«Non si tratta di denazificazione e salvaguardia della sicurezza nazionale russa, ma di un paese di tradizione autoritaria che segue la legge della giungla e la logica della giungla, minacciando e distruggendo libertà e pace». La guerra di Vladimir Putin viene raccontata così non da un funzionario della Casa Bianca ma dalla studiosa Su Xiaoling sullo stesso sito cinese che pochi giorni fa aveva pubblicato un articolo in cui Hu Wei, vicepresidente di un istituto di ricerca associato al Consiglio di Stato, criticava direttamente la Russia e indirettamente la posizione ambigua della Cina. Il documento congiunto firmato da Putin e Xi Jinping il 4 febbraio scorso sentenziava che tra Mosca e Pechino esiste un'amicizia "senza limiti". Ora però la (presunta) alleanza forse sta scoprendo di avere dei confini. Lo ha d'altronde affermato l'ambasciatore cinese a Washington, Qin Gang, individuando questi limiti «nei principi della Carta delle Nazioni Unite». Parole arrivate in concomitanza con altri segnali interessanti: il no di Janet Yellen a sanzioni a Pechino e il blocco di due progetti in Russia da parte del colosso statale cinese Sinopec.