BUnd, Bond e la bbband degli energumeni canuti VM13 (1 Viewer)

Metatarso

Forumer storico
il 30% delle esportazioni Mondiali dipende dagli usa
in forma diretta , un altro 25-30 in forma indiretta
dipende sempre dagli omini a stelle e strisce ,
infatti entrati in crisi loro e con il calo dei consumi ( loro) ancora per gran parte solo sulla carta
tutto il Mondo sta entrando in una bella recessione

dici che è interesse di cina , giappone e la parte sana del Sud America riscrivere ORA il Mondo ?
o non cercheranno invece di tirar fuori le gambette
con accordi bilaterali e triangolari proprio con gli Usa ?
ah certo, tutto il mondo è cresciuto con il consumo USA, finanziato col debito, ecc ecc...
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino, mio padre comprò....
E alla fiera dell'est, per due soldi, un T-bond, il fondo sovrano comprò...

c'è da iniziare a chiedersi ,
in un mondo futuro , noi Euro a cosa serviamo ?
cosa possiamo offrire ?
se la risposta è zero , credo sarà meglio sperare
di poter saltare dalla nostra valuta in investimenti
extrazone in tempo prima del
:titanic:
Saltare dove ? generals, non farti domande del qazz, che sai già la risposta
Abbiamo il qulo di essere in un'oasi monetaria dove la Bundesbank-BCE non vuole sputtanare la moneta come stanno facendo le altre banche centrali.
Stringere le chiappe oggi, che domani sarà un giorno migliore per noi. E peggiore per UK ed USA. :rolleyes:
 

PILU

STATE SERENI
CRISI AUTO: Casa Bianca, bancarotta controllata tra "spettro di opzioni"
trasparente.gif
CRISI AUTO: Casa Bianca, economia non puo' sostenere collasso settore


vediamo chi ha più fantasia ... cosa si inventeranno ?
 

Zen lento

Forumer attivo
Beh, se lo dicono loro ..che i BTO ora sono interessanti ....:rolleyes:

Btp italiani lunghi, ora valgono il rischio

JC&Associati (www.jcassociati.it)

La settimana scorsa ci siamo occupati dei motivi del calo dei CCT, stavolta invece vogliamo approfondire le motivazioni e le implicazioni del sempre maggiore divario di rendimento (“spread”) tra i titoli di Stato italiani e quelli dei paesi più “virtuosi” dal punto di vista del debito, come Germania, Francia e Olanda.Come già accennato settimana scorsa, il crescente “spread” richiesto dal mercato non ha allarmato più di tanto i risparmiatori investiti in BTP, in quanto è stato pressoché totalmente compensato dal calo dei tassi di interesse.
In generale però, il calo delle quotazioni dei CCT e l’aumento dello “spread” di rendimento dei BTP, segnala una sempre minore fiducia degli investitori nel merito di credito dello Stato italiano, nonostante l’appartenenza all’euro.
Come mostra questo grafico, da quando l’Italia è entrata nell’area euro mai il differenziale di rendimento era stato così elevato, segno che la “sfiducia” dei mercati è ai massimi degli ultimi 10 anni.

