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Nonno pensionato

lezioni Argentina, chi è Javier Milei: il candidato «con la motosega» anarco-capitalista che punta alla Casa Rosada​

La conservatrice Patricia Bullrich (Juntos por el Cambio) e il peronista progressista e attuale ministro dell'Economia Sergio Massa sembrano indietro​

4 Minuti di Lettura
Venerdì 20 Ottobre 2023, 20:13

L'Argentina arriva all'appuntamento elettorale del 22 ottobre con l'economia in fiamme, nella speranza che dal voto di domenica, o al ballottaggio del 19 novembre, emerga un leader capace di trascinare il Paese fuori dalla spirale negativa in cui si è cacciato. Il panorama è incerto.

Elezioni in Argentina, gli scenari​


Commercianti, attività produttive e investitori stranieri sono alla finestra in attesa di capire cosa accadrà, mentre si fa largo l'idea che una nuova svalutazione del peso sia dietro l'angolo. Una replica di quanto avvenuto all'indomani delle primarie di agosto, quando la moneta nazionale aveva lasciato il 22% sul tappeto, nello sbigottimento per il risultato dell'outsider «anarco-capitalista» della Libertad Avanza, Javier Milei, balzato in testa alle preferenze col 29,8% per sedere alla casa Rosada.

I protagonisti​


In sorpasso sugli altri due favoriti, la conservatrice Patricia Bullrich (Juntos por el Cambio) col 28%, e il peronista progressista e attuale ministro dell'Economia Sergio Massa (Union por la Patria), fermatosi al 27,8%.
La previsione a breve è di instabilità. E con l'inflazione annua al 140%, una fascia di povertà che si aggira sul 40%, e miliardi di dollari di debiti da rimborsare al Fondo monetario internazionale, l'Argentina è diventato terreno di conquista per il proselitismo del nuovo populismo di destra, sull'onda lunga di Trump. Non è infatti un caso se da Spagna e Brasile siano arrivati esponenti del partito di estrema destra Vox, e sovranisti di Bolsonaro, per dare man forte all'anti-sistema Milei.


«L'uomo con la motosega»​


L'uomo con la motosega (si presentò ad un comizio "armato" appunto di motosega) acclamato dalle folle. «Il re di un mondo perduto» che vuole fare a pezzi «la casta ladrona» e promette un «futuro» scintillante come la pioggia di lustrini del suo ultimo comizio. Per far fronte al pasticcio economico del Paese, il leader della Libertad Avanza, che il giorno delle elezioni spegnerà 53 candeline, punta su un conservatorismo duro sui temi sociali e un liberalismo sfrenato, con tagli drastici alla spesa pubblica, la soppressione di oltre metà dei ministeri, la dollarizzazione dell'economia, e la fine della Banca Centrale. «Un salto nel vuoto» quello di Milei, secondo molti osservatori della borghesia moderata, che preferiscono il progetto della conservatrice Bullrich, concentrato sull'eliminazione degli attuali blocchi che impediscono l'acquisto di dollari al mercato ufficiale. Il programma della paladina di Juntos por el Cambio è sintetizzato in un documento in 22 punti dal titolo «Un Paese ordinato».

Il manifesto di Milei​


E fin dall'inizio della campagna elettorale ha scelto di farsi affiancare dal super-economista Carlo Melconian. Il suo manifesto prevede la possibilità di usare sia il peso che il dollaro Usa, con riforme graduali e una diversa modulazione degli incentivi per «porre fine all'inflazione e ristabilire la solvenza». In tutt'altra direzione corre la proposta del progressista Massa, attuale ministro dell'Economia, che guarda allo sviluppo energetico con i giacimenti di gas e petrolio di Vaca Muerta, e delle materie prime con il litio.
Il candidato di Union por la Patria conta sull'ingresso nel Brics e sul sostegno della Cina, promettendo di «cancellare il debito col Fmi» in quattro anni. Ma qualche osservatore malignamente afferma che con Massa il Paese si potrebbe «trasformare in un'Argen-Cina». Tant'è che a pochi giorni dall'appuntamento con le urne il presidente peronista Alberto Fernandez è volato a Pechino per attivare un nuovo swap di valute per 6,5 miliardi di dollari, per riunire in un unico pagamento le tre quote del debito in scadenza ad ottobre con l'Fmi. Un tentativo di contenere l'instabilità dei mercati e dei tassi di cambio, che sembra quasi inevitabile da lunedì, all'indomani del voto.
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Nonno pensionato

