è questa la democrazia esportata da BUSH?

Qualcuno si chiede: Quanto petrolio c’è in Somalia?
Maurizio Blondet 10/01/2007

http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=1691&parametro=

D’accordo, è possibile che dietro le corti islamiche somale ci sia Al Qaeda.
E che per questo gli USA abbiano spinto il dittatore etiopico Museweni ad attaccare la Somalia, per mettere al potere un regime più amico dell’Occidente.
Ma dietro, c’è un altro motivo, non detto: il petrolio.
Che sotto le sabbie della Somalia ci sia petrolio (e parecchio) è un’ipotesi che viene definita «assurda» dal dipartimento di Stato e dagli esperti del settore.
Ma allora non si spiega perché la Conoco [di proprietà della fam.BUSH], grande petrolifera statunitense, abbia mantenuto aperta la sua enorme sede a Mogadiscio in tutti questi anni, in un Paese senza strade né governo, con le poche infrastrutture (italiane) distrutte da tempo, abbandonato all’anarchia, alla violenza e ai signori della guerra, da cui tutte le altre imprese estere sono scappate.
Questa sede - un vasto compound recintato da alte mura, sorvegliato da guardie armate locali e straniere - è anzi servita di fatto come ambasciata non-ufficiale degli Stati Uniti.
Poiché tutte le sedi diplomatiche a Mogadiscio sono crivellate dall’artiglieria, svuotate da anni di vandalismo, ogni diplomatico americano che si avventura per qualche missione nel Paese viene ospitato nel compound della Conoco; e così i capi e gli addetti delle organizzazioni non-governative USA e britanniche, collegate ai ministeri degli Esteri e ai servizi d’intelligence dei rispettivi Paesi, e intensamente occupate in Somalia in missioni definite «umanitarie».
«E’ solo nostro dovere di ospitalità come cittadini americani», dice John Geybaure, portavoce della Conoco ad Houston, Texas, aggiungendo che la diplomazia USA paga un regolare affitto per gli edifici che occupa nell’interno del compound fortificato.
D’accordo.

Ma è anche vero che ai tempi del dittatore Siad Barre (figlio di un pastore, diplomato in un corso per ufficiali dei carabinieri in Italia) i quattro colossi americani del petrolio, Conoco, Amoco, Chevron e Phillips avevano ottenuto dall’uomo forte i diritti di esplorazione su ben due terzi del territorio somalo, e negoziato grosse concessioni per l’estrazione.
La caduta di Siad Barre nel 1991 ha bloccato ulteriori sviluppi.
Ma ciò che hanno trovato i geologi della Conoco dev’ essere molto promettente, se la compagnia ha ritenuto necessaria la spesa per mantenere aperta la sua sede a Mogadiscio per quasi due decenni di caos e instabilità, dove ogni attività è di fatto stata impossibile.
Evidentemente, la continua presenza serve a proteggere gli investimenti già fatti e le prospettive future.