Come molte volte sottolineato nei nostri report, la riduzione del differenziale di rendimento tra titoli italiani e quelli di altri paesi si è sempre giustificata nella convinzione che nessun paese appartenente all’area euro verrebbe fatto “saltare”, poiché tutta l’area ne subirebbe le gravi conseguenze.
Fino a qualche mese fa i mercati hanno continuato a ritenere scontato un intervento dell’Europa a sostegno di un eventuale Paese in crisi, assegnando quindi a tutti i paesi che hanno aderito all’euro una sorta di “garanzia implicita” della BCE. Giova ricordare che questa “garanzia” non è ufficializzata in nessun trattato o documento ufficiale dell’Unione Europea, si tratta quindi di pure congetture dei mercati finanziari.
Data l’importanza del movimento, che non può essere giustificato da inefficienze di mercato (quello dei titoli di Stato è l’unico mercato obbligazionario a mantenere un’efficienza elevata), si deve concludere che l’aumento dello “spread” con i titoli tedeschi e francesi rappresenti effettivamente l’opinione di una maggiore probabilità che lo Stato italiano possa dichiarare insolvenza.
A questo riguardo si può quantificare la probabilità di insolvenza attraverso la quotazione dei Credit default swap sull’Italia (per maggiori informazioni su questi strumenti si vedano i nostri report del 11 luglio 2007 e 27 agosto 2008). I dati di mercato assegnano una probabilità di insolvenza di circa il 6% entro il 2010 e di quasi il 20% entro i prossimi 10 anni; percentuali non certo insignificanti considerando che l’Italia rimane pur sempre uno dei 7 paesi maggiormente industrializzati del mondo.
Inoltre, l’appartenenza all’euro rimane comunque un elemento da considerare; a nostro parere infatti non è pensabile l’insolvenza di un paese come l’Italia all’interno della valuta europea. Nelle percentuali di insolvenza segnalata in precedenza quindi è implicito uno scenario che stravolgerebbe gli assetti finanziari (e non solo) di tutta l’Europa, con il fallimento del progetto della valuta unica iniziato nel 1998.
E’ difficile a nostro parere pensare ad uno scenario così drastico (e diciamolo sinceramente, catastrofico) come lo sfaldamento del progetto della valuta unica, senza una reazione delle autorità europee e degli altri paesi aderenti all’euro.
Anche nella peggiore delle eventualità quindi, quella di un reale rischio di insolvenza per l’Italia, lo scenario più probabile sarebbe quello di un intervento congiunto delle autorità internazionali (Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea, ecc.) a sostegno della situazione finanziaria. Questo sostegno sarebbe certamente legato a condizioni molto stringenti sulla politica fiscale e monetaria, con pesanti ricadute sull’economia reale domestica, ma consentirebbe probabilmente di evitare il default sul debito e scenari di tipo “argentino”.
In conclusione, se per anni abbiamo sconsigliato di investire in BTP a lunga scadenza (quando i redimenti erano di pochi centesimi di punto percentuale superiori ai titoli tedeschi e francesi), adesso, con quasi 1,5 punti percentuali di rendimento in più (che potrebbero diventare 2 nelle prossime settimane), il rapporto rischio/rendimento ci sembra cominci a diventare più accettabile, non tanto per la situazione finanziaria dell’Italia (tanto più preoccupante a causa della forte recessione economica), quanto per l’appartenenza del nostro paese all’Unione Europea e all’euro che, pur in mancanza di impegni ufficiali, consente comunque al nostro paese di godere di un “ombrello” (seppure non ufficiale) di protezione.
 

Metatarso

Forumer storico
Beh, se lo dicono loro ..che i BTO ora sono interessanti ....:rolleyes:

Btp italiani lunghi, ora valgono il rischio

JC&Associati (www.jcassociati.it)

La settimana scorsa ci siamo occupati dei motivi del calo dei CCT, stavolta invece vogliamo approfondire le motivazioni e le implicazioni del sempre maggiore divario di rendimento (“spread”) tra i titoli di Stato italiani e quelli dei paesi più “virtuosi” dal punto di vista del debito, come Germania, Francia e Olanda.Come già accennato settimana scorsa, il crescente “spread” richiesto dal mercato non ha allarmato più di tanto i risparmiatori investiti in BTP, in quanto è stato pressoché totalmente compensato dal calo dei tassi di interesse.
In generale però, il calo delle quotazioni dei CCT e l’aumento dello “spread” di rendimento dei BTP, segnala una sempre minore fiducia degli investitori nel merito di credito dello Stato italiano, nonostante l’appartenenza all’euro.
Come mostra questo grafico, da quando l’Italia è entrata nell’area euro mai il differenziale di rendimento era stato così elevato, segno che la “sfiducia” dei mercati è ai massimi degli ultimi 10 anni.

