altro che colpo.. testa in giù mi sa che è molto riduttivo..li darei in mano all'isis...
Fidi Toscana paga per papà Renzi, Roma rimborsa - Toscana - il Tirreno
Fidi Toscana paga per papà Renzi, Roma rimborsa
La garanzia per il mutuo non saldato pagata dal fondo del ministero. Donzelli (Fdi) torna ad attaccare il premier con nuovi documenti di Mario Neri
Tiziano Renzi e sullo sfondo il... Tiziano Renzi e sullo sfondo il figlio Matteo in una foto di due anni fa
FIRENZE. Un buco da 263.114 euro coperto per intero con soldi pubblici. «Negli ultimi anni in Italia gli imprenditori hanno pagato sulla loro pelle gli effetti della crisi, la crisi della famiglia Renzi invece è stata risolta dai cittadini, i debiti del padre sanati dal governo del figlio». Il sillogismo (e la denuncia) è di Giovanni Donzelli. Il consigliere regionale di Fratelli di Italia ha ricostruito, a suon di richieste di accesso agli atti, i passaggi del finanziamento ricevuto dalla Chill srl, famosa per essere finita nel mirino della Procura di Genova, dove aveva sede l’azienda attiva in marketing e comunicazione. L’accusa è di bancarotta fraudolenta e vede fra gli indagati anche Tiziano Renzi, il babbo del premier.
Finora si pensava fosse stata Fidi Toscana, la finanziaria di cui la Regione possiede il 49 per cento, a ripianare la mancata restituzione del maxi prestito concesso nel 2009 dal Credito Cooperativo di Pontassieve alla Chil, quando era intestata ancora a Laura Bovoli e Matilde Renzi, rispettivamente madre e sorella del premier e di cui «seppure in aspettativa - dice Donzelli - Matteo Renzi era ancora il dirigente». Invece gran parte della linea di credito «è stata coperta a ottobre scorso dal Fondo centrale di garanzia del ministero dello Sviluppo economico, che ha rimborsato 236 mila euro a Fidi» , aggiunge il consigliere di Fdi.
Quella linea di credito era stata aperta dalla banca di Pontassieve, la stessa oggi presieduta da Matteo Spanò, scout, amico e sostenitore di Matteo Renzi.
All’epoca della richiesta di finanziamento il premier non è neppure il “rottamatore” che poi avrebbe scalato il Pd nazionale, ma è presidente della Provincia di Firenze. «Chil srl - dice Donzelli - presenta richiesta di un finanziamento da 437 mila euro tramite la Bcc di Pontassieve il 16 marzo 2009, la garanzia di Fidi viene deliberata il 15 giugno, quando a Firenze Renzi si sta giocando il ballottaggio alle comunali. L’erogazione si concretizza il 13 agosto, quando ormai è già sindaco».
Le garanzie di Fidi vengono concesse nell’ambito di un piano di sostegno alle piccole e medie imprese varato nel 2008 e sostenuto da un fondo. Le cose poi per la company della famiglia Renzi si complicano. A ottobre 2010 la Chil si divide e un ramo d’azienda viene ceduto a Chil Produzioni, diventata poi Eventi 6 srl, l’azienda “sana” ancora oggi in mano alla mamma e alla sorella del presidente del consiglio. Le quote di quella che pare la “bad company” vengono cedute da Babbo Renzi, che nel frattempo ne ha preso le redini, al genovese Gian Franco Massone (anche lui indagato) poco prima del tracollo.
La prima rata del mutuo salta il 12 agosto del 2011. La Chil fallisce nel febbraio 2013. Fidi Toscana liquida l’80% dell’esposizione alla banca di Pontassieve il primo agosto dello stesso anno. Ma più di un anno dopo, il 30 ottobre 2014, pochi mesi fa dunque , la finanziaria recupera quasi tutte le perdite perché dal ministero dello Sviluppo economico viene attivata una controgaranzia da 236.803,23 euro . «Fidi in pratica - conclude Donzelli, che ha presentato un'interrogazione insieme ai consiglieri Marina Staccioli e Paolo Marcheschi - ci ha rimesso 26.311 euro. E alla fine a pagare i debiti della famiglia Renzi è stato il governo Renzi, quindi noi cittadini. Credo sia immorale e che il premier dovrebbe restituire quei soldi».
LA POSIZIONE DI FIDI TOSCANA. «Non ero ancora arrivato quando fu data la garanzia - dice l’ex direttore di Fidi Toscana, Leonardo Zamparella - ma credo che la Chil avesse tutte le credenziali per riceverla. Per il resto, l’intervento del Fondo centrale di garanzia del ministero, sebbene arrivato nel 2014, era stato chiesto da noi non appena liquidata la somma alla banca di Pontassieve nel 2013». I consiglieri di Fdi, nell’interrogazione, chiedono però se Fidi avrebbe potuto revocare il finanziamento visto che la società era stata «radicalmente trasformata» ed erano venute meno le condizioni iniziali. «No, non sarebbe stato possibile - conclude Zamparella - perché avrebbe significato revocare la garanzia alla banca, la quale avrebbe potuto rivalersi su di noi».