ANCHE LA MIGLIOR MASCHERA LASCIA GLI OCCHI SCOPERTI

Falsificavano gli esami per concedere agli immigrati falsi attestati di conoscenza della lingua italiana, così da ottenere i permessi di soggiorno.

Una maxi truffa che ha coinvolto più di 6mila stranieri e che ha fatto scattare cinque arresti per
"corruzione, falsità ideologica, truffa, contraffazione di documenti e indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato".

"Altro che ius soli e cittadinanze in regalo, in Italia servono regole, controlli e rispetto".

Al centro del traffico criminoso di attestati c'erano due italiani, un marocchino e un tunisino.
Producevano documenti falsi che venivano poi usati dagli immigrati per farsi rilasciare la carta di soggiorno per lungo periodo.

Questa mattina, la polizia di Modena li ha arrestati tutti e quattro: uno è finito in carcere, mentre gli altri tre sono stati messi ai domiciliari.
Su di loro pendono accuse pesantissime che vanno dalla corruzione alla truffa.

L'attività di indagini dei poliziotti della squadra mobile, nella quale risultano indagate altre 25 persone,
ha fatto luce su un sistema che faceva capo a "un centro di formazione linguistico"
accreditato presso l'Università per Stranieri di Perugia che permetteva agli stranieri non in regola di conseguire,
dopo aver sostenuto un esame, l'attestato di conoscenza della lingua italiana che serviva, appunto,
a farsi rilasciare il permesso di soggiorno di lungo periodo. Esame che, attraverso le telecamere installate dai poliziotti della squadra mobile,
si è dimostrato essere assolutamente fittizio visto che gli stranieri venivano forniti delle risposte già compilate
da cui copiare o comunque venivano aiutati dalla commissione compiacente.

Il giro di affari, sgominato in queste ore, ha coinvolto più di seimila stranieri nelle sedi d'esame sparse in varie città del nord Italia.
Dalla Lombardia al Veneto, passando per il Trentino-Alto Adige e l'Emilia Romagna,
gli immigrati potevano richiere e ricevere, pur non ricorrendone i requisiti, l'ambito certificato Celi
(Certificato di lingua italiana) da cui è derivato il nome dell'operazione di polizia.

Ovviamente all'organizzazione versavano svariate centinaia di euro per poter passare l'esame senza problemi.

Altro che ius soli e cittadinanze in regalo.
 
Ramy è stato strumentalizzato da politici e giornalisti per portare avanti il dibattito sulla cittadinanza e sullo ius soli.


Ad affermarlo è lo stesso padre dell’adolescente scampato lo scorso mercoledì alla strage dell’autobus
organizzata dall’autista del mezzo, il senegalese Ousseynou Sy.

Pubblicato un video girato da Francesca Immacolata Chaouqui, conosciuta per le vicende relative a Vatileaks, nell’aeroporto di Milano.

La manager, infatti, ha incontrato nello scalo il ragazzino, considerato essere uno degli eroi di San Donato Milanese, in compagnia del padre.
Quest’ultimo, senza fare giri di parole, ha affermato che “io quando ho fatto tante interviste con i giornalisti e con le televisioni...
loro mi hanno detto di chiedere la cittadinanza perché tu ne hai diritto”.

Il genitore ha, poi, voluto precisare che lui non ha chiesto niente ma che “loro hanno insistito. È colpa loro, non mia”.
Inoltre, alla domanda se si è sentito strumentalizzato per motivi politici, il papà di Ramy ha risposto in modo diretto:
“Sì, sì, sì… Io voglio vivere qua in Italia tranquillo”.

Di certo, le parole del papà dell'adoloscente sono destinate a far discutere.
 
Il 30 marzo prossimo bisognerà tirare avanti di un’ora le lancette degli orologi, per passare così dall’ora legale all’ora solare.

Questa però potrebbe essere una delle ultime volte che lo faremo perché il Parlamento Europeo
ha votato a favore dell’abolizione dell’ora legale nel 2021. Con 410 voti a favore, 192 contrari e 51 astenuti,
è passata quindi la risoluzione legislativa che stabiliva la fine del passaggio dall’ora solare a quella legale
che entrerà in vigore però tra due anni, e non già nel 2019 come inizialmente paventato.

Gli stati membri dell’Unione manterranno però il diritto di decidere il proprio fuso orario.

Le loro decisioni dovranno essere coordinate con la Commissione, per garantire che l’applicazione dell’ora legale
in alcuni Paesi e dell’ora solare in altri non crei problemi per l’economia del mercato interno interno all’Unione.
 
