tommy271
Forumer storico
Dato INDEC
Unión por la Patria | 34 |
Juntos por el Cambio | 24 |
Unidad Federal | 2 |
Provincialismos | 4 |
La Libertad Avanza | 8 |
facile vincere così, invece di pagare i debiti tagliano le tasse per loro![]()
Argentina, si va al ballottaggio: il peronista Massa sorpassa e contiene l’ultradestra di Milei
La corsa alla Casa Rosada di deciderà il 19 novembre. Il candidato progressista scongiura il trionfo di quello anarco-capitalista, che ai comizi brandiva una motosega «contro la casta parassita»www.corriere.it
Argentina, si va al ballottaggio: il peronista Massa primo a sorpresa, l’ultradestra di Milei non sfonda
di Sara Gandolfi
La corsa alla Casa Rosada di deciderà il 19 novembre. Il candidato progressista scongiura il trionfo di quello anarco-capitalista, che ai comizi brandiva una motosega «contro la casta parassita»
7 minuti
Il progressista Sergio Massa e l’ultraliberista Javier Milei si affronteranno al ballottaggio in Argentina. Il candidato peronista alla presidenza, smentendo tutti i pronostici, ha vinto il primo turno elettorale con il 36,7% dei voti, quasi sette punti percentuali sopra l’«anarco-capitalista», come si auto-definisce, Javier Milei, dato per favorito da tutti i sondaggi, che si ferma invece al 30%. La conservatrice Patricia Bullrich (Jxc) resta fuori dalla corsa, con il 23,8%. È stato determinante il voto della provincia di Buenos Aires, dove è stato rieletto anche il governatore peronista Axel Kicillof, addirittura con il 45% dei voti.
L’Argentina tornerà quindi a votare il 19 novembre e il duello si preannuncia serratissimo. Oltre 35 milioni di cittadini erano chiamati domenica alle urne (voto obbligatorio) per scegliere il futuro presidente tra cinque aspiranti in lizza. Nessuno è riuscito a vincere al primo turno (serviva il 45% dei voti o il 40% con dieci punti di distacco). Massa è riuscito a mobilitare il peronismo, nonostante il bassissimo indice di gradimento dell’attuale governo progressista, con una rimonta sorprendente rispetto alle primarie d’agosto: il candidato della coalizione Unión por la patria, che ad agosto arrivò solo terzo, ha conquistato il primo posto, riprendendosi 2,7 milioni di voti, mentre Milei, candidato di La Libertad Avanza, non ha conquistato il successo atteso.
La corsa verso il ballottaggio è già cominciata, i duellanti si contenderanno ora il voto del centro-destra e degli indecisi. Poche ore dopo la chiusura dei seggi, quando i primi exit polls hanno cominciato a delineare la rimonta a sorpresa, il figlio di immigrati italiani e attuale ministro dell’Economia Sergio Massa ha subito lanciato il suo appello all’unità nazionale contro l’onda di estrema-destra rappresentata da Milei. Si è rivolto alla sinistra, ai radicali (partito di centro) e a chi non è andato alle urne nonostante l’obbligo di voto: «Dico a tutti che farò il massimo sforzo per guadagnare la loro fiducia», ha promesso. «Molti di coloro che ci hanno votato sono quelli che soffrono di più. Sappiate che non li deluderò».
Da parte sua, il “libertario” Milei ha teso la mano agli elettori di Bullrich, puntando tutto sull’anti-peronismo, o meglio sull’anti-kirchnerismo dal nome della corrente che ha dominato il fronte progressista negli ultimi decenni, prima con Nestor Kirchner e poi con la moglie Cristina: «Al di là delle nostre differenze, ci troviamo di fronte a un’organizzazione criminale che non esiterà a commetterà atrocità per sopravvivere«, ha detto Milei domenica notte, nell’hotel Libertador di Buenos Aires, dove aveva installato il suo quartier generale. « Il kirchnerismo è il male peggiore. Tutti noi che vogliamo il cambiamento dobbiamo lavorare insieme».
