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(AGENPARL) - Roma, 10 apr - "I nodi dei derivati tossici, appioppati a piene mani ad Enti locali indebitati per 30/40 anni ed imprese fatte fallire, come la Divania di Bari, arrivano tutti al pettine, nei giorni scorsi con la richiesta di rinvio a giudizio di Alessandro Profumo e Federico Ghizzoni da parte della Procura di Bari dopo che il Pm Isabella Ginefra aveva messo sotto processo venti alti dirigenti, oggi con la salutare vittoria della Provincia di Pisa, che ha vinto il ricorso davanti al Giudice unico della sesta sezione civile del Tribunale di Milano nella causa contro Unicredit spa per una linea di credito in derivati tossici. Una bella, limpida sentenza che ha accertato il 'grave inadempimento' a carico dell'istituto di credito con il quale la Provincia aveva concluso nel 2001 un contratto di interest rate swap ed ha condannato Unicredit al pagamento in favore della Provincia di Pisa di 759.512,22 euro, oltre interessi e spese processuali'. Inadempimenti contrattuali, giudicati irregolari dal Tribunale, il quale ha stabilito che alla Provincia dovranno essere restituiti tutti i costi impliciti non dovuti, comuni al 90 per cento dei derivati appioppati a piene mani dalle banche. Adusbef, nel complimentarsi con il presidente della Provincia di Pisa Andrea Pieroni, invita gli altri Enti locali che hanno sottoscritto derivati avariati ad alzare la testa, impugnando contratti capestro e denunciando con efficaci azioni legali banche e banchieri che hanno speculato sulla pelle dei comuni, province e regioni, ipotecando il futuro di intere generazioni".
Lo dichiara in una nota Elio Lannutti (Presidente Adusbef

