CREDERE NON E' FiDARSI. AMARE NON E' SOPPORTARE. ACCONTENTARSI NON E' VIVERE.

Il Giappone è in recessione per la seconda volta in due anni. I dati diffusi da Tokyo registrano che tra luglio e settembre il pil è sceso dello 0,8 per cento. Nel secondo trimestre del 2015 il pil era calato dello 0,2 per cento
 
Car, di politici comici ne abbiamo avuti e ne abbiamo ancora delle vagonate......di comici politici......quasi nessuno.
 
Ventiquattr’ore prima di Parigi, il gruppo Stato islamico colpiva Beirut senza suscitare altrettanta solidarietà internazionale con le vittime. C’è di che interrogarsi sui motivi di questa differenza nella percezione dei due eventi.
Nei giornali c’è una nota legge secondo la quale due morti in un incidente nella metro a Parigi o a Londra pesano più di cento morti in un incidente ferroviario all’altro capo del mondo, per esempio in India o in Bolivia.
È una legge cinica, ma che il direttore del Tg delle otto conosce perfettamente: il telespettatore europeo s’identificherà di più con l’europeo che ha il suo stesso stile di vita che con l’abitante di Bombay, benché anche quest’ultimo prenda i mezzi per andare al lavoro.
Applicata al terrorismo, questa legge conosce qualche variante che dimostra come quelle che da noi sono considerate “emozioni collettive a livello planetario” siano in realtà emozioni a geometria variabile. Alla borsa delle emozioni non tutte le vittime del terrorismo si equivalgono, e i terroristi l’avevano capito perfettamente quando hanno preso di mira Parigi e i suoi abitanti.



Il giorno prima di Parigi, lo stato islamico colpiva a Beirut e più precisamente il quartiere sciita di Borj el Barajneh, facendo 43 morti e 239 feriti. Si è trattato dell’attentato più cruento, commesso nella capitale libanese da oltre vent’anni. Eppure non ha suscitato la stessa emozione degli attentati messi a segno dagli stessi autori a Parigi ventiquattr’ore ore più tardi. Niente monumenti illuminati con l’effigie di un cedro, niente foto listate a lutto sui profili dei social network, niente veglie a lume di candela ai quattro angoli della Terra. Anzi, l’attentato di Beirut è stato rapidissimamente oscurato da quelli di Parigi, senza precedenti per portata e per modus operandi, e terrificanti per la freddezza con cui sono stati condotti.
 
Fiumi di parole, ma che parole, solo tanti bla bla bla bla bla sugli islamici e non riusciamo o meglio, non vogliamo controllare neppure questi. Cominciamo da qui a mettere ordine e fare pulizia.

La giornalista Nausica Della Valle è rimasta infatti bloccata all'interno di un bar nel quartiere di Centocelle, a Roma, a causa di un gruppo di centri sociali che hanno fatto irruzione nel locale.
"Durante la diretta con il programma di Retequattro una cinquantina di persone ha inveito contro la giornalista e i suoi ospiti, abitanti della zona, insultandoli e obbligandoli a interrompere il collegamento", dicono dal programma. La Della Valle ha poi atteso l'intervento delle forze dell'ordine.
 
Deprimente leggere questo articolo.

A due settimane dalla chiusura di Expo, sono parecchi gli imprenditori, soprattutto del nord Italia, che devono ancora essere liquidati e che sono rimasti intrappolati nel sistema di sub appalti e appaltini. Sì, è vero, Expo ha portato lavoro alle imprese. Peccato che non sempre siano arrivati anche i compensi. È il caso delle due super potenze Usa e Russia che, a quanto pare, temporeggiano. E mentre smontano i due padiglioni lungo il Decumano, rimandano le date di pagamento dei fornitori. Ad aprile hanno promesso mari e monti agli imprenditori edili, pur di arrivare pronti all'inaugurazione del primo maggio. Ora invece se la prendono comoda. E fanno gestire la questione dalle ambasciate.
Clamoroso il caso del padiglione Russia, che deve oltre un milione di euro a nove aziende, tre delle quali nella provincia di Treviso. Nei guai per il maxi ammanco sono la Sech Costruzioni di Refrontolo, l'Idealiste di Susegana, la Mia Infissi di Miane e con loro la marchigiana Catena Services, Coiver Contract, GesCoMont, Elios Ambiente, Vivai Mandelli, Sforazzini. Ovviamente i titolari, finché non intascano i compensi, non riescono a pagare a loro volta né tecnici né operai e l'arretrato si sta facendo consistente.A rompere gli indugi è stata l'azienda marchigiana: il suo titolare si è presentato al padiglione con l'ufficiale giudiziario e ha preteso il sequestro di alcuni beni. Ed ecco che, proprio in fase di smantellamento del padiglione, ai russi è arrivata l'istanza di pignoramento. La Russia ha cercato di aggrapparsi a qualche scusa per non aprire il portafoglio: ha contestato il modo in cui erano stati effettuati gli impianti elettrici e anti incendio, ha sollevato critiche sulla struttura portante. Ma una perizia depositata al tribunale di Milano certifica che «le opere eseguite sono state realizzate a regola d'arte». Quindi non ci sono più alibi e i lavori vanno pagati.
E poi c'è il caso del padiglione Usa. Pare che tra i fornitori e gli «Amici del padiglione Usa», la società no profit che ha gestito lo spazio, la situazione sia ancora tesa. Dopo la chiusura di Expo sul piatto sono rimasti arretrati per quasi 20 milioni. Gli imprenditori italiani lamentano la strategia a stelle e strisce: aver privilegiato il pagamento dei fornitori che hanno tenuto aperto il padiglione a discapito di quelli che hanno concluso i lavori per primi.Amara anche la storia del padiglione del Nepal.
Alla fine di aprile, quando il Paese fu colpito dal terremoto, molti operai nepalesi al lavoro a Expo furono costretti a tornare a casa, rischiando di lasciare a metà l'opera. Scattò una gara di solidarietà per aiutare le autorità nepalesi a completare il padiglione. Ma, accanto a tanti volontari, intervennero anche parecchi operai specializzati bresciani. Che aspettano ancora il proprio compenso. Dietro al padiglione non c'è la repubblica asiatica ma c'è un imprenditore che in passato ha investito nel costruzione di templi e che di sicuro ad Expo non ci ha rimesso soldi.
Ormai risolto il caso di Palazzo Italia. Dopo un lungo braccio di ferro, hanno fatto dietrofront le società che avevano vinto l'appalto per la gestione degli eventi del padiglione italiano e oggi sarà firmato l'accordo: pagheranno i salari arretrati di giugno a 90 dipendenti dopo che Expo spa si era detta pronta ad accollarsi l'onere. Hostess e steward erano rimasti vittima di un intricato passaggio di responsabilità tra le diverse società che si sono alternate nella gestione degli spazi espositivi italiani.
 