Il presidente della Conoco a Mogadiscio è Raymond Marchand, un francese che ha operato in Chad fino al giorno in cui la guerra civile ha obbligato la Conoco a sospendere laggiù le sue attività.
Naturalmente, Marchand è diventato un esperto della difficile situazione somala, con ottimi contatti e amicizie tra i signori della guerra.
Costoro sono, notoriamente, assetati di denaro e mazzette.
Si sa che Marchand ha firmato con Ali Mahdi Mohammed, uno dei signori della guerra che sono parte del «governo provvisorio»
scacciato dalle Corti Islamiche, un accordo «di sospensione» (standstill agreement) in cui è detto che le compagnie petrolifere non possono esercitare i loro diritti e le loro concessioni «per forza maggiore», il che significa che ritengono ancora validi i vecchi contratti stilati con Siad Barre, e che ne reclameranno l’adempimento appena la situazione diverrà meno rovente.
Ovviamente, è appunto questo accordo che rende il governo provvisorio (detestato dai somali) «sicuro per l’Occidente», e degno della protezione armata dell’Etiopia.
La rivista aziendale della Conoco ha pubblicato cinque anni fa una lettera del generale di brigata Frank Libutti (dei Marines) che loda Marchand per «il coraggioso contributo e l’altruistico servizio reso» ad una operazione umanitaria condotta, per ordine di Bush, in Somalia nel dicembre 2001: si trattava di salvare dalla fame, si disse allora, due milioni di somali.
Gli aiuti sbarcarono a Mogadiscio - insieme a diverse migliaia di Marines per la sicurezza dell’operazione.
Il generale Frank Libutti operò come assistente militare dell’inviato speciale americano in Somalia, Robert B. Oakley, il quale soggiornò appunto nel recinto fortificato della multinazionale, e Marchand si mise in luce come «facilitator» nei contatti tra il diplomatico USA e i signori della guerra poi divenuti membri del «governo» nemico di «Al Qaeda».
Studi della Banca Mondiale sostengono che i tesori petroliferi della Somalia sono più che promettenti, anche se allo stato attuale non quantificabili.



Ma la quantità non è quello che importa agli americani.
Lo disse nel 1986 George Bush padre, petroliere lui stesso ed allora vicepresidente USA sotto Ronald Reagan (dopo essere stato capo della CIA sotto Carter), quando si recò ad inaugurare la raffineria impiantata dalla Hunt Oil Company (texana) nello Yemen, nella cittadina di Marib.
La raffineria produceva 200 mila barili al giorno, non certo degni di una visita presidenziale.
Ma, disse allora Bush nel discorso ufficiale: «E’ ovvia la crescente importanza strategica di sviluppare fonti petrolifere ad ovest dello Stretto di Ormuz».
L’allusione è al collo di bottiglia del Golfo Persico, da cui passa tutta la produzione petrolifera saudita, irachena e iraniana.
Uno stretto nel centro di una zona altamente instabile, e che rischia in ogni momento di essere reso inagibile, per esempio in caso di un attacco all’Iran.
La Somalia, come lo Yemen, si trova ben lontana dallo stretto di Ormuz, e dunque esente dai possibili blocchi del collo di bottiglia: una fonte petrolifera sicura, in caso di crisi estrema nel Golfo Persico.
I geologi della Hunt Oil Company del resto hanno scoperto che il «loro» giacimento yemenita è parte di un vasto campo subacqueo che, attraverso il golfo di Aden, raggiunge il nord della Somalia.
Evidentemente, l’avvento delle Corti Islamiche ha disturbato i progetti a lunga scadenza espressi da Bush-padre: siano o no infiltrate dalla fantomatica Al Qaeda, esse non hanno assicurato il rispetto dei vecchi contratti di Siad Barre.
Di qui la necessità dell’intervento militare etiopico, il cui dittatore è notoriamente filo-americano.

L’Etiopia appoggia ormai da anni il secessionismo di due regioni somale molto importanti dal punto di vista minerario, il Somaliland e il Puntland, entrambe ex-colonie britanniche.
Nel 2005, un sedicente «governo indipendentista» del Puntland ha firmato un importante contratto con la Consort Private Limited, una ditta-fantasma con sede ufficiale alle Maldive, ma che in realtà opera da Londra, presso lo studio legale Anthony Black.
La Consort ha ottenuto tutti i diritti minerari e petroliferi del Puntland; ed ha ceduto il 50,01% di tali diritti ad una ditta australiana, la Range Resources Ltd.
Presieduta dal lord britannico Sam Jonah: lo stesso che presiede la Ashanti Anglo-Gold, la massima estrattrice di oro in Africa, e figura nel consiglio d’amministrazione della Anglo-American Corporation, altro colosso minerario.
Il guaio è che le Corti Islamiche stavano prendendo il sopravvento, con l’appoggio popolare, anche nel Puntland.
Ora, messe in fuga le Corti dall’intervento etiopico, il potere formale è tornato al «governo di transizione» riconosciuto dalla comunità internazionale, ma non dalla popolazione somala.
Un governo sostenuto dalle armi straniere.



Al Qaeda, se esiste, avrà facile gioco ad accendere il mondo islamico contro l’occupazione di una terra musulmana da parte di un occupante cristiano (l’Etiopia), e a innescare una guerriglia di liberazione che attrarrà militanti fondamentalisti da tutto l’Islam.
Per la Somalia comincia una nuova feroce stagione di guerriglia?
La Conoco deve pensare di no, visto che non ha chiuso il suo ufficio fortificato a Mogadiscio.


Maurizio Blondet
 
La "pericolosità" della società per criminalizzare il cittadino comune

Stiamo assistendo in questi ultimi anni nella società occidentale ad una degenerazione inquietante del diritto penale e dello stato sociale che porta sempre più ad una criminalizzazione della vita quotidiana e del cittadino comune.



Molte delle nuove leggi che vengono emesse tendono a condannare il cittadino comune con pene di reclusione anche quando non ha commesso alcun crimine. Così, mentre per alte sfere vi è un livello assoluto di impunità per i suoi crimini finanziari, economici, ecologici o sociali, il "mondo dei bassifondi" è sottomesso ad un controllo incessante e ad una repressione sproporzionata agli atti commessi. Da 2 anni, alcune nuove leggi apparse simultaneamente nei paesi occidentali presentano come fattore comune quello di condannare il normale cittadino per gli atti commessi durante la sua vita quotidiana. Si rischia la prigione per abuso edilizio, per i genitori che non fanno andare i bambini a scuola, per i sans papiers, per coloro che sono privi di documenti o sono ai margini della società, come i mendicanti o gli abusivi. In alcuni Stati, come la Francia, si rischia il carcere per eccesso di velocità, se si è responsabili dello stato di ebbrezza di qualcuno che ha provocato un incidente, o per la morte di una terza persona durante un incidente stradale. Sino poi ad arrivare al patologico esempio delle leggi sulla legittima difesa dei propri beni, che ammette in maniera assurda che si possa provocare la morte di qualcuno, solo per difendere dei beni materiali: non esiste in questo caso alcun rapporto tra il pericolo che si corre e la contromisura che si prende.

Si cerca insomma in tutti i modi di eliminare ogni rischio di incidente, ogni rischio di morte legato a degli eventi casuali, cosa di per sé impossibile in quanto il pericolo è una cosa che fa parte della vita stessa. Se una società vuole eliminare ogni rischio non farà altro che esasperare la vivibilità stessa, agendo sulla psicologia delle persone che sentendosi costantemente nel mirino della sorte, si sentiranno obbligate a prendere sempre le dovute precauzioni. Dagli allarmi agli antifurti, dalla vigilanza elettronica alle assicurazioni, sino a procurarsi un'arma: la paura, renderà la società sempre più pericolosa, e sempre più un vespaio di caos o crimini.

Allo stesso tempo, per compensare gli episodi di ingiustizia che portano a condannare persone innocenti, viene concesso l'indulto o l'amnistia, ottenendo come risultato quello di causare diffidenza e panico diffuso tra le persone. Un panico che viene ancor più amplificato dai media che trasmettono incessantemente e in maniera ripetitiva notizie di cronaca, di crimine e violenze domestiche, che colpiscono le piccole comunità, i piccoli paesi di provincia apparentemente tranquilli, le realtà suburbane abitate dall'impiegato o operaio medio. Le realtà disagiate, delle periferie urbane, post-industriali, in cui regna disoccupazione e degrado non fanno notizia, perché appartengono ormai alle notizie già apprese e già conosciute. Ciò che invece sconvolge di più sono gli episodi che contaminano la vita normale, che danno come messaggio subliminale quello che ognuno di noi può essere il prossimo ad essere colpito da dei crimini violenti e inaspettati. Da una decina di anni, i media hanno introdotto progressivamente una parola ed un concetto che non esisteva precedentemente: la "pericolosità". Così i media hanno inventato dunque, o "sostituito" questo concetto con l'idea che se qualcosa o qualcuno non sono realmente ed obiettivamente pericolosi, lo potrebbero comunque essere potenzialmente. La percezione del pericolo potenziale è una cosa soggettiva, e ogni innocente diventa potenzialmente colpevole. Il cittadino ordinario sarà sottomesso ad un'oppressione permanente, una sorveglianza elettronica costante, ed una paura onnipresente. Se seminiamo la paura allora raccolgo la sottomissione.

Una volta che i media hanno preparato il campo i governi hanno creato delle nuove leggi e dei nuovi reati basate su delle nozioni giuridiche sfumate e ambigue. Si sono create così delle pene per "procurato pericolo altrui": in virtù si questo principio una persona può essere incarcerata anche se non ha causato nessuno danno reale ad altri. Grazie all'11 Settembre, un passo in avanti nella storia del diritto è stato fatto negli Stati Uniti, col principio degli "arresti preventivi". Se avete un'accusa di terrorismo, potreste essere incarcerati oramai per un periodo illimitato, senza sentenza e senza un limite di termine per il vostro processo, anche se vi è solo il sospetto che possiate commettere un atto di terrorismo. Per esempio, essere di religione musulmana, frequentare le moschee potrebbe rendervi un probabile terrorista, e dunque un pericolo per la società. La nozione di atto terroristico viene stravolta a tal punto da coinvolgere fatti che non hanno niente a che vedere col terrorismo.

Vediamo così questa inquietante degenerazione del diritto che porta alla penalizzazione delle intenzioni e non degli atti. Tuttavia questo principio è assolutamente contrario allo stato di diritto, alla democrazia, e porta a creare una dittatura, ad una situazione in cui sarebbe possibile incarcerare delle persone per le loro opinioni. Ben presto potremmo davvero assistere alla statuizione del "crimine psicologico", della "polizia psicologica", in cui l'uomo non sarà più ucciso, ma sarà "eliminato", "cancellato" mediante l'alienazione della sua mente. Sono questi scenari sicuramente futuristici, ma non così inverosimili come potevano sembrare qualche decennio fa, perché più la nostra società va avanti, più possiamo notare come degenera lo stato di diritto e il "mondo del grande fratello" non sembra poi così diverso dal nostro.

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Quando gli sceriffi stringevano le mani ai carnefici

Hanno impiccato Saddam per dei reati che sono stati commessi proprio negli anni in cui Ronald Rumsfeld stringeva le mani a coloro che hanno fatto il famoso genocidio.
Come mai, però la Cia, con tutti i suoi mezzi e i suoi satelliti, non sapevano nulla, e non indagavano sugli amici dell'America. Insomma, hanno preso una grossa cantonata, gli sceriffi hanno preso una bella sbandata: allora come mai anche loro non sono stati impiccati?


ecco il video
http://www.liveleak.com/view?i=8d2b31faf3


insomma essere "amici" degli americani non è troppo igienico per la propria salute

se non riescono a compiere atti terroristici nella nazione amica (come in italia ) allora fanno in modo di impiccare l'amico dissenziente
 
vuoi mettere il prima con Saddam
col poi
la democrazia di BUSH.....
NON C'é PARAGONE
http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=1709&parametro= cultura


Iraq, bambini a perdere
Maurizio Blondet
20/01/2007


IRAQ - «Bambini malati o feriti, che potrebbero essere curati con mezzi semplici stanno morendo a centinaia perché mancano medicine di base e materiale sanitario elementare. Bambini che hanno perso le mani e gli arti sono lasciati senza protesi. Bambini con gravi traumi psicologici non ricevono trattamento»