 
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Gianfrancesco Turano per ‘L'Espresso'
Erano i ragazzi di via Rosellini. Una quindicina di trentenni e quarantenni brillanti, alcuni con cognomi di peso, tutti con esperienze presso primari istituti di credito italiani e internazionali. Fra il 2009 e il 2011 i ragazzi di via Rosellini hanno gestito decine di miliardi di euro, muovendo fino a 100 milioni al giorno dalla sala operativa milanese del Monte dei Paschi di Siena, un palazzone di vetro e cemento recintato da qualche siepe e un paio di alberi in zona viale Zara, lontano dal centro nevralgico della city meneghina.
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Il capo della sala operativa era Gianluca Sanna, responsabile del servizio di finanza proprietaria. Ma sopra Sanna c'era il vero stratega, Gianluca Baldassarri, capo della finanza Mps agli ordini diretti dei vertici di Siena, il presidente Giuseppe Mussari e il direttore generale Antonio Vigni.
Chi ci ha lavorato descrive Baldassarri, unico fra gli undici indagati per la truffa a Mps ad essere finito in carcere, come quanto di più lontano dallo squalo della finanza in stile Gordon Gekko: «Pacato. Molto competente. Sapeva di trading, contabilità, legislazione, tasse, rapporti con i sindacati. Il migliore, là dentro. Ma eseguiva ordini dall'alto e la sala operativa era concepita per eseguire questi ordini.
Non c'erano telefonate registrate, non c'era il badge per entrare e ci si poteva portare dietro il cellulare personale. Negligenza o dolo? Di sicuro, erano le condizioni ideali per disperdere le tracce». A parlare, è uno dei ragazzi di via Rosellini. Chiamiamolo "Banker". Chiede di restare anonimo perché non è indagato nell'inchiesta della procura di Siena contro la cosiddetta "banda del 5 per cento" ma è già stato sentito come testimone dai segugi del nucleo di polizia valutaria della Guardia di finanza, guidati dal generale Giuseppe Bottillo e dal suo vice operativo, il colonnello Pietro Bianchi.
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I finanzieri, che lavorano per i tre pm senesi Aldo Natalini, Antonio Nastasi e Giuseppe Grosso, sanno che la partita fra guardie e ladri non è mai così impari come in banca. L'inchiesta deve determinare se i vertici di Mps, Mussari e Vigni, abbiano in prima battuta ordinato a Gianluca Baldassarri di usare la sala operativa e gli strumenti finanziari più sofisticati per mettere al bello i bilanci.
In seconda battuta, va provato che Baldassarri abbia unito il dovere verso i superiori con il piacere di concedersi qualche profitto al di là dei bonus, già molto consistenti, che le grandi banche riconoscono ai loro dirigenti di punta. La Guardia di finanza ha bloccato una serie di conti esteri intestati alla banda per una somma complessiva che, al momento, supera di poco i 50 milioni su 90 milioni di euro totali sifonati alle casse dell'istituto toscano.
MUSSARI MARCEGAGLIA MANSI
Ma la pistola fumante non è stata ancora trovata. Come non è stato individuato, a differenza di quanto sostenuto da alcune ricostruzioni giornalistiche, l'anonimo autore della lettera spedita prima alla Consob e poi alla redazione di "Report" per denunciare gli imbrogli del trading al Monte. «È uno di via Rosellini», dice la fonte Banker a "l'Espresso". «Concordo sulla tesi che Baldassarri non agisse soltanto su iniziativa personale.
Forse teneva qualcosa per sé ma non sarà facile dimostrare che i 20 milioni di euro dei suoi depositi siano frutto degli extraprofitti a margine dell'operazione Alexandria. Potrebbero essere premi di rendimento. In sala trading girava voce che anche la controparte di Alexandria alla Nomura, Raffaele Ricci, avesse preso 20 milioni di bonus complessivi fra il 2009 e il 2010. Quando un'operazione porta tanti soldi, i bonus sono in proporzione. In Monte Paschi, però, vigeva un sistema win-win: si vince e si incassa anche quando l'operazione è un disastro».
Come nel caso di Alexandria. Questo prodotto viene varato nel novembre 2005 tra il compratore Mps, rappresentato da Gianluca Baldassarri, arrivato in Mps da quattro anni, e il venditore Dresdner bank, rappresentato da Raffaele Ricci, al tempo head sales, capo delle vendite di Dresdner.
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Alexandria è un Cdo (credit default obligation) squared da 400 milioni di euro. Si rivelerà un asse tossico da manuale: chilometri di formule matematiche decifrabili da una dozzina di superspecialisti, ma non certo dalle strutture del Mps, dove nessuno per anni sarà in grado di prezzare i prodotti strutturati più complessi.
Alexandria e altri asset simili (Nota Italia, alcuni Clo, Anthracite) minano in silenzio i conti di Mps ancora prima che arrivi la batosta dell'acquisizione di Antonveneta, annunciata nel novembre 2007 e portata a termine a maggio del 2008 con circa 10 miliardi di euro di investimento. La cifra è altissima e la scelta del momento fra le peggiori: è la vigilia della grande crisi del credito internazionale culminata nel fallimento di Lehman brothers (settembre 2008).
Mussari e Vigni vogliono dare un segnale rassicurante al mercato e puntano a un robusto utile per pagare il dividendo e la cedola al prestito "fresh" da 1 miliardo usato per comprare Antonveneta. Per raggiungerlo si affidano alla finanza proprietaria e dunque alla sala di via Rosellini, dove Baldassarri, che fa la spola fra Siena e Milano, Sanna, Gianni Contena, Giovanni Fulci e altri dirigenti oggi coinvolti dall'indagine interna del nuovo management Mps, si mettono al lavoro.
gianluca baldassarri