L’Argentina al voto tra povertà e «vertigini»​

Sara Gandolfi | 21 ottobre 2023
I sondaggi, non molto attendibili, prevedono un testa a testa fra il ministro peronista dell’Economia, Sergio Massa, e il candidato di La Libertad Avanza, l’«anarco-capitalista» Javier Milei. Salvo una rimonta della «falco» Patricia Bullrich,

L’Argentina vota oggi in preda ad uno stato di vertigine, se non di caos. I sondaggi, non molto attendibili, prevedono un testa a testa fra il ministro peronista dell’Economia, Sergio Massa, e il candidato di La Libertad Avanza, l’«anarco-capitalista» Javier Milei. Sono loro i probabili duellanti del ballottaggio presidenziale, il 19 novembre. Non si escludono, però, sorprese: una rimonta della «falco» Patricia Bullrich, ex ministra della Sicurezza, o un trionfo al primo turno di Milei (con il 45% dei voti o il 40% con distacco di 10 punti sul secondo). Vada come vada, a quarant’anni dalla fine della feroce dittatura militare, l’Argentina è stanca. La democrazia ha accumulato delusioni, frustrazione e tante promesse non mantenute. Più del 40 per cento della popolazione vive oggi al di sotto della soglia di povertà, la classe media che un tempo era l’ossatura dell’economia argentina – un’eccezione in Sudamerica – è stata risucchiata dalla crisi e dall’inflazione (+138% su base annua).


È in questo scenario che ha fatto presa il populismo ultrà e molto social dell’economista da talk show Milei, che ai comizi si presenta armato di motosega, promettendo di far fuori «la casta», la Banca Centrale e la valuta nazionale (definita «un escremento»). Piace ai capitalisti estremi che sognano uno Stato governato solo dalla «mano invisibile» del mercato e scommettono sulla «dollarizzazione» dell’economia - contro il parere dell’Fmi, cui l’Argentina deve 44 miliardi di dollari -, piace ai giovani (fra i 16 e i 29 anni lo vota il 40,6%, secondo un sondaggio di Analogias) e piace a chi vuole punire il Sistema. Votare come atto di vendetta. È già successo altrove, dagli Usa al vicino Brasile. A differenza di Donald Trump e Jair Bolsonaro, però, Milei non ha dietro di sé una reale struttura politica o un potere economico trasparente. Per questo, il libertario è un vero salto nel vuoto. Da vertigine.
 

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Nonno pensionato

Elezioni in Argentina: tutti contro il "trumpiano pazzo" Milei | Le cose da sapere sul voto​

22 Ottobre 2023 - 08:13
All'alba delle elezioni dal risultato meno prevedibile della storia democratica argentina, i tre candidati si sfidano per conquistare la presidenza di un Paese devastato dalla crisi economica e con livelli record di corruzione
Avatar di Filippo Jacopo Carpani Filippo Jacopo Carpani


L’Argentina è chiamata al voto per quelle che in molti considerano le elezioni presidenziali dal risultato più incerto da quanto il Paese è diventato una democrazia. Javier Milei, il candidato ultra-liberale di estrema destra, arriva alle urne forte della vittoria alle primarie di agosto e la sua ascesa alla Casa Rosada potrebbe determinare cambiamenti devastanti per il Paese.