Porte aperte alla Renault......

È molto facile fare l'equazione rifugiati uguale attentatori» dice il premier Matteo Renzi a margine del summit che si è chiuso ieri Antalya in Turchia, convinto che «se vogliamo aiutarli a casa loro dobbiamo farlo, non basta dirlo».

Ma è un dato di fatto che, mentre in Francia e in Europa aumenta l'allarme per possibili nuovi attacchi, la «porta» marittima del vecchio continente continua ad essere praticamente spalancata a chiunque.Ieri mattina al porto greco del Pireo sono sbarcati altri 5000 profughi siriani, giunti nelle ultime ore nelle isole di Mitilini e Chios.
Il rischio di contaminazioni jihadiste nell'Egeo è oggettivamente elevatissimo, dal momento che la maggior parte di loro hanno perso i documenti in mare e possono benissimo dichiarare di essere chiunque senza alcun bisogno di riscontro.

Tra l'altro il fil rouge che lega una delle mani stragiste di Parigi alla Grecia è rappresentato proprio dal flusso incontrollato che dalla Turchia si riversa nell'Egeo.
Infatti uno dei kamikaze che si è fatto esplodere fuori dallo Stade de France, era passato per la Grecia lo scorso 3 ottobre.
Secondo fonti militari elleniche il suo cellulare era stato rinvenuto nel paese lo scorso mese di gennaio, in occasione di un blitz del nucleo antiterrorismo ateniese nel quartiere di Pangrati.
Erano i giorni in cui Abou Omar Soussi, il 27enne belga di origine marocchina cresciuto nel quartiere di Molenbeek, a due passi dal centro di Bruxelles, dalla Grecia dirigeva «da regista occulto» la cellula jihadista di Verviers smantellata il 15 gennaio.
Un altro fatto è che dal Belgio sono giunte le armi ai terroristi che hanno assaltato la rivista Charlie Hebdo e il market kosher.

Nel frattempo le autorità serbe hanno arrestato un migrante al centro di accoglienza di Presevo in possesso di un passaporto identico a quello trovato allo Stade de France accanto a uno dei kamikaze, ma con la foto di un altro uomo.
Un passaggio, quello dell'interlocuzione tra terroristi e migranti, che è stato ribadito anche dal premier slovacco Robert Fico secondo cui «almeno 2 terroristi degli 8 erano migranti, viene dunque confermato lo scenario peggiore, quello cioè degli enormi rischi sul fronte sicurezza, connessi all'ondata dei profughi che arrivano in Europa».
 
Fonti della Commissione raccolte da Radiocor danno quasi per certo che ci sarà una valutazione negativa della legge di Stabilità.
I conti italiani verranno giudicati «a rischio» per il mancato rispetto della velocità di riduzione del deficit strutturale.
Con la conseguenza che il giudizio definitivo verrà rinviato a marzo e il giudizio atteso per oggi, sospeso.
 
....mette francamente i brividi vedere un ministro dell’Interno, cioè l’autorità preposta a garantire la nostra sicurezza e la nostra incolumità, spendere tempo ed energie in stucchevoli polemiche, il cui risultato consiste solo nel rafforzare negli italiani il convincimento circa l’inadeguatezza complessiva di chi li governa........
 
La battaglia al terrorismo islamico è anche una battaglia culturale. Dalla cultura alla politica il passo è breve. A ricordarcelo è Ernesto Galli della Loggia in un articolo di fondo uscito sul Corriere della Sera. http://www.corriere.it/cultura/15_n...le-db4528e2-8c29-11e5-b416-f5d909246274.shtmlLa battaglia culturale dovrebbe cominciare innanzi tutto dalle parole. Secondo un consolidato canone buonista l’odierna aggressione terroristica non sarebbe riconducibile all’Islam bensì a un non meglio precisato “islamismo” . In realtà il mondo islamico non conosce questa distinzione. “Islamismo” è un termine coniato dalla politologia europea. Pensiamo al saggio di Bruno Etienne pubblicato in Italia nel 1988, L’islamismo radicale. È una distinzione che può avere le sue giustificazioni, soprattutto politiche (come formula, servirebbe a scongiurare la “guerra delle civiltà”), ma alla lunga risulta fuorviante e non ci permette di individuare con precisione le dinamiche del fanatismo criminale che si sta abbattendo contro il modello di vita e di società dell’Europa. «Come faccia – scrive Galli della Loggia – il terrorismo che tutti, ma proprio tutti, definiscono islamista a non avere nulla a che fare con l’Islam, è qualcosa che dovrebbe, mi pare, richiedere una spiegazione».
 

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