Il 2008 viene chiuso con 953 milioni di profitti netti. Ma è una cifra fasulla, ottenuta coprendo le perdite di Alexandria & c. Dai primi mesi del 2009 si cambia passo. La banca potenzia la sala operativa di via Rosellini e soprattutto l'area dei titoli governativi. La strategia è semplice. In un momento in cui tutti, piccoli risparmiatori in testa, vendono Btp per paura del default Italia, Mps si finanzia a lungo termine in Bce all'1 per cento e compra bond italiani che rendono il 6 per cento. Se l'Italia fallisce, il Monte Paschi fallirà un po' prima. E comunque si troverà in vasta compagnia. Se no, c'è da guadagnare. Ma è un lavoro duro.
«Chi lo fa», continua la fonte Banker, «incomincia alle otto di mattina con il briefing. Dall'apertura alle nove, deve guardare ogni scatto sui monitor, seguire tre schermi tv e due radio. Ogni notizia può essere importante per comprare a un centesimo di meno o vendere a uno di più, perché si deve vendere, ogni tanto, per sviare la concorrenza».
Qui entrano in gioco i broker che esistono proprio per garantire l'anonimato ed evitare che una banca sappia quello che fa un'altra. L'anomalia sta nell'uso frequente di un piccolo intermediario londinese (Enigma) fondato da Maurizio Fabris e da altri italiani oggi inquisiti a Siena.
mussari vigni
In breve tempo, Mps accumula 32 miliardi di titoli governativi, all'incirca quanto Unicredit e un po' meno di Intesa che, però, sono le due maggiori banche italiane. Nell'isola "governativi" entrano forze fresche. Tra i nuovi, c'è Flavio Borghese. Suo nonno era il dodicesimo principe di Sulmona e suo prozio si chiamava Junio Valerio, comandante della X Mas. Borghese, anch'egli oggi sotto indagine interna della banca, è un superesperto e presto nota prezzi troppo alti in una serie di transazioni su titoli strutturati.
«Per usare un paragone con le imprese industriali», prosegue Banker, «diciamo che Mps aveva un magazzino sopravvalutato di parecchie centinaia di milioni per volontà strategica dell'alta dirigenza. Non se ne sono accorti, nell'ordine, sindaci, revisori, Consob, Bankitalia e agenzie di rating». Eppure Borghese e altri trader segnalano le anomalie ai colleghi milanesi, a Baldassarri, a Sanna e a Giovanni Conti, responsabile della gestione rischi a Siena. Ma non succede nulla.
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Ai primi di luglio del 2009 si capisce che ingorgare il portafoglio di Btp non basta. Bisogna liberarsi del bubbone Alexandria. Mussari, Vigni e Baldassarri concordano con Nomura il "mandate agreement" con cui, in sostanza, la filiale di Londra della banca giapponese si accolla l'asset tossico in cambio di 3,5 miliardi di Btp con scadenza 2034 comprati da Mps a prezzi sopra mercato. Le anomalie sono nell'ordine di centinaia di migliaia di euro fin dalle prime operazioni, vengono notate e comunicate ai responsabili. Gli acquisti, come rivelerà l'anonimo della lettera, verranno etichettati come "trading Baldassarri, sinonimo di lasciapassare all'interno della banca".
È questa la fase in cui, grazie al ricorso massiccio a intermediari, gli inquisiti avrebbero massimizzato i profitti personali a danno dei conti della banca e tenendo all'oscuro gli organi di controllo interni e la vigilanza di Bankitalia. «È quasi impossibile provare che i broker abbiano guadagnato troppo su titoli strutturati illiquidi. In più, va dimostrato che il broker ha girato denaro al manager alla banca in rapporto diretto a una particolare operazione. Il tutto, come dicevo all'inizio, in mancanza di registrazioni telefoniche compromettenti e senza contare che tutte le grandi banche del mondo usano questo sistema per fare il nero».
Anche se i conti Mps del 2009 segnano una riduzione consistente dell'utile netto a 220 milioni di euro, Mussari è sulla cresta dell'onda tanto da essere premiato dall'establishment creditizio con la poltrona di presidente dell'Associazione bancaria italiana a giugno del 2010.
MPS LINGRESSO DI ROCCA SALIMBENI SEDE DEL MONTE DEI PASCHI DI SIENA
In via Rosellini Baldassarri porta Raffaele Bertoni, ex capo del reddito fisso alla Pioneer Investments di Dublino, e Marco Sarcinelli, figlio di Mario, ex Bankitalia ed ex presidente Bnl. La banda del 5 per cento lavora quasi indisturbata fino all'estate del 2011. Il 28 luglio di quell'anno uno dei ragazzi di via Rosellini spedisce alla Consob una lettera di quattro pagine non firmata "per motivi di sicurezza personale" dove si accusano i capi (Baldassarri e Vigni), l'assistente fidato, i complici e gli esecutori. A marzo 2012 arriverà l'ispezione di Bankitalia. A febbraio 2013, ci sarà l'arresto di Baldassarri e l'emissione di 4,07 miliardi di obbligazioni sottoscritte dallo Stato (i cosiddetti Monti bonds) per tappare le falle della mala gestione.
Passerà ancora un anno fino al febbraio del 2014, quando la Finanza perquisirà decine di uffici e abitazioni di uomini legati alla banda del 5 per cento.
Fra questi, ci sono gli intermediari sospettati di avere trasferito il denaro all'estero attraverso la finanziaria sanmarinese Smi del conte Enrico Maria Pasquini e la United investments bank di Vanuatu di Andrea Pavoncelli, cognato di Pasquini e uno dei supertestimoni della Procura di Siena. E una strada per forzare il blocco è proprio questa: cercare testimoni o indagati disponibili a collaborare. È successo con Italia Sinopoli, dipendente di Mps finance inquisita per la truffa aggravata alla banca toscana. Ai primi di marzo Baldassarri si è avvalso della facoltà di non rispondere. Sta scrivendo un diario, ha fatto sapere. I magistrati attendono con ansia le
 