Questa incuria, dicono, configura una violazione delle convenzioni di Ginevra, che obbligano le forze d'occupazione a «garantire la sicurezza e la cura sanitaria della popolazione occupata».
«Questo dovere non è stato adempiuto, e ciò colpisce gli ospedali per bambini con crescente ferocia»
 
tontolina ha scritto:
Quando gli sceriffi stringevano le mani ai carnefici

Hanno impiccato Saddam per dei reati che sono stati commessi proprio negli anni in cui Ronald Rumsfeld stringeva le mani a coloro che hanno fatto il famoso genocidio.
Come mai, però la Cia, con tutti i suoi mezzi e i suoi satelliti, non sapevano nulla, e non indagavano sugli amici dell'America. Insomma, hanno preso una grossa cantonata, gli sceriffi hanno preso una bella sbandata: allora come mai anche loro non sono stati impiccati?


ecco il video
http://www.liveleak.com/view?i=8d2b31faf3


insomma essere "amici" degli americani non è troppo igienico per la propria salute

se non riescono a compiere atti terroristici nella nazione amica (come in italia ) allora fanno in modo di impiccare l'amico dissenziente
Primakov offre agli USA una exit strategy dall’Iraq


L'ex primo ministro ed ex ministro degli Esteri Primakov con il presidente Putin. Attualmente Primakov presiede la Camera del Commercio e dell'Industria russa.

http://www.movisol.org/07news008.htm

19 gennaio 2007 – Nella trasmissione domenicale in prime time del 14 gennaio Vesti Nedeli (Notizie della settimana) l’ex primo ministro russo Yegeni Primakov, notoriamente vicino a Putin, ha trattato il tema dei rapporti intercorsi tra gli Stati Uniti e Saddam Hussein. Ha notato come l’esecuzione di quest’ultimo sia stata “improvvisa”, una decisione dettata dalla necessità di evitare che egli potesse parlare, perché “se avesse raccontato tutto quello che sapeva sarebbe stato un imbarazzo enorme per l’attuale presidente USA”.
Primakov ha passato in rassegna, con dovizia di dettagli, gli intrallazzi tra Saddam Hussein e certi ambienti americani, soffermandosi in particolare sul ruolo svolto da Donald Rumsfeld nel fare la corte e incoraggiare il raìs, cosa che è continuata anche dopo la strage di al-Dujail per la quale quest’ultimo è stato condannato all’impiccaggione.
Saddam avrebbe tra l’altro ricevuto dai suoi amici americani fotografie aeree ad alta risoluzione, il supporto degli AWACS ed altre forme di sostegno nel conflitto tra Iraq e Iran, tra il 1980 ed il 1988.
Nello stesso programma, un esperto nucleare russo ha riferito che se Saddam avesse potuto raccontare tutto ciò che sapeva sul conto degli USA, a cominciare dalla fornitura di tecnologie connesse al nucleare, gli Stati Uniti “sarebbero apparsi come dei provocatori di fronte al mondo intero”. Nell’ultimo accordo, che risalirebbe addirittura al 2003, Saddam si sarebbe impegnato a non opporre resistenze significative all’invasione americana. A tale riguardo occorre ricordare che Primakov fu una delle ultimissime personalità che incontrarono Saddam, prima di quell’invasione.
La trasmissione, che è tra le più seguite in Russia, ha anche mandato in onda la critica della “esecuzione frettolosa” che il parlamentare americano Dennis Kucinich ha fatto di fronte alle telecamere e l’ha commentata in questi termini: “I democratici detengono la maggioranza al Congresso e sono favorevoli ad un ritiro graduale delle truppe americane dall’Iraq”, e sono contrari alla politica di Bush di “mandare rinforzi alla guarnigione”.
Primakov ha concluso con una chiara offerta strategica: “Serebbe davvero una gran bella cosa se gli Stati Uniti si rendessero maggiormente conto che molte questioni semplicemente non possono essere risolte senza la Russia. Noi abbiamo collegamenti con la Siria che nessun altro ha. Abbiamo collegamenti con l’Iran che gli USA non hanno. Abbiamo contatti con Hamas che gli USA non hanno. Abbiamo contatti con Hezbollah che gli Stati Uniti non hanno. In tale contesto, la Russia può far molto e spero che lo faccia”.


