LA FINE DEI GIOCHI
CRISI: NEL 2011 PAESI EURO EMETTERANNO TITOLI PER 1000 MLD
Pubblicato il 23 novembre 2010 | Ora 17:24
Fonte:
Asca
(ASCA) - Roma, 23 nov - Un macigno da 8 mila miliardi di euro. A tanto ammonta il debito pubblico dei 16 paesi dell'area euro. Dall'esplosione della crisi greca, i mercati sono preoccupati sulla capacita' dei paesi dell'Eurozona di sostenere un tale peso sui conti pubblici e reagiscono chiedendo rendimenti piu' alti sui titoli emessi dai governi. Da oggi alla fine dell'anno sono attesi nuovi collocamenti per una settantina di miliardi per un totale nel 2010 che ammonta a 965 miliardi di euro secondo uno studio di Chiara Cremonesi di Unicredit. Un ammontare in linea con quello dell'anno scorso. Per il 2011 e' prevedibile un aumento del ricorso al mercato da parte dei governi alla luce della crescita del debito pubblico. Dunque l'anno prossimo e' probabile che sul mercato verranno offerti titoli di Stato per un ammontare superiore ai mille miliardi di euro da parte dei 16 paesi dell'area euro. A questi importi vanno poi aggiunti i prestiti che per i paesi euro ammontano, secondo dati Eurostat, a 1.069 miliardi di euro di cui 129 miliardi a breve termine (entro un anno). Per i paesi euro l'ammontare dei titoli in circolazione supera i 6 mila miliardi di euro e di questi quasi 800 miliardi di euro sono rappresentati da titoli con durata fino a un anno. Poi ci sono i titoli a lungo termine che vengono a scadenza e sempre secondo i dati della Bce ammontano a quasi il 20% del pil, quindi oltre 200 miliardi di euro di titoli che scadranno l'anno prossimo. Una manna per gli investitori. Senza potenziali rischi sui cambi e nella certezza che nessun paese euro verra' fatto fallire, acquistare titoli di debito pubblico e' a rischio zero e con l'allettante prospettiva di rendimenti in crescita. Nell'ultimo bollettino mensile, la Bce ha segnalato che le tensioni sui debiti sovrani alimentano la crescita del ricorso al mercato dei governi emettendo titoli con un ''robusto trend di crescita del 7,7%'' su base annua. Dal quarto trimestre dell'anno le obbligazioni statali in circolazione hanno superato quelle bancarie (5.500 miliardi contro 5.300). Negli ultimi due anni mentre le obbligazioni bancarie hanno oscillato tra 5.200 e 5.400 miliardi, i titoli di debito pubblico sono passati da 4.800 a oltre 6.200 miliardi di euro. Aumenta in modo consistente il ricorso a titoli a breve termine (con scadenza fino a un anno) da parte dei governi come nel caso della Francia, volendo sfruttare i livelli molto bassi dei tassi di interesse. Parigi vanta quasi 1.300 miliardi di euro di titoli in circolazione di cui 261 miliardi con scadenza a breve, un ammontare superiore a quello dell'Italia che si ferma a 143 miliardi a fronte di 1.450 miliardi di euro di titoli circolanti. Il tesoro italiano invece conferma il trend di innalzamento della durata media del debito che nel 2010 sale a 7,16 anni, quasi sei mesi in piu' in appena 4 anni. Nell'area euro anche l'Olanda e il Belgio hanno cercato di sfruttare i tassi bassi privilengiando le scadenze a breve mentre paesi come Germania e Danimarca mantengono una limitata esposizione a breve (106 miliardi per berlino su 1.300 miliardi di circolante e 5 miliardi per la Danimarca su 545 miliardi). Dai dati della Bce emerge che i titoli di Stato con scadenza entro un anno dieci anni fa erano appena il 3,7% del pil per salire all'8,6% dell'anno scorso. La crescita consistente dei titoli di Stato ha comportato una anche rilevante modifica nella composizione dei detentori dei bond governativi. Nel 2000 il 44% dei titoli pubblici erano nei portafogli di residenti nell'area euro, percentuale che e' scesa fino al 32,7%. I tassi di interesse ai minimi storici stimolano molti governi a privilegiare le emissioni di titoli a breve ma la fase di