faccio sorgere un dubbio.........non e' che hanno distratto volutamente l'attenzione con i cdo ecc ecc ecc, Alexandria........ e la vera operazione e' un'altra? che passera' sottobanco,............... sotto al ponte.........c'era uno che gestiva una banca?:rolleyes::rolleyes::rolleyes::rolleyes::rolleyes::rolleyes::rolleyes::rolleyes::rolleyes:
 
Ultima modifica:
Gladio II: guerra di quarta generazione contro Russia, Siria, Iran

aprile 11, 2014 3 commenti

Dr. Christof Lehmann, PressTV 8 aprile 2014
Il Direttore del FSB Aleksandr Bortnikov ha annunciato che Umarov è stato neutralizzato a seguito di operazioni di combattimento chirurgiche nel primo trimestre del 2014. Centinaia di altri militanti e loro sostenitori sono stati arrestati. In vista delle Olimpiadi Invernali del 2014 a Sochi, i servizi di sicurezza russi hanno effettuato 33 operazioni antiterrorismo nei primi tre mesi del 2014. Tredici signori della guerra e 65 terroristi sono stati uccisi durante le operazioni, altri 240 terroristi e 18 emissari di organizzazioni terroristiche internazionali sono stati arrestati. Il capo dell’intelligence russa non ha rivelato esattamente quando Umarov è stato ucciso e non è improbabile che la sua morte fosse tenuta riservata per evitare ritorsioni durante i Giochi Olimpici Invernali 2014. A gennaio, il Presidente della Repubblica autonoma russa della Cecenia, Ramzan Kadyrov, aveva annunciato che le comunicazioni intercettate tra i capi dei terroristi indicavano che Umarov era stato ucciso. La dichiarazione è stata confermata oggi. Uno dei più stretti collaboratori di Doku Umarov, Islam Atev, è stato ucciso a dicembre insieme ad altri due taqfiri. Gli esplosivi nel loro nascondiglio, in un villaggio in Daghestan, furono attivati e fatti esplodere durante uno scontro a fuoco con le forze di sicurezza russe. Il FSB della Russia stava per prendere Umarov, uno dei più pericolosi agenti taqfiri contro la Russia sponsorizzato da sauditi e NATO. Una delle ultime apparizioni pubbliche di Umarov è un video in cui invitava taqfiri russi e stranieri a sabotare a tutti i costi le Olimpiadi invernali 2014 di Sochi.
Le prove del supporto dell’Arabia Saudita ai gruppi taqfiri ceceni e di altro tipo nelle repubbliche caucasiche della Russia, così come in Siria, divennero di pubblico dominio ad agosto 2013, quando l’ufficio stampa presidenziale del Presidente russo Putin divulgò parte del verbale di una riunione tra il Presidente Vladimir Putin e l’allora capo dell’intelligence saudita principe Bandar bin Sultan, del 3 agosto 2013. I verbali rivelarono che i servizi segreti e il ministero degli interni dell’Arabia Saudita hanno il controllo diretto delle reti terroristiche in Russia e Siria. Putin e Bandar discussero, tra l’altro, dell’attacco con armi chimiche nel sobborgo di Damasco del Ghuta orientale, il 21 agosto 2013, che secondo i testimoni e altre fonti, fu effettuato dal Liwa al-Islam filo-saudita al comando di Zahran al-Lush. Fin dal 1980 l’esperto di armi chimiche Zahran al-Lush ha lavorato per le intelligence dell’Arabia Saudita e degli Stati Uniti nelle reti di al-Qaida. Il verbale della riunione Putin-Bandar ha rivelato che Bandar cercava di corrompere Putin con accordi su armi e petrolio per avere il sostegno del presidente russo nel spodestare il governo di Assad. Bandar supponeva che il governo siriano doveva essere sostituito dall’opposizione sostenuta e sponsorizzata dai sauditi. Bandar garantì che gli interessi della Russia in Siria sarebbero stati preservati dal governo filo-saudita se la Russia sosteneva il cambio di regime. Mentre Bandar ha tentato di fare di Putin un potenziale alleato del cambio di regime in Siria, ha anche fatto una minaccia velata dicendo, tra l’altro: “Posso garantirvi la protezione delle Olimpiadi invernali nella città di Sochi, sul Mar Nero, del prossimo anno. I gruppi ceceni che minacciano la sicurezza dei giochi sono controllati da noi, e non si muoveranno sul territorio siriano senza coordinarsi con noi. Tali gruppi non ci spaventano, li usiamo contro il regime siriano, ma non avranno alcun ruolo o influenza nel futuro politico della Siria“. Putin rispose che i russi sanno che i sauditi sostengono i gruppi terroristici ceceni da un decennio, e che il supporto che Bandar appena aveva offerto era assolutamente incompatibile con gli obiettivi comuni della lotta globale contro il terrorismo.
La conferma della morte di Umarov da parte del capo del FSB Aleksandr Bortnikov getta anche nuova luce su Gladio II della NATO e la sua Guerra di 4.ta generazione contro Russia, Siria, Iran, Ucraina e altri Paesi presi di mira. I terroristi dalla Cecenia e altre repubbliche caucasiche della Russia operano in Siria in unità dalle dimensioni del gruppo di combattimento e in stretto collegamento con Jabhat al-Nusrah, Liwa al-Islam e altre brigate taqfire controllate e formate dall’Arabia Saudita e dalla NATO. Combattono in Siria anche le truppe filo-USA del MEK, responsabile della morte di almeno 17000 iraniani. A febbraio, il capo ultranazionalista ucraino dell’apertamente neonazista Pravý Sektor (Fazione Destra), Dmitrij Jarosh, aveva chiesto pubblicamente a Doku Umarov e ad altre brigate takqire in Russia e internazionali, di colpire gli interessi russi per “sostenere la rivoluzione in Ucraina”. Dmitrij Jarosh, insieme ad altri ultranazionalisti ucraini, ha combattuto contro la Russia nella guerra cecena, dove Jarosh conobbe Umarov. Pravý Sektor collabora strettamente con il cosiddetto esercito di liberazione nazionale dell’Ucraina, UNA-UNSO, che aveva giocato un ruolo chiave nella guerra filo-NATO della Georgia contro l’Ossezia del 2007. Le unità ucraine di UNA-UNSO sono ritenute responsabili di alcuni dei peggiori crimini di guerra commessi durante il tentativo della Georgia di pulizia etnica nella regione. UNA-UNSO è noto per i suoi stretti legami con l’intelligence e la rete Gladio della NATO. UNA-UNSO è, secondo gli analisti, responsabile dell’uccisione di 90 e il ferimento di oltre 500 manifestanti e agenti di polizia a Kiev ad opera dei cecchini, attribuiti alle forze speciali della polizia ucraina (Berkut) e al Presidente Janukovich. L’incidente fu usato come pretesto per il sequestro del parlamento e l’estromissione di Janukovich, il giorno dopo l’accordo mediato da polacchi, tedeschi, francesi e UE per una soluzione pacifica, riforma costituzionale ed elezioni anticipate con l’”opposizione” di Euro-Majdan. Gli Stati dell’UE e della NATO continuarono il sostegno al colpo di Stato, nonostante il fatto che una telefonata trapelata tra il capo degli affari esteri dell’UE Ashton e il ministro degli Esteri lettone Paet rivelasse che l’opposizione aveva ordinato ai cecchini gli assassini.
Una delle operazioni di alto profilo di Doku Umarov, nel 2010, fu l’attentato alla metropolitana di Mosca sotto l’ufficio del servizio d’intelligence russo FSB. L’esplosione uccise e ferì 24 persone. Dopo soli 40 minuti un’altra esplosione deragliò un treno a Park Kulturij (Parco della Cultura) a Mosca, uccidendo 12 persone e ferendone un’altra decina. Considerando l’esplosione del 2010 sotto l’ufficio di Mosca del FSB, il direttore Aleksandr Bortnikov poteva aver interesse personale nella preparazione dell’eliminazione di Doku Umarov. La Guerra di 4.ta generazione della NATO, tuttavia, è destinata a continuare fin quando la “comunità internazionale” chiuderà un occhio sulla sponsorizzazione e il controllo della NATO e dell’Arabia Saudita di morte e distruzione in nome di “libertà e demoinganno”.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAuror
 

