La probabilità che sia Mosca a fare la prima mossa sta aumentando», aveva detto pochi giorni fa Alexandra Prokopenko, ex funzionaria della Banca di Russia e attuale collaboratrice del Carnegie Endowment for International Peace.
E la «prima mossa» è arrivata, oggi. Un segnale, al momento. Certificato da un comunicato — tutt'altro che asettico — firmato da Gazprom.
La compagnia statale russa ha messo in allerta l'Europa sulla quantità di gas inviata attraverso il
Nord Stream 1, il gasdotto che trasporta 200 milioni di metri cubi al giorno (tre volte più del secondo),
annunciando un taglio del 40 per cento.
Gazprom indica anche quella che considera la ragione della riduzione: «Siemens, che ha smesso di operare in Russia, non ha inviato i pezzi di ricambio» necessari: «Al momento, dunque, solo tre compressioni possono essere utilizzati alla stazione di Portovaya, e ciò che possono fare è pompare 100 metri cubi di gas al posto dei 167 programmati».
In altre parole:
la Russia sostiene che il taglio delle forniture è causato dalle sanzioni occidentali.
A rendere possibile — per le casse russe — un «taglio» di questo tipo è il fatto che Mosca ha incassato il 90 per cento in più di entrate fiscali a causa dell'aumento dei prezzi: e può dunque permettersi, al momento, di limitare le forniture all'Europa, per vendicarsi delle sanzioni.
Gazprom ha annunciato che ridurrà da 167 a 100 i milioni di metri cubi di gas inviati all'Europa attraverso il gasdotto Nord Stream 1: e ha accusato le sanzioni che le avrebbero impedito di avere i pezzi di ricambio necessari
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