L'Enel dice addio a Porto Tolle 
  di  Jacopo Giliberto26 settembre 2014 
  			 				 	 			
L'Enel dice addio a Porto Tolle - Il Sole 24 ORE
 						
 						 					
 				 				 					 				              
    	  
 
 
 L'Enel abbandona il progetto di trasformare in un grande  impianto a carbone la vecchia grande centrale di Porto Tolle (Rovigo),  sul delta del Po. Un groviglio di difficoltà normative, contenziosi  locali fra i sostenitori e i nemici del progetto, un processo penale,  l'impegno di contenere il debito sono fra i motivi che invogliano ad  abbandonare il progetto da 2,5 miliardi di euro. 
 
Ma soprattutto è cambiato lo scenario: i consumi elettrici  sono precipitati e lo sviluppo delle fonti rinnovabili d'energia (circa  il 40% della corrente elettrica prodotta in Italia) tengono spente  moltissime centrali, le quali producono perdite invece di chilowattora.
Dice  l'Enel: «A fronte dell'evidente cambiamento del contesto energetico e  della differente dinamica tra domanda e offerta di energia avvenuti  negli ultimi dieci anni, tanto è durato l'iter autorizzativo – peraltro  non ancora concluso – per la riconversione della centrale di Porto  Tolle, nuove alternative devono essere esaminate per l'impianto polesano  alimentato a olio combustibile».
I sindacati non vogliono che la  vecchia centrale, spenta da cinque anni, lasci a casa i dipendenti. Una  soluzione sarà trovata, stando al succinto comunicato dell'Enel, la  quale «conferma la volontà di ricercare nuove soluzioni condivise con  territorio ed enti locali, nella prospettiva di creare valore e  salvaguardare l'occupazione nell'area della centrale». In altre parole,  potrebbe nascere una minuscola centrale alimentata con energie  rinnovabili (per esempio biomasse coltivate in zona) al posto di una  centrale di dimensioni giganti che dopo tre anni di costruzione avrebbe  dato lavoro a un migliaio di addetti.
 
	 		 	 	 		 			 			 	 		 		 	
 Il gigantismo della centrale attuale, costruita nei primi  anni '80, si vede già dalla 
ciminiera, il più alto edificio d'Italia. È  un cilindro alto 250 metri dalla cui sommità, spazzata dai venti in  quota, nelle belle giornate si distingue il profilo dell'Istria. La  centrale è sulla punta estrema del delta del Po, sull'isola di Polesine  Camerini, contornata da canneti, lagune e colture senza confini. 
Il solo  comune di Porto Tolle è più vasto dell'intera provincia di Trieste ed è  abitato da un manipolo di contadini e pescatori con una densità di  appena 44 persone per chilometro quadro, quanti ne conta il Bhutan sulle  vette dell'Himalaya.
Immediati i commenti dei politici locali, dei  sindacalisti e delle associazioni ambientaliste. Legambiente e Wwf  congiuntamente chiedono che ora si punti alle rinnovabili e  all'occupazione che esse possono generare. Il segretario della Cgil del  Polesine, Fulvio Dal Zio, esige garanzie per qualche 
centinaio di posti  di lavoro «con il massimo del rispetto ambientale». Battagliero il  presidente del Veneto, Luca Zaia: il Polesine «non merita una delusione  così forte» e «l'Enel non pensi di cavarsela a buon mercato». Greenpeace  parla di «un passo chiaro nella direzione della progressiva riduzione  delle emissioni di CO2».