Riforme: si scrive Renzi si legge JpMorgan

di Franco Fracassi

Due cene organizzate per convincere Renzi a seguire i consigli di Blair, oggi consulente della JpMorgan. Obiettivo: disfarsi della Costituzione antifascista

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Una cena per decidere, una per confermare le decisioni. Primo giugno 2012, primo aprile 2014. Due protagonisti sempre presenti: il presidente del consiglio Matteo Renzi, l'ex premier britannico Tony Blair. Un terzo (presente con suoi rappresentanti) è l'organizzatore, il vero beneficiario dei frutti degli incontri: la banca d'affari JpMorgan. Scrive il quotidiano britannico "Daily Mirror":


«Renzi è il Blair italiano non solo nelle intenzioni politiche, ma anche nelle alleanze economiche. Un esempio? La JpMorgan».

Riforma delle Provincie, riforma del Senato, riforma del lavoro, riforma della pubblica amministrazione, riforma della Giustizia, riforma del consiglio dei ministri, riforma elettorale. La Costituzione italiana, quella votata dopo la vittoria sul fascismo e la fine della seconda guerra mondiale, quella pensata per impedire una futura svolta autoritaria nel Paese sta per essere stravolta. Così ha deciso il presidente del consiglio Matteo Renzi. Così ha suggerito la JpMorgan.

