Macroeconomia Crisi finanziaria e sviluppi

ciao Stock & Tutti , ma se noi in europa si vende una macchina fotografica a 50.- e l'estremo oriente la vende a 10.- tu dove la compri ? se un pantalone si fa a 25.- e loro a 5.- ? se si fa una TV a 100.- e loro a 15.- ? un' automobile a 15.- e loro a 4.- ? e via di seguito e cio' per gl' ultimi 15 / 20 anni , cosa ne deduci ? E non e' finita qui' perche' andremo a toccare settori che fino a ieri sembravano intoccabili e ti faccio un esempio interessante = ho incontrato un costruttore svedese ( lo sai come sono gl' svedesi ? ne inventano una piu del diavolo quando ci si mettono , vedi IKEA / H&M / Tetra et et ) che stava preparando un prototipo di un' APPARTAMENTO prefabbricato in Cina da mettere sul mercato Svedese ( e li' non si scappa con le regole ...) pronto chiavi in mano . Il Palazzo , fatte le fondamenta , veniva tirato su con un montacarichi speciale ! Ora , magari , per chi e' nel settore , la cosa puo non essere nuova , ma per me' e' stato interessante perche' gia' mi immaginavo le implicazioni per il settore !!!
E nota che il signore e relativa societa' , ha ampie disponibilita' finanziarie e ottimi aganci anche in GERMANIA E RESTO EUROPA , dove molti si sono detti interessati al prodotto !
Non ce' bisogno che ti dica il prezzo perche' la proporzione e' sempre la solita. Cioe' ti immagini ? mattoni , cemento , e tutto l' indotto legato al settore ?
Quali sono i settori che ci faranno cavalcare questa ripresa ?



la ripresa, la ripresa, siamo in piena ripresa ...

forse meno 30 milioni di posti di lavoro e meno 4 mila miliardi di produzione industriale sono un forte segnale di ripresa Fmi: "Senza politiche condivise a rischio 30 milioni di posti" - Repubblica.it
ECRI Leading Economic Index Plunges At -6.9% Rate, Back To December 2007 Levels When Recession Officially Started | zero hedge
 
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questi valori che citi dipendono semplicemente dai cambi ufficiali tra monete

1 dollaro vale 7 yuan

un operaio cinese costa 200 300 dollari 2100 yuan

ora facciamo conto che bernanke domani si sveglia e decide di svalutare il dollaro vende dollari fino a quando il cambio non si assesta a 1 yuan = 7 dollari...

il giorno dopo un operaio americano costa 2000 dollari un operaio cinese ti costa 14000 dollari...

questi sono i perversi effetti delle svalutazioni monetarie che hanno portato alla seconda guerra mondiale

il problema è che i cinesini non consentono la rivalutazione della propria moneta

è una forma di protezionismo e a ciò si può solo rispondere con dazii del 400%

le valute devono poter oscillare liberamente e rispecchiare in concreto le economie sottostanti:)
 
E' da 10 anni che lo dico ma si continua a porgere l' altra guancia ! Siamo troppo ricchi ancora ..... :D e dobbiamo seguire il naturale corso della storia .

questi valori che citi dipendono semplicemente dai cambi ufficiali tra monete

1 dollaro vale 7 yuan

un operaio cinese costa 200 300 dollari 2100 yuan

ora facciamo conto che bernanke domani si sveglia e decide di svalutare il dollaro vende dollari fino a quando il cambio non si assesta a 1 yuan = 7 dollari...

il giorno dopo un operaio americano costa 2000 dollari un operaio cinese ti costa 14000 dollari...

questi sono i perversi effetti delle svalutazioni monetarie che hanno portato alla seconda guerra mondiale

il problema è che i cinesini non consentono la rivalutazione della propria moneta

è una forma di protezionismo e a ciò si può solo rispondere con dazii del 400%

le valute devono poter oscillare liberamente e rispecchiare in concreto le economie sottostanti:)
 
certo, MA NASCE COSI `la base é quella
le rotelle del capitalismo

e ne ho conosciute tante..

operano cosi`
le rotelle delle multinazionali sono cosi`

semplificare i ragionamenti, non desemplicizzateli
ma hai ragione, cambiam discorso

:up::up:

Sì, da totale neofita, a me pare che una definizione di capitalismo coerente con la parola sarebbe "tutto ciò che mette al centro il capitale e, per estensione, il profitto". Punto. Come tale mi sembra un atteggiamento del tutto umano come tanti altri. Per questo mi pare che quelli che parlano "di capitalismo dal volto umano" come se questa fosse una cosa non umana che si impadronisce dell'uomo e va "umanizzata" sono in contraddizione con le premesse. :)
 
è inutile insistere, il sistema attuale non funziona (attendo impossibili dimostrazioni contrarie), quando sarete giunti alla rassegnata condivisione di questa valutazione non rimane altro da fare che cercare l'alternativa, partendo da se stessi


il mio solito buon Mazzalai, si esprime molto meglio del sottoscritto

buona giornata
SOLDI MALEDETTI, DECRESCITA SERENA e UN' ALTRECONOMIA.


Mentre il mondo intero ed in particolare l' America di mister Obama stanno discutendo sull'importanza della crescita economica per sostenere una ripartenza dell'economia mondiale e il Fondo Monetario Internazionale ci avverte che senza crescita 30 milioni di posti di lavoro nel mondo sono in pericolo, un caro amico, mi ha fatto avere questo articolo scritto dal politologo Giovanni Sartori dal titolo " Quei Soldi Maledetti " aggiungendo...." Crescono i sostenitori della decrescita...ma dove erano sino all'altro ieri? "
In effetti come ben sanno i lettori di Icebergfinanza, anche i sostenitori dell'Etica, nuovi proseliti, abbondano negli ultimi tempi, uomini e donne che fine ad ieri inneggiavano alla crescita infinita e al libero mercato senza alcun vincolo.
Nella bozza del documento finale dell'incontro preliminare del G8 si legge che ...
"In un momento in cui la ripresa prende piede, ci troviamo ad un crocevia - si legge nella bozza del documento finale del G8 - e qui la speranza e l'ottimismo nascenti possono essere incanalati verso la costruzione di società più sicure, eque, partecipative e sostenibili in tutto il mondo", portando "allo stesso tempo un'attenzione via via maggiore al miglioramento e alla valutazione efficace del benessere dei popoli". Repubblica
Scusate l'ironia ma sono commosso, anche sulla sabbia compaiono quotidianamente queste riflessioni che nessuno ha il coraggio di scolpire nella roccia.
Scrive Giovanni Sartori...
"L’ultima stima di qualche anno fa che ho sott’occhio contabilizza il Pil, il Prodotto interno lordo, del mondo in 54 trilioni di dollari, mentre gli attivi finanziari globali risultano quattro volte tanto, di addirittura 240 trilioni di dollari. Oggi, con i derivati e altre furbate del genere, questa sproporzione è ancora cresciuta di chissà quanto. E questa sproporzione non solo è di per sé malsana ma modifica la nozione stessa di sistema economico, di economia. "
Nella recente riforma americana, aggiungo io, non si è fatto nulla o quasi nulla per cancellare questo demenziale mondo parallelo, nato dall'esigenza di proteggere un raccolto di grano o meglio ancora di olive.... ( vero Talete...) un mondo virtuale dove...
Semplificando al massimo, da un lato abbiamo una economia produttiva che produce beni, che crea «cose», e i servizi richiesti da questo produrre, e dall’altro lato abbiamo una economia finanziaria essenzialmente cartacea fondata su vorticose compravendite di pezzi di carta. Questa economia cartacea non è da condannare perché tale, e nessuno nega che debba esistere.

Il problema è la sproporzione; una sproporzione che trasforma l’economia finanziaria in un gigantesco parassita speculativo la cui mira è soltanto di «fare soldi », di arricchirsi presto e molto, a volte nello spazio di un secondo. Gli economisti «classici » facevano capo all'economia produttiva; oggi i giovani sono passati in massa all’economia finanziaria. È lì, hanno capito, che si fanno i soldi, ed è in quel contesto che l’economia come disciplina che dovrebbe prevedere, e perciò stesso prevenire e bloccare gli errori, si trasforma in una miriade dispersa di economisti «complici» che partecipano anch’essi alla pacchia.