Si tratta di una proposta in evidente sintonia con la "Dottrina LaRouche per il Sudovest asiatico" (vedi qui http://www.movisol.org/dottrina.htm)
 
DEMOCRAZIA BUGIARDA

Bush: Le bugie e una piccola verità

Dichiara Bush al Congresso: “per la salvezza del popolo americano dal terrorismo l’America deve e può vincere” E’ veramente triste che il solenne discorso sullo Stato dell’Unione, a Camere riunite, cominci con evidenti bugie e con l’inganno, proprio da parte di chi vuole porgersi al mondo quale “modello di democrazia” e invece eleva la menzogna a sistema di governo.

Con quella affermazione si avverte il popolo americano che solo una vittoria militare può garantire gli Usa da altri attentati terroristici, mentre è vero ed evidente l’esatto contrario, che l’aggressione all’Iraq ha fabbricato migliaia di “terroristi”, ingigantito l’odio antiamericano per le centinaia di migliaia di vittime e per le distruzioni, odio che si somma a quello maturato durante il colonialismo inglese fino alla 1° guerra del Golfo di Bush padre, e odio per lo spudorato appoggio a Israele contro il popolo della Palestina.

L’unico modo con cui l’America può ottenere il risultato di non essere più nel mirino del terrorismo è la sua rinuncia unilaterale a qualsiasi intervento militare, a ritirare le sue basi e le sue truppe da tutto il mondo, e comportarsi come tutte le altre nazioni che non possiedono basi fuori dal proprio territorio, e affidano alla politica le eventuali controversie.

Un altro argomento, usato come inganno per l’opinione pubblica americana, è che un disimpegno in quell’area provocherebbe guerre civili e l’egemonia dell’Iran sui paesi del Golfo o chissà quale altro disastro, mentre il solo ed unico obiettivo degli Usa è quello del controllo dei flussi petroliferi, della loro denominazione in dollari, e che questo flusso non arrivi alle emergenti economie di Cina ed India che hanno già infranto l’egemonia economica dell’Impero Usa, che presto diventerà solo uno dei poli di un mondo finalmente multilaterale, di cui l’Europa sarà una protagonista.

Ma, a fronte dell’ottusa insistenza per aumentare il numero dei militari in Iraq, Bush se ne esce con un invito a ristrutturare il settore energetico e a usare energie alternative che facciano finire per gli Usa la dipendenza dal petrolio estero, e questo, sommato alla espressione della sua faccia, e al fatto che il 70% degli americani lo boccia, contiene una inaspettata verità sul futuro dell’influenza Usa sul Mediooriente e sul suo petrolio, che indirettamente vuol dire: risparmiamo e affidiamoci alle energie alternative che prima o dopo da lì ci cacciano.

La fine dell’Impero Usa è già iniziata, e capirlo e spiegarlo è fondamentale per evitare che l’agonia sia lunga e costi al mondo altri lutti, distruzioni, inquinamento, e sarebbe utilissimo che i dirigenti politici europei accelerassero questo processo, smarcandosi dalla politica filo-Usa e revocando i permessi per tutte le basi militari (altro che raddoppiare Vicenza),e sciogliendo la Nato. E teniamo conto di una cosa che tutti fanno finta di non capire: l’Europa non è minacciata da nessuno e nessun esercito islamico ha la benché minima possibilità di invaderla, e non abbiamo bisogno di alcuna tutela, potremmo solo essere vittime di qualche episodico atto terroristico, ma solo se continuiamo in questa castrante e sbagliata alleanza con l’America, della quale non vogliamo essere né alleati, nè nemici, ma competitori.