I fatti. Il primo giugno 2012 la banca d'affari statunitense organizza una cena a palazzo Corsini a Firenze. Il padrone di casa Jamie Dimon (amministratore delegato della JpMorgan) invita l'allora sindaco della città Renzi e il già ex primo ministro, e da quattro anni consulente speciale della banca, Blair. Il primo aprile 2014 la scena di sposta Oltremanica. Questa volta gli onori di casa lo fa l'ambasciatore italiano a Londra Pasquale Terracciano. Durante la cena a base di pesce Renzi e Blair discutono in privato.

Il giorno successivo Blair rilascia un'intervista a "La Repubblica", in cui afferma:


«I momenti di grande crisi sono anche momenti di grande opportunità. In tempi normali sarebbe difficile per chiunque realizzare un programma ambizioso come quello delineato dal nuovo premier italiano. Ma questi non sono tempi normali per l'Italia. Renzi comprende perfettamente la sfida che ha di fronte. Se facesse solo dei piccoli passi rischierebbe di perdere la spinta positiva con cui è partito. Perciò c'è una coerenza tra il suo programma di riforme costituzionali e le riforme strutturali per rilanciare l'economia. E la crisi può dargli l'opportunità per compiere quei cambiamenti che sono necessari al Paese, ma che finora non sono mai stati fatti per le resistenze di lobby e interessi speciali».

E ancora:


«A mio parere occorre calibrare tre elementi: la riduzione del deficit, che è essenziale; le riforme necessarie per cambiare politica economica; e la crescita non solo per generare occupazione ma anche per portare più denaro nelle finanze pubbliche. Per fare tutto questo non serve la contrapposizione destra/sinistra, bensì quella tra giusto e sbagliato, fra ciò che funziona e ciò che non funziona. Se la riduzione del deficit è troppo veloce, la crescita non riparte. Ma se non si fanno le necessarie riforme, il deficit non si riduce. E mi sembra che questo Renzi lo abbia capito benissimo».

In un'altra intervista, rilasciata al quotidiano britannico "The Times", sempre Blair ha detto:


«Il mutamento cruciale, delle istituzioni politiche, neanche è cominciato. Il test chiave sarà l'Italia: il governo ha l'opportunità concreta di iniziare riforme significative».

Ricapitolando. Blair ha confermato il suo appoggio a Renzi sulla strada delle riforme. Ma come abbiamo ricordato non è più il politico che parla. Oggi il fu leader dei laburisti riceve uno stipendio di milionie di dollari l'anno per fare da consulente a una delle più importanti banche d'affari del mondo (seconda solo alla Goldman Sachs), formalmente denunciata dalla Casa Bianca di essere stata la «responsabile della crisi dei subprime», che ha poi scatenato la crisi economica mondiale. Ha scritto l'economista statunitense Joseph Stiglitz:


«Le banche d'affari si servono di consulenti come la massoneria si serve dei propri membri. I consulenti oliano gli ingranaggi della politica, avvicinano i politici che contano alle banche giuste e promuovono presso di loro politiche compiacenti a quelle indicate dalle banche».

Che cosa si intende per «politiche compiacenti a quelle indicate dalle banche»? Il 28 maggio 2013 la JpMorgan ha redatto un documento di sedici pagine dal titolo "Aggiustamenti nell'area euro". Dopo che nell'introduzione si fa già riferimento alla necessità di intervenire politicamente a livello locale, a pagina 12 e 13 si arriva alle Costituzioni dei Paesi europei, con particolare riferimento alla loro origine e ai contenuti:


«Quando la crisi è iniziata era diffusa l'idea che questi limiti intrinseci avessero natura prettamente economica. Ma col tempo è divenuto chiaro che esistono anche limiti di natura politica. I sistemi politici dei Paesi del Sud, e in particolare le loro Costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell'area europea».

«I problemi economici dell'Europa sono dovuti al fatto che i sistemi politici della periferia meridionale sono stati instaurati in seguito alla caduta di dittature, e sono rimasti segnati da quell'esperienza. Le Costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo»,

prosegue l'analisi della banca d'affari.

Andando avanti nella lettura il documento entra più nello specifico:


«I sistemi politici e costituzionali del Sud presentano le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti, governi centrali deboli nei confronti delle regioni, tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori, tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo, il diritto di protestare se i cambiamenti sono sgraditi. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I Paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia)».

Riassumendo, la JpMorgan ci dice: liberatevi al più presto delle vostre costituzioni antifasciste.

