Articolo di MF ( lunghetto.... ):
I motivi di una possibile pausa sui tassi a febbraio
Il 15 gennaio scorso, dopo aver nuovamente ridotto i tassi di riferimento portandoli al 2%, la Banca Centrale ha segnalato di voler effettuare una pausa sui tassi nel mese di febbraio (domani la decisione), affermando che la prossima riunione rilevante per la decisione sui tassi sarà quella di marzo.
Sebbene non si possa escludere, come negli ultimi mesi, che nel corso delle settimane tra un meeting e l’altro prevalgano posizioni maggiormente espansive rispetto all’enunciazione della conferenza-stampa precedente, la pausa sui tassi di febbraio sarebbe giustificata, a detta degli economisti di
Intesa Sanpaolo, sia dal fatto che sono passate appena tre settimane dall’ultima riunione, sia dal desiderio di attendere le informazioni in calendario la seconda settimana di febbraio.
E cioé il dato sull’andamento del Pil nel quarto trimestre in calendario il 13 febbraio; al riguardo, la stessa Bce ha detto di attendersi una fine d’anno "catastrofica". Ne consegue che il dato per l’intera eurozona potrebbe attestarsi almeno a -1,3% trimestre su trimestre (con rischi verso il basso). Un dato ancor peggiore potrebbe indurre la Bce a un taglio dei tassi di mezzo punto a marzo.
In più le aspettative di inflazione di lungo termine. La Bce pone grande attenzione non tanto all’andamento dell’inflazione (o delle aspettative di inflazione) di breve termine, ma soprattutto all’ancoraggio delle aspettative di medio/lungo termine. Specie in una fase in cui i margini sulla leva dei tassi cominciano ad assottigliarsi e il canale del credito appare per così dire "inceppato", è naturale che la Bce attribuisca notevole importanza al canale delle aspettative, che va ad influire sul livello generale dei prezzi per via, per così dire, “diretta” ovvero entrando nel processo di determinazione di prezzi e salari.
Ora, non solo le ultime indagini di fiducia hanno mostrato un ulteriore rientro delle aspettative di inflazione, ma le aspettative degli economisti sul CPI si sono ulteriormente ridimensionate. Il consenso (fonte: Consensus Forecast di gennaio) si attende oggi un CPI a 1% nel 2009 (da 1,4% un mese fa e da 2,2% tre mesi fa) e a 1,7% nel 2010.
Un altro motivo di una possibile pausa sta nel fatto che il livello del 2% raggiunto dal refi rappresenta una soglia importante sia perché (non a caso) si tratta del precedente minimo storico dei tassi (mantenuto tra giugno 2003 e dicembre 2005) sia perché, avendo la Bce definito come obiettivo sulla stabilità dei prezzi un livello di inflazione "poco sotto il 2%", portare i tassi a tale livello equivale a portare i tassi di interesse reali (deflazionati appunto con le attese di inflazione di lungo termine) a zero.
Il focus si va spostando dalla politica monetaria alla politica fiscale
L’annuncio effettuato da Trichet il mese scorso di una pausa a febbraio poteva essere giustificato anche dal desiderio di quantificare le nuove misure fiscali che già erano in discussione in Germania. Maggiori dettagli sono arrivati da allora ad oggi, in quanto il Governo ha approvato il nuovo pacchetto fiscale. Il piano è significativo perché, dopo che il primo pacchetto approvato a novembre in termini di manovra netta rappresentava appena lo 0,25% del Pil, con questo ulteriore piano la Germania va a sfruttare per intero la leva fiscale concessa dalla Commissione Ue (1,3% del Pil).
In altri termini, il focus nell’area euro (come già avvenuto in altri Paesi) si sta gradualmente spostando dalla politica monetaria alla politica fiscale. La Bce ne ha preso atto e ha dato in sostanza il suo avvallo alla approvazione di piani fiscali espansivi, sollecitandone anzi una immediata applicazione, richiamando in ogni caso alla necessità di una disciplina fiscale di medio termine. Ceteris paribus, dopo la messa in atto di stimoli fiscali così massicci, la politica monetaria potrebbe essere meno espansiva che in assenza di tali interventi.
Quanto all'inflazione...
"Stimiamo un aumento del costo del lavoro per l’intera economia del 2,4% quest’anno con rischi verso il basso dal 3,2% stimato per il 2008", affermano sempre gli esperti di
Intesa Sanpaolo. Di conseguenza, mentre l’inflazione headline dovrebbe tornare a salire nella seconda metà dell’anno, "stimiamo viceversa un ulteriore calo dell’inflazione core fino a0,2% anno su anno a fine 2009, sulla scia della moderazione salariale e dell’eccesso di offerta derivante dall’output gap negativo".
