati di febbraio previsti per la prossima settimana per l'economia cinese dovrebbero, come già osservato a gennaio, mostrare forti oscillazioni a causa delle normali distorsioni dovute al capodanno. I significativi dati mensili sono quindi di nuovo meglio interpretabili solo in primavera.
Anche negli Stati Uniti, la prossima settimana, prima della prossima riunione della Fed, dopo il rapporto sul mercato del lavoro sono previste altre importanti pubblicazioni di dati. Ultimamente, i dati sulle vendite al dettaglio sono stati sorprendentemente moderati, nonostante i solidi aumenti dei redditi. Per febbraio si prevede di nuovo una dinamica in aumento. Allo stesso tempo, la fiducia dei consumatori dovrebbe consolidarsi a un elevato livello
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Quello che i Greci sanno
[FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com][FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com] I Greci continuano a far trottare l'Europa. Il paese che rappresenta un due per cento scarso della forza economica europea riesce continuamente a mettere in discussione l'euro. Si delinea sempre più chiaramente un vero e proprio scontro finale perché l'ultimo atto del dramma greco è molto intenso. Proprio nella settimana in cui la BCE ha inaugurato il programma di acquisto di obbligazioni del valore di 60 miliardi di euro al mese, in Grecia si assiste su molti fronti a un esacerbarsi della situazione. In primo luogo vi è lo zelante Ministro delle Finanze della Grecia che non rispetta le convenzioni e che alimenta costantemente l'insicurezza. A volte afferma che i greci desiderano un taglio del debito, per poi rifiutare gli aiuti da Bruxelles sostenendo che ancora vi sarebbe sufficiente liquidità disponibile. Parallelamente, il governo Tsipras minaccia di compromettere i primi timidi successi del processo di risanamento greco con l'annuncio di spese, anche se le entrate sono ben lungi dall'essersi stabilizzate. Al posto di un avanzo di bilancio – ovvero un avanzo primario, che viene calcolato senza il pagamento degli interessi - di più del tre per cento della produzione, si delinea piuttosto un nuovo deficit.
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[/FONT] Tagli al futuro
[FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com][FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com] Nonostante due consistenti pacchetti di aiuti pari a circa 230 miliardi di euro, dall'inizio della crisi la Grecia ha perso un quarto della sua produzione. Il recente debole percorso di crescita verso l'alto è ben lontano dall'essere sufficientemente stabile per poter parlare di un'inversione di tendenza, è più appropriato definirlo un effetto base. Infatti, la Grecia ha diminuito le spese statali da 122 miliardi di euro del 2008 a 88 miliardi di euro nell'ultimo anno. È certamente un risultato, ma anche un problema, poiché il taglio più consistente si è registrato negli investimenti statali, che si sono dimezzati da 11.9 miliardi di euro a 5.9 miliardi. Di fatto in questo modo la Grecia investe nel futuro del paese solo una frazione minima del budget, come ad esempio in infrastrutture, istruzione, ricerca o sviluppo. Ne consegue che la Grecia dovrà an-cora stringere la cinghia per molto tempo.
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[/FONT] Lamentele e minacce ...
[FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com][FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com] La novità consiste nel modo in cui gli attuali governanti di Atene affrontano il problema. Sembra quasi che mirino a far perdere la pazienza agli altri paesi dell'Europa. Questa però è un'impresa davvero rischiosa, perché se a Bruxelles si continua a mettere in pericolo la reputazione del paese questo non significa affatto che si possa presto vivere in maniera disinvolta. Nella Commissione UE si osserva con sospetto come dallo scorso autunno in Gre-cia non si faccia praticamente alcun progresso. I funzionari a Bruxelles parlano apertamente di mesi perduti. La campagna elettorale e il cambio del governo sono stati, come è noto, gli unici sforzi seri recenti in Grecia. E proprio ora il Ministro delle Finanze Varoufakis minaccia nuove elezioni se non fossero accettati i piani di Atene di consolidamento del bilancio ed esorta allo stesso tempo i paesi dell'euro a concludere rapidamente i negoziati sui nuovi aiuti. Atene non chiede gentilmente, Atene pretende e Atene propone una riforma dopo l'altra invece di concretizzare una volta per tutte il pacchetto di riforme previsto per la fine di febbraio. Ora sul tavolo vi sono quanto meno proposte di riforme. Il governo greco in-tende far controllare la disciplina del budget da un organo di vigilanza indipendente (fiscal council), inoltre stabilisce limiti massimi alle spese e intende tassare di più le vincite provenienti dal gioco d'azzardo. Le misure mirano a riscuotere le imposte latenti, a impedire la truffa fiscale e la sottrazione d'imposta nonché a ridurre la burocrazia. Rimane tuttavia incerto che si possa effettivamente sfruttare il potenziale di entrate, perché i depositi di risparmio privati si sciolgono come neve al sole e con loro anche il sostrato fiscale. Solo quest'anno sono defluiti circa dieci miliardi, il che equivale a quasi il dieci per cento.
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[/FONT] ... o superiorità tattica di gioco
[FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com][FONT=Frutiger Next Com,Frutiger Next Com] La Grecia diventa un banco di prova per l'unione monetaria e purtroppo sembra che la Grecia nel frattempo si sia quasi affezionata a questo ruolo. Infatti, i greci hanno capito bene che per l'unione monetaria è in gioco molto di più di quanto sia in gioco per loro stessi. Con il loro modo di procedere audace, i greci hanno anche mostrato chiaramente i limiti di quest'area monetaria. Infatti, i burocrati di Bruxelles non possono influire in modo efficace sul paese. La Commissione europea preferisce fare ogni anno riflessioni nel quadro della cosiddetta Macroe-conomic Imbalance Procedure (MIP) sugli ulteriori squilibri macroeconomici, esortando diversi paesi a una politica decisa contro tali squilibri. Tuttavia, infine non si tratta che di burocrazia, fintanto che sarà possibile avvolgere questa area economica eterogenea con il mantello della moneta unica e impedire in tal modo che possano essere eliminati gli squilibri. Così la Germania beneficia dell'euro debole molto più di quanto faccia la Grecia, per la quale ancora oggi l'euro è troppo forte. La Germania guadagna terreno su tutti gli altri paesi e per questo viene esortata dalla MIP a non far straripare la propria eccedenza delle partite correnti. Tuttavia per rispettare tale richiesta, il «made in Germany» attualmente è troppo competitivo anche grazie alla sua moneta debole. I tempi dell'"arrangiarsi in qualsiasi modo" nell'Eurozona potrebbero essere finiti prima di quanto piaccia a qualcuno a Bruxelles. Probabilmente, anche per questo motivo la Grecia viene tenuta stretta quasi a qualsiasi prezzo. Il problema è che lo sanno anche i Greci, il cui Ministro delle Finanze e professore di economia, a proposito si e'
fatto un nome quale esperto della tattica di gioco. Gioca palesemente secondo il modello del codardo, nel quale il bluff dura fino a quando non rinuncia l'avversario. Solo in questo modo si spiega come faccia Varoufakis a lasciare le riunioni dei Ministri delle Finanze senza che si sia rag-giunto un accordo. Ovviamente lui nega, ma ammette lui stesso su Twitter di trovarsi nel dilemma del prigioniero

:mumble:.......m
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Ciao Mario, non chiedermi perchè... ma penso che il cross EUR/USD possa rimbalzare un pochino essendo sceso troppo senza fiatare...!!! :V
Hai visto il grafico che ti ho allegato ieri via mail...??? :up:
 

Allegati

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.........ma..... vedremo.....

Alla fine della prima settimana di marzo l'euro si è​
congedato con un livello inferiore a 1.10 rispetto al​
dollaro. La scommessa del presidente della BCE Draghi per​
ora sembra rivelarsi vincente. Il 9 marzo aveva iniziato a​
iniettare liquidità nei mercati colpendo l'euro​
probabilmente persino di più di quanto previsto in origine.​
Infatti, la debolezza dell'euro era iniziata ben prima​
dell'annuncio del QE da parte della BCE, anche perché​
negli Stati Uniti l'inversione dei tassi si andava delineando​
sempre più chiaramente. Tuttavia, se in Europa infine la​
congiuntura con le attuali condizioni non accelererà, la​
delusione sui mercati dovrebbe essere grande. E il Signor​
Draghi probabilmente non avrebbe più frecce al proprio​
arco. Oltre alla debolezza valutaria il ribasso delle fatture​
dell'energia in Europa svolge il ruolo di un programma​
congiunturale. Ciò si deve ora ripercuotere positivamente​
sui dati congiunturali. L'Europa è di nuovo sul banco di​
prova.​
Neanche un Grexit (uscita della Grecia) o addirittura un​
Grexodus sono questioni superate. Il governo greco si​
muove ripetutamente in un difficilissimo gioco del gatto e​
del topo con i paesi dell'euro, rischiando che questi ultimi​
qualche volta perdano la pazienza con il nuovo governo​
ribelle di Atene. Il rischio di contagio per gli altri paesi​
mediante i mercati obbligazionari attualmente non è poi​
così alto, tuttavia se la Grecia mettesse effettivamente in​
discussione l'Eurozona o l'Eurozona mettesse in​
discussione la Grecia, vi saranno turbolenze difficili da​
calcolare, ma sicuramente poco controllabili.​
Un po' più di normalità?​
Di conseguenza, le basi per il prossimo futuro ora si gettano​
nel vecchio continente e non negli Stati Uniti. Infatti,​
già da tempo il problema non lo sono più gli Stati Uniti,​
che si sono sganciati nettamente dall'Europa e già da​
molto svolgono il ruolo di locomotiva congiunturale globale.​
Sul mercato circolano addirittura commenti secondo​
cui la Fed potrebbe aumentare i tassi persino prima di​
quanto si pensasse. Seppur non condividiamo questo parere​
e continuiamo a prevedere un primo aumento dei​
tassi negli Stati Uniti in primavera, ciò mostra quanto sia​
cresciuto nel frattempo il vantaggio degli USA. L'Europa è​
rimasta definitivamente indietro.​
Rally azionario: per quanto tempo ancora?​
La speranza è l'ultima a morire: sembra essere questo il​
motto dei mercati finanziari per il 2015. Solo così si spiega​
che quasi tutti gli indici azionari europei dopo soli due mesi​
si attestano già nella zona di utile a due cifre. E ciò, come​
sembra, in modo del tutto indipendente dall'andamento​
effettivo delle relative economie nazionali. Così, gli indici​
di riferimento tedesco, francese e italiano procedono di​
pari passo. Con questo andamento generale verso l'alto e​
straordinario dei corsi cresce il rischio di un'intensa flessione.​
Anche se non prevediamo che ciò avvenga nell'immediato,​
teniamo i mercati europei particolarmente d'occhio.​
Attualmente il momentum è ancora intatto, ma potrebbe​
interrompersi rapidamente, se al mercato viene a​
mancare la fantasia. Questa fantasia è effettivamente solo​
la speranza, da nutrire ancora, che vi debba essere ulteriore​
spazio per nuovi aumenti dei corsi.​
Outperformer Germania​
Non è la Grecia l'elemento critico in Europa, seppur alimenti​
molto l'insicurezza. Lo sono molto di più le due​
grandi economie nazionali di Francia e Italia che segnano​
il passo distanziandosi sempre più dalla Germania. Quindi​
nessun segno di convergenza: all'interno dell'area euro il​
divario continua ad aumentare sempre di più. Chi ha puntato​
sull'Europa dovrà pertanto guardare meno alla Germania​
e rivolgere invece la propria attenzione a Francia e​
Italia. I francesi per il consolidamento delle proprie finanze​
pubbliche hanno già concordato più tempo di quanto previsto​
in origine. Segno che si sono dovute rivedere ancora​
al ribasso le altisonanti attese e proiezioni del governo. I​
mercati portano ancora pazienza, la quale tuttavia è appesa​
a un filo: si preannuncia un cocktail più esplosivo che​
in Grecia, la quale sui mercati viene attualmente trattata​
come una questione trascurabile​
:titanic:m....... sempre copiato..... ricordatevi....​

 
maestro.........:bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow:
quando ha piacere di illuminarci ....ci fa solo che piacere......


copio.....
LE AZIONI SONO CARE E LO DIVENTERANNO ANCORA DI PIU'

La valutazione attuale delle azioni è molto elevata.​
Ma i corsi, in ragione dei tassi bassi e dei solidi risultati​
aziendali, per il momento dovrebbero aumentare​
ancora.​
Le azioni, dopo il già forte 2014 e il fulminante avvio del​
2015, vantano una valutazione molto elevata, come mostrano​
alcuni indici di valutazione. Per esempio, la capitalizzazione​
di mercato rispetto alla creazione di valore​
dell'economia nazionale per gli USA e la Germania ha raggiunto​
valori record: negli USA persino nettamente al di​
sopra del livello precedente alla crisi del 2008​
La Svizzera tradizionalmente presenta, secondo questo​
rapporto molto usato da Warren Buffett,​
«icona degli

investimenti​
», un valore molto alto. Rispetto alle dimensioni

dell'economia nazionale, nel mercato azionario svizzero​
è rappresentato un numero di pesi massimi globali​
superiore alla media. Il mercato svizzero tuttavia, sulla​
base di capitalizzazione di mercato / PIL si attesta ancora​
al di sotto delle valutazioni record alimentate dai titoli finanziari​
nel 2007. Nonostante gli alti prezzi delle azioni​
riteniamo comunque che ancora non vi siano necessarie​
correzioni imminenti. Le azioni dovrebbero addirittura diventare​
ancora più care. Infatti le misure espansive delle​
Banche centrali hanno reso le obbligazioni sempre meno​
interessanti mentre persiste una sovrabbondanza di LIQUIDITA'
Svizzera: preferiti industria e settore farmaceutico​
Con l'iniezione globale di liquidità e la relativa attrattiva​
delle azioni rispetto ad altre categorie d'investimento, prevediamo​
anche per il mercato azionario svizzero ulteriori​
aumenti. I recenti dati congiunturali dell'Eurozona supportano​
la nostra previsione di un EUR leggermente più forte​
nei prossimi 12 mesi. L'USD/CHF è inoltre più del 5% più​
forte rispetto alla media del 2014. Non da ultimo, i titoli​
industriali dovrebbero pertanto recuperare ulteriormente,​
soprattutto poiché il rapporto prezzo / utile è più vantaggioso​
rispetto ad altri settori . Anche i settori​
tecnologico e farmaceutico restano convenienti. Il farmaceutico,​
in vista della stagione dei dividendi, resta al centro​
dell'attenzione anche per l'interessante distribuzione.​
Paesi emergenti molto al di sotto dei livelli massimi​
Gli indici azionari nei paesi emergenti hanno beneficiato​
meno delle banche centrali espansive rispetto ai loro corrispettivi​
europei. In ogni caso nei paesi emergenti si è anche​
indebolita la dinamica di crescita. Il basso prezzo del​
petrolio e le valutazioni meno ambiziose rispetto a quelle​
nei paesi industrializzati nel complesso giustificano un posizionamento​
neutrale rispetto alla diversificazione del portafogli.
LE MATERIE PRIME
Contrariamente alle aspettative, il governo indiano non ha​
ridotto dal 10% al 2% le tasse sulle importazioni di oro,​
mettendo ulteriormente sotto pressione il prezzo dell'oro.​
Il contesto già difficile dovrebbe quindi ulteriormente peggiorare​
per l'oro: la forza del dollaro USA, i livelli d'inflazione​
ancora bassi, la debole dinamica di crescita in Cina​
e il previsto aumento dei tassi negli USA mettono alla​
prova già da tempo il metallo prezioso giallo. Nonostante​
questo, almeno a breve termine prevediamo un leggero​
potenziale di ripresa per il prezzo dell'oro, dato che in India​
(principale acquirente di oro al mondo) le aspettative di​
una riduzione delle tasse sulle importazioni hanno determinato​
un rinvio degli acquisti di oro. Anche i dati più recenti​
suggeriscono di nuovo un lieve aumento dell'interesse​
nei confronti dei future sull'oro. Dato il livello attuale​
dei prezzi riteniamo sia quindi un'occasione propizia per​
aumentare l'esposizione verso l'oro e continuiamo a raccomandare​
una leggera sovraponderazione per l'oro.​
Ripresa del prezzo del petrolio a ritmi lentissimi​
Dopo il netto aumento del prezzo del greggio registrato​
tra fine gennaio e metà febbraio, la quotazione della tipologia​
Brent, determinante per l'Europa, si è stabilizzata su​
60 USD. Il motivo del temporaneo arresto della rapidissima​
corsa alla ripresa è probabilmente riconducibile al fatto​
che il chiaro eccesso di offerta potrebbe non venire smaltito​
in tempi rapidi, malgrado il notevole calo delle trivellazioni​
petrolifere statunitensi. Soprattutto per il mercato​
del petrolio statunitense la situazione non sembra destinata​
a migliorare a breve; a causa del divieto come sempre​
molto restrittivo di esportazione del greggio, la parte più​
consistente del greggio estratto deve essere lavorata sul​
territorio USA. La pressione sul prezzo WTI dovrebbe​
quindi perdurare ancora per molto tempo, mentre l'accelerazione​
della ripresa congiunturale in Europa potrebbe​
determinare un aumento ancora moderato del prezzo del​
Brent grazie al lieve incremento della domanda. Manteniamo​
pertanto la nostra leggera sovraponderazione.​
Metalli industriali​
Attualmente i metalli industriali non mostrano una tendenza​
univoca e restano in un campo di tensione composto​
da comunicazioni in alcuni casi contrastanti sulla congiuntura.​
Da un lato le preoccupazioni per la crescita in​
Cina (dove ultimamente l'importazione di metalli industriali​
ha subito un vero e proprio crollo, in linea con le​
importazioni totali) dovrebbero avere un ulteriore effetto​
negativo sui prezzi. Dall'altro la solida congiuntura negli​
USA e la progressiva ripresa in Europa dovrebbero essere​
di sostegno, pertanto manteniamo una ponderazione
[FONT=Frutiger 45 Light,Frutiger 45 Light][FONT=Frutiger 45 Light,Frutiger 45 Light][/FONT][/FONT] neutrale

:mumble:m
 
....buona domenica

Tel. +41 044 226 74 41​
Focus: il dollaro forte impedisce un aumento​
veloce dei tassi di riferimento statunitensi​
Nella sua ultima valutazione della situazione la Fed, come previsto,​
ha adeguato la sua retorica indicando come possibile,​
di riunione in riunione, una decisione a breve termine sull'aumento​
dei tassi. In questo modo la Fed ha definitivamente​
gettato le basi per la prossima inversione dei tassi. Un aumento​
dei tassi in aprile è ancora molto improbabile. Ma secondo​
Janet Yellen già in giugno si potrebbero avere tassi di​
riferimento più alti. Tuttavia, la Presidente della Banca centrale​
non vuole fissare una data precisa. Il Federal Funds Rate​
verrà aumentato quando il mercato del lavoro avrà registrato​
un ulteriore miglioramento e la Fed è fiduciosa che l'inflazione​
nel medio termine tenderà nuovamente al 2%. Un aumento​
dei salari superiore a quello attuale sarebbe un segnale per​
un'inflazione superiore su un orizzonte più lungo. Tuttavia,​
una crescente pressione salariale non è una condizione per​
l'aumento dei tassi. Potrebbe essere sufficiente anche un semplice​
miglioramento delle aspettative sull'inflazione.​
Ciononostante dopo la riunione di marzo si delinea un ritmo​
più lento per la normalizzazione dei tassi. Lo evidenziano le​
ultime previsioni sui tassi FOMC, che rispetto a dicembre sorprendentemente​
sono state notevolmente ridotte. I singoli​
membri del Comitato di mercato aperto si attendono pertanto​
in media solo due aumenti dei tassi nel corso dell'anno. Per la​
fine del 2015 si prevede un tasso di riferimento ancora allo​
0.63% Finora si era accennato complessivamente​
a quattro aumenti dei tassi. Durante la conferenza​
stampa l'adeguamento è stato motivato soprattutto con gli​
ultimi deludenti dati congiunturali. L'aumento dell'occupazione​
continua a risultare solido, negli altri settori dell'economia​
la dinamica si è tuttavia nettamente raffreddata, in particolare​
nelle esportazioni a causa del dollaro forte. Il basso​
prezzo del petrolio non ha ancora stimolato il consumo privato.​
Dopo un previsto debole T1 un maggiore sviluppo dei​
consumi dovrebbe contribuire a ridare slancio alla congiuntura.​
La nuova previsione della Fed sulla crescita del PIL per​
quest'anno (2.3%-2.7%) è pertanto molto superiore al potenziale.​
Dall'altro lato anche la stima per il livello di equilibrio di​
lungo termine del tasso di disoccupazione si è leggermente​
ridotta. Anche questo potrebbe indurre la Fed a rimandare​
l'aumento dei tassi di alcuni mesi.​
Riteniamo tuttavia che il motivo principale dell'andamento più​
piatto dei tassi sia la netta rivalutazione del dollaro. Ponderato​
su base commerciale il biglietto verde è del 20% più forte rispetto​
alla metà dello scorso anno. Pertanto le condizioni quadro​
monetarie risultano già più restrittive anche senza un aumento​
dei tassi. Le stime della Banca centrale dimostrano che​
una permanente rivalutazione del dollaro del 20% corrisponde​
a un aumento tassi di circa 25-50 punti base nel primo​
anno. Nel secondo e terzo anno l'effetto è pari a circa 50 punti​
base all'anno. Dato che la previsione sulla crescita e sull'inflazione​
per il 2016 e il 2017 praticamente non sono state modificate,​
il nuovo e più piatto andamento dei tassi è un segno​
che la Banca centrale si attende un dollaro sempre forte.​
Complessivamente riteniamo che le nuove previsioni confermino​
che la Fed per il momento intende irrigidire la politica​
monetaria solo in modo lento e graduale. Per i prossimi trimestri​
non vi sono segnali di aumenti dei tassi a ogni riunione​
della Banca centrale. E le incertezze sul momento di inizio​
dell'inversione dei tassi sono di nuovo leggermente aumentate.​
Modificando la retorica la Fed tiene aperte diverse possibilità.​
Un aumento dei tassi potrebbe avvenire in giugno o in​
settembre a seconda di quando si avrà una più forte pressione​
sui prezzi o sui salari. In gennaio l'inflazione di base è rimasta​
stabile all'1.6% nonostante una più forte rivalutazione del​
dollaro. Per la prossima settimana ci attendiamo un valore​
praticamente invariato per il mese di febbraio. A causa della​
solida ripresa congiunturale degli ultimi trimestri continuiamo​
tuttavia a intravedere buone opportunità per un imminente​
graduale aumento dei salari e dell'inflazione di base.​
:mumble:m​

 

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