Arte e droghe

Ho accennato al punto forse fondamentale: la droga destruttura i nostri pensieri, o i nostri comportamenti, ecc. Penso che la sola cocaina, o magari anche il primo bicchiere di vino, possa aumentare la concentrazione. Hashish, oppio ecc. invece disperdono in modi diversi l'attenzione. La morfina modifica il rapporto con il corpo: siccome il dolore viene dal sentire un limite, ecco che la morfina elimina i confini della percezione e quindi agisce come antidolore.
La domanda è: perché questa destrutturazione può influire sull'operare artistico? E come influisce?

Una prima risposta ce la diamo tutti: staccandolo dai limiti della realtà, la droga stimola l'immaginazione dell'artista, gli propone visioni nuove. Un diverso modo di percepire produce poi un diverso ambito da rappresentare.
Non ho esperienze personali nel campo, mai volute, anzi. Però sono passato per due porte: una volta ho dormito in un locale vicino a dove stavano fumando qualcosa di forte, il fumo dev'essere penetrato e io ho fatto un sogno terribile, che ricordo ancora, una tavolata con tutti i miei antenati ... brrr. E una seconda volta, per un errore ospedaliero, hanno dovuto salvarmi dalla tetania, che poteva uccidermi, con una iniezione che ritengo sia stata di morfina. Anche lì ricordo bene quello che passai, in pratica uno sdoppiamento tra me e il mio corpo. Tutto ciò al di fuori e contro la mia volontà, e questo fa sì che le esperienze non abbiano lasciato alcun segno. Pertanto l'argomento del 3d non ha nulla di personale, ma certo poi come psicologo qualcosa di più ne so. Anche perché quelli della mia generazione continuavano a propormi - inutilmente, va da sé - di tutto, e il rifiuto mi ha anche in parte emarginato da certi ambienti allora normali.
Questa premessa solo per dire che all'epoca avevo trovato un modo per imitare quelli che si fumavano marijuana: semplicemente mi mettevo a muovermi e fare qualunque cosa con esasperata lentezza. Regolarmente ci cascavano e mi credevano "fatto". E ciò mostra come la maggior parte delle droghe, nel destrutturare l'attenzione, agisca in senso regressivo.

Allora la questione può essere: se si tratta di regressione, perché in certi artisti ha potuto favorire invece un progresso? Come può essere che una riduzione delle facoltà abbia risultati "positivi"?
 
Assieme a Modiglini Utrillo. Tra i nomi famosi, americani in particolare, da M. Rothk, morto suicida dopo una vita consumata da fumo, alcol e depressione a J. Pollock, compagno di bevute che morì ubriaco in un incidente automobilistico in un atto (forse) di autodistruzione inconsapevole. Warhol che dichiaratamente consumava diversi tipi di stupefacenti, in particolare Lsd, Dalì con i suoi stati di allucinazione affermava "Io non mi drogo, io sono la droga", poi Basquiat e anche Schifano.

In alcuni di loro l'assunzione di sostanze ha condizionato indubbiamente la loro espressione artistica. Io non fumo, mai provato droghe e reggo bene l'alcol, al max euforia, mai oltre.
 
Assieme a Modigliani Utrillo. Tra i nomi famosi, americani in particolare, da M. Rothko, morto suicida dopo una vita consumata da fumo, alcol e depressione a J. Pollock, compagno di bevute che morì ubriaco in un incidente automobilistico in un atto (forse) di autodistruzione inconsapevole. Warhol che dichiaratamente consumava diversi tipi di stupefacenti, in particolare Lsd, Dalì con i suoi stati di allucinazione affermava "Io non mi drogo, io sono la droga", poi Basquiat e anche Schifano.