È chiaro che in futuro tutta la materia dell’economia finanziaria dovrà essere rigorosamente regolata e controllata. Ma anche l’economia produttiva si deve riorientare e deve cominciare a includere nei propri conti le cosiddette esternalità. Per esempio, chi inquina l’aria, l’acqua, il suolo, deve pagare. Vale a dire, tutto il sistema di incentivi va modificato. La dissennata esplosione demografica degli ultimi decenni mette a nudo che la terra è troppo piccola per una popolazione che è troppo grande.
Dissenata esplosione di che....una terra troppo piccola per chi ? Ma stiamo scherzando o vogliamo cancellare l'essenza umana della solidarietà e della cooperazione per riconoscere che siamo solo bestie feroci che vogliono conquistare quanto più territorio è possibile, prevaricando e sequestrando la libertà e la dignità di ogni altro essere vivente. Scusate il termine, ma non diciamo cazzate! E non tiratemi in ballo Thomas Robert Malthus la cui teoria sostiene che l'incremento demografico avrebbe spinto a coltivare terre sempre meno fertili con conseguente penuria di generi di sussistenza per giungere all'arresto dello sviluppo economico, poiché la popolazione tenderebbe a crescere in progressione geometrica, quindi più velocemente della disponibilità di alimenti, che crescono invece in progressione aritmetica (teoria questa che sarà poi ripresa da altri economisti per teorizzare l'esaurimento del carbone prima, e del petrolio dopo).
Finito il carbone e il petrolio, la creatività umana sarà in grado di produrre un'alternativa, perchè la Creazione non è solo il frutto di qualche Black Hole come credono gli scienziati illuminati, ma un disegno più grande la cui tela non conosciamo. Ma proseguiamo ....

" Ma anche su questa sproporzione gli economisti non hanno battuto ciglio. Anzi, per loro stiamo andando di bene in meglio, perché tanti più bambini tanti più consumatori e tanti più soldi. Il loro «far finta di non ricevere», di non vedere, è così clamoroso da indurre Mario Pirani a chiedersi (su Repubblica) se gli economisti abitino sulla terra o sulla luna. Io direi su una luna che è due volte più grande della terra. Ma qui cedo la parola a Serge Latouche, professore alla Università di Parigi, economista eretico ma anche lungimirante. Latouche ha calcolato che lo spazio «bioproduttivo » (utile, utilizzabile) del pianeta Terra è di 12 miliardi di ettari. Divisa per la popolazione mondiale attuale questa superficie assegna 1,8 ettari a persona. Invece lo spazio bioproduttivo attualmente consumato pro capite è già, in media, di 2,2 ettari.
E questa media nasconde disparità enormi. Se tutti vivessero come i francesi ci vorrebbero tre pianeti; e se tutti vivessero come gli americani ce ne vorrebbero sei. La morale di questa storia è che già da troppo tempo siamo infognati in uno sviluppo non-sostenibile, e che dobbiamo perciò fare marcia indietro. Latouche la chiama «decrescita serena». Serena o no, il punto è che la crescita continua, infinita, non è obbligatoria. Oramai è soltanto suicida.
Commovente no, peccato che sino a ieri eravamo tutti terroristi, figli di un'utopia, dementi da emarginare con pensieri eversivi, solo perchè ci siamo permessi di rilevare l'insostenibilità, l'iniquità, la mancanza di responsabilità di questo sistema. Ora minacciando l'estinzione di altri milioni di posti di lavoro abbiamo bisogno di più crescita, più produzione, più consumo riproponendo sempre e solo le antiche ricette di un turbocapitalismo fallito!
Io come molti altri stiamo esplorando alternative a questo sistema, anche se non abbiamo certezze, cerchiamo solo di condividere altre vie, che non sono le sole ma che integrando il sistema aiutando ed integrando una maggiore consapevolezza, senza che per questo ognuno di Voi debba far proprie le considerazioni finali.
In questi anni ho proposto un'infinità di vie alternative che molti di Voi non conoscevano, vie ritenute utopiche, sino a quando la demenzialità dell'uomo non arriva ad un punto in cui l'esplosione della sua onnipotenza arriva a scatenare un conflitto reale o virtuale nel quale tutto si azzera e senza alcuna decrescita si riparte necessariamente da zero resettando tutto, come in una depressione o come dopo un conflito mondiale. Oggi se nessuno se ne è accorto siamo già in un conflitto mondiale anche se è virtuale giocato con le armi della finanza, bombe silenziose ed invisibili che annullano la dignità umana spostando capitali ed inventando ricchezza dal nulla.
Ecco quindi che a noi non resta che il " Capitale delle Relazioni Umane" il germoglio delle relazioni. Sul numero di giugno di Altreconomia, fra le altre cose, si parla di reti solidali, storie e persone si parla sopratutto di Geografia dell'economia solidale italiana.