Paolo De Gregorio
 
Il miracolo USA in Iraq: la moltiplicazione delle guerre e…dei morti

Ormai è ufficiale. Gli USA hanno compiuto un miracolo in Iraq e lo ha rivelato al mondo intero il Ministro della Difesa Gates affermando che “in Iraq non c’è una guerra ma ce ne sono quattro: una contrappone sciiti a sciiti, principalmente nel sud; la seconda e' un conflitto settario in corso principalmente a Baghdad; la terza e' portata avanti dai ribelli; e la quarta e' quella di al Qaeda”….

E tutto il mondo naturalmente deve essere grato alla superpotenza americana di questo miracolo che s’ispira liberamente a quello della moltiplicazione dei pani e dei pesci, che però è di antica data e del tutto obsoleto. Ora ci troviamo di fronte invece a un’impresa moderna, ben progettata e realizzata in pochi anni, merito esclusivo del Commander in Chief che siede alla Casa Bianca. Complimenti vivissimi.

Ma solo poche ore prima delle illuminate e geniali parole di Gates, i 16 servizi segreti americani avevano divulgato un rapporto che metteva a nudo la crisi irachena in tutta la sua gravità e complessità e che con molti equilibrismi linguistici svelava "che il termine 'guerra civile' non rappresenta adeguatamente la complessità del conflitto in Iraq. Tuttavia, il termine 'guerra civile' descrive accuratamente elementi chiave del conflitto iracheno, compreso il rafforzamento delle identita' etno-settarie, un cambiamento epocale nel carattere delle violenze, una mobilitazione etno-settaria e la fuga della popolazione dalle proprie case".

Mentre sulle operazioni militari americane i servizi confermano che se non s’invertirà subito la rotta fermando gli scontri tra sciiti e sunniti "la situazione nel campo della sicurezza continuerà a deteriorarsi nei prossimi 12-18 mesi a un ritmo comparabile a quello della fine del 2006”.

Però, ovviamente, per i servizi d’intelligence USA le potenzialità militari degli Usa e della coalizione “rimangono un elemento essenziale, compresi la consistenza numerica delle truppe, le risorse messe a loro disposizione e la prosecuzione delle operazioni di sicurezza. Un rapido ritiro avrebbe conseguenze pericolose, con violenze ancora maggiori”.
Quindi come al solito si prende atto che la situazione è disastrosa e peggiorerà molto probabilmente nei prossimi mesi, ma non ci si può ritirare perché altrimenti la situazione peggiorerà. Un ragionamento tragicomico, un po’ come dire mentre si sta correndo in auto “Stiamo andando a schiantarci contro un muro però proseguiamo dritto ugualmente perché altrimenti usciamo fuori strada e rompiamo il semiasse”…... Purtroppo però non è affatto una novità, è un ritornello vecchio e stantio che ormai conosciamo a memoria.

All’amministrazione Bush comunque non è piaciuto affatto che i servizi abbiano usato il termine “guerra civile”

e infatti l’ex della CIA Gates ha immediatamente replicato dichiarandosi in disaccordo sull'uso della definizione "guerra civile" per caratterizzare la violenza che insanguina l'Iraq affermando che “non e' una questione semantica”.

Ma lo ritiene “il risultato di una semplificazione eccessiva che non rende l'idea della complessità di quanto sta accadendo in Iraq”. Ok, ci crediamo….non è una questione semantica; ma Gates o Bush dicano al mondo allora come si deve definire altrimenti una situazione in cui iracheni ammazzano altri iracheni quotidianamente, magari scopriremo finalmente il neologismo che tutto il mondo anela di conoscere. Ma Gates forse ha già risolto la questione dicendo semplicemente che “in Iraq non c’è una guerra civile ma ci sono quattro guerre”…..et voilà.

Nel frattempo i soldati USA ammazzati in Iraq sono quasi 3100; ma questa è un’altra guerra, la quinta…

Enrico Sabatino
 

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