In alcuni di loro l'assunzione di sostanze ha condizionato indubbiamente la loro espressione artistica. Io non fumo, mai provato droghe e reggo bene l'alcol, al max euforia, mai oltre.
Ecco, certamente il fatto di essere fumatori già mostra una propensione verso le droghe. Poi, è vero che altri oggetti del desiderio tante volte ne fanno le veci (cibo, sesso ecc) però è anche vero che portano molto meno verso il superamento della porta che apre alle sostanze psicotrope. Peraltro, le droghe liquide, tipo alcolici, sembrano anch'esse sostituire quasi completamente le più forti e pericolose.
Approfitto per dire qualcosa di tè e caffè, non per considerarli al livello di droghe (se lo sono, normalmente non si tratta della stessa cosa), ma per indicarne le opposte caratteristiche. Mentre infatti il caffè porta ad un aumento della concentrazione, ed è quindi indicato per sostenere chi deve affrontare un lavoro, anche creativo, dai tempi attenzionali concentrati, il tè è praticamente l'opposto. Esso favorisce la dispersione, il chiacchiericcio tipo salotto (e infatti fu usato in questo senso).
Quanto alla lista degli artisti "dipendenti", è molto più ampia, e pian piano ne parleremo.
I fumatori sono invitati a raccontare le loro impressioni. Ho notato che quasi tutti gli intellettuali del secolo scorso ci appaiono nelle immagini con una sigaretta tra le dita. Solo moda?
 
Tornerei sul tema arte e droghe. Non cominciare a perderti che sei solo all'inizio :D Ho trovato interessante il post su Michaux, grazie.
 
L'assunzione di droga risponde a diverse funzioni.
1 - Sperimentare qualcosa di nuovo, di diverso. Possibilmente di piacevole.
2 - Cercare sollievo da dolori di qualunque tipo.
2a - Trovare un sostegno psicologico. Sostenere una depressione.
2b - Allontanarsi dal mondo, verso dentro o verso fuori.
3 - Aumentare una o più prestazioni
Ce ne saranno anche altre, ma per ora mi fermo qui.
Si nota che 1 e 3 corrispondono al cercare una spinta in positivo, per superare un ostacolo.
Invece 2, e i sottoinsiemi 2a e 2b corrispondono all'arretrare di fronte ad un ostacolo. Praticamente l'opposto.

L'artista figurativo che si droghi (termine generico, ok, ma lo uso per brevità) lo può fare in funzione 1 oppure 2. Per scoprire nuovi mondi o per fuggire da quello reale. Come si vede, a questo punto le cose si possono sovrapporre, e può essere difficile capire se l'artista dell'800 si dava all'assenzio per consolarsi o per aprirsi a nuovi mondi. Ogni epoca ha avuto le sue droghe, ma sarebbe un errore pensare che alla fine "non cambia niente". Invece i tempi e il mood cambiano continuamente, si evolvono, e ciò che in un'epoca può avere un valore, in quella seguente magari è un disvalore. L'opposto della droga è comunque, in ogni tempo, la "coscienza", ovvero ciò che la droga viene chiamata ad alterare.
In pratica, la droga può facilitare nello "spendere" quanto si è acquisito, mentre sarebbe assolutamente controproducente nel momento dell'acquisizione, per esempio quando si studia qualcosa, lingue, materie scolastiche, musica o altro. Di conseguenza, se uno è molto "ricco", cioè ha acquisito molto potenziale, o ne è dotato per natura, pur degradandosi umanamente può "tener botta" per un tempo anche lungo.

Baudelaire partecipò con altri artisti (tra cui Balzac e Delacroix) ad esperienze con droghe per ottenerne un ampliamento della coscienza, non direttamente una fuga dalla vita. Ciò nonostante egli tentò anche il suicidio, Assunse a più riprese droghe per motivi diversi: certo, ritenendo il poeta un veggente, si trattava anche di ampliarne le capacità attraverso la conoscenza indotta di mondi differenti (funzione 1), nonché di opporsi anche in quel modo al filisteismo di un mondo borghese giudicato più o meno ininteressante od oppressivo. Questa motivazione tornerà ad imporsi poi per molti artisti del suo tempo e di quelli successivi: siamo qui nella funzione 2 sopra citata.
Tuttavia il suo notevole potenziale umano e culturale gli permise di padroneggiare le sue creazioni, con versi alessandrini (12 sillabe, 14 in italiano) ovviamente validi e con lunghe concatenazioni di concetti che non corrispondono ad una capacità di pensiero abbrutita, anzi. Nei Paradisi artificiali alla fine Baudelaire al tempo stesso "canta" le droghe, ma le ritiene inutili per la creatività e invita a non usarle.
 