"Non riteniamo però che l’inflazione possa attestarsi in territorio negativo per la media del 2009 o che nell’area euro vi sia un rischio concreto di deflazione per due motivi: come messo in luce dall’ampia letteratura sulla persistenza dell’inflazione nell’eurozona, la minore concorrenza sul mercato dei beni e la maggiore rigidità sul mercato del lavoro rispetto ai Paesi anglosassoni (minore flessibilità, presenza in alcuni Paesi di meccanismi di indicizzazione dei salari) comportano strutturalmente una maggiore persistenza", spiegano alla banca, "in secondo luogo la disoccupazione, pur in aumento, resta storicamente contenuta e questo spingerà verso il basso il costo del lavoro, ma non in territorio negativo".
La Bce non orientata a portare i tassi a zero
"Confermiamo la nostra idea che non sia intenzione della Bce portare i tassi di interesse vicini a zero. Come indicato più volte negli scorsi mesi, il livello dell’1% rappresenta a nostro avviso un pavimento per i tassi, sia per una ragione di opportunità (occorrerebbe, portando i tassi sotto l'1%, tornare a stringere il corridoio sui tassi appena riallargato) sia perché questa decisione porterebbe più rischi per il funzionamento del mercato monetario che benefici per l’economia", sostengono a
Intesa Sanpaolo.
D’altra parte i tassi overnight sono già scesi significativamente. Non ci sono poi segnali che la Bce voglia al momento modificare la sua politica di iniezione di liquidità, quindi è probabile che la Bce continui a fornire quantitativi di fondi illimitati su scadenze fino a 6 mesi al tasso refi anche oltre la naturale scadenza del 31 marzo. Tale politica si è rilevata efficace nel far calare i tassi di mercato più ancora rispetto ai tassi ufficiali.
Per
Intesa Sanpaolo la Bce non intende neppure intraprendere, a differenza di altre Banche Centrali, una politica di allentamento quantitativo. Significative al riguardo sono state le dichiarazioni di Mersch (Banca del Lussemburgo) dello scorso 26 gennaio, secondo cui non c’è da aspettarsi che i tassi di interesse nell’area euro scendano al livello osservato in altri Paesi, così basso che ridurrebbe l’efficacia stessa della leva dei tassi.
Secondo Mersch manovre di allentamento quantitativo sarebbero "complicate" nell’eurozona, anche perché in caso di acquisto di titoli pubblici non sarebbe chiaro i titoli di quale Stato acquistare, mentre acquistare carta commerciale è sconsigliabile visto che già le Banche Centrali hanno nei loro portafogli elevati quantitativi di asset rischiosi.
L'istituto centrale preferisce puntare a rivitalizzare il ruolo delle banche tradizionali piuttosto che intraprendere un sentiero di politica "eterodossa", che secondo le dichiarazioni della stesa Bce creerebbe confusione anziché contribuire a semplificare il quadro.
Il taglio a marzo potrebbe essere di mezzo punto
"Il range 1-1,50% è quello in cui con tutta probabilità si collocherà a nostro avviso il punto di arrivo del ciclo espansivo", prevedono gli esperti di
Intesa Sanpaolo. Il dissenso interno alla Bce si è spostato dalla possibilità di scendere o meno sotto il 2% (che ora appare superata) al dubbio sul punto di arrivo del ciclo espansivo, tra l’1% e l’1,5%. Crescono, a detta degli esperti, le chance, nonostante tutti i caveat del caso, che si possa arrivare all’estremo inferiore di quest’intervallo.
Diversi esponenti della Bce hanno dichiarato di voler evitare di portare i tassi reali in territorio negativo. Se si deflaziona il refi con le aspettative di inflazione di lungo termine, ciò implicherebbe che i tassi possano essere tagliati al massimo di mezzo punto ulteriore rispetto al 2% attuale. Ma se si considera che già l’inflazione è all'1,1% e che la media 2009 potrebbe addirittura scendere sotto l’1%, portare i tassi reali a zero implicherebbe tagliare il refi all’1%.
"Riteniamo che le nuove previsioni economiche che saranno diffuse a marzo mostreranno un’inflazione molto bassa ovvero sotto l’1% dall’1,4% precedente, e una crescita ancor più negativa del -0,5% stimato a dicembre", aggiungono a
Intesa Sanpaolo. "In presenza di un'ulteriore revisione al ribasso delle stime, sarà ben difficile per la Bce non tagliare i tassi a marzo. Se nel frattempo arriveranno brutte notizie dai dati preliminari sul Pil, che difficilmente potranno sorprendere al rialzo, e se si dovesse notare un calo delle aspettative inflazionistiche di lungo termine, il taglio potrebbe essere anche di mezzo punto a marzo, senza escludere ulteriori ritocchi verso il basso, eventualmente fino all’1%, entro giugno".