L’esito finale è più che mai incerto, anche se ora gli analisti danno Massa favorito al ballottaggio, ribaltando i sondaggi della vigilia. «Chiunque governerà, avrà l’enorme compito di risolvere tanti problemi», aveva detto il giorno prima il candidato di Unión por la patria, che in quanto attuale ministro dell’Economia conosce bene il tema: inflazione al 138%, classe media in caduta libera, 4 argentini su 10 sotto la soglia di povertà. La sua corsa è stata colma di spine, più che di rose. Doveva smarcarsi dal presidente Alberto Fernández, che se ne va con un indice gradimento sotto il 15%; dalla vice Cristina Kirchner, condannata per corruzione, e da una crisi economica che non è riuscito a domare. Alla fine, la moderazione e la pioggia di aiuti ed esenzioni fiscali decisi nelle ultime settimane hanno facilitato il colpo di coda del peronismo. «Mai prima d’ora (mai negli ultimi 40 anni di democrazia, almeno) un candidato alla presidenza aveva sperperato così tanto risorse pubbliche a vantaggio della propria campagna elettorale», commenta oggi il quotidiano La Nacion elencando i «premi monetari straordinari per lavoratori e non lavoratori, ’eliminazione parziale dell’imposta sul reddito e il rimborso dell’Iva a pensionati, dipendenti e monotributisti, che ha significato più soldi per nove milioni di argentini».
Sul fronte opposto, anche se non ha sfondato, l’anarco-capitalista Milei, che ha stravolto la mappa politica dell’Argentina, brandendo le motoseghe ai comizi contro la «Casta parassita», è stato l’indiscusso protagonista della giornata elettorale, la star dell’Argentina in cerca di un miracolo o l’anti-Evita del XXI secolo. «Possiamo creare il miglior governo della storia», ha assicurato il candidato di La Libertad Avanza, accompagnato al seggio dall’onnipresente sorella Karina (il «Capo», dice lui). Centinaia di persone lo aspettavano, domenica mattina, all’Università tecnologica di Buenos Aires, dove ha ricevuto un’accoglienza da rockstar. Con lanci di rose rosse, mani tese per sfiorarlo, lacrime isteriche e un cordone di polizia a frenare l’entusiasmo della folla. Che cantava: «Se siente, se siente, Milei presidente».
Dovranno attendere, il peronismo non è pronto alla resa e dalla sua ha una macchina rodata di potere. Bisognerà inoltre vedere se il populista libertario riuscirà a trattenere i voti della protesta ma anche a conquistare quelli della destra liberale e dei radicali, oppure se alla fine non sarà più forte la paura del salto nel vuoto rappresentato dalle sue proposte estreme. A quarant’anni dalla fine della dittatura militare, molti analisti si chiedono se la democrazia è in pericolo o, più banalmente, se l’«antisistema» Milei seguirà le orme di Donald Trump e del brasiliano Jair Bolsonaro. A differenza degli ex presidenti, il populista «libertario» d’Argentina non ha alle spalle una forza politica solida, anche se i sondaggi prevedevano che in queste elezioni Libertad Avanza passerà da 2 deputati (Milei e la sua vice)ad alcune decine. Il suo successo è figlio di una nazione impoverita e delusa, cui né la sinistra peronista né la destra tradizionale, che si sono alternate al potere, hanno saputo dare risposte. Lo spettinato re dei talk show e di TikTok, che disdegna la Cina e nega la crisi climatica, ha conquistato i giovani e gli sfiduciati definendo i socialisti «escrementi», promettendo di «dollarizzare» l’economia — contro il parere dell’Fmi, cui l’Argentina deve 44 miliardi — e «dinamitare» la Banca centrale. Se saprebbe pure governare, in caso fosse eletto, resta un mistero.
23 ottobre 2023 (modifica il 23 ottobre 2023 | 08:33)
© RIPRODUZIONE RISERVATA