Macroeconomia Crisi finanziaria e sviluppi

sei sempre straordinario nelle tue interpretazioni virginali :)
 

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non so proprio come commentare le idiote prosopopee dell'analfabeta tuttologo ostellino (minuscolo anche di cognome) ... cultura (potrei già fermarmi, un termine inadeguato al soggetto) industriale, lui che ne sa ? progresso perdere benessere, il patetico doppiogiochismo (infilandoci fascismo marxismo stasi e via dicendo in un mostruoso polpettone) sul bavaglio ignorantante ....

un poveraccio, un servo inverecondo che per sbarcare il lunario si prostituisce a padroni (notoriamente ladri) finanziatori di simil cartaccia spreca inchiostro ...

lui si che non sa cos'è la dignità

il Mostro sa come attizzarmi :D

Geller ... io sogno la fine del capitalismo :D:D:D ... ti inviterei a comprare un Cray ... utilissimo nel calcolo dei soldi presi in tanti anni dalla fiat pure dalle tue tasche

Stock, che fai? ... la vecchia talpa ... :p
Ricordati che bisogna penetrare anonimamente nel sistema per scardinarlo, bisogna guadagnare la fiducia degli avversari per poi attaccarli ai fianchi in una lotta di lunga durata... :lol::lol::lol:.
Il tempo lavora per noi :D.
 
AL CAPEZZALE DI UN'ECONOMIA CHE ARRANCA


ALFONSO TUOR
Il tema centrale delle di­scussioni del G20 che si apre stasera a Toronto è chiaro: come evitare una rica­duta in recessione dell'econo­mia mondiale.
Sino alla fine del­la settimana scorsa il copione delle discussioni sembrava già scritto: il principale imputato avrebbe dovuto essere la Cina.

Il capo di imputazione era sem­plice: Pechino non contribuisce alla correzione degli squilibri dell'economia mondiale a cau­sa della sua valuta da due anni legata al dollaro attraverso un tasso di cambio fisso.

La Banca centrale cinese ha stravolto il copione già preparato per que­sto G20, annunciando la setti­mana scorsa che il tasso di cam­bio del renminbi sarà d'ora in poi flessibile, anche se ha subi­to precisato che l'obiettivo re­sta quello di un tasso di cambio stabile.
In altri termini la mossa, particolarmente azzeccata nel­la scelta dei tempi, è servita principalmente ad evitare a Pe­chino di finire in una posizione scomoda di fronte agli altri Pae­si del G20 senza essere costret­ta a fare eccessive concessioni.

Infatti non è assolutamente chiaro quale sarà l'ampiezza della rivalutazione della mone­ta cinese.
Essendo riuscita la Cina a sfilar­si dal ruolo di capro espiatorio, sono emerse in tutta chiarezza le profonde divergenze tra i Venti Grandi.

Il pomo della di­scordia riguarda le politiche economiche necessarie per evi­tare la ricaduta dell'economia occidentale in recessione.
Da una parte vi è l'amministrazio­ne Obama sempre più giusta­mente preoccupata della soli­dità e soprattutto della sosteni­bilità della ripresa americana.
Washington è consapevole che la politica fiscale non ha ulte­riori spazi di manovra a causa del livello raggiunto dal deficit pubblico e anche che si stanno esaurendo le cartucce a disposi­zione della Federal Reserve.

L'amministrazione americana chiede dunque ai Paesi con for­ti avanzi commerciali (Germa­nia, Giappone e Cina) di adot­tare politiche espansive per so­stenere la ripresa e sostituire la locomotiva americana, che è oramai spossata.

Dall'altra parte vi è l'Europa co­stretta, a causa della crisi di fi­ducia sulla sostenibilità dei de­biti pubblici di molti Paesi di Eurolandia, ad adottare politi­che fiscali restrittive.

Ma soprat­tutto vi è la Germania, che si ri­fiuta di prendere il testimone della guida della crescita.

Anzi, Berlino, sebbene non abbia il fia­to dei mercati sul collo, ha sot­tolineato con forza, attraverso il varo di un piano di austerità di 80 miliardi di euro nell'arco di quattro anni, che non desidera che l'economia tedesca svolga la funzione di traino dell'economia europea né tanto meno di quel­la mondiale.

