mariougo
Forumer storico
......
ll 23 giugno, in Gran Bretagna si terrà il referendum sulla permanenza nell'Unione europea. Nelle ultime settimane, i sondaggi non mostravano alcuna chiara tendenza. I sostenitori e gli oppositori di una «Brexit» sono quasi alla pari, con un'elevata percentuale di votanti indecisi. Due anni fa, in occasione del referendum sull'indipendenza della Scozia la situazione di partenza era simile. A quel tempo, la maggioranza degli indecisi optò alla fine per la permanenza nel Regno Unito. Nel complesso il 55.3% aveva votato contro l'indipendenza. In linea di massima prevediamo un risultato del genere anche per il referendum UE. Un buon mese prima del referendum, l'esito rimane però molto incerto. Altrettanto incerti rimangono i possibili effetti sui mercati finanziari e soprattutto sull'economia della Gran Bretagna. Fino al 2009, un'uscita, nel regolamento dell'UE, non era nemmeno prevista. Solo nell'ambito dell'allargamento a est dell'UE è stata concessa ufficialmente questa possibilità nell'articolo 50 del Trattato di Lisbona, secondo cui un membro può formalmente presentare richiesta del desiderio di uscita. Da quel momento, entro 2 anni si deve trattare sulle condizioni con gli altri 27 paesi membri. Di conseguenza, in caso di una decisione «Brexit» non ci sarebbe alcun processo automatico. Questo processo dovrà essere avviato probabilmente da un nuovo governo britannico. E anche allora l'orizzonte di 2 anni non è vincolante. I partner della trattativa possono concordare una proroga. Dopo una decisione degli elettori a favore di un'uscita passerebbe quindi un po' di tempo prima che vi sia più chiarezza sul percorso delle trattative. Qui sono possibili a grandi linee le seguenti direzioni: 1. Modello del Liechtenstein: appartenenza allo spazio economico europeo (SEE), senza integrazione politica ma con acquisizione automatica dei regolamenti UE. 2. Modello svizzero: regolamentazione delle relazioni commerciali tramite specifici trattati bilaterali, con ampia accettazione dei regolamenti UE. 3. Modello turco: unione doganale, in gran parte limitata al commercio di merci. 4. Modello OMC: disposizioni riguardanti il diritto commerciale secondo le regole internazionali dell'Organizzazione mondiale del commercio OMC, con più ampi ostacoli tecnici al commercio e accesso molto limitato ai servizi. Per i modelli elencati il grado dell'integrazione economica diminuisce dall'alto verso il basso, mentre aumenta la sovranità politica. Poiché i sostenitori di un'uscita criticano soprattutto la regolamentazione imposta da Bruxelles, nel caso di una «Brexit» la direzione delle trattative della Gran Bretagna dovrebbe andare verso il modello svizzero o turco, poiché altrimenti in futuro i regolamenti UE dovrebbero comunque essere accettati senza partecipare alle decisioni. Quanto però meno impegnativi dovessero essere gli accordi commerciali, tanto maggiori sarebbero le possibili perdite per le aziende britanniche, che risentirebbero delle limitazioni dell'accesso al mercato con il principale partner commerciale UE – soprattutto nell'importante settore dei servizi. Ciò dovrebbe frenare anzitutto anche gli investimenti delle aziende extraeuropee, che producono in Gran Bretagna per il mercato europeo. Non si sa neppure se la Gran Bretagna effettivamente potrà raggiungere una maggiore sovranità nella determinazione delle condizioni commerciali e se una regolamentazione autonoma migliorerà le condizioni per le aziende nazionali. È inoltre probabile che le controparti UE nelle trattative seguano una linea dura per non offrire a nessuno degli altri 27 paesi membri un incentivo a seguire questo esempio. A seconda delle ipotesi, quindi, le stime dei costi risp. del vantaggio di un'uscita variano enormemente. Esistono estreme differenze nei modelli di calcolo dell'effetto a lungo termine sul PIL britannico e la maggioranza prevede perdite nette nella parte bassa di una percentuale a una cifra. Le previsioni di conseguenze negative soprattutto per la Gran Bretagna si riflettono nella sterlina. Dalla fine dell'anno scorso, la valuta britannica ha perso circa il 10% rispetto all'euro. L'effetto frenante dell'incertezza si è riflesso inoltre in un netto peggioramento della fiducia delle imprese in Gran Bretagna, mentre finora nell'Eurozona non si riscontra alcuneffetto negativo . Un sì alla «Brexit» dovrebbe rafforzare ancora questo andamento, mentre un voto contro l'uscita dovrebbe determinare una ripresa