La JpMorgan Chase è la seconda banca d'affari del mondo, dopo Goldman Sachs. Nel 2012 la procura di New York denuncia per frode Bear Sterns e Emc Mortgage, del gruppo JpMorgan, per la truffa dei mutui subprime. Le perdite della Bear Sterns ammontano a 22 miliardi e mezzo di dollari, hanno provocato la disoccupazione di sette milioni di persone negli Stati Uniti d'America e la crisi economica europea. Il processo si conclude con un patteggiamento. La banca accetta di pagare un risarcimento di tredici miliardi di dollari per la truffa dei mutui subprime.


«L'idea d'uno Stato dove i poteri legislativo, esecutivo, giudiziario appartengano a organi diversi e siamo tutti eguali davanti alla legge» a esser malvista dalla parte dominante nel Ventunesimo secolo. Soprattutto, sono malviste le Costituzioni nate dalla Resistenza. Specie quelle del Sud Europa: in Italia, Grecia, Spagna, Portogallo»,

denuncia il giurista Franco Cordero.

Per l'economista Emiliano Brancaccio:


«Maggiore è il potere del parlamento, più è difficile ridimensionare lo stato sociale. Un orientamento di segno opposto, invece, mira a redistribuire il reddito favorendo il profitto e le rendite, non certo a un ammodernamento del Paese. Nella Costituzione italiana e in quelle antifasciste ci sono norme che vincolano la tutela della proprietà privata, che può essere espropriata per fini di pubblica utilità. Le istituzioni finanziarie hanno spesso interesse a realizzare acquisizioni estere di capitali nazionali, e dunque hanno interesse a garantire che la proprietà del soggetto straniero che acquisisce sia tutelata. Con queste Costituzioni il soggetto straniero che viene ad acquisire spesso a prezzi stracciati capitale nazionale di Paesi in difficoltà non è totalmente tutelato perché potrebbe essere espropriato. Dietro la parolina magica "modernizzazione", spesso pronunciata da JpMorgan, c'è dunque la tutela degli interessi di chi vuole venire a fare shopping a buon mercato in Italia e in altri paesi periferici dell'Unione europea».

Scrisse l'ex Cancelliere socialdemocratico tedesco Willy Brandt:


«Bisogna correggere la democrazia osando più democrazia».

Il socialdemocratico Willy Brandt è stato Cancelliere tedesco
 
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SVENDONO L'ITALIA



Svendono tutto. L’Italia, lo Stato, - dicono – è in bancarotta e ogni suo gioiello dovrà essere messo all’asta per soddisfare i lupi usurai che lucrano decine e decine di miliardi di interessi ogni anno sul debito nazionale. Alla Grecia – e non era una battuta… - ci fu nell’Ue chi propose, due anni fa, di mettere “in garanzia” il Partenone. In attesa di vedere anche il Colosseo (su cui il patron di Tod’s ha già comunque lanciato una sorta di opa) diventare un bene privato, magari acquistato a prezzi di saldo con un carretto di quella carta straccia che viene definito “valuta” (dollaro, euro), il nostro (si fa per dire – demanio ha cominciato aste di realizzo per “beni minori”. Così, il cittadino teledipendente, o drogato, non avrà nulla da ridire.

Al via, attraverso l'Agenzia del Demanio, la dismissione di alcuni gioielli pubblici, tra i quali un castello, un ex convento e il diritto di superficie di un'isola veneziana. Con una gran faccia senza vergogna, Paolo Maranca, il superburocrate di nomina governativa alla guida del dipartimento e dell’Agenzia del Demanio, ha dichiarato la dismissione "un piano di vendita secondo un piano articolato e non solo per fare cassa, ma per favorire lo sviluppo dei territori" e volto "ad un'imprenditoria capace e illuminata che capisca questo progetto" chiamato 'Valore Paese'. I cinque beni di pregio del valore sopra i 400 mila euro finiranno in un’asta che avverra' on line e “senza una base d'asta, ad offerta libera "che Maranca si è augurato “congrua”. Si tratta del castello del 1400 a Gradisca d'Isonzo (Gorizia), un complesso costituito da sei edifici dal grande valore storico-architettonico (11.500 mq, di cui 7.200 mq coperti); di una palazzina nel centro di Trieste (24 mila mq di cui 3.000 coperti); dell'ex convento del 1.600 a S.Domenico Maggiore Monteoliveto (Taranto), la 'Casa Nappi' a Loreto (Ancona).