Gli avversari dell’”anarco-capitalista” di La Libertad Avanza sono l’attuale ministro dell’Economia Sergio Massa, che rappresenta la coalizione Union por la Patria, e l’ex titolare del dicastero della Sicurezza Patricia Bullrich, candidata del raggruppamento di centro-destra Juntos por el Cambio. Il vincitore di questa corsa a tre prenderà le redini di un Paese in profonda crisi economica, con un’inflazione al 138% e due argentini su cinque che vivono in condizione di povertà. A questo si aggiunge la sofferenza dell’importante settore agricolo, colpito dalla peggiore siccità degli ultimi 60 anni.
Molti analisti concordano sul fatto che in questa tornata elettorale nessuno dei tre sfidanti riuscirà ad ottenere una maggioranza sufficiente a governare e che sarà necessaria una seconda votazione il mese prossimo. Per essere nominato presidente, uno dei candidati deve ottenere almeno il 45% delle preferenze, oppure il 40% con un distacco di dieci punti rispetto al secondo classificato. L’ingombrante e rumorosa presenza di Milei, inoltre, rende praticamente impossibile prevedere chi la spunterà. L’ipotesi più probabile è un testa a testa tra l’economista di estrema destra e l’esponente di Union por la Patria, favoriti negli ultimi sondaggi con rispettivamente il 29,9% e il 21,9%, e un ritorno alle urne a novembre.
La comunità internazionale sta prestando particolare attenzione a queste elezioni proprio grazie al candidato di La Libertad Avanza. Nei mesi scorsi Javier Milei, definito il “Trump argentino” e più volte accostato all’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro, ha conquistato una larga fetta dell’opinione pubblica grazie alle sue feroci dichiarazioni anti-establishment, che hanno attirato quelle fasce della popolazione deluse dall’incapacità dei partiti tradizionali nel combattere la crisi economica e la corruzione.

Degne di nota, inoltre, sono la sua intenzione di abbandonare il peso argentino in favore del dollaro americano, di limitare il diritto all’aborto e di tagliare programmi assistenziali e spesa pubblica. Le dichiarazioni di El loco (il matto) sfociano anche nella religione e nell’esoterismo. Milei, infatti, vuole convertirsi all’ebraismo e tra le fila dei suoi consiglieri più fidati c’è anche un rabbino. Inoltre, pare che abbia studiato anche la telepatia e che si rivolga spesso allo spirito del più anziano dei suoi mastini, morto nel 2017, per ricevere indicazioni su come condurre la propria campagna elettorale.
 

pietro17elettra

Nonno pensionato

Argentina elezioni, oggi si vota: primo turno presidenziali. Favorito il candidato dell' ultradestra Javier Milei​

L'inflazione è al 130%, oltre 35 milioni di persone chiamate alle urne​


  • Milei, la campagna elettorale con la motosega​

    Economista di formazione, Milei ha costruito le sue fortune politiche come protagonista di talk show televisivi. Detto El Peluca (Il Parrucca) per la folta chioma, Milei ha 53 anni. Ha fatto campagna elettorale esibendo una sega elettrica con la quale dice di voler tagliare gli sprechi del bilancio. E ha fatto correre un brivido lungo la schiena di molti contestando la cifra ufficiale dei 30mila desaparecidos durante la dittatura Argentina.
    2 ore fa

Seggi aperti fino alle 23, ora italiana​

Seggi aperti, in Argentina, per le elezioni politiche: dalle 8 locali (le 13 italiane), 34,4 milioni di cittadini avranno dieci ore di tempo (fino alle 18, le 23 italiane) per esprimere il loro voto, che è obbligatorio per legge.
Dovranno decidere chi sarà il loro prossimo presidente, che resterà in carica fino a dicembre 2027. In parallelo, verrà definita anche una nuova formazione del Congresso, che sarà parzialmente rinnovato, con 24 senatori in rappresentanza di otto province e 130 deputati. Cinque candidati si contendono la successione al presidente uscente, Alberto Fernández, e alla sua vice, Cristina Fernández de Kirchner, ma solo tre (Sergio Massa della coalizione governativa Unión por la Patria, la conservatrice Patricia Bullrich di Juntos por el Cambio e l'ultraliberista Javier Milei di La Libertad Avanza) hanno concrete speranze di vincere o di accedere a un eventuale ballottaggio previsto per il 19 novembre.