Avanti così.

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Olalà ....

La verità, molto probabilmente, non verrà mai fuori.
La cronaca del dirottamento dello scuolabus sulla Paullese è stata piegata a fini politici.

E nulla potrà smontare la vulgata costruita ad hoc dalla sinistra per tornare a riproporci il dibattito sullo ius soli.

Contrariamente a quanto sostenuto, negli scorsi giorni, sul mezzo dato alle fiamme da Ousseynou Sy,
sarebbe del dodicenne Adam e non dell’amico Ramy, il 13enne finito nel vortice delle polemiche,
la voce della telefonata in cui avvertiva l'operatore del 112 di quanto stava succedendo (ascolta qui).

"Signore, la prego, mandi qualcuno, non è un film, questo".
L'audio è diventato pubblico poco dopo il blitz dei carabinieri che ha messo fine alla follia del terrorista senegalese.
Ma solo oggi, grazie a un'intervista pubblicata dal settimanale Oggi, viene fuori a chi appartiene veramente la voce.
Non sarebbe, infatti, di Ramy ma di Adam.

"Chiara piangeva tantissimo, non sapevamo come consolarla", racconta il ragazzino
che sullo scuolabus era vicino proprio a Rami, il suo migliore amico.
È stato quest'ultimo a nascondere prontamente il cellulare con cui Adam è riuscito a dare l’allarme al 112.

"Avevo riconosciuto l’insegna di un ristorante di Peschiera Borromeo dove andiamo spesso a mangiare con la mamma e il papà",
spiega Adam ai microfoni di Oggi, mentre palleggia col fratello Amin nel cortile di casa.
All’agente Adam ha detto: "Siamo vicini alla Fabbrica dei sapori, correte". Tutto il resto, poi, è cronaca.

A Oggi, però, Adam ammette che ci sono altri "eroi" dimenticati dalla vulgata.
C'è, per esempio, Niccolò. "Il nostro amico si era offerto come ostaggio - svela il 12enne - siamo stati tutti coraggiosi, ma Niccolò di più".
 
La Nuova Via della Seta rompe gli schemi europei.
La Cina sta entrando nel Vecchio Continente e non più da vie periferiche, ma dalla porta principale.
L’Italia ha siglato il discusso memorandum con Pechino nei giorni scorsi.
E adesso, Xi Jinping si è incontrato con Emmanuel Macron, Angela Merkel e Jean-Claude Juncker a Parigi
per concludere i suoi accordi con la Francia e parlare direttamente ai vertici dell’Unione europea.

Perché è inutile negarlo: è l’asse franco-tedesco a controllare l’Europa. E questo ora è chiaro anche al leader cinese.

L’Italia, in questi mesi, si è spesa per firmare il memorandum d’intesa con la Cina.
Lo ha fatto per una scelta politica precisa, che se vogliamo può essere stata anche di rottura
degli schemi tradizionali su cui si è basata la strategia del nostro Paese in questi anni.
Ma l’idea che è trapelata in questi ultimi giorni, se non settimane, e che il governo si sia ritrovato
a dover gestire un dossier molto delicato e senza una strategia precisa.
Come scritto nei giorni scorsi, l’impressione è che il governo giallo-verde si sia trovato di fronte a dei fatti già avvenuti.
E che solo quando l’intelligence italiana (e quella americana) ha iniziato a interrogarsi su alcuni accordi
di cui si vociferava a Pechino e a Roma, il governo abbia iniziato a dover dare delle giustificazioni non solo agli alleati Usa, ma anche all’Europa.


L’accordo alla fine è arrivato.
Xi è stato ricevuto con tutti gli onori a Roma e a Palermo e, insieme al suo governo,
ha siglato una serie di accordi che hanno interessato i porti di Genova e Trieste, l’export italiano in Asia, cultura e energia.

E nel memorandum, si parla anche di telecomunicazioni: che in questi ultimi mesi è un termine che rischia di essere tradotto come 5G.
In sostanza, tutto quello che gli Stati Uniti non volevano fosse inserito nell’accordo,
è stato messo. Il che può essere considerato anche un modo per mostrare al mondo di essere
una potenza autonoma rispetto al grande alleato americano. Ma rischia di aver incrinato i rapporti
con l’unico alleato internazionale che può esserci utile nella nostra sfida all’asse franco-tedesco.