Un'anticipazione del libro 'Il capitale delle relazioni', in uscita, in cui si racconta come nasce un Gas, una filiera corta o un Distretto di Economia Solidale.
Consapevolezza vuol dire esplorare anche altre vie, altre proposte altri sistemi, che se non cambieranno il mondo, sono in grado di cambiare la Vostra vita, migliorandola nelle relazioni umane. Date un'occhiata a questa rivista, vi assicuro ne vale la pena e sostenetela obbonandovi, perchè vive solo di abbonamenti e liberi sostegni come Icebergfinanza, grazie al Vostro aiuto.
Troppe aspettative? Forse. Ma per quanto incerto sia il futuro, è questo il capitale che crediamo darà buoni frutti e su cui vale la pena investire: quello delle relazioni

Da tempo contro il sistema del profitto e del consumo è in atto una ribellione. Come racconta Paul Hawken in Moltitudine inarrestabile (Edizioni Ambiente, 2009) in tutto il mondo milioni di persone e centinaia di organizzazioni si battono da anni per la giustizia sociale e la difesa dell’ambiente.
Secondo l’autore è la risposta collettiva che la Terra sta generando per affrontare le mille crisi locali e globali; il sistema immunitario dell’umanità reagisce a tossine quali la globalizzazione, il pensiero unico economico e il degrado ecologico. Il movimento dell’economia solidale è una di queste famiglie di “anticorpi”. Una ribellione non violenta, festosa e collettiva. Milioni di persone che non accettano più le regole del gioco della nostra vita imposte dalla società dei consumi e dal marketing che ci dicono cosa dobbiamo comprare, quanto, a quale prezzo. O perfino quali sono i nostri gusti, come dobbiamo vestirci, che cosa dobbiamo mangiare. Quanto dobbiamo lavorare e quanto guadagnare.
A chi vanno i soldi. E a chi resta solo il sudore.
Nelle storie
di questo libro, curato dal Tavolo per la Rete italiana di economia solidale, coordinata da Andrea Saroldi, sono protagoniste persone che hanno spento la tv e sono uscite di casa; hanno riflettuto e formulato proposte; hanno cambiato le loro vite e il modo stesso di intendere il benessere; e hanno scoperto che è possibile fondare l’economia sulla condivisione e sulla gratuità invece che sul profitto. Ma soprattutto queste persone si sono incontrate. Il cuore di questa ribellione è proprio in questa parola: relazione. Nella “rivoluzione delle reti”, infatti, non ci sono più produttori, distributori, consumatori, ma cittadini con un volto, idee e valori che vogliono conoscere la storia dei prodotti, diventarne co-produttori e vivere la “legge” della convivialità, anziché quella di domanda e offerta.
Le sfide che le reti -dai gruppi d’acquisto ai distretti di economia solidale- hanno posto al sistema economico non hanno ancora grandi numeri, tuttavia stanno già costringendo multinazionali e grande distribuzione a fare i conti con la domanda di biologico, di filiera corta, di sostenibilità, di trasparenza. Parole che ormai sono patrimonio di tutti. Il “popolo” dei gruppi di acquisto solidali, delle botteghe del commercio equo, delle associazioni e dei mille gruppi informali ha scalfito il sistema. Le reti che hanno costruito sono dei veri e propri presìdi di partecipazione, e -in questo momento di difficoltà e di disaffezione politica- sono anche un’inedita forma di democrazia.
Troppe aspettative? Forse. Ma per quanto incerto sia il futuro, è questo il capitale che crediamo darà buoni frutti e su cui vale la pena investire: quello delle relazioni. Il capitale delle relazioni è proprio il veicolo per la trasmissione del “contagio positivo”. Nelle prossime pagine vi anticipiamo molte delle 50 storie di economia solidale contenute nel libro. Un vero e proprio manuale che descrive i punti di forza e gli aspetti critici di tutte le reti, dai Gas alle esperienze di filiera corta e co-produzione, dalle fiere solidali al turismo responsabile. E che -speriamo- fa venire voglia di moltiplicarle.