Oggi si vota in Argentina. Si celebrano le elezioni legislative e il primo turno delle presidenziali. In Argentina l'inflazione corre ed è arrivata al 130%. Favorito è un candidato di ultradestra Javier Milei. Nel suo programma c'è un taglio drastico alla spesa pubblica e la sostituzione del peso con il dollaro. Milei è contrario all'aborto e a favore della vendita degli organi, nega il cambiamento climatico e contesta la cifra ufficiale dei 30mila desaparecidos durante la dittatura Argentina.

A sfidarlo ci sono due candidati che provengono da partiti tradizionali, l'ex ministra conservatrice Patricia Bullrich e il titolare dell'Economia nel governo progressista uscente Sergio Massa. Sono oltre 35 milioni gli elettori chiamati alle urne.
 

AtuttoGAZ

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Uno sguardo anche alla composizione del Senato:

Unión por la Patria34

Juntos por el Cambio
24

Unidad Federal
2

Provincialismos
4

La Libertad Avanza
8

Maggioranza 37


PS: secondo me, il peggior risultato possibile per noi da queste elezioni.
 

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Nonno pensionato

Argentina, si va al ballottaggio: il peronista Massa primo a sorpresa, l’ultradestra di Milei non sfonda​

di Sara Gandolfi
La corsa alla Casa Rosada di deciderà il 19 novembre. Il candidato progressista scongiura il trionfo di quello anarco-capitalista, che ai comizi brandiva una motosega «contro la casta parassita»

7 minuti


Il progressista Sergio Massa e l’ultraliberista Javier Milei si affronteranno al ballottaggio in Argentina. Il candidato peronista alla presidenza, smentendo tutti i pronostici, ha vinto il primo turno elettorale con il 36,7% dei voti, quasi sette punti percentuali sopra l’«anarco-capitalista», come si auto-definisce, Javier Milei, dato per favorito da tutti i sondaggi, che si ferma invece al 30%. La conservatrice Patricia Bullrich (Jxc) resta fuori dalla corsa, con il 23,8%. È stato determinante il voto della provincia di Buenos Aires, dove è stato rieletto anche il governatore peronista Axel Kicillof, addirittura con il 45% dei voti.

L’Argentina tornerà quindi a votare il 19 novembre e il duello si preannuncia serratissimo. Oltre 35 milioni di cittadini erano chiamati domenica alle urne (voto obbligatorio) per scegliere il futuro presidente tra cinque aspiranti in lizza. Nessuno è riuscito a vincere al primo turno (serviva il 45% dei voti o il 40% con dieci punti di distacco). Massa è riuscito a mobilitare il peronismo, nonostante il bassissimo indice di gradimento dell’attuale governo progressista, con una rimonta sorprendente rispetto alle primarie d’agosto: il candidato della coalizione Unión por la patria, che ad agosto arrivò solo terzo, ha conquistato il primo posto, riprendendosi 2,7 milioni di voti, mentre Milei, candidato di La Libertad Avanza, non ha conquistato il successo atteso.