ll 23 giugno, in Gran Bretagna si terrà il referendum sulla permanenza nell'Unione europea. Nelle ultime settimane, i sondaggi non mostravano alcuna chiara tendenza. I sostenitori e gli oppositori di una «Brexit» sono quasi alla pari, con un'elevata percentuale di votanti indecisi. Due anni fa, in occasione del referendum sull'indipendenza della Scozia la situazione di partenza era simile. A quel tempo, la maggioranza degli indecisi optò alla fine per la permanenza nel Regno Unito. Nel complesso il 55.3% aveva votato contro l'indipendenza. In linea di massima prevediamo un risultato del genere anche per il referendum UE. Un buon mese prima del referendum, l'esito rimane però molto incerto. Altrettanto incerti rimangono i possibili effetti sui mercati finanziari e soprattutto sull'economia della Gran Bretagna. Fino al 2009, un'uscita, nel regolamento dell'UE, non era nemmeno prevista. Solo nell'ambito dell'allargamento a est dell'UE è stata concessa ufficialmente questa possibilità nell'articolo 50 del Trattato di Lisbona, secondo cui un membro può formalmente presentare richiesta del desiderio di uscita. Da quel momento, entro 2 anni si deve trattare sulle condizioni con gli altri 27 paesi membri. Di conseguenza, in caso di una decisione «Brexit» non ci sarebbe alcun processo automatico. Questo processo dovrà essere avviato probabilmente da un nuovo governo britannico. E anche allora l'orizzonte di 2 anni non è vincolante. I partner della trattativa possono concordare una proroga. Dopo una decisione degli elettori a favore di un'uscita passerebbe quindi un po' di tempo prima che vi sia più chiarezza sul percorso delle trattative. Qui sono possibili a grandi linee le seguenti direzioni: 1. Modello del Liechtenstein: appartenenza allo spazio economico europeo (SEE), senza integrazione politica ma con acquisizione automatica dei regolamenti UE. 2. Modello svizzero: regolamentazione delle relazioni commerciali tramite specifici trattati bilaterali, con ampia accettazione dei regolamenti UE. 3. Modello turco: unione doganale, in gran parte limitata al commercio di merci. 4. Modello OMC: disposizioni riguardanti il diritto commerciale secondo le regole internazionali dell'Organizzazione mondiale del commercio OMC, con più ampi ostacoli tecnici al commercio e accesso molto limitato ai servizi. Per i modelli elencati il grado dell'integrazione economica diminuisce dall'alto verso il basso, mentre aumenta la sovranità politica. Poiché i sostenitori di un'uscita criticano soprattutto la regolamentazione imposta da Bruxelles, nel caso di una «Brexit» la direzione delle trattative della Gran Bretagna dovrebbe andare verso il modello svizzero o turco, poiché altrimenti in futuro i regolamenti UE dovrebbero comunque essere accettati senza partecipare alle decisioni. Quanto però meno impegnativi dovessero essere gli accordi commerciali, tanto maggiori sarebbero le possibili perdite per le aziende britanniche, che risentirebbero delle limitazioni dell'accesso al mercato con il principale partner commerciale UE – soprattutto nell'importante settore dei servizi. Ciò dovrebbe frenare anzitutto anche gli investimenti delle aziende extraeuropee, che producono in Gran Bretagna per il mercato europeo. Non si sa neppure se la Gran Bretagna effettivamente potrà raggiungere una maggiore sovranità nella determinazione delle condizioni commerciali e se una regolamentazione autonoma migliorerà le condizioni per le aziende nazionali. È inoltre probabile che le controparti UE nelle trattative seguano una linea dura per non offrire a nessuno degli altri 27 paesi membri un incentivo a seguire questo esempio. A seconda delle ipotesi, quindi, le stime dei costi risp. del vantaggio di un'uscita variano enormemente. Esistono estreme differenze nei modelli di calcolo dell'effetto a lungo termine sul PIL britannico e la maggioranza prevede perdite nette nella parte bassa di una percentuale a una cifra. Le previsioni di conseguenze negative soprattutto per la Gran Bretagna si riflettono nella sterlina. Dalla fine dell'anno scorso, la valuta britannica ha perso circa il 10% rispetto all'euro. L'effetto frenante dell'incertezza si è riflesso inoltre in un netto peggioramento della fiducia delle imprese in Gran Bretagna, mentre finora nell'Eurozona non si riscontra alcuneffetto negativo . Un sì alla «Brexit» dovrebbe rafforzare ancora questo andamento, mentre un voto contro l'uscita dovrebbe determinare una ripresa