Per chi volesse proseguire il viaggio, ecco un pezzo che aiuta ad esplorare in profondità il pensiero che porta alla decrescita serena, al di la di tutte le superficialità che ormai abbondano in questa società
Il seguente articolo è tratto dalla rivista Consapevole 16 aprile/giugno 2008.

Latouche, nel suo ultimo lavoro – Breve trattato sulla decrescita serena – riesce ad offrire una sintesi quanto mai esaustiva del pensiero della decrescita, collocandolo in un’ottica di concretezza mai sperimentata prima dall’autore.
La decrescita si affranca così dallo status di filosofia astratta e per molti versi eccentrica, per diventare nelle parole di Latouche “un’utopia concreta che tenta di esplorare le possibilità oggettive della sua realizzazione”.
L’autore sintetizza gli sforzi necessari per trasformare la nostra società sviluppista, ormai in fase di disfacimento sotto il peso del proprio fallimento, in una società della decrescita serena, articolandoli “in otto cambiamenti interdipendenti che si rafforzano reciprocamente, costituiti da otto R: rivalutare, riconcettualizzare, ristrutturare, ridistribuire, rilocalizzare, ridurre, riutilizzare, riciclare”.
Rivalutare significa colmare il vuoto di valori oggi dominante: “amore della verità, senso della giustizia, responsabilità, rispetto della democrazia, elogio della differenza, dovere di solidarietà, uso dell’intelligenza” sono, oggi, indispensabili per creare un differente immaginario collettivo, all’interno del quale sarà necessario Riconcettualizzare e Ristrutturare tanto gli apparati produttivi quanto i rapporti sociali, nell’ottica di Ridistribuire le ricchezze e l’accesso al patrimonio naturale, sia fra il Nord e il Sud del mondo sia all’interno di ciascuna società.
Rilocalizzare, nelle parole di Latouche, significa “produrre in massima parte a livello locale i prodotti necessari a soddisfare i bisogni della popolazione, in imprese locali finanziate dal risparmio collettivo raccolto localmente”.
La sostituzione del globale con il locale rappresenta infatti il fulcro di qualsiasi progetto di decrescita, come Latouche ben sintetizza affermando che “Se le idee devono ignorare le frontiere, al contrario i movimenti di merci e capitali devono essere limitati all’indispensabile” ed aggiungendo che la rilocalizzazione non deve essere soltanto economica ma “anche la politica, la cultura, il senso della vita devono trovare un ancoraggio territoriale”.
Ridurre gli impatti sulla biosfera dei nostri modi di produrre e di consumare, Riutilizzare e Riciclare i rifiuti del consumo, combattendo l’obsolescenza programmata dei prodotti, completano la serie dei cambiamenti proposti nel testo.
Ma Latouche non si ferma qui: arriva a tratteggiare un vero e proprio “programma politico”, tanto pregno di fascino quanto di concretezza, ben comprendendo che qualunque proposito di decrescita serena potrà trovare attuazione solamente nell’ottica di una volontà politica che intenda procedere in questo senso.
Estremamente interessante all’interno di questo programma il punto in cui si propone di “trasformare gli aumenti di produttività in riduzione del tempo di lavoro e in creazione di posti di lavoro” e quello in cui, in contrapposizione alla produzione di merci, si stimola la produzione di “beni relazionali come l’amicizia e la conoscenza, il cui consumo non diminuisce le scorte esistenti ma le aumenta”.
A corollario di un testo molto ricco di spunti, Latouche propone alcune riflessioni aventi per oggetto le possibilità d’interazione fra il pensiero della decrescita e la società capitalista, risponde a chi si domanda se la decrescita sia di destra o di sinistra affermando che “il programma che noi proponiamo è in primo luogo un programma di buon senso, altrettanto poco condiviso sia a destra che a sinistra” e rifiuta l’idea della creazione di un vero e proprio partito politico della decrescita, che rischierebbe di cristallizzare lo spirito del movimento.

 
Mah Sk, a me questa decrescita serena ricorda tanto la storica "avanzata di ritorno" che le potenze dell'asse proposero mediaticamente a sé stesse per non sapere o non poter dire che c'era appunto una guerra in atto e questa guerra appariva persa.
Economia solidale è poi una contradictio in terminibus dello stesso tipo del capitalismo dal volto umano. Non si parte bene a mio avviso contraddicendosi fin dal principio. Mi si parli di un atteggiameto economico da contrapporre ad un atteggiamento solidale come possibili ed entrambe umane attitudini alternative. Ed allora si può forse cominciare a ragionarne. Ciao :)
 
è inutile insistere, il sistema attuale non funziona (attendo impossibili dimostrazioni contrarie), quando sarete giunti alla rassegnata condivisione di questa valutazione non rimane altro da fare che cercare l'alternativa, partendo da se stessi

il mio solito buon Mazzalai, si esprime molto meglio del sottoscritto

buona giornata
(...)