La corsa verso il ballottaggio è già cominciata, i duellanti si contenderanno ora il voto del centro-destra e degli indecisi. Poche ore dopo la chiusura dei seggi, quando i primi exit polls hanno cominciato a delineare la rimonta a sorpresa, il figlio di immigrati italiani e attuale ministro dell’Economia Sergio Massa ha subito lanciato il suo appello all’unità nazionale contro l’onda di estrema-destra rappresentata da Milei. Si è rivolto alla sinistra, ai radicali (partito di centro) e a chi non è andato alle urne nonostante l’obbligo di voto: «Dico a tutti che farò il massimo sforzo per guadagnare la loro fiducia», ha promesso. «Molti di coloro che ci hanno votato sono quelli che soffrono di più. Sappiate che non li deluderò».
Da parte sua, il “libertario” Milei ha teso la mano agli elettori di Bullrich, puntando tutto sull’anti-peronismo, o meglio sull’anti-kirchnerismo dal nome della corrente che ha dominato il fronte progressista negli ultimi decenni, prima con Nestor Kirchner e poi con la moglie Cristina: «Al di là delle nostre differenze, ci troviamo di fronte a un’organizzazione criminale che non esiterà a commetterà atrocità per sopravvivere«, ha detto Milei domenica notte, nell’hotel Libertador di Buenos Aires, dove aveva installato il suo quartier generale. « Il kirchnerismo è il male peggiore. Tutti noi che vogliamo il cambiamento dobbiamo lavorare insieme».
L’esito finale è più che mai incerto, anche se ora gli analisti danno Massa favorito al ballottaggio, ribaltando i sondaggi della vigilia. «Chiunque governerà, avrà l’enorme compito di risolvere tanti problemi», aveva detto il giorno prima il candidato di Unión por la patria, che in quanto attuale ministro dell’Economia conosce bene il tema: inflazione al 138%, classe media in caduta libera, 4 argentini su 10 sotto la soglia di povertà. La sua corsa è stata colma di spine, più che di rose. Doveva smarcarsi dal presidente Alberto Fernández, che se ne va con un indice gradimento sotto il 15%; dalla vice Cristina Kirchner, condannata per corruzione, e da una crisi economica che non è riuscito a domare. Alla fine, la moderazione e la pioggia di aiuti ed esenzioni fiscali decisi nelle ultime settimane hanno facilitato il colpo di coda del peronismo. «Mai prima d’ora (mai negli ultimi 40 anni di democrazia, almeno) un candidato alla presidenza aveva sperperato così tanto risorse pubbliche a vantaggio della propria campagna elettorale», commenta oggi il quotidiano La Nacion elencando i «premi monetari straordinari per lavoratori e non lavoratori, ’eliminazione parziale dell’imposta sul reddito e il rimborso dell’Iva a pensionati, dipendenti e monotributisti, che ha significato più soldi per nove milioni di argentini».
Sul fronte opposto, anche se non ha sfondato, l’anarco-capitalista Milei, che ha stravolto la mappa politica dell’Argentina, brandendo le motoseghe ai comizi contro la «Casta parassita», è stato l’indiscusso protagonista della giornata elettorale, la star dell’Argentina in cerca di un miracolo o l’anti-Evita del XXI secolo. «Possiamo creare il miglior governo della storia», ha assicurato il candidato di La Libertad Avanza, accompagnato al seggio dall’onnipresente sorella Karina (il «Capo», dice lui). Centinaia di persone lo aspettavano, domenica mattina, all’Università tecnologica di Buenos Aires, dove ha ricevuto un’accoglienza da rockstar. Con lanci di rose rosse, mani tese per sfiorarlo, lacrime isteriche e un cordone di polizia a frenare l’entusiasmo della folla. Che cantava: «Se siente, se siente, Milei presidente».
Dovranno attendere, il peronismo non è pronto alla resa e dalla sua ha una macchina rodata di potere. Bisognerà inoltre vedere se il populista libertario riuscirà a trattenere i voti della protesta ma anche a conquistare quelli della destra liberale e dei radicali, oppure se alla fine non sarà più forte la paura del salto nel vuoto rappresentato dalle sue proposte estreme. A quarant’anni dalla fine della dittatura militare, molti analisti si chiedono se la democrazia è in pericolo o, più banalmente, se l’«antisistema» Milei seguirà le orme di Donald Trump e del brasiliano Jair Bolsonaro. A differenza degli ex presidenti, il populista «libertario» d’Argentina non ha alle spalle una forza politica solida, anche se i sondaggi prevedevano che in queste elezioni Libertad Avanza passerà da 2 deputati (Milei e la sua vice)ad alcune decine. Il suo successo è figlio di una nazione impoverita e delusa, cui né la sinistra peronista né la destra tradizionale, che si sono alternate al potere, hanno saputo dare risposte. Lo spettinato re dei talk show e di TikTok, che disdegna la Cina e nega la crisi climatica, ha conquistato i giovani e gli sfiduciati definendo i socialisti «escrementi», promettendo di «dollarizzare» l’economia — contro il parere dell’Fmi, cui l’Argentina deve 44 miliardi — e «dinamitare» la Banca centrale. Se saprebbe pure governare, in caso fosse eletto, resta un mistero.


