Sempre da zafferano.news (abbonatevi che è gratis) Roberto Dolci dall’Ameriva
Fino alla fine, ci siamo quasi
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Nel numero 206 di Zafferano, 62 settimane fa, scrivevo: “Il conflitto ucraino è importantissimo per Biden, che vuole mostrare al mondo di poter cacciare gli invasori russi dall’Ucraina grazie agli oltre 600 sistemi d’arma disponibili, missili come se piovesse, e poveri cristi macellati ma ben contenti di essere eroi della liberazione...
Fino ad ora la sua è una vittoria piena: ha bloccato i flussi di gas e petrolio russi, e quello di merci cinesi su treno, isolando l’Europa dei suoi fedeli alleati, che ora comprano il gas americano a quattro volte il prezzo precedente. Ma deve chiudere la partita: o sloggiare Putin dal Cremlino, o mandar via gli invasori, meglio ancora entrambe.”
Dopo più di un anno Putin è ancora in sofferenza: i soldati che continuano a scappare dal fronte, i maschi che fuggono all’estero per non esser reclutati in una guerra fratricida che non vogliono. Allo stesso tempo Cina, India ed altri paesi che pur lo aiutano, non possono approvare escalation nucleare o stragi efferate. Ma lui non ha fretta, non gli interessa andare “fino alla fine” come dice Zelenski, può aspettare.
Ancora oggi a molti sfugge che a Putin basta uno stato cuscinetto, una landa desolata dove nessuno gli venga vicino. Visto che non ha remore a mandare al macello così tanti dei suoi ragazzi, pensiamo forse ne avrà nel continuare a sparare su chiunque si avvicina ai suoi confini? Sarebbe brutto aver sacrificato condizionatori, pensioni, industria europea e futuro dei nostri ragazzi per poi perdere contro di lui, che ci ha promesso tutto con ampio anticipo.
Ci siamo quasi: Biden, Harris e compagnia della lobby della difesa sono nel panico. Zelenski è venuto a batter cassa, gli abbiamo dato otto miliardi con un’improbabile medaglia alla libertà gentilmente pagata dai produttori di missili, ma il suo piano è senza speranza, e si avvicina il momento di scendere a miti consigli. Il problema è che Trump fin dall’inizio della campagna elettorale ha fatto della strategia negoziale il suo cavallo di battaglia: quando ci dice che ogni soluzione negoziata è sempre meglio della guerra, che stiamo sprecando i nostri soldi, che i Democratici ci stanno portando ad una sconfitta, guadagna voti a palate.
Sempre su queste pagine avevo pronosticato che a dir queste cose, a mettersi contro il Deep State e le lobby di difesa e finanza, Trump rischiava un attentato: ad oggi ne ha scampati due, ed è meglio si voti ai Santi se vuole entrare alla Casa Bianca. Harris non potrebbe deflettere l’onta della sconfitta, se sotto le elezioni Putin fosse ancora al Cremlino e l’Ucraina ancora invasa. Ha ripetuto a pappagallo i proclami del capo, ma quel “fino alla fine” sta tornando indietro come il classico boomerang sulla capoccia.
Intanto, alla chetichella come compete ai giornalai servi del potere, il Washington Post continua a correggere il tiro su quelle notizie mainstream che andavano tanto bene per convincerci che la Russia è il male assoluto. Oggi finalmente apprendiamo che l’attentato al Nord Stream era conosciuto e pianificato, che l’invasione del territorio russo è stata una strategia fallimentare, che occorre pensare a lasciare del territorio in mano a Putin. Ci arrivano oggi, dopo aver insultato a colpi di “putinista” tutti quelli che banalmente ragionano con la propria zucca.
Ci siamo quasi: ancora qualche attentato, qualche migliaio di tonnellate di bombe da qui alle elezioni (incluso Bibi), giusto per far fuori il magazzino delle aziende della difesa e chiudere in bellezza il loro bilancio, e mettere il prossimo burattino alla Casa Bianca. The show must go on.