Filosofia anacronistica, idealismo sterile, sentimentalismi lagnosi ... :rolleyes:

Il mercato globale esiste ed entra nelle case di tutti.
Il cinese e l'indiano producono al costo di 5 $ quel che l'operaio europeo produce al costo di 20 eur.
Il consumatore europeo acquista sempre più quel che si produce a basso costo e fatica a distinguere la differenza in qualità, perchè ce n'è sempre di meno.

Inevitabile che i Paesi emergenti divengano sempre meno poveri e quelli occidentali sempre meno ricchi.
Nel Terzo Mondo aumenta l'occupazione e nel nostro Mondo occidentale diminuisce.

E la lotta dei Sindacati assomiglia sempre più ad un inutile lamento rivolto alla Luna.
 
Via libera alla riforma di Wall Street.
Spunta tassa da 19 miliardi, ma sugli hedge pochi vincoli alle banche

Vittorio Carlini

25.06.2010 IlSole24Ore

Ci sono voluti più di due anni dall'esplosione della crisi finanziaria. Alla fine, però, i due rami del parlamento americano hanno raggiunto l'intesa sulla riforma della finanza di Wall Street. Dopo una maratona di ben 20 ore la commissione mista Camera-Senato ha trovato l'accordo sui punti principali del Financial Bill. Ora la strada per il via libera finale da parte del Congresso Usa la prossima settimana appare, salvo clamorosi colpi di scena, spianata.
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Si dirà, anzi molti lo hanno già fatto in passato, che è una normativa all'acqua di "rose". La stessa reazione dei titoli bancari Usa, moderatamente positiva, sembra confermarlo. Ma tant'è, a fronte di un' Europa che continua a dividersi sulle proposte da concretizzare, il presidente Barack Obama («Wall Street - ha detto - ora sarà più responsabile») può adesso presentarsi all'appuntamento del G20 con un risultato concreto in mano.

Divieto di proprietary trading e la newco per i derivati
Nelle linee essenziali, la riforma è quella già nota: una normativa su cui la vecchia volpe Paul Volcker, presidente della Federal reserve americana prima dell'era Greenspan, può a ben diritto mettere la sua firma.

La Commissione Camera-Senato ha dato il suo ok alla restrizione del "proprietary trading": la regola, denominata proprio Volcker rule, restringe la possibilità delle banche di usare i depositi assicurati da fondi federali per la compravendita di asset a loro esclusivo vantaggio. Una scelta duramente osteggiata dalle investment bank di Wall Street che hanno visto in questo passaggio l'incursione in una delle attività per loro più redditizie.

Inoltre, è stata approvata la richiesta di far "trasmigrare" le attività dei derivati in società separate dalle banche: in questo modo il business che tanti dolori ha procurato al sistema viene "confinato" in newco apposite che potranno, se del caso, essere fatte fallire. Viene evitato, così, il coinvolgimento della casa-madre e si limita il conseguente rischio di sistema. «Il primo obiettivo di queste norme - commenta Christopher Dodd, il senatore democratico gran tessitore della riforma - è di ridurre la partecipazione in attività altamente richiose da parte di quelle istituzioni finanziarie che sono "centrali" al sistema; il secondo è di porre un deciso stop all'utilizzo di fondi a basso rischio, assicurati dal Governo, per attività altamente speculative». Come dire insomma, basta usare i fondi di Mr e Mrs Smith per guadagnare con il trading e elargire bonus ai responsabili di queste business unit. Quei denari, quei depositi devono essere usati per investire nell'economia reale e non in quella di carta di Wall Street.