Queste divergenze non emergeranno sicuramente nel comunicato finale del verti­ce del G20 in terra canadese.

An­zi è pressoché certo che con un linguaggio paludato si sottoli­neerà la forza della ripresa e si porrà l'accento sugli impegni congiunti per rendere la cresci­ta solida e duratura.

La realtà rischia di essere ben di­versa.

L'unico e vero sostegno al­la ripresa americana ed europea era costituito dalle politiche mo­netarie e fiscali espansive.

Negli Stati Uniti l'esaurimento degli effetti di questi stimoli si accom­pagna, con una rapidità invero sorprendente, al moltiplicarsi di segnali di debolezza e al riemer­gere della crisi del mercato im­mobiliare, come ha anche mes­so in evidenza la Federal Reser­ve mercoledì scorso.

In Europa la svolta nelle politiche fiscali è destinata a far ripiombare nella crisi la maggior parte dei Paesi del Vecchio Continente, anche perché il deprezzamento dell'eu­ro sta aiutando soprattutto i Pae­si europei forti.

Il quadro è ancor più a tinte fo­sche se si guarda agli effetti del­la crisi finanziaria, tuttora in cor­so, sulle dinamiche dell'econo­mia reale.
Infatti occorre ricor­dare che dal fallimento della Lehman Brothers, ossia dall'au­tunno del 2008, è in atto una stretta creditizia.

Negli Stati Uni­ti questa stretta si esplicita nel­la chiusura, pressoché totale, del mercato delle cartolarizzazioni, ossia della possibilità del siste­ma bancario di impacchettare i crediti erogati in titoli da colloca­re sul mercato.

Questo vale so­prattutto dopo che la Federal Re­serve, alla fine dello scorso me­se di marzo, ha concluso il suo programma di acquisti, che ha portato la banca centrale ame­ricana a rilevare titoli (princi­palmente quelli in cui erano im­pacchettate le ipoteche) per ben 1.250 miliardi di dollari.

L'usci­ta dal mercato del principale ac­quirente di questi titoli, che fi­nora è stata poco avvertita, por­terà le banche americane a re­stringere ulteriormente i criteri per la concessione dei crediti.

In Europa la crisi greca e le difficol­tà dei Paesi deboli di Eurolandia hanno contribuito a rimettere al centro dell'attenzione lo stato di precarietà del sistema bancario europeo a tal punto che per gli istituti bancari di alcuni Paesi si è chiusa la possibilità di rifinan­ziarsi sul mercato, con la conse­guenza che la Banca centrale eu­ropea è divenuta l'unica fonte di finanziamento.

Ciò costringerà le banche a restringere ulterior­mente la loro politica creditizia.

Quindi, sebbene i tassi di inte­resse definiti dalle banche cen­trali siano molto bassi e sebbe­ne le politiche monetarie siano espansive, rischia di risultare an­cor più ostruito il canale di tra­smissione costituito dalle ban­che e dai crediti concessi ad im­prese e famiglie, ossia all'econo­mia reale.

Agli effetti delle stan­gate fiscali dei Paesi europei bi­sogna pertanto aggiungere un accesso al credito più difficile e anche più costoso.

Alla luce di queste considerazio­ni appaiono fortemente giusti­ficate le apprensioni americane sul rischio di una ricaduta del­l'economia occidentale in reces­sione. Più discutibili sono inve­ce le ricette proposte da Washin­gton.

Le preoccupazioni dell'am­ministrazione americana riguar­dano infatti essenzialmente il breve termine.

A Washington non ci si interroga invece sulla sostenibilità nel tempo di que­ste politiche espansive e soprat­tutto non si vuole prendere atto

che questa crisi non è congiuntu­rale, ma è strutturale

e che quin­di richiede riforme profonde del­le regole di funzionamento non solo del sistema bancario, ma dell'intera economia mondiale.

