Corriere della Sera 23/11/18
Costruttori in crisi, lavori a rilento Anas annulla contratti per 600 milioni
di Fabio Savelli
Da Condotte a Cmc, i gruppi in difficoltà finanziaria. Il rinvio di 1,8 miliardi al 2020
Novembre 2018, cantieri fermi in tutta Italia. La lista dei costruttori in crisi si allunga ogni giorno di più risparmiando solo Salini-Impregilo in un settore che contribuisce al 10% del Pil e occupa quasi 50 mila addetti. È scivolata in amministrazione straordinaria Condotte, è in concordato Astaldi. Come Grandi Lavori Fincosit che partecipa ai lavori dell' alta velocità ferroviaria Milano-Genova. Ha appena fatto domanda la Mantovani impegnata nel Mose, sono in situazione di forte stress finanziario Cmc Ravenna, che ha congelato il rimborso di due obbligazioni costringendo il socio di riferimento Lega Coop all' aumento di capitale.
Come Trevi Finanziaria che suscita più di qualche grattacapo all' azionista parapubblico Cassa Depositi chiamato a sottoscrivere la ricapitalizzazione. Il disallineamento dei flussi di cassa tra le risorse pubbliche destinate alle opere e gli investimenti dei privati per eseguirle - dettato anche dai ritardi con cui le amministrazioni danno il via libera all' esecuzione delle gare - sta mettendo in ginocchio l' intero comparto. Dietro l' angolo ci sono pesanti ripercussioni sociali con i sindacati edili in stato di perenne agitazione per evitare procedure di licenziamento collettivo.
In filigrana ci sono ancora altri due corollari: 1) Gli istituti bancari sono in fibrillazione con i loro esperti di ristrutturazioni chiamati a confrontarsi con i direttori finanziari delle aziende e i loro consulenti. Sono esposti con i general contractor per oltre dieci miliardi di euro, ma è una stima al ribasso perché non tiene conto delle migliaia di micro-imprese in subappalto che rischiano di andare fuori mercato se salta una sola commessa; 2) I più grandi, come Astaldi indebitata per quasi 3 miliardi considerando le pendenze verso i fornitori, hanno preso diversi appalti anche all' estero contro-garantiti da Sace, controllata da Cdp, che rischia di avere pesanti minusvalenze a bilancio.
L' esito complessivo è il blocco quasi totale delle grandi opere, certificato da Anas, la maggiore stazione appaltante del Paese con Rfi, controllata di Fs. Negli ultimi 12 mesi ha sciolto contratti con le imprese per 600 milioni di euro, ma rischia di incartarsi in una serie di contenziosi con le aziende se dovesse proseguire con questa politica.
Senza contare i costi di ricantierizzazione per i costruttori che dovessero subentrare, quantificabili in un 20% in più in media.
Diverse fonti registrano una concausa decisiva. I processi autorizzativi per le nuove opere sono stati lentissimi.
Il contratto di programma 2016-2020 dell' Anas è slittato per quasi due anni a causa del lungo braccio di ferro tra il ministero delle Infrastrutture e quello delle Finanze per il calcolo del corrispettivo. Così non sorprende la decisione del governo Conte: ha spostato 1,8 miliardi di euro per investimenti in infrastrutture stradali dal 2019 all' anno successivo. I cantieri sono fermi ovunque e non ha senso usarli subito nonostante si tratti di risorse già preventivate dal precedente esecutivo. Nella nota di aggiornamento al Def però questo governo ha inserito un' ottimistica previsione di investimenti per 150 miliardi nei prossimi 15 anni. Rischia di essere utopia.