Minori limiti all'investimento in hedge fund e private equity
Di più. L'accordo nella commissione Camera-Senato prevede il limite del 3% di investimenti di capitale in hedge fund o private equity. Una mossa indirizzata a "normalizzare" l'attività delle banche verso più tranquilli core-business. In alcuni casi, infatti, le partecipazioni troppo alte in fondi speculativi, unite all'uso folle della leva, avevano trasformato i tradizionali istituti finanziari in hedge fund puri. A ben vedere, però, su questo fronte è stata fatta la maggiore concessione alle big bank di Wall Street. Da un lato, infatti, una delle prime stesure della riforma parlava del divieto di investire negli hedge; dall'altro, il tetto massimo cui tutti pensavano era del 2 per cento. In questa situazione, quindi, i gruppi finanziari non dovranno più fare lo spinoff di questi businnes ma semplicemente ridurre l'esposizione. Citigroup, per esempio, dovrebbe scendere dai 5 miliardi impegnati in passato a circa 3,5 miliardi.

Una tassa da 19 miliardi di dollari sulle banche
Forse, anche in un'ottica un po' populista, proprio per controbilanciare la non indifferente concessione realizzata sul fronte degli hedge, la commissione Senato-Camera ha votato a sopresa anche una tassa da 19 miliardi di dollari sull'industria bancaria. Si tratta di un balzello che i Repubblicani indicano come ingiusto. Ma i Democratici lo hanno giustificato, richiamandosi ai costi della riforma stessa. Barney Frank, presidente della commissione, ha specificato che: «le banche con più di 50 miliardi in asset e gli hedge fund con più di 10 miliardi potrebbero essere i soggetti tassati». Bisognerà vedere in che modi e in che tempi...

I broker nell'interesse dell'investitore...
Ma non sono solo balzelli. Tra le indicazioni approvate dai rappresentati delle due camere del Parlamento, c'è quella che concede alla Sec (la Consob americana) il potere di chiedere al broker di proteggere l'interesse dell'investitore quando lo stesso operatore dà dei consigli . Di fatto, si tratta di una sorta di dovere simile a quello già in capo ai consulenti finanziari.

...e il Bureau in difesa del consumatore
Sempre in un'ottica di difesa del consumatore è stata, poi, prevista l'istituzione del Consumer Financial Protection Bureau: si tratta di un'agenzia, istituita presso la Federal reserve che dovrà svolgere una funzione di vigilanza sugli abusi realizzati ai danni del retail attraverso i prodotti finanziari.

Il Financial council per evitare il rischio di sistema
Senza dimenticare, infine, la creazione del Financial Stability Oversight Council, un super regulator che dovrà controllare le più grandi banche di Wall Street per evitare e ridurre il rischio di sistema. Un'istituzione che sarà guidata dal ministero del Tesoro e che vedrà il coinvolgimento anche degli uffici di altre agenzie governative.

Una battaglia non semplice
Fin qui gli elementi essenziali della riforma. Una normativa che potrà anche non soddisfare ma che, non può negarsi, è stata oggetto di una durissima battaglia da parte delle lobby di Wall Street che in tutti i modi hanno tentato di ostacolarne l'approvazione e di annacquarne i contenuti. Un pressing che ha comunque prodotto i suoi risultati.

Le concessioni alle lobby di Wall Street
Al di là del tema degli hedge fund, basta ricordare come la proposta sui derivati da parte della senatrice Blanche Lincoln, presidente della Commissione agricoltura del Senato, prevedesse il bando dell'attività sui derivati per le banche. Un'idea estrema che aveva trovato una fortissima opposizione nel Parlamento stesso: un gruppo di centristi democratici fino all'ultimo ha minacciato di astenersi dal voto, se le indicazioni della Lincoln non fossero finite in soffitta. Ovviamente così è stato, per buona pace dei lobbisti e dei banchieri.

Alla fine una finta-riforma? La critica pare eccessiva. Si potranno sottolineare i molti punti deboli; si potranno rilevare le troppe eccezioni e un'attenta analisi rileverà l'eccessiva "connessione" dell'entourage economico di Obama con Wall Street. Ma una cosa è innegabile: gli Stati Uniti, da dove è partita la grande crisi, hanno finalmente trasformato le troppe chiacchere in realtà, dando vita all'accordo sulla nuova legge che, salvo colpi di scena imprevedibili, sarà approvata dal Congresso. In Europa, invece, si continua a solo a discutere tra chi ha le idee migliori e a mandare lettere congiunte. Con l'eccezione del nuovo governo inglese che ha deciso l'imposizione di una tassa sulle banche. Passare dalle parole ai fatti è sempre e comunque una buona cosa.
 

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