Come molte volte sottolineato nei nostri report, la riduzione del differenziale di rendimento tra titoli italiani e quelli di altri paesi si è sempre giustificata nella convinzione che nessun paese appartenente all’area euro verrebbe fatto “saltare”, poiché tutta l’area ne subirebbe le gravi conseguenze.
Fino a qualche mese fa i mercati hanno continuato a ritenere scontato un intervento dell’Europa a sostegno di un eventuale Paese in crisi, assegnando quindi a tutti i paesi che hanno aderito all’euro una sorta di “garanzia implicita” della BCE. Giova ricordare che questa “garanzia” non è ufficializzata in nessun trattato o documento ufficiale dell’Unione Europea, si tratta quindi di pure congetture dei mercati finanziari.
Data l’importanza del movimento, che non può essere giustificato da inefficienze di mercato (quello dei titoli di Stato è l’unico mercato obbligazionario a mantenere un’efficienza elevata), si deve concludere che l’aumento dello “spread” con i titoli tedeschi e francesi rappresenti effettivamente l’opinione di una maggiore probabilità che lo Stato italiano possa dichiarare insolvenza.
A questo riguardo si può quantificare la probabilità di insolvenza attraverso la quotazione dei Credit default swap sull’Italia (per maggiori informazioni su questi strumenti si vedano i nostri report del 11 luglio 2007 e 27 agosto 2008). I dati di mercato assegnano una probabilità di insolvenza di circa il 6% entro il 2010 e di quasi il 20% entro i prossimi 10 anni; percentuali non certo insignificanti considerando che l’Italia rimane pur sempre uno dei 7 paesi maggiormente industrializzati del mondo.
Inoltre, l’appartenenza all’euro rimane comunque un elemento da considerare; a nostro parere infatti non è pensabile l’insolvenza di un paese come l’Italia all’interno della valuta europea. Nelle percentuali di insolvenza segnalata in precedenza quindi è implicito uno scenario che stravolgerebbe gli assetti finanziari (e non solo) di tutta l’Europa, con il fallimento del progetto della valuta unica iniziato nel 1998.
E’ difficile a nostro parere pensare ad uno scenario così drastico (e diciamolo sinceramente, catastrofico) come lo sfaldamento del progetto della valuta unica, senza una reazione delle autorità europee e degli altri paesi aderenti all’euro.
Anche nella peggiore delle eventualità quindi, quella di un reale rischio di insolvenza per l’Italia, lo scenario più probabile sarebbe quello di un intervento congiunto delle autorità internazionali (Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea, ecc.) a sostegno della situazione finanziaria. Questo sostegno sarebbe certamente legato a condizioni molto stringenti sulla politica fiscale e monetaria, con pesanti ricadute sull’economia reale domestica, ma consentirebbe probabilmente di evitare il default sul debito e scenari di tipo “argentino”.
In conclusione, se per anni abbiamo sconsigliato di investire in BTP a lunga scadenza (quando i redimenti erano di pochi centesimi di punto percentuale superiori ai titoli tedeschi e francesi), adesso, con quasi 1,5 punti percentuali di rendimento in più (che potrebbero diventare 2 nelle prossime settimane), il rapporto rischio/rendimento ci sembra cominci a diventare più accettabile, non tanto per la situazione finanziaria dell’Italia (tanto più preoccupante a causa della forte recessione economica), quanto per l’appartenenza del nostro paese all’Unione Europea e all’euro che, pur in mancanza di impegni ufficiali, consente comunque al nostro paese di godere di un “ombrello” (seppure non ufficiale) di protezione.
beh, io sono mesi che lo sto dicendo... :rolleyes:
grazie per la segnalazione, mo' gli chiedo le royalties :lol:
 

Zen lento

Forumer attivo
Scusa Meta, forse non ho capito bene, ma tu, come investitore "ora" consiglieresti di acquistare BTP italiani a lunga scadenza ad un conterraneo ?
 

Metatarso

Forumer storico
Scusa Meta, forse non ho capito bene, ma tu, come investitore "ora" consiglieresti di acquistare BTP italiani a lunga scadenza ad un conterraneo ?
:eek: no ti prego... non ho voglia di scriverlo di nuovo... :D :help:
Io non ho niente di BTP troppo lunghi, perchè la BCE non mi sembra intenzionata a fare il quantitative easing come la FED...
 

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