tontolina
Forumer storico
Bond Usa a rischio shock
Maria Paulucci
“In futuro ci aspettiamo che i banchieri centrali abbiano un minore margine di manovra per contrastare i deludenti dati macro. Reattività e flessibilità saranno quindi fattori chiave per adattarsi a uno scenario più sfavorevole”. E’ questa l’opinione di Jean Médécin, membro del comitato investimenti di Carmignac Gestion, che contattiamo per capire come si sta regolando la società di gestione francese.
Dott. Medecin, in che modo si muoveranno dunque le banche centrali?
Le banche centrali hanno giocato un ruolo chiave nel fornire ampia liquidità per evitare che una recessione innescata dalla necessità degli operatori di ridurre la leva finanziaria si trasformi in una vera e propria depressione. La crescita moderata ha consentito agli istituti centrali di mantenere politiche monetarie accomodanti più a lungo del solito, cosa che ha sostenuto l’azionario. Sarebbe tuttavia pericoloso pensare che le banche centrali continueranno a supportare i mercati finanziari a prescindere dai fondamentali. La recente ripresa dell’inflazione negli Stati Uniti potrebbe costituire il punto di svolta per una più rapida normalizzazione della politica monetaria americana.
Quindi, voi come vi state muovendo?
Nella nostra strategia di investimento globale cerchiamo di rimanere un passo avanti, in particolare per quanto riguarda il reddito fisso. Riteniamo che i tassi statunitensi siano sempre più vulnerabili agli shock, con la volatilità delle obbligazioni sovrane al minimo storico. Crediamo inoltre che il differenziale del credito statunitense rispetto alla liquidità sia sempre meno attraente. Per queste ragioni, stiamo lontani dal reddito fisso Usa. Dall’altra parte, l’Europa continua a offrire qualche interessante rendimento reale sui periferici, mentre le obbligazioni societarie del settore finanziario beneficiano di un trend pluriennale di riduzione della leva e del rischio e di introduzione di nuove regole.
E per quanto riguarda l’azionario?
Ci concentriamo sui temi strutturali dove il potenziale di guadagno non è correlato alle condizioni macroeconomiche. Per farle un esempio, posso citare il nostro tema dei “leader mondiali”, categoria alla quale dal nostro punto di vista sono riconducibili principalmente le società del Vecchio Continente dotate di forti bilanci e di potere di determinare i prezzi e in grado di sopportare un contesto economico più sfavorevole. O, ancora, il tema della crescita strutturale degli Stati Uniti, puntando dunque sui “sottotemi”, diciamo così, della rivoluzione energetica, della monetizzazione di Internet o dell’innovazione sanitaria. Manteniamo anche posizioni selettive sui mercati che appaiono a buon prezzo e ancora non troppo amati dagli investitori globali: è il caso del Giappone e dei mercati emergenti, area nella quale concentriamo le nostre partecipazioni sulla Cina, sull’India e sul Messico.
Infine, quale idea avete sulle materie prime e sulle valute?
Riguardo agli assai poco amati settori dei metalli e dei minerali, scorgiamo alcune ragioni per una visione più costruttiva che vada oltre le valutazioni attraenti. Per esempio, il governo cinese ha dimostrato di essere intenzionato a mantenere i suoi obiettivi di crescita in particolare sul fronte delle ferrovie e del social housing. Sulle valute, manteniamo la nostra preferenza relativa per il dollaro Usa, che dovrebbe beneficiare della graduale normalizzazione della politica monetaria negli Stati Uniti, e abbiamo aumentato la nostra esposizione allo yen. Consideriamo la nostra posizione sulla divisa giapponese un fattore di bilanciamento del rischio nella costruzione complessiva del portafoglio.
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“In futuro ci aspettiamo che i banchieri centrali abbiano un minore margine di manovra per contrastare i deludenti dati macro. Reattività e flessibilità saranno quindi fattori chiave per adattarsi a uno scenario più sfavorevole”. E’ questa l’opinione di Jean Médécin, membro del comitato investimenti di Carmignac Gestion, che contattiamo per capire come si sta regolando la società di gestione francese.
Dott. Medecin, in che modo si muoveranno dunque le banche centrali?
Le banche centrali hanno giocato un ruolo chiave nel fornire ampia liquidità per evitare che una recessione innescata dalla necessità degli operatori di ridurre la leva finanziaria si trasformi in una vera e propria depressione. La crescita moderata ha consentito agli istituti centrali di mantenere politiche monetarie accomodanti più a lungo del solito, cosa che ha sostenuto l’azionario. Sarebbe tuttavia pericoloso pensare che le banche centrali continueranno a supportare i mercati finanziari a prescindere dai fondamentali. La recente ripresa dell’inflazione negli Stati Uniti potrebbe costituire il punto di svolta per una più rapida normalizzazione della politica monetaria americana.
Quindi, voi come vi state muovendo?
Nella nostra strategia di investimento globale cerchiamo di rimanere un passo avanti, in particolare per quanto riguarda il reddito fisso. Riteniamo che i tassi statunitensi siano sempre più vulnerabili agli shock, con la volatilità delle obbligazioni sovrane al minimo storico. Crediamo inoltre che il differenziale del credito statunitense rispetto alla liquidità sia sempre meno attraente. Per queste ragioni, stiamo lontani dal reddito fisso Usa. Dall’altra parte, l’Europa continua a offrire qualche interessante rendimento reale sui periferici, mentre le obbligazioni societarie del settore finanziario beneficiano di un trend pluriennale di riduzione della leva e del rischio e di introduzione di nuove regole.
E per quanto riguarda l’azionario?
Ci concentriamo sui temi strutturali dove il potenziale di guadagno non è correlato alle condizioni macroeconomiche. Per farle un esempio, posso citare il nostro tema dei “leader mondiali”, categoria alla quale dal nostro punto di vista sono riconducibili principalmente le società del Vecchio Continente dotate di forti bilanci e di potere di determinare i prezzi e in grado di sopportare un contesto economico più sfavorevole. O, ancora, il tema della crescita strutturale degli Stati Uniti, puntando dunque sui “sottotemi”, diciamo così, della rivoluzione energetica, della monetizzazione di Internet o dell’innovazione sanitaria. Manteniamo anche posizioni selettive sui mercati che appaiono a buon prezzo e ancora non troppo amati dagli investitori globali: è il caso del Giappone e dei mercati emergenti, area nella quale concentriamo le nostre partecipazioni sulla Cina, sull’India e sul Messico.
Infine, quale idea avete sulle materie prime e sulle valute?
Riguardo agli assai poco amati settori dei metalli e dei minerali, scorgiamo alcune ragioni per una visione più costruttiva che vada oltre le valutazioni attraenti. Per esempio, il governo cinese ha dimostrato di essere intenzionato a mantenere i suoi obiettivi di crescita in particolare sul fronte delle ferrovie e del social housing. Sulle valute, manteniamo la nostra preferenza relativa per il dollaro Usa, che dovrebbe beneficiare della graduale normalizzazione della politica monetaria negli Stati Uniti, e abbiamo aumentato la nostra esposizione allo yen. Consideriamo la nostra posizione sulla divisa giapponese un fattore di bilanciamento del rischio nella costruzione complessiva del portafoglio.