23 ottobre 2023 (modifica il 23 ottobre 2023 | 08:33)
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Argentina, si va al ballottaggio: il peronista Massa primo a sorpresa, l’ultradestra di Milei non sfonda​

di Sara Gandolfi
La corsa alla Casa Rosada di deciderà il 19 novembre. Il candidato progressista scongiura il trionfo di quello anarco-capitalista, che ai comizi brandiva una motosega «contro la casta parassita»

7 minuti


Il progressista Sergio Massa e l’ultraliberista Javier Milei si affronteranno al ballottaggio in Argentina. Il candidato peronista alla presidenza, smentendo tutti i pronostici, ha vinto il primo turno elettorale con il 36,7% dei voti, quasi sette punti percentuali sopra l’«anarco-capitalista», come si auto-definisce, Javier Milei, dato per favorito da tutti i sondaggi, che si ferma invece al 30%. La conservatrice Patricia Bullrich (Jxc) resta fuori dalla corsa, con il 23,8%. È stato determinante il voto della provincia di Buenos Aires, dove è stato rieletto anche il governatore peronista Axel Kicillof, addirittura con il 45% dei voti.

L’Argentina tornerà quindi a votare il 19 novembre e il duello si preannuncia serratissimo. Oltre 35 milioni di cittadini erano chiamati domenica alle urne (voto obbligatorio) per scegliere il futuro presidente tra cinque aspiranti in lizza. Nessuno è riuscito a vincere al primo turno (serviva il 45% dei voti o il 40% con dieci punti di distacco). Massa è riuscito a mobilitare il peronismo, nonostante il bassissimo indice di gradimento dell’attuale governo progressista, con una rimonta sorprendente rispetto alle primarie d’agosto: il candidato della coalizione Unión por la patria, che ad agosto arrivò solo terzo, ha conquistato il primo posto, riprendendosi 2,7 milioni di voti, mentre Milei, candidato di La Libertad Avanza, non ha conquistato il successo atteso.


