dona46
Forumer storico
macroeconomia
La leva di banche d'investimento, banche commerciali e fondi hedge si è ridotta nel corso della crisi ma non bisogna pensare che, a crisi finita, tornerà ai livelli di un anno fa. Risalira un poco, ovviamente, ma rimarrà definitivamente più bassa, e non di poco, rispetto ai tempi della felice innocenza. Definitivamente, in finanza, significa per qualche anno, ma in questo caso il fenomeno potrebbe protrarsi anche per uno o due decenni. La seconda ragione di straniamento è che, come scrive El Erian, alla riduzione della leva delle banche sta per affiancarsi la riduzione della leva del consumatore americano. Ci viene qui in mente un vecchio libro di Henry Kaufman del 1986 in cui si mostrava nella terza pagina di copertina un grafico impressionante sulla crescita inarrestabile del rapporto tra indebitamento e reddito nelle famiglie americane. Kaufman (un uomo serio e inteligente che aveva lavorato a .lungo alla Fed e che era diventato il guru pessimista dell'epoca, come oggi Marc Faber) definiva nsostenibile quel livello di indebitamento. Tanto insostenibile, in realtà, da avere continuato a salire per tutti gli anni Novanta e Duemila. Sì, si replicava, sale il debito ma scendono i tassi, per cui il cash flow non cambia. Oppure sì, sale il debito ma sale anche il valore degli asset (casa e azioni) per cui il rapporto debito-patrimonio non cresce (questo lo diceva sempre Greenspan). Ora però la sensazione di capolinea è molto diffusa e nessuno nella Fed si arrampica sui vetri per teorizzare un'ulteriore espandibilità dell'indebitamento, specie ora che il valore degli asset non sale più, mentre i tassi non sono più comprimibili. