2016

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Il pragmatismo ha fatto la sua apparizione sin dal primo giorno di negoziazione dopo l'elezione in Europa. Dopo che i mercati asiatici hanno accusato in parte notevoli vendite, le piazze europee hanno invertito la tendenza in seguito alle perdite iniziali tornando in terreno positivo e chiudendo infine con considerevoli utili di corso sul mercato. Durante il resto della settimana, tali guadagni si sono ancora più ampliati. I mercati non solo si sono rassegnati a dover fare i conti con Trump, bensì nel frattempo i pragmatici intravedono persino grandi vantaggi dalla sua elezione. Non si è più parlato del “bottone rosso” oppure della pericolosa imprevedibilità del Presidente neoeletto, ma piuttosto che Trump avrebbe dato slancio alla congiuntura, aspetto che i mercati hanno interpretato come un benvenuto segnale di acquisto. Le piazze finanziarie si sono organizzate in modo molto pragmatico con quanto si riteneva impossibile, arrivando rapidamente persino a scontare riflessioni opportunistiche. Tra i vincitori dei rally post elezione si annoverano tra altri soprattutto i titoli dei settori che da una prospettiva dei mercati sarebbero stati minacciati da vento contrario in caso di elezione della Clinton.
Banche, farmaceutici... Seguendo la logica propria e semplice delle borse, i titoli farmaceutici sono stati particolarmente richiesti, seguiti dai bancari. Tale evoluzione è ascrivibile ovviamente a speculazioni secondo cui le riforme sanitarie negli USA avrebbero potuto essere almeno in parte annullate, e che dunque sarebbe stata respinta la tanto annunciata campagna della Clinton contro gli elevati prezzi dei farmaci. Per i titoli bancari ha parlato invece l'immaginazione collettiva dei trader, secondo cui la regolamentazione del settore finanziario per Trump non ha lo stesso valore che era stato paventato per l'amministrazione Clinton. Di conseguenza lunedì scorso, a differenza della tendenza iniziale degli altri mercati europei, l'indice SMI ha aperto già in positivo, soprattutto in considerazione della forte richiesta dei due pesi massimi dell'indice Novartis e Roche. Ciò è naturalmente un po' una forzatura, ma la sola immaginazione a volte basta già per far muovere i corsi. Ciononostante, ritengo un po' eccessivo che queste fantasie abbiano catapultato verso nuovi record l'indice di riferimento americano. Se queste speranze dei mercati mutate così all'improvviso non dovessero essere soddisfatte, sussiste il pericolo di un corrispettivo contraccolpo.
.. ma anche i tassi I mercati obbligazionari hanno altresì scontato una logica simile a quella delle piazze azionarie. Sulla parte lunga della curva dei rendimenti è stata persino evidenziata una sorta di piccola svolta dei tassi, che nel corso dell'anno corrente era stata neutralizzata passo dopo passo. Si spera quindi che l'economia USA non solo acquisisca una maggiore dinamica grazie a Trump, ma anche che i tassi in generale – quantomeno negli Stati Uniti d'America – tornino a tendere verso una normalizzazione. Questo cambiamento estremo dei mercati è molto più sorprendente che nell'immaginario collettivo. Ciò che era una minaccia è diventata in brevissimo tempo il motore trainante delle speranze del mercato, il che sembra già un paradosso di per sé. Per quanto potessero essere esagerati i timori dell'elezione di Trump, l'attuale euforia è altrettanto poco giustificabile. Pertanto, non prevedo alcun rally di fine anno, come già alcuni sognano considerato il boom dell'ultima settimana, ma piuttosto mi aspetto il ritorno generale di un po' più di razionalità sui mercati. Semplicemente perché anche nelle prossime settimane sarà difficile verificare se Trump sia veramente un atout, anziché il temuto intralcio. Quesito a cui anche il 20 gennaio 2017 quando inizierà il suo mandato non avremo ancora risposto, né noi né tanto meno i mercati.
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