Alfonso Tuor

su corriere del ticino, oggi

............

come vedi, stock nessuno contesta che la crisi sia strutturale.....
manco tuor





epaper
 
non ho criticato Tuor ... crisi strutturale evidente

moltiplichiamo per 8 la produzione industriale a Pomigliano ...
io non posso comprare 10 auto per farli lavorare
io non voglio veder cementificato ogni spicchio di terra per dar lavoro agli edili
io voglio gli alberi e l'erba
nel mio piccolo cerco di essere autosufficiente nel rispetto della Terra

fugnoli :D:D 'Bisogna dire che la situazione
dell’immobliare, per quanto pesante,
non
è
tragica
per
l’insieme
dell’economia. Quello che conta di più,
infatti, non è il numero di transazioni
immobiliari ma il prezzo delle case.'

se le transazioni riguardano solo l'esistente avrà poco da fare l'agente immobiliare e nulla da fare il costruttore ....
non capisce un tubo o un sasso che dir si voglia ... non è una novità :D:D ...
 
anch'io credo nella gente comune :up:


UN MIRACOLO INCREDIBILE!

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Incredibile, semplicemente incredibile! Mentre il mondo intero è concentrato sulla crescita infinita, urlando che ci vuole più produzione, più consumo, più crescita, più produttività, più flessibilità, più riforma per tornare a risvegliare il turbo capitalismo, John Flemming, ceo e presidente della Ford Europa, confida che l'industria automobilistica europea ha una sovraccapacità produttiva del 35 %. Incredibile qualcuno se ne è accorto e ha avuto il coraggio di parlare chiaro!
Come ha detto in passato Francuccio Gesualdi....
" (...)Imprenditori, intellettuali, economisti, giornalisti e dirigenti di partito, sostengono in coro che il nostro obiettivo deve essere più produzione, più commercio, più consumi, più velocità, più tecnologia, più competizione! E’ l’inno della crescita ritenuta la strada che conduce al benessere, al progresso, alla modernità. Concetti dai mille significati che andrebbero discussi di continuo. Invece gli abbiamo trasformati in idoli indiscussi. Se un ingegnere si mettesse in testa di costruire un grattacielo sempre più alto senza tenere conto della friabilità del terreno, della velocità dei venti, della tenuta del cemento, verrebbe rinchiuso in un manicomio. Invece gli economisti progettano la crescita infinita, preparando la rovina dell’Umanità, e vincono il Nobel!”
Scrive il Sole24Ore....
L'industria europea dell'automobile evidenzia una sovraccapacità produttiva del 35 percento. È questo l'allarme, drammatico, lanciato da una fonte autorevole. Sono, infatti, le parole di John Fleming, presidente e Ceo di Ford europea nonché vice presedente con delega sul lavoro e il manufacturing della casa di Dearborn. L'allarme è tanto più grave se si pensa che Ford, l'unica casa che non ha ricevuto il sostegno del Governo Usa durante l'annus horribilis dell'automobile, quel 2009 che ha cambiato la geografia dell'industria delle quattro ruote, ma che – in Europa e in Italia – ha conquistato quote di mercato grazie agli incentivi e agli sconti che hanno sostenuto le vendite di prodotti, vedi Fiesta, che hanno fatto breccia. SOLE24ORE
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Ora per Fleming è tempo di invertire la rotta, non si possono vendere auto a tutti i costi, con buona pace dei margini e della profittabilità delle imprese. «Bisogna – ha spiegato a Bilbao di fronte ai convenuti del congresso di Automotive News – prendere atto della realtà: in Europa si producono auto in eccesso e gli sconti, le promozioni costanti non fanno che svilire marchi e prodotti».
Badate bene non si tratta solo dell'industria automobilistica,, datevi un'occhiata intorno non dovrebbe essere difficile comprendere quello che è accaduto, dopo che vi siete svegliati nel campo dei miracoli.
Abbiamo sequestrato il futuro nostro e dei nostri figli, solo per soddisfare l'esaltazione del dio ROE, indice di redditività del proprio capitale, abbiamo esaltato il breve termine sino ad ipnotizzare le coscienze della gente, che ama lasciarsi stregare dalla falsa sensazione di ricchezza seminata.

