qualcuno
ha visto un crollo?
no... anzi si vola.... ma non sui fondamentali...
La crisi vista dai numeri: l’Europa va verso il collasso?
Altro che ripresa. Le tensioni finanziarie si stanno allontanando ma l'economia reale dell'Europa è a terra e non si intravedono segnali di ripresa.
A leggere i quotidiani, questo inizio di 2013 sembra suggerire serenità sui mercati finanziari, un sentimento di fiducia maggiore tra gli investitori e una tiepida speranza di risalire la china della crisi. Certo, le borse segnano aumenti ormai da alcune settimane, mentre gli spread sono in calo evidente. Ma che questo corrisponda a un miglioramento anche solo minimo delle condizioni dell’economia reale, è un’ovvia falsità.
Previsioni economiche 2013: gli ultimi numeri del 2012 non promettono nulla di buono
Gli ultimi dati Istat ci dicono che la disoccupazione giovanile in Italia è esplosa a novembre al 37,1%, il massimo dal 1992. E se le serie storiche fossero iniziate prima, sarebbe probabile che dovremmo risalire fino agli anni Settanta per trovare un risultato peggiore o uguale a questo. Oltre 640 mila giovani tra 15 e 24 anni non trovano lavoro, senza contare che una grossa parte nemmeno lo cerca, tanto ha poca speranza di trovarlo.
Crisi euro: l’economia reale del Vecchio Continente non riesce ad arrestare il declino
Ma la situazione è tragica in tutto il Sud Europa. I disoccupati in Grecia sono già al 26%, mentre in Spagna al 26,6%. Nei prossimi mesi si prevede un 30% per Atene, cosa che potrebbe portare il Paese verso una vera rivolta contro le istituzioni. Questi numeri ci dicono che da queste parti la situazione del mercato del lavoro è peggiore persino della tanto studiata Grande Depressione del ’29 negli USA. I giovani disoccupati in Grecia sono il 57,6%, in Spagna il 56,5%.
E attenzione a pensare che il Nord Europa si stia salvando dalla sciagura. Da 10 mesi consecutivi, l’attività manifatturiera in Francia e Germania registra un calo, mentre nel mese di novembre in Francia la vendita di auto è crollata del 28% su base annua. L’industria automobilistica transalpina produceva 3,5 milioni di veicoli nel 2005, mentre nel 2012 ha chiuso a 2 milioni.
E pensare che le privazioni di grosse fette delle popolazioni europee stiano dando un qualche visibile risultato in termini di risanamento dei conti è un’assurdità. Il debito pubblico in Grecia, nonostante il taglio del valore nominale dei titoli e il riacquisto dei titoli propri sul mercato secondario, sta avvicinandosi al 200% del pil. Per Citigroup, le probabilità che Atene lasci l’Eurozona entro i prossimi 12-18 mesi sono del 60%. Certo, arrivavano al 75% nell’estate scorsa, ma il 60% è sempre il 60%.
Sempre a novembre, l’Italia ha subito un marcato crollo delle vendite al dettaglio, il maggiore degli ultimi 17 mesi. Questo, mentre la pressione fiscale nel 2012 aumentava del 2% del pil, divorando salari, stipendi e tredicesime e comprimendo, com’è ovvio, i consumi, i risparmi e gli investimenti.
Il tasso di povertà relativa in Grecia è salito al 36%, era al 20% solo nel 2009. E in tutti gli stati del Sud crescono le rapine, i furti, i suicidi, tanto che in vaste zone della Grecia molte famiglie si privano di uscire di casa, per timore della criminalità dilagante sulle strade. E con essa aumenta il sentimento di insoddisfazione verso lo stato, tanto che i neonazisti di Alba Dorata sarebbero oggi il terzo partito, stando ai sondaggi, promettendo la mano pesante contro i criminali, gli stranieri e l’Europa.
Il Rapporto 2012 della UE è lugubre, perché teme un’esplosione delle tensioni sociali, a causa del rischio di molti italiani (ma il discorso vale anche per gli altri stati del Sud), in seguito al peggioramento del mercato del lavoro nel corso del 2013. Recita il rapporto che in questi Paesi “è molto alta la probabilità di entrare nella fascia di povertà e bassa quella di uscirne” (L’Italia stretta tra povertà, disoccupazione giovanile e “polemiche da McDonald’s”).
E senza un miglioramento visibile dell’occupazione nei prossimi mesi è verosimile che l’economia regga, spread o non spread? Siamo sicuri che – limitandoci al nostro Paese – l’esasperazione dei tanti disoccupati, giovani in testa, che non trovano lavoro non sfoci in episodi di disordine sociale? E pensiamo forse che bastino le elezioni politiche di febbraio per dare sfogo alla rabbia altissima e al senso di frustrazione palese e trasversale a tutte le classi sociali?
Dalla crisi economica all’emergenza sociale
Un primo dato lo potremmo cogliere con le politiche. Se la partecipazione alle urne sarà in stile siciliano, ossia si dovesse porre a livelli di allarme, il rischio è che avremo potuto superare già il punto di non ritorno, in quanto ciò sarebbe il segnale che i cittadini non ripongono alcuna fiducia nelle istituzioni e viaggiano su un binario parallelo. E’ verosimile che l’affluenza su base nazionale sia più alta del miserrimo 47% raccolto in Sicilia alle regionali del 28 ottobre. Ma bisogna vedere quanto più alto e se in alcune regioni i livelli non siano dissimili dal dato siciliano.
I disoccupati, che già si attestano a 2 milioni 870 mila unità, dovrebbero crescere fin quasi il 12% della popolazione lavorativa quest’anno e cosa anche peggiore è che questo implica che molte persone siano destinate a rimanere senza lavoro a lungo, esaurendo così la fruizione del periodo concesso per le indennità di disoccupazione e per la cassa integrazione a loro disposizione. E senza un reddito, oltre che un lavoro, in assenza di alternative inizieranno a materializzarsi scene concrete di fame e miseria. Altro che il demenziale redditometro di Befera, volto a stabilire se qualcuno abbia un lavoro nero o evada il fisco. In questa fase di pura emergenza, dovremmo auspicare che molti lavoratori trovino almeno un’occupazione in nero. Prima delle tasse viene il diritto primario al cibo.
Per concludere, non facciamoci cogliere dal facile entusiasmo della finanza per la discesa dello spread e per la ripartenza (tutta da verificare) delle borse. Ci aspetta un 2013 del tutto ignoto e la Grecia è sempre lì ad aspettarci al varco già dalla prossima primavera. E in attesa che arrivi la Terza Repubblica, le istituzioni italiane potrebbero collassare sotto i colpi di una rivolta di massa.
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