tensione e nervosismo sui mercati provoca spiacevoli sorprese, specialmente per i paesi piu' periferici, in particolare Irlanda, Grecia e Portogallo. Ma anche per la Spagna suona un campanello d'allarme testimoniato dall'asta odierna di titoli a 3 e sei mesi con tassi in forte rialzo. Per rendere meglio l'idea, Madrid paga un rendimento doppio rispetto all'Italia sulle scadenze brevi. Da qui a fine anno la Spagna ha in calendario altri collocamenti per 10 miliardi di euro per un totale nel 2010 di 97 miliardi ma 'anno prossimo, secondo Moody's, le necessita' di rifinanziamento aumenteranno di 25 miliardi. Guardando all'Italia, al momento non sembrano esserci nuvole all'orizzonte. Secondo alcuni operatori ''i Btp italiani godono di un certo favore da parte degli investitori. Poi, da qualche tempo, sul mercato secondario si vedono acquisti da parte di operatori cinesi, banche e di due fondi sovrani''. Tra le criticita' italiane l'elevato rapporto debito/pil superiore al 118%, ma un rapporto deficit/pil molto piu' contenuto rispetto ad altri paesi dell'Eurozona e il terzo migliore saldo primario di bilancio pubblico (nel 2010, l'Fmi stima -0,8% del Pil) tra i paesi sviluppati, extra-europei inclusi, solo la Corea e la Norvegia mostrano saldi positivi. La settimana scorsa l'economista Nouriel Roubini ha sostenuto che l'Italia non e' a rischio avendo gia' realizzato riforme importanti in campo pensionistico e non avendo una bolla immobiliare. Discorso diverso la Spagna, che presenta un debito pubblico netto di oltre 700 miliardi di euro, troppo grande per farla fallire ma anche troppo grande per salvarla. Per gli operatori rischiano soprattutto Portogallo e Spagna. L'effetto domino e' infatti alimentato dallo stesso meccanismo di salvataggio dei paesi dell'Eurozona messo in piedi dall'Ue e Fmi. Come gia' accaduto per la Grecia, anche nel caso dell'Irlanda, non ci sara' alcuna ristrutturazione del debito pubblico in quanto prevale il principio che nessuno Stato puo' fallire. ''Prima si vendono allo scoperto i titoli di Sato, cosi' i prezzi scendono. Poi, non appena si materializza l'intervento di salvataggio, li si ricomprano a prezzi piu' bassi sicuri, tanto l'intervento Ue assicurera' il rimborso dei titoli al 100%. Situazione ben diversa se i salvataggi comportassero una ristrutturazione del debito, in questo caso gli investitori sopporterebbero una riduzione nel valore di rimborso dei titoli.Per gli speculatori, l'attacco al debito sovrano non sarebbe piu' una scommessa a senso unico con guadagni garantiti'', spiega Alessio Fontani, responsabile analisi e mercati finanziari della Banca Crf. Proprio per questo la Germania insiste da qualche tempo a coinvolgere anche i portatori di titoli pubblici in caso di interventi di sostegno dell'area euro. ''L'attacco agli stati sovrani dell'Eurozona ricorda quanto accaduto agli inizi degli anni 90. Allora si trattava di affossare la lira e la sterlina, lo si fece vendendo allo scoperto queste valute. Le banche centrali difesero inutilmenue le loro monete dando fondo alle loro promesse di pagamento, cioe' le riserve valutarie. La stessa cosa accade con il fondo europeo da 440 miliardi che contiene promesse di pagamento da attivare su richiesta del paese in crisi. Una sorta di bancomat a disposizione della speculazione. Molto diverso se i fondi fossero disponibili in un bilancio accentrato dell'Eurozona. Allora le crisi sarebbero affrontate con il trasferimento dei fondi ai paesi in crisi per sostenere il Pil invece che, sulla scia di politiche deflattive, a detrimento della crescita. D'altra parte Robert Mundell, nobel in economia e padre teorico dell'euro, ha sempre sostenuto che l'unione monetaria ottimale tra paesi funziona non solo con la flessibilita' e la mobilita' del lavoro ma serve anche un bilancio accentrato'', conclude Fontani.