Bruciata viva...


Un'altra che aveva denunciato.
"Denunciate, donne, denunciate"

A cosa serve?
Però aveva cancellato i messaggi/vocali/video su WA.
 

Un'altra che aveva denunciato.
"Denunciate, donne, denunciate"

A cosa serve?
In effetti me lo chiedo anch'io, lei aveva fatto la sua parte.
A dirla tutta forse una cosa non la doveva fare: frequentare un kosovaro mentre conviveva col padre della figlia...
Si sa che in certe culture la vita, soprattutto quella della donna, non ha un gran valore.
 
Ester Palmieri, 38 anni di Trento, madre di tre bambini bellissimi, voleva semplicemente separarsi.
Ed è quindi morta, uccisa dalla furia del marito che non era d'accordo e l'ha accoltellata, così come si macella una bestia.

Sembrava un uomo normale, ho letto da qualche parte, e invece era il solito uomo di merda: quello protetto dalle leggi e dalle istituzioni. Quello che non ha pietà dei figli. Quello che se lo denunci gli rovini la reputazione e ti porta in tribubale, luogo in cui gli viene concesso di continuare ad esercitare violenza. Quello che non ha remore nell'agire condotte abusanti nei confronti dei figli e di farlo per ritorsione. Quello che i figli li minaccia di uccidere la madre. E che poi lo fa.
Quello che però poi tutti a dire "eh ma lei era strana". Quello che ha la coda di amiche pronte a difenderlo. E gli amici pronti ad armarlo.

Insomma stasera ci sono tre bimbi a cui di colpo mancherà la mamma, la sua voce per sempre recisa da una lama, una vita spezzata di quel primissimo amore.

E una donna giovane, bellissima, un'altra, l'ennesima, di cui domani ci saremo già scordati, perché la violenza sulle donne è questa roba qui, di cui non importa a nessuno, che squarcia esistenze e lascia i bambini orfani e mutilati, sopravvissuti e condannati all'inferno, senza neppure un sussulto d'indignazione collettiva

Nel deserto politico e legislativo.
Ester è morta di violenza e di responsabilità collettiva: non ci sono più scuse.
 
“Avevo detto da tempo a mia figlia di allontanarsi da lui. Annalisa si lamentava spesso di questa relazione, ma non riusciva a mettere la parola fine a questo rapporto malato. Non riesco a comprendere le motivazioni che lo hanno spinto a commettere questo omicidio. Perché non è andato via da casa prima di commettere questo omicidio? Anzi, perché non si è ucciso lasciando stare mia figlia?”, sono le parole che il papà di Annalisa Rizzo, l'ultima vittima di femminicidio, ha pronunciato davanti alle telecamere.

Quarantatré anni, accoltellata a morte nella casa dove dormiva la figlia di tredici anni, dall'uomo dal quale si stava separando. Stesso copione di sempre: la separazione, la depressione, l'aggressione letale nel calore delle mura domestiche, dove ci sono i figli, il coltello rivolto per l'ultima volta contro se stesso dall'autore di questo massacro, Vincenzo Carnicelli, che ha deciso di cancellare tutto con una lama. Il dolore, la vita, i ricordi, i progetti futuri, la felicità di sua figlia, tutto. Lo scenario, Agropoli. Lui di professione pizzaiolo. Annalisa, invece, lavorava in banca. Per i vicini e i conoscenti una coppia normale e lui una persona per bene, un padre 'esemplare'. Ma a chi era più vicino, come i genitori di Annalisa questo rapporto appariva 'malato', tanto da incoraggiare la figlia a mettervi fine. Anche questa volta non siamo arrivati in tempo, anche questa volta il rischio è stato sottovalutato dalla vittima per prima, anche questa volta, dobbiamo chinare il capo e accettare di non aver potuto cambiare niente.
 

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