AVREMMO BISOGNO DI TRE VITE: UNA PER SBAGLIARE, UNA PER CORREGGERE GLI ERRORI,

Poverina...sempre più in basso .

In Spagna è scoppiata la bufera dopo la cerimonia di commemorazione per le vittime del terribile attentato di Barcellona.

In alcune foto scattate dai fotografi il sindaco della città catalana è apparsa sorridente,
l'unica a ridere mentre al suo fianco il Re e la consorte hanno il viso segnato dal dolore e dal rispetto del lutto.

A seganalare le foto sono stati diversi account twitter in Spagna che hanno messo nel mirino in pochi minuti il sindaco Ada Colau.

In un tweet Pérez García si chiede come mai
“questa signora sta sorridendo, dopo non aver voluto posizionare i blocchi di cemento, spianando la strada agli assassini?”.

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La Union Federal de Policia (UFPOL), sindacato ufficiale della polizia spagnola,
ha denunciato in queste ore tramite uno dei suoi esperti nel controllo dell’immigrazione,
Rodrigo Gavilan, le enormi difficoltà che vive la Policia Nacional per il controllo dell’immigrazione in Catalogna.

Intervistato dalla testata iberica Okdiario, il funzionario del sindacato ha dato un quadro allarmante della situazione,
che manifesta inequivocabilmente le gravi colpe della Generalitat de Catalunya e di tutte le amministrazioni territoriali
che non hanno fatto nulla per contrastare lo sviluppo di sacche radicali nel Paese.

Il problema, a detta del portavoce del sindacato, risiede nella vera e propria disobbedienza civile che i comuni catalani
e lo stesso governo della comunità autonoma hanno attuato per non consegnare i dati ufficiali sull’immigrazione clandestina nel territorio.

Adesso, dopo anni, “la Catalogna è assolutamente fuori controllo sul fronte dell’immigrazione
e si è trasformata nel paradiso degli immigrati irregolari e dei terroristi”.

Un messaggio chiaro, quello dell’UFPOL e non lascia spazio a interpretazioni.
 
Altri sindacati di polizia, in particolare la Asociacion Unificada de Guardias Civiles (AUGC)
e il Sindicato Unificado de Policia (SUP), hanno denunciato la marginalizzazione dei corpi di polizia nazionale
rispetto ai Mossos d’Esquadra da parte del governo catalano per dare l’immagine di una comunità indipendente anche sotto il profilo della sicurezza.

Un esempio di questa marginalizzazione, è stato il fatto di aver impedito al gruppo TEDAX della Guardia Civil,
l’accesso al luogo in cui è esploso l’appartamento degli jihadisti, ad Alcanar, e dove da subito si riteneva fosse morto l’imam di Ripoll.

In tutto questo rimpallo di responsabilità, accuse e denunce, l’unico dato certo è che negli anni,
le divisioni interne, la sinistra ideologica al potere, e le rivendicazioni autonomiste anche sul tema dell’ordine pubblico,
hanno di fatto reso la Catalogna quello che è: il focolaio jihadista più pericoloso di tutta la Spagna.

L’80% delle moschee radicali spagnole sono in Catalogna, e la maggior parte dei centri islamici
che predicano idee fondamentaliste non sono registrati come tali e sono mimetizzati in negozi o in garage senza alcun controllo.

In tutto ciò, l’aumento dell’immigrazione irregolare da paesi nordafricani e mediorientali
e l’incapacità di poter garantire un controllo a tappeto su chi entra nel Paese, non rendono il lavoro dell’antiterrorismo semplice:
soprattutto se a questi fenomeni inevitabili, si aggiunge l’ideologia di chi governa che,
per garantire un’immagine falsa del proprio territorio, mette a repentaglio la vita dei suoi cittadini e di coloro che arrivano in Catalogna in modo regolare.
 
Emerge qualcosa di nuovo dall'attacco a Barcellona?

«L'elemento nuovo è che nessuno parla più di lupi solitari o persone instabili, in questo caso parliamo di una cellula di 12 uomini.
Un gruppo di quartiere con coppie di fratelli, una generazione di europei o con doppia cittadinanza».

Lo Stato Islamico perde colpi in Iraq e in Siria ma le sue cellule si sono ben strutturate in Europa.

«Ho sempre detto che con il crollo dello Stato Islamico avremmo avuto un'armata di zombie in giro per il mondo.
Era ampiamente prevedibile.
Ormai è quasi impossibile raggiungere il Califfato e chi vuole combattere nel suo nome o per il proprio paradiso deve agire in Europa».

C'è qualche elemento in più che salta agli occhi in quest'azione terroristica?

«Tutti ricordano il gruppo di Amburgo, autore poi della strage dell'11 settembre, o il gruppo del quartiere Molenbeek di Bruxelles.
Qui invece stiamo parlando di un paesino dei Pirenei non di un quartiere ghetto, questi non sono degli emarginati,
ma hanno frequentato le scuole, avevano amici spagnoli e vivevano in un posto dove tutti si conoscevano.
Altro elemento molto forte è il legame famigliare, questi sono cresciuti assieme, ma con la logica del clan.
Se leggi poi i racconti dei parenti, li descrivono tutti come bravi ragazzi e c'è un'unica cosa che indica una sorta di deragliamento: la religione.
C'è chi al ritorno in Marocco non stringe le mani alle donne, si mette a leggere il Corano, anche se non conosce bene l'arabo,
e appende alle pareti della stanza versetti islamici».

Tutti dicono, come sempre, che non è la religione

«No, il solo elemento è la religione. L'unica loro integrazione era quella dei consumi: l'aperitivo, la moto, i jeans.
Non c'era l'integrazione ai valori, alla democrazia.
In questo deserto che è l'Europa loro hanno colto l'opportunità del lavoro, del consumo ma non i valori dell'Europa.
E hanno riscoperto la mitologia del fondamentalismo, dove il martire non guadagna il paradiso solo per se stesso ma anche per i suoi parenti.
Quindi è una rottura con i valori dell'Europa non con le famiglie, con cui non rompono i legami.
E questo testimonia che l'integrazione era del tutto superficiale e che la religione è stata la chiave della loro scelta».

La nuova minaccia, con la prossima caduta del Califfato, sarà il rientro di circa 2mila foreign fighters.
Bruxelles già mette le mani avanti: non si possono mica arrestare tutti.


«Non c'è ancora una cultura dei giudici sul fondamentalismo islamico.
E poi molti pensano che arrestare tutti sarebbe una dimostrazione di bassa cultura giuridica».

Ma questi hanno commesso crimini orrendi.

«Ovviamente vanno arrestati e processati. Ma c'è già stato un dibattito in Spagna sul processare gli autori di crimini
commessi in una terra di nessuno giuridica, come la Siria o l'Iraq.
La soluzione potrebbe essere istituire una Corte internazionale, com'è avvenuto per l'ex Jugoslavia.
Ma al di là di questo, i foreign fighters costituiscono una mina vagante, una minaccia reale».

Ti hanno impressionato le parole del rabbino di Barcellona che vorrebbe tornare in Israele.

«Al di là del significato religioso del ritorno per gli ebrei, Israele è un Paese sotto attacco e che si attrezza continuamente per rintuzzare le minacce.
Israele è un Paese in guerra e sa di esserlo mentre l'Europa è una terra sotto attacco e pretende di non esserlo».

Si continua a far finta di nulla e a trattare le decine di attentati come se fossero delle stragi stradali.
È mancanza di consapevolezza da parte della leadership europea?


«Non è inconsapevolezza è la reazione di chi sta in una torre d'avorio.
I terroristi non colpiscono le istituzioni, i premier, i parlamentari, ma la gente comune.
E le reazioni dei cittadini obbligano i politici a delle dichiarazioni rituali, che sono le fotocopie delle volte precedenti,
dei coccodrilli come diciamo noi. E questo perché la questione non li tocca direttamente».

Non si sentono minacciati, insomma.

«Si sentono minacciati solo dal punto di vista della presa elettorale.
Basta guardare le reazioni, non sono improntate a un'indignazione vibrante ma solo al timore
che queste azioni terroristiche possano dare adito al populismo, al razzismo, al rafforzamento di Salvini».

E il governo italiano che, all'indomani degli attentati, ha rivendicato la necessità dello ius soli?

«C'è un intellighentia che pensa per prima cosa al multiculturalismo e ai pericoli che potrebbe correre.
A Barcellona hanno colpito una città multiculturale, aperta, antirazzista e c'è chi crede che sia questo il valore da difendere e non la sicurezza.
Quindi una reazione politica».

Si può continuare a parlare di Islam religione di pace?

«L'Islam è la religione della spada non dell'acqua santa e questo si legge nel Corano.
Certo, ci sono milioni di musulmani pacifici e non violenti, ma da questo a sostenere
che l'Islam non sia una religione suprematista ce ne vuole.
Non esiste impegno per il prossimo perché il prossimo è l'infedele».

L'Europa continua a dare segni di cedimento verso l'Islam radicale. È un processo irreversibile?

«Non sono ottimista, l'andamento demografico non è confortante e neppure quello culturale.
Non vedo un rinascimento. Vedo un'Europa tremebonda e rassegnata, a volte entusiasticamente rassegnata».
 
Ma non so. Forse sonoiomentecatto. Ma gli unici che ne parlano apertamente sono i
vecchietti che trovo in piazza. Per gli altri il problema non esiste. Ma guardate che è serio..... il problema.

Niente da fare, è più forte di loro. Per quanti sforzi facciano (in verità molto pochi) non riescono ad accettare la realtà;
anche quando la realtà li prende a schiaffoni e urla: “guardatemi sono qui, davanti a voi!!!”.
Il loro sistema neuronale è programmato per negare l’evidenza, per cancellare ciò che è, a vantaggio di ciò che pensano sia.
La realtà per la sinistra è come l’aglio per i vampiri: appena gliela mostri, scappano urlando posseduti dal demone dell’Ombra.

Un esempio fra tutti: questo editoriale di Ezio Mauro scritto dopo l’orrore di Barcellona, ovviamente su Repubblica.
Tra le 4000 parole utilizzate per raccontare la nostra libertà attaccata e minacciata, non troverete una sola volta il termine “Islam” o “musulmani”.

Il massimo concesso è “Isis” che vuol dire tutto e nulla.
Perché l’Isis è semplicemente l’epifenomeno, la manifestazione visibile e temporanea di un processo storico più complesso
che riguarda la guerra secolare interna all’Islam, e la guerra secolare dell’Islam all’Occidente.

Oggi è l’Isis, ieri era Al Qaeda, l’altro ieri era l’OLP… ma può essere ancora la Fratellanza Musulmana
ed il suo radicalismo violento e diffuso o l’integralismo salafita e wahabita che alimenta l’odio verso l’Occidente
nella moschee europee e nelle scuole coraniche finanziate dagli “alleati” sauditi e da cui provengono, indottrinati e spietati, gli assassini della nostra libertà.

No, il problema della nostra libertà non è l’Isis: ma è la risposta ad una domanda che Ezio Mauro,
l’intellighenzia progressista, l’élite mondialista, le leadership incapaci di questa Europa
evitano di porre per non dover sconfessare decenni di fallimenti di politiche immigrazioniste e deliri multiculturali imposti a tutti noi.

La domanda è: l’Islam è compatibile con i valori dell’Occidente?


"L’Islam è sovversione dall’interno, usa la nostra libertà religiosa per sconvolgere quella stessa libertà e imporre la Sharia" (Ayan Hirsi Ali)
 
Buongiorno Signori. Adesso abbiamo gli sceriffi che ci diranno cosa si può scrivere
ahahahahahahah che razza di sceriffi. Sembra d'essere tornati in certi villaggi del
Far West, dove il bandito di turno si faceva eleggere sceriffo per "farsi la sua legge".

Un elenco di associazioni che diventeranno sceriffi del web.
A consegnare la stelletta a onlus di gay, rom e via dicendo è stato il ministero della Giustizia,
che ha dato loro l'incarico di scovare i cosiddetti "hater" della Rete.

L'obiettivo? Sanzionare, denunciare, espellere dai social network quali Facebook, Twitter e via dicendo.

"A livello nazionale -diceva il ministro Andrea Orlando - abbiamo avviato un tavolo di lavoro
con le organizzazioni non governative per stimolare la nascita di un soggetto, non pubblico e non statale che,
in alleanza con le piattaforme, possa costruire efficaci contronarrative rispetto alla propaganda d' odio".

La lista delle Ong che dovrebbero fungere da nuovi sceriffi sono molteplici, in totale 51.

Ci sono Amnesty international, l'Unione forense per la tutela dei diritti umani, l'Alto commissariato delle Nazioni Unite,
la Comunità Sant' Egidio, l'Unione delle comunità islamiche italiane, la Confederazione islamica italiana,
la Comunità religiosa islamica italiana, il Centro islamico culturale d' Italia.

Ma non è tutto. Non potevano mancare ovviamente le associazioni gay:
Arcigay, Arcilesbica, Rete Lenford, circolo Mario Mieli, associazione Gaynet, circolo Pink di Verona.

Tra le altre spunta però anche l' Associazione 21 luglio, una associazione nata per far rispettare i diritti dei rom.
E che tanto si spende per dire che i nomadi vogliono integrarsi.
 
Buongiorno.
Da oggi l'occupazione abusiva di immobili è praticamente legalizzata e perenne........avanti popolo.

Non tutti gli abusivi sono evidentemente uguali: quelli ischitani, quelli dei piani rialzati,
sono da condannare senza processo, quelli africani che occupano un palazzo al centro di Roma sono da tollerare.

Eppure entrambe le categorie sono illegali.
Ed entrambe le categorie hanno a che fare con la casa e il suo diritto di proprietà.

Ma come negli anni '70 un'infelice legislazione ha stabilito che nei rapporti di lavoro c'è una parte debole
(il lavoratore) che gode di una presunzione di innocenza in un'eventuale controversia,
così l'«occupante abusivo» di uno stabile gode di una protezione superiore al legittimo proprietario dello stesso.
Se poi l'occupante è un centro sociale (ultimo il caso scandaloso di Bologna e del sindaco Merola) o un emigrante, la posizione debole si rafforza.
 
Il ministro dell'Interno, infatti avrebbe intenzione di chiedere nelle prossime ore ai prefetti di sospendere gli sgomberi
se le autorità non hanno trovato una soluzione di alloggi alternativa, soprattutto se si rischiano problemi di ordine pubblico.

Come riporta oggi il Messaggero, d'ora in poi potrebbe essere lo stesso Viminale, attraverso i prefetti,
a individuare gli alloggi alternativi, anche senza seguire le indicazioni delle amministrazioni locali
e requisendo palazzi pubblici non utilizzati, come ad esempio ex caserme.
 

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