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Il Petro-Rublo russo sfida l’egemonia del dollaro USA. La Cina sviluppa il commercio eurasiatico

aprile 10, 2014 3 commenti

Peter Koenig Global Research, 8 aprile 2014
La Russia ha appena lanciato un’altra bomba, annunciando non solo il disaccoppiamento del commercio dal dollaro, ma anche che la commercializzazione dei suoi idrocarburi avverrà in rubli e nelle valute dei suoi partner commerciali, non più in dollari, vedasi La Voce della Russia.
Il commerciale della Russia degli idrocarburi ammonta a circa un trilione di dollari all’anno. Altri Paesi, in particolare BRICS e BRICS-associati (BRICSA) potrebbe presto seguirne l’esempio e unirsi alla Russia, abbandonando il ‘petro-dollaro’ come unità per il trading di petrolio e gas. Ciò potrebbe ammontare a decine di miliardi di perdite nella domanda annuale di petrodollari (il PIL degli Stati Uniti era circa 17 miliardi di dollari nel dicembre 2013), togliendo quanto meno un dente importante all’economia degli Stati Uniti. A ciò si aggiunge la dichiarazione di Press TV secondo cui la Cina riapre la vecchia Via della Seta come nuova rotta commerciale collegando Germania, Russia e Cina e permettendo di collegare e sviluppare nuovi mercati, specialmente in Asia centrale, dove il nuovo progetto porterà stabilità economica e politica, e nelle province occidentali della Cina, dove verranno create “nuove aree” di sviluppo. La prima sarà la Lanzhou New Area nel Gansu, una delle regioni più povere della Cina nordoccidentale. “Durante la sua visita a Duisburg, il presidente cinese Xi Jinping ha compiuto un colpo da maestro da diplomazia economica contrastando direttamente lo sforzo della fazione neo-conservatrice di Washington per suscitare un nuovo confronto tra NATO e Russia.” (Press TV, 6 aprile 2014)
Sfruttando il ruolo di Duisburg quale maggiore porto interno del mondo, snodo storico dei trasporti in Europa e centro dell’industria siderurgica della Ruhr in Germania, propone che Germania e Cina cooperino nella costruzione di una nuova “via della Seta economica” che colleghi Cina ed Europa. Le implicazioni della crescita economica per tutta l’Eurasia sono impressionanti“. Curiosamente i media occidentali hanno finora ignorato entrambi gli eventi. Sembra che ci sia il desiderio di accompagnare la falsità delle illusione e arroganza occidentali assieme al silenzio. La Germania, il motore economico d’Europa e quarta economia del mondo (PIL da 3600 miliardi dollari US), all’estremità occidentale del nuovo asse commerciale sarà la calamita che attirerà altri partner commerciali europei della Germania verso la Nuova Via della Seta. Ciò che appare come un futuro vantaggio per Russia e Cina, comporterà anche sicurezza e stabilità, ciò sarebbe una sconfitta letale per Washington. Inoltre, i BRICS si preparano a lanciare una nuova moneta, composta dal paniere di loro valute locali, da utilizzare nel commercio internazionale, nonché una nuova valuta di riserva, sostituendo un dollaro gravato dal debito e piuttosto inutile, una prodezza benvenuta nel mondo. Insieme con la valuta dei nuovi Paesi BRICS (A) arriverà un nuovo sistema di pagamento internazionale, sostituendo negli scambi SWIFT e IBAN, rompendo così l’egemonia della famigerata manipolatrice di oro e valuta di proprietà privata Banca dei regolamenti internazionali (BRI) di Basilea, in Svizzera, detta anche banca centrale di tutte le banche centrali. Per esserne sicuri, la BRI è un’istituzione di proprietà privata a scopo di lucro creata nei primi anni ’30, durante la grande crisi economica del 20° secolo. La BRI fu costituita proprio per questo scopo, controllare il sistema monetario mondiale insieme alla FED, anch’essa di proprietà privata dei Banksters di Wall Street, l’epitome della proprietà privata non regolamentata. La BRI è nota ospitare almeno una mezza dozzina di riunioni segrete all’anno, in cui partecipa l’élite mondiale per decidere il destino di Paesi e intere popolazioni. La sua scomparsa sarebbe un altro gradito nuovo sviluppo.
Con la nuova via commerciale e il nuovo sistema monetario in formazione, altri Paesi e nazioni, finora presi dagli artigli della dipendenza dagli Stati Uniti, accorreranno verso il ‘nuovo sistema’, isolando man mano l’economia industriale militare (sic) di Washington e la sua macchina da guerra della NATO. Questo mutamento economico potrà mettere l’impero in ginocchio senza spargere una goccia di sangue. Lo spazio per una nuova speranza di giustizia e maggiore uguaglianza, la rinascita di Stati sovrani, può sorgere trasformando la spirale delle tenebre in una di luce.
Peter Koenig è un economista ed ex-impiegato della Banca Mondiale. Ha lavorato a lungo nel mondo dell’ambiente e delle risorse idriche. Scrive regolarmente per Global Research, ICH, Voce della Russia e altri siti Internet. È autore di Implosion, racconto basato sui fatti e su 30 anni di esperienza in tutto il mondo.
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