Oggi la distanza Unicredit e Tesoro al tavolo della trattativa su Mps può essere sintetizzata in un numero: 2 miliardi. Le controparti stanno provando a convergere sull'importo della dote necessaria per mandare in buca il deal, ma l'accordo non può ancora dirsi raggiunto.
Se infatti complessivamente il ministero dell'Economia è disposto a mettere sul piatto fino a 6,5 miliardi tra sconto fiscale, innalzamento del capitale di classe uno, oneri di ristrutturazione, incremento delle coperture sui crediti in bonis e ricapitalizzazione di Amco per l'acquisto degli npe, per piazza Gae Aulenti l'asticella è fissata in area 8,5 miliardi. Tradotto: ballano 2 miliardi, appunto. Il costo per la messa in sicurezza dell'attivo non si discosta eccessivamente dalle previsioni iniziali, mentre sembra che la voce lievitata maggiormente negli ultimi 80 giorni sia quella relativa al costo degli esuberi. Per le uscite previste Unicredit stima infatti un costo complessivo fino a 3,5 miliardi, importo che supera di oltre un miliardo quanto il Tesoro è disposto a mettere sul piatto. Tanto più che, si osserva a Roma, con una spesa media a carico del Fondo di Solidarietà di 200 mila euro per dipendente i 7 mila esuberi ventilati dovrebbero costare meno della metà della cifra chiesta da Unicredit. Ai vertici della banca milanese però la richiesta viene giustificata alla luce della bassa età media dei dipendenti Mps e della necessità di mettere in campo scivoli di durata superiore a quella consueta, arrivando fino a 7 anni. Non sembra comunque che l'ombrello pubblico possa essere esteso a esuberi di personale Unicredit, come inizialmente ipotizzato.
Quanto agli accordi commerciali, il Tesoro non sembra disponibile ad accollarsi le penali per la disdette, che solo nel caso di Axa potrebbero ammontare a un miliardo. Lo scioglimento di tali accordi infatti, si sotstiene al Mef, sarà una scelta autonoma del nuovo proprietario.