Ultima modifica:
Premesso che non ho mai assunto alcun tipo di droga (fumo e quant'altro) riporto una esperienza avuta cinque anni fa, in questo mese. Ho subito un'operazione che ha comportato l'anestesia totale per circa cinque ore. Le due notti successive ho fatto dei sogni molto colorati con colori meravigliosi, mai visti prima. Ho associato quelle visioni alla anestesia (che, di fatto, è una droga assimilabile all'Lsd). Ho riflettuto sull'uso degli acidi nel mondo artistico come stimolo alla creatività. Vi chiedo se avete mai avuto sentore di esperienza simili da altre persone.
 
In sintesi da un lato la droga come "strumento" per ampliare la conoscenza, un andare oltre, un approfondimento come avviene in alcune esperienze mistiche con "aiutino", in altri casi come "distrazione" o fuga dalla realtà spesso per incapacità di affrontarla. Il suicidio come "soluzione finale" credo sia accessorio, nel senso che è un effetto indotto dalle droghe stesse e all'alterazione della percezione ad es. del pericolo.

La domanda è il modo in cui queste esperienze hanno condizionato/potenziato l'espressione artistica, anche considerato che per alcuni infatti arte e vita è un tutt'uno.
Poi il tema musica classica in cui è necessaria la "presenza" correlata alla tecnica e alla necessità di rispettare una partitura, ambiti con maggiore libertà artistica ed espressiva mostrano ben altro.
 
:rosa:
Premesso che non ho mai assunto alcun tipo di droga (fumo e quant'altro) riporto una esperienza avuta cinque anni fa, in questo mese. Ho subito un'operazione che ha comportato l'anestesia totale per circa cinque ore. Le due notti successive ho fatto dei sogni molto colorati con colori meravigliosi, mai visti prima. Ho associato quelle visioni alla anestesia (che, di fatto, è una droga assimilabile all'Lsd). Ho riflettuto sull'uso degli acidi nel mondo artistico come stimolo alla creatività. Vi chiedo se avete mai avuto sentore di esperienza simili da altre persone.
Ho subito anch'io una anestesia totale 10 anni fa. Ricordo che vedevo come un tapis roulant di colori vivaci scorrere a poca distanza sopra di me, più o meno le stesse immagini tue, ma solo durante l'anestesia.
 
In sintesi da un lato la droga come "strumento" per ampliare la conoscenza, un andare oltre, un approfondimento come avviene in alcune esperienze mistiche con "aiutino", in altri casi come "distrazione" o fuga dalla realtà spesso per incapacità di affrontarla. Il suicidio come "soluzione finale" credo sia accessorio, nel senso che è un effetto indotto dalle droghe stesse e all'alterazione della percezione ad es. del pericolo.

La domanda è il modo in cui queste esperienze hanno condizionato/potenziato l'espressione artistica, anche considerato che per alcuni infatti arte e vita è un tutt'uno.
Poi il tema musica classica in cui è necessaria la "presenza" correlata alla tecnica e alla necessità di rispettare una partitura, ambiti con maggiore libertà artistica ed espressiva mostrano ben altro.
Il punto è non confondere "coscienza" con "controllo della coscienza". La prima riguarda il pensare, la seconda l'agire, ed è in relazione con la forza dell'io.
A questo proposito, spesso si pongono accanto arte e follia, come talora fossero situazioni gemelle. Ernst Kris - Wikipedia ha precisato molto bene la questione: l'artista può certo fare, da solo o con l'aiuto di droghe, un tuffo nel preconscio, poi riemergere e trattare i temi e i fatti là conosciuti. Invece chi ha disturbi mentali (la piglio alla larga) conosce lo stesso materiale ma non ha la capacità di emergerne fuori con la forza dell'io, dunque non riesce ad esprimersi. Vi sono vie di mezzo più o meno apparenti, soprattutto oggi che l'arte richiede meno pre-requisiti formali e bada di più a quello che è espressione pura. Ma il grande artista non è mai in questa posizione di mezzo.
 

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