La corsa verso il ballottaggio è già cominciata, i duellanti si contenderanno ora il voto del centro-destra e degli indecisi. Poche ore dopo la chiusura dei seggi, quando i primi exit polls hanno cominciato a delineare la rimonta a sorpresa, il figlio di immigrati italiani e attuale ministro dell’Economia Sergio Massa ha subito lanciato il suo appello all’unità nazionale contro l’onda di estrema-destra rappresentata da Milei. Si è rivolto alla sinistra, ai radicali (partito di centro) e a chi non è andato alle urne nonostante l’obbligo di voto: «Dico a tutti che farò il massimo sforzo per guadagnare la loro fiducia», ha promesso. «Molti di coloro che ci hanno votato sono quelli che soffrono di più. Sappiate che non li deluderò».
Da parte sua, il “libertario” Milei ha teso la mano agli elettori di Bullrich, puntando tutto sull’anti-peronismo, o meglio sull’anti-kirchnerismo dal nome della corrente che ha dominato il fronte progressista negli ultimi decenni, prima con Nestor Kirchner e poi con la moglie Cristina: «Al di là delle nostre differenze, ci troviamo di fronte a un’organizzazione criminale che non esiterà a commetterà atrocità per sopravvivere«, ha detto Milei domenica notte, nell’hotel Libertador di Buenos Aires, dove aveva installato il suo quartier generale. « Il kirchnerismo è il male peggiore. Tutti noi che vogliamo il cambiamento dobbiamo lavorare insieme».
L’esito finale è più che mai incerto, anche se ora gli analisti danno Massa favorito al ballottaggio, ribaltando i sondaggi della vigilia. «Chiunque governerà, avrà l’enorme compito di risolvere tanti problemi», aveva detto il giorno prima il candidato di Unión por la patria, che in quanto attuale ministro dell’Economia conosce bene il tema: inflazione al 138%, classe media in caduta libera, 4 argentini su 10 sotto la soglia di povertà. La sua corsa è stata colma di spine, più che di rose. Doveva smarcarsi dal presidente Alberto Fernández, che se ne va con un indice gradimento sotto il 15%; dalla vice Cristina Kirchner, condannata per corruzione, e da una crisi economica che non è riuscito a domare. Alla fine, la moderazione e la pioggia di aiuti ed esenzioni fiscali decisi nelle ultime settimane hanno facilitato il colpo di coda del peronismo. «Mai prima d’ora (mai negli ultimi 40 anni di democrazia, almeno) un candidato alla presidenza aveva sperperato così tanto risorse pubbliche a vantaggio della propria campagna elettorale», commenta oggi il quotidiano La Nacion elencando i «premi monetari straordinari per lavoratori e non lavoratori, ’eliminazione parziale dell’imposta sul reddito e il rimborso dell’Iva a pensionati, dipendenti e monotributisti, che ha significato più soldi per nove milioni di argentini».
Sul fronte opposto, anche se non ha sfondato, l’anarco-capitalista Milei, che ha stravolto la mappa politica dell’Argentina, brandendo le motoseghe ai comizi contro la «Casta parassita», è stato l’indiscusso protagonista della giornata elettorale, la star dell’Argentina in cerca di un miracolo o l’anti-Evita del XXI secolo. «Possiamo creare il miglior governo della storia», ha assicurato il candidato di La Libertad Avanza, accompagnato al seggio dall’onnipresente sorella Karina (il «Capo», dice lui). Centinaia di persone lo aspettavano, domenica mattina, all’Università tecnologica di Buenos Aires, dove ha ricevuto un’accoglienza da rockstar. Con lanci di rose rosse, mani tese per sfiorarlo, lacrime isteriche e un cordone di polizia a frenare l’entusiasmo della folla. Che cantava: «Se siente, se siente, Milei presidente».
Dovranno attendere, il peronismo non è pronto alla resa e dalla sua ha una macchina rodata di potere. Bisognerà inoltre vedere se il populista libertario riuscirà a trattenere i voti della protesta ma anche a conquistare quelli della destra liberale e dei radicali, oppure se alla fine non sarà più forte la paura del salto nel vuoto rappresentato dalle sue proposte estreme. A quarant’anni dalla fine della dittatura militare, molti analisti si chiedono se la democrazia è in pericolo o, più banalmente, se l’«antisistema» Milei seguirà le orme di Donald Trump e del brasiliano Jair Bolsonaro. A differenza degli ex presidenti, il populista «libertario» d’Argentina non ha alle spalle una forza politica solida, anche se i sondaggi prevedevano che in queste elezioni Libertad Avanza passerà da 2 deputati (Milei e la sua vice)ad alcune decine. Il suo successo è figlio di una nazione impoverita e delusa, cui né la sinistra peronista né la destra tradizionale, che si sono alternate al potere, hanno saputo dare risposte. Lo spettinato re dei talk show e di TikTok, che disdegna la Cina e nega la crisi climatica, ha conquistato i giovani e gli sfiduciati definendo i socialisti «escrementi», promettendo di «dollarizzare» l’economia — contro il parere dell’Fmi, cui l’Argentina deve 44 miliardi — e «dinamitare» la Banca centrale. Se saprebbe pure governare, in caso fosse eletto, resta un mistero.


23 ottobre 2023 (modifica il 23 ottobre 2023 | 08:33)
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