La sovraccapacità è la ragione principe che spinge le Case a condurre aggressive campagne di sconti. Alcuni costruttori stanno lottando al limite delle loro forze per cercare di mantenere i cash flow a livello accettabile e i livelli di produzione. In gioco ci sono non solo le imprese ma soprattutto i lavoratori e le loro famiglie.
In gioco c'è molto di più, l'uomo, la sua dignità, il lavoro, l'equità, l'etica, la sostenibilità. Solo se ognuno è capace di fare un passo indietro senza guardare chi sta sopra la sua testa, se è capace di uno slancio di responsabilità sociale, abbiamo ancora una speranza. Immagino che i sacerdoti di questo turbo capitalismo staranno sorridendo. Lasciateli sorridere, in fondo sono i sacerdoti di un sistema fallito, il comunismo ha estirpato la spiritualità dell'uomo, la sua essenza, ma questo capitalismo ha annegato l'anima dell'uomo nel materialismo, innegiando al consumismo puro.
C'è bisogno di una nuova economia, economia sociale di mercato, economia civile, un ritorno alle origini della cooperazione, non quella che oggi talvolta si è sposata per interesse che il turbo capitalismo, abbiamo bisogno di rimettere l'uomo al centro dell'universo, al centro dell'economia, estirpando l'esaltazione del solo profitto.
" Il ricorso agli sconti eccessivi può essere una tattica nel breve termine, ma nel lungo, porta a dissesti irreversibili poiché svena finanziariamente le Case.
Una simile situazione industriale - spiega il top executive dell'Ovale blu – è insostenibile: i mercati sono saturi, il sostegno artificiale con incentivi pseudo eco è un palliativo pro tempore. "

In America ineggiano alla spesa, al consumo, al sostegno della crescita, anche il GATTO e la VOLPE, Geithner e Summers, ci dicono che ... OSSIGENO all'ECONOMIA Sole 24 Ore
" La ripresa è stata possibile soltanto perché siamo passati all'azione, adoperandoci per rimettere in sesto il sistema finanziario, abbassando i tassi sui mutui e i prestiti per i proprietari di casa, i consumatori e le imprese, e anche perché abbiamo varato il Recovery Act, che ha fatto crescere la domanda tagliando le imposte per le famiglie, aiutando i lavoratori rimasti disoccupati e investendo nelle infrastrutture pubbliche. (...) " Per far durare lo slancio della ripresa americana, abbiamo bisogno di una crescita globale forte, equilibrata e sostenibile. La crescita globale contribuirà a raddoppiare le esportazioni Usa entro i prossimi cinque anni e sosterrà milioni di posti di lavoro, obiettivo cruciale dell'iniziativa per le esportazioni del presidente. Il G-20 a questo punto è d'importanza fondamentale per garantire questa crescita globale.
Uauuuu coloro che hanno provocato questa crisi, oggi ci dicono che tutto ciò è stato possibile grazie a loro, che sono passati all'azione! In tre anni nessuno straccio di riforma del sistema finanziario, una sistematica socializzazione delle perdite ipotecando il futuro delle nazioni, salvando azionisti e interessi privati.
Signori non so voi, ma senza la riforma della classe dirigente, senza una seria riforma della politica, della scuola, dell'università, senza un rigurgito di "etica" ovvero responsabilità sociale e ambientale, non resta che la gente comune, non resta che sperare nella gente di tutti i giorni, che lotta in silenzio, gente onesta, gente sana, gente che sa sacrificare il proprio tempo per gli altri, per un ideale, per la speranza di un mondo migliore. Io in loro CREDO!
 
Ora per Fleming è tempo di invertire la rotta, non si possono vendere auto a tutti i costi, con buona pace dei margini e della profittabilità delle imprese. «Bisogna – ha spiegato a Bilbao di fronte ai convenuti del congresso di Automotive News – prendere atto della realtà: in Europa si producono auto in eccesso e gli sconti, le promozioni costanti non fanno che svilire marchi e prodotti».

Insomma, "lavorare di meno per poter ricaricare di piu'" , peccato che ci siano quei rompiscatole dei morti di fame del terzo mondo sempre pronti a lavorare per meno dei loro colleghi occidentali a rovinare l'idilliaca proposta del Sig. Fleming
 

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