Certificati di investimento - Cap. 5

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La provocazione era un'altra. I grandi marchi del lusso hanno riportato buoni numeri, la moda economica pessimi. A me pare l'ennesimo segnale che la forbice benestanti - persone che devono far quadrare i conti si sta allargando, ma da mesi mi è chiaro che per certi (che di sicuro non fanno parte della seconda categoria) questi non sono segnali preoccupanti.
Sul certificato... l'avevo in WL fino all'apertura. Vista la pessima giornata di H&M, l'ho subito battezzato come "nessuna possibilità di rimborso" e depennato perché al momento non mi interessano prodotti da cassettare...
ogni allusione a persone e cose è puramente casuale :D:D:D:D
Comunque almeno io non la vedo come immagini o come possa sembrare leggendo dei messaggi su in forum. Personalmente sono stato sempre orientato verso le fasce deboli, il sostegno sociale, la riduzione delle disuguaglianze, l’inclusione sociale e il migliorare le condizioni di vita delle fasce deboli.
Sono anche convinto che in questa fase purtroppo quelli che soffrono e pagano il costo maggiore di questa fase di contrazione e inflazione sono le fasce piu povere che inevitabilmente si vedono aumentare la quantità di famiglie che entrano in questa fascia sociale.
Io ho una visione su come ottenere dei miglioramenti un po diversa, questo si. Prima di tutto per me è fondamentale alimentare la FIDUCIA, che chiaramente spinge chi PUÓ a essere piu propenso alla spesa e ai consumi, che se vanno bene significa che le aziende crescono e possono assumere, e migliorare le condizioni dei lavoratori, se aumentano i lavoratori aumentano ancora di più i consumi e si alimenta sempre di più il sistema favorendo chiaramente anche e soprattutto le fasce meno protette. Per me è solo lo sviluppo economico che puó migliorare le condizioni di tutti. Per me quindi ben vengano tutte le leggi che agevolano il commercio, che lo rendono snello e libero da paletti e complicazioni, che facilitano lo sviluppo imprenditoriale senza un mare di regole capestri e retrograde, oltre che bigotte. Le fasce deboli non si aiutano compiacendole ma favorendo le condizioni perchè l’economia possa liberamente esprimersi.
 
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No, ma sinceramente non pensavo a te...
Forse stai pensando all'ISTAT??

Nel 2022 si stima che l’insieme delle politiche sulle famiglie abbia ridotto la diseguaglianza (misurata dall’indice di Gini) da 30,4% a 29,6%, e il rischio di povertà dal 18,6% al 16,8%.

Le stime includono gli effetti dei principali interventi sui redditi familiari adottati nel 2022: (i) la riforma Irpef; (ii) l’assegno unico e universale per i figli a carico; (iii) le indennità una tantum di 200 e 150 euro, i bonus per le bollette elettriche e del gas; (iv) l’anticipo della rivalutazione delle pensioni.

La riforma dell’Irpef, l’assegno unico e gli altri interventi hanno ridotto il rischio di povertà per le famiglie con figli minori, sia coppie (-4,3 p.p.), sia monogenitori (-4,2 p.p.), soprattutto in seguito all’introduzione dell’assegno unico. Per le famiglie monocomponenti (-2,1p.p.) e per gli ultrasessantacinquenni soli (-1,3p.p.) la riduzione è dovuta prevalentemente ai bonus e all’anticipo della rivalutazione delle pensioni. Per le famiglie senza figli o solo con figli adulti il rischio di povertà rimane quasi invariato o aumenta lievemente.

L’assegno unico ha determinato, nel 2022, una riduzione del rischio di povertà di 3,8 punti percentuali per i giovani da 0 a 14 anni, di 2,5 per quelli da 15 a 24 anni e di 2,4punti percentuali per gli individui nella classe di età fra i 35 e i 44 anni. Se si considerano anche le altre politiche, la riforma Irpef, i bonus e la rivalutazione delle pensioni, il rischio di povertà si riduce ulteriormente per tutte le classi di età al di sopra dei 24 anni.

La riforma dell’Irpef ha dato luogo a una diminuzione delle aliquote medie effettive pariall’1,5% per l’intera popolazione, con riduzioni più accentuate nei tre quinti di famiglie con redditi medi e medio-alti. Fra le famiglie che migliorano la propria situazione, il beneficio medio risulta meno elevato nel quinto più povero della popolazione, caratterizzato dalla presenza di contribuenti con redditi inferiori alla soglia della no-tax area, esenti da imposta.
 
No, ma sinceramente non pensavo a te...
O forse stai pensando alla Banca d'Italia?

Le indagini della Banca d’Italia confermano che “gli indici statistici non mostrano né un aumento della diseguaglianza né una scomparsa della classe media”, sottolinea Andrea Brandolini, vice capo del dipartimento economia e statistica che studia da trent’anni la distribuzione della ricchezza e non è d’accordo con le conclusioni pauperistiche del celebrato Thomas Piketty. L’Economist scrive che in Italia dal 2000 ad oggi professionisti e manager sono passati dal 34 al 44 per cento del totale degli occupati, una espansione trainata dai servizi e dalle nuove tecnologie, ma forte anche nell’industria manifatturiera (dal 29 al 35 per cento), nel commercio (dal 12 al 15 per cento). Anche gli odierni allarmi sulla nuova rovinosa recessione sono quanto meno prematuri, negli Stati Uniti l’occupazione continua a correre, in Italia supera il 60 per cento e raggiunge una quota record dal 1977, quando l’Istat ha cominciato a misurarla. Alla crescita dei posti di lavoro fa da pendant una caduta dei redditi e della posizione sociale? I dati non lo dimostrano.
 
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