La risposta, in questo senso, è arrivata subito dopo la visita del presidente cinese a Roma.
Con il leader di Pechino ricevuto da Macron e Merkel, il messaggio è stato chiarissimo:
c’è un’Europa a trazione franco-tedesca che va da sola e che non ha interesse a coinvolgere l’Italia.

Coinvolgimento che, del resto, è stato evitato anche da Roma con la firma del memorandum in via bilaterale.

In questo senso, Francia e Germania hanno dimostrato di avere di fatto il controllo dell’Unione europea
e, in via secondaria, di aver escluso l’Italia dal consesso dell’Europa che conta.
Con Palazzo Chigi che ha incassato un significativo accordo politico, ma che infondo è molto più utile, a livello di immagine, alla Cina di Xi.
Perché Roma ha dovuto compiere uno “strappo” con Washington e con Bruxelles.
Mentre Pechino, così facendo, si è incuneata a nel G7 e nel Mediterraneo centrale.


In poche parole, l’Italia, per concludere questo memorandum con la Cina, si è ritrovata con tre risultati.

Il primo è stato quello più immediato (sotto certi punti di vista positivo): ha stretto un legame ancora più forte con Pechino.
Ma lo ha fatto senza avere risultati enormi dal punto di vista economico.
Ha incassato un accordo con il gigante asiatico entrando nella grande iniziativa della One Belt One Road,
ma con risultati opachi che hanno un volume d’affari inferiore a quanto ci si potesse attendere.
Probabilmente anche perché costretta a fare marcia indietro su diversi punti dell’accordo
ed evitare la rottura totale con Stati Uniti e Unione europea. Ma tanto la firma c’è stata,
ottenendo così un risultato più “misero” rispetto alle aspettative ma foriero comunque delle stesse conseguenze negative.

Secondo risultato: abbiamo incrinato i rapporti con l’amministrazione Trump in un momento in cui
non possiamo permetterci passi falsi con gli Stati Uniti. In una fase di forte isolamento rispetto ai partner dell’Unione europea,
che ha più volte escluso l’Italia e mostrato di voler continuare a colpire la nostra agenda
– con Macron iperattivo nel darci filo da torcere -, Washington aveva più volte mostrato di voler sostenerci,
a cominciare dalle commesse per l’industria bellica (Leonardo in primis) ma anche sul fronte del Mediterraneo allargato.
Inoltre, in America sono presenti i più importanti fondi di investimento oltre che larga parte delle agenzie di rating
che possono colpire, con un semplice “meno” i nostri debiti.
Anche per questo la Lega aveva cercato, di frenare le ire americane sulla Via della Seta in Italia.


Terzo risultato è stato invece quello di aver reso un favore proprio ai nostri due avversari in Europa: Francia e Germania.
Macron, Merkel e Juncker hanno parlato a nome dell’Unione europea riunendosi a Parigi
e hanno fatto capire ai cinesi di essere loro gli interlocutori di riferimento dell’Ue: non l’italia.

Che in questo caso, è apparsa molto più vicina a Portogallo e Grecia che alle potenze europee che invece posso decidere il destino dell’Unione.
 
Bravi. Applauso.

Il procuratore aggiunto di Agrigento, Salvatore Vella, e il pubblico ministero Cecilia Baravelli,
l'hanno "liberata" disponendone il dissequestro.

Come si legge nel provvedimento, la Mar Jonio, ferma al molo commerciale di Lampedusa
da una settimana, potrà adesso tornare a navigare. Casarini, che la prossima settimana
sarà risentito in procura con l'assistenza dei suoi difensori, ha subito fatto sapere che l'imbarcazione "è di nuovo a disposizione".

"Noi non ci siamo mai fermati - ha spiegato all'Adnkronos - continuiamo a occuparci di un dramma umanitario
che sta accadendo a poche centinaia di km dalle nostre coste. E lo facciamo in terra oltre che in mare".

Al momento, però, la nave dell'ong dei centri sociali non tornerà immediatamente nel mar Mediterraneo.
Almeno sino a quando, come sembra, non sarà chiarita la vicenda giudiziaria.
 
Se c’era un modo per dire definitivamente addio alle velleità dell’operazione
Eunavfor Med
dell’Unione europea, ora possiamo dire che è stato trovato.


L’intesa che è stata raggiunta nella serata di ieri e che è stata poi approvata oggi in mattinata dal Cops,
il Comitato politico e di sicurezza, segna infatti un colpo molto duro nei confronti del programma dell’operazione europea.
E per l’Italia la questione è molto importante.

Roma ha il comando della missione (attualmente la flagship della missione è la nave Luigi Rizzo),
ma il governo è da mesi che chiede la revisione del mandato dell’operazione,
soprattutto perché le regole odi sbarco non sono mai state definite in maniera autonoma da Eunavfor Med,
ma sono state riprese, anzi, completamente mutuate, da quelle previste dalla missione Triton di Frontex.
E per Triton, la regola era che lo sbarco dovesse avvenire in Italia, considerato il Paese con gli unici porti sicuri dell’area.

Una portavoce della Commissione Ue, Maja Kocijancic, commentando la decisione dei Paesi europei ha detto:
“Gli stati membri hanno deciso di prolungare l’operazione con una sospensione temporanea delle attività navali
e durante questo tempo si continuerà a cercare, a livello di Stati membri, una soluzione alla questione degli sbarchi.
È vero che si tratta di una operazione marittima e quindi senza apporto navale Sophia non sarà in grado di realizzare il suo mandato.
Ma la decisione è stata presa. L’accordo, che è un accordo politico a livello di Stati membri,
dovrà essere formalizzata a livello di Consiglio entro la fine del mese di marzo.
Il comandante dell’operazione eseguirà le istruzioni degli Stati membri”.

I toni della Commissione sono quindi molto vicini a quello dello scoramento.
Perché è chiaro che per l’Ue si tratta inevitabilmente di una sconfitta.
 
Famiglia. Un uomo. Una donna.

1.
a. In senso ampio, comunità umana, diversamente caratterizzata nelle varie situazioni storiche e geografiche,
ma in genere formata da persone legate fra loro da un rapporto di convivenza, di parentela, di affinità,
che costituisce l’elemento fondamentale di ogni società, essendo essa finalizzata,
nei suoi processi e nelle sue relazioni, alla perpetuazione della specie mediante la riproduzione.

Sotto l’aspetto antropologico e sociologico, la famiglia si definisce come gruppo sociale
caratterizzato dalla residenza comune, dalla cooperazione economica, e dalla riproduzione:

f. nucleare (o elementare), quella costituita dal solo nucleo fondamentale, ossia padre, madre e figli, o anche soltanto marito e moglie;

f. ristretta, genericam. gruppo familiare di dimensione esigua, sia che si tratti di f. nucleare in senso proprio,
sia che includa componenti non legati da vincoli di parentela;

f. estesa (in contrapp. a quella nucleare), unità composta da più famiglie genealogicamente legate
nell’ambito di due e anche tre generazioni: padri, figli, figli dei figli;

per f. allargata, v. allargato;

f
. patriarcale, quella che, nei sistemi di discendenza patrilineari, è posta sotto l’autorità dell’ascendente più anziano
(detto patriarca), per cui, in molte società, essa costituisce un’unità politica
(analoga organizzazione non si riscontra nei sistemi di discendenza matrilineare, e il cosiddetto matriarcato
rappresenta un’interpretazione teorica senza corrispondenza etnologica e storica);

f
. grande, gruppo familiare visto nella sua più ampia dimensione – i cui membri non hanno, necessariamente, una residenza comune –,
comprendente oltre a persone genealogicamente legate anche persone di servizio, ospiti, ecc.;

f
. monogamica o poligamica, secondo che il gruppo familiare sia fondato su uno o su più vincoli matrimoniali:

f
. poliginica, in cui un uomo ha, nello stesso tempo, vincoli matrimoniali con più donne;

f
. poliandrica, quando più uomini hanno, nello stesso tempo, un vincolo matrimoniale con una sola donna.
 
Giusto per non lasciare spazio ad equivoci.
I matrimoni fra gay e lesbiche rappresentano l'1,5% del totale dei matrimoni celebrati. Il nulla.
Però leggete queste argomentazioni. Puerili. Demenziali.
Collegare un congresso sulle famiglie al fatto che il centro destra vince le elezioni ...........
E la giornalaia nelle sue elucubrazioni, non si rende conto che nei paesi nordici hanno capito
che è molto più importante seguire ed allevare i bambini, piuttosto che lasciarli nei nidi o negli asili,
dove succede di tutto. E poi si lamentano.
Figli con la scienza ? Quale scienza ? Il controllo dell'essere umano ? NO GRAZIE.

Mancano pochi giorni all’apertura del Congresso Mondiale delle famiglie a Verona.
Un congresso fortemente contestato dalle attiviste che stanno organizzando una mobilitazione in città proprio dei giorni dell’incontro.

Non si tratta di una contestazione retorica, ma profondamente giusta,
perché questo evento rappresenta un reale pericolo per le donne (e non solo), oggi in Italia.

Lo è per tre motivi.

Primo, perché arriva in Italia in un momento politico favorevole all’ondata di destra.
Se il Congresso si fosse svolto in un momento storico diverso, probabilmente avrebbe avuto scarsa importanza,
ma oggi le sue posizioni sulla famiglia e i diritti vengono di fatto presentate all’Italia come quelle della destra al potere,
quindi come posizioni che potrebbero presto avere la maggioranza.

Il secondo motivo per il quale il Congresso è pericoloso, oltre al fatto di presentarsi con un’impronta
e una legittimazione internazionale, è per il tipo di linguaggio che usa.
E cioè senza utilizzare immagini di bambini abortiti o slogan beceri della destra pro-life,
ma suadenti immagini di famiglie felici, a metà tra Mulino bianco e ricordi di regime.
Non si attacca direttamente l’aborto, ma si parla di diritti, salute e dignità di tutte le donne, oltre che dei bambini.
In particolare, alle donne viene presentata la possibilità di restare a casa in maniera accattivante:
magari con una retribuzione per poter stare con i bambini, senza la schiavitù del lavoro
ma accogliendo il loro desiderio di maternità. Insomma, un ritorno alla natura nel suo aspetto più romantico,
privo di conflitti, privo delle incertezze portato dalle teorie gender e forte invece di certezze
come quella della complementarietà uomo-donna e della famiglia fondata su matrimonio e figli,
dove il padre rappresenta il principio di autorità e la donna l’accoglienza alla vita.

Il terzo motivo sta nella storia che viene utilizzata per spiegare i motivi per i quali siamo arrivati
ad avere un’esplosione di famiglie in crisi e separate e un’implosione demografica.
La ragione starebbe cioè in un eccesso di diritti soggettivi, tra cui quelli riconosciuti alla comunità Lgbt,
ma anche nella diffusione di un individualismo che di fatto ha portato uomini e donne a chiudersi
e non mettere al mondo bambini.In questo modo, però, si confondono scelte soggettive,
ad esempio individualiste, con i diritti, che hanno invece naturale universale e che nulla c’entrano
con un linguaggio morale che parla di egoismo e peccato.

E proprio qui sta il punto. In paesi come quelli scandinavi, molte sono le donne che scelgono di stare a casa con il proprio bambino.
Per molti mesi, pagate dallo Stato. Ma quella scelta, che porta queste donne ad avere, tra l’altro, molti figli,
secondo il loro desiderio di maternità che probabilmente è anche il nostro,
arriva dopo una stagione esemplare di diritti soggettivi e di welfare statale.
Qui invece, mentre di welfare non si parla quasi per nulla (c’è una sessione del convegno che parla di welfare ma, incredibilmente, “aziendale” e non statale),
si vuole arrivare alla famiglia numerosa aggirando i diritti, anzi riducendoli o azzerandoli.
In altre parole, riducendo o azzerando la libertà delle donne e il faticoso e purtroppo semi-interrotto percorso di emancipazione.
E proprio per questo le donne potrebbero essere attratte dalla possibilità di potersi sottrarre a un mercato del lavoro
che le sfrutta e sottopaga, privandole della possibilità di avere figli. In fondo, meglio stare a casa con dei bambini
che lavorare anche le domeniche come commessa per una paga miserevole.
Il problema è che poi ben difficilmente queste donne potranno essere felici se stare a casa sarà un’imposizione
o se dovranno forzatamente convivere con uomini magari autoritari e che detengono le leve del potere economico-familiare.
Né, di per certo, saranno felici i loro figli e soprattutto le loro figlie.

In breve, qui non si va avanti, verso una conciliazione tra un lavoro accettabile, tutelato e magari anche appassionante, e la maternità,
insomma verso una famiglie dove entrambi i coniugi decidono liberamente e felicemente di avere figli,
ma si torna indietro anni luce, dritti, veramente, alle famiglie della propaganda anni Venti.
Le poche fragili conquiste, non solo rispetto al diritto all’aborto di cui molto si parla,
ma anche a quello ad avere figli, ad esempio, attraverso la scienza, potrebbero essere spazzate via
più rapidamente di quanto pensiamo, così come proposte di legge che ci paiono aberranti
come quelle di Pillon sulla separazione potrebbero diventare largamente condivise.
 

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