Run the Park ha scritto:
Come ho scritto di là, sono abbastanza convinto che il segnale buono ce lo daranno gli states, la giornata di ieri è come se non ci fosse neanche stata..
di là???? dove? se ti riferisci al fol ... nun saccio nulla... bannata fui
allego articolo
http://www.smarttrading.it/default.asp?idContenuto=2685
Perché rimango bearish (I parte)
di Charlie Minter - 02/06/2006
Il rilascio da parte della Fed delle minute del FOMC del 10 maggio è un’ulteriore conferma della nostra visione secondo cui l’economia e i mercati sono intrappolati fra una potenziale inflazione, un rallentamento dell’economia e un dollaro debole, con gli squilibri economici e finanziari domestici e mondiali che fanno da cornice. Alcuni osservatori attribuiscono propositi macchiavellici alle dichiarate preoccupazioni da parte della Fed circa l’inflazione: il FOMC si starebbe semplicemente comportando da duro per dimostrare la propria reputazione antiinflazionistica allo scopo di poter sospendere il rialzo dei tassi questo mese. Altri temono che che la Fed non si fermerà, e che ulteriori rincari spingeranno l’economia in recessione. Secondo noi
i banchieri centrali non sanno davvero cosa devono fare, e a buon motivo. La Fed è intrappolata in un dilemma, e a prescindere da ciò che farà le conseguenze per l’economia e la borsa saranno altamente negative. Il commento che segue è più lungo del solito perché abbraccia tutte le tematiche discusse negli ultimi mesi.
Sia dal punto di vista fondamentale che dal punto di vista tecnico il mercato appare in una fase di transizione dalla fase rialzista a quella ribassista. Sul primo piano la borsa è influenzata dai timori di inflazione da un lato e da quelli di recessione dall’altro.
Vediamo prezzi dell’energia, delle materie prime industriali e dell’oro alle stelle, nel momento in cui il dollaro si indebolisce e il deflattore core della spesa personale per consumi si spinge a ridosso dell’estremo superiore della banda di tolleranza fissata dalla Fed.
E’ il caso di notare che un certo numero di compagnie ha annunciato che trasferirà sui prezzi finali gli incrementi di costi, e molte altre si accingono a fare altrettanto.
Allo stesso tempo alcuni settori fondamentali dell’economia mostrano segni di rallentamento, e potrebbe essere troppo tardi per evitare una recessione.
Il più importante di questi è ovviamente il settore immobiliare, sia per la sua caratteristica storica di anticipare l’economia, sia per le centinaia di miliardi di dollari estratti e impiegati per finanziare la spesa per consumi.
La vendita di case esistenti è caduta del 2% ad aprile ed è in calo del 5.7% rispetto ad un anno fa. La disponibilità mensile di abitazioni per la vendita è la più elevata da gennaio 1998. Sebbene la vendita di case di nuova costruzione sia salita ad aprile, rispetto ad ottobre esse sono in calo dell’11%, e il dato sulla disponibilità (per 5.8 mesi) è sui massimi degli ultimi dieci anni. Il NAHB Index, che misura l’ottimismo dei costruttori, è ai livelli più bassi da giugno 1995.
Uno dei leader del settore, la Ryland, ha annunciato che le vendite del secondo trimestre viaggiano del 35% sotto i livelli dello scorso anno, e ha tagliato le stime sugli utili per il trimestre e per l’intero anno. Un altro grosso operatore, la Toll Brothers, ha ridotto le stime di fatturato e utile, analogamente a quanto fatto da altri competitor negli ultimi due mesi. Il settore edile è probabile che rallenti ulteriormente in virtù della ridotta capacità di acquisto, dei tassi variabili in aumento, del venir meno di forme creative di finanziamento e della crescente cautela da parte dei potenziali compratori.
Un rallentamento o un calo dei prezzi delle abitazioni è probabile che abbia un marcato impatto sull’economia.
In assenza di vigorosi incrementi nelle retribuzioni durante l’attuale ciclo economico, i consumatori hanno impiegato il valore crescente delle case per mantenere invariata la capacità di spesa, abbattendo drasticamente il tasso di risparmio. Il valore è stato convertito in liquidità attraverso la compravendita degli immobili, il rifinanziamento dei mutui e i prestiti collegati alla casa. Un recente studio dello staff della Fed – che vede significativamente Greenspan fra i co-autori – stima che l’estrazione di ricchezza dal settore immobiliare conta per circa i quattro quinti del rialzo del debito ipotecario immobiliare. E stimano ulteriormente che da 1/4 ad 1/3 del cosiddetto mortgage equity withdrawals (MEW) ha finanziato direttamente la spesa per consumi personali. Altre stime collocano questo dato al 50 e anche al 60%.
Lo studio di Greenspan prosegue sottolineando che, qualora i tassi sui mutui dovessero salire e la capacità di acquistare abitazioni dovesse calare, il MEW scenderebbe e la conseguente caduta della spesa per consumi inciderebbe sulle importazioni di beni di consumo e sui prodotti intermedi. E stima che il MEW è stato di circa 600 miliardi di dollari nel 2004, pari al 7% del PIL, e che il MEW cumulato ha contato per l’intero calo del tasso di risparmio delle famiglie dal 1995 in poi. Altri studi indicano che similari ammontari sono stati interessati anche nel 2005.
Per cui è facile comprendere come uin calo dei prezzi delle abitazioni possa avere conseguenze seriamente negative per l’economia mondiale.
Negli ultimi anni questa è stata mantenuta insieme da un delicato equilibrio in cui i prezzi crescenti delle abitazioni americane ha sostenuto la spesa per consumi familiari che hanno sostenuto le importazioni dal resto del mondo e esasperato il deficit commerciale crescente degli Stati Uniti e il surplus commerciale del resto del mondo, in particolar modo di Cina e Giappone. Come è oramai ben noto, buona parte delle riserve valutarie accumulate sono state riciclate negli Stati Uniti in buona parte mediante l’acquisto di titoli di Stato, e ciò ha dato vita al cosiddetto “conundrum” di Greenspan di tassi a lunga scadenza inaspettatamente bassi. Questi tassi anomalmente bassi si sono riflessi in tassi sui mutui egualmente bassi e hanno gonfiato i prezzi delle abitazioni e consentito un riverbero positivo di cui hanno beneficiato sia gli Stati Uniti che i suoi partner commerciali.
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