“Avevo detto da tempo a mia figlia di allontanarsi da lui. Annalisa si lamentava spesso di questa relazione, ma non riusciva a mettere la parola fine a questo rapporto malato. Non riesco a comprendere le motivazioni che lo hanno spinto a commettere questo omicidio. Perché non è andato via da casa prima di commettere questo omicidio? Anzi, perché non si è ucciso lasciando stare mia figlia?”, sono le parole che il papà di Annalisa Rizzo, l'ultima vittima di femminicidio, ha pronunciato davanti alle telecamere.
Quarantatré anni, accoltellata a morte nella casa dove dormiva la figlia di tredici anni, dall'uomo dal quale si stava separando. Stesso copione di sempre: la separazione, la depressione, l'aggressione letale nel calore delle mura domestiche, dove ci sono i figli, il coltello rivolto per l'ultima volta contro se stesso dall'autore di questo massacro, Vincenzo Carnicelli, che ha deciso di cancellare tutto con una lama. Il dolore, la vita, i ricordi, i progetti futuri, la felicità di sua figlia, tutto. Lo scenario, Agropoli. Lui di professione pizzaiolo. Annalisa, invece, lavorava in banca. Per i vicini e i conoscenti una coppia normale e lui una persona per bene, un padre 'esemplare'. Ma a chi era più vicino, come i genitori di Annalisa questo rapporto appariva 'malato', tanto da incoraggiare la figlia a mettervi fine. Anche questa volta non siamo arrivati in tempo, anche questa volta il rischio è stato sottovalutato dalla vittima per prima, anche questa volta, dobbiamo chinare il capo e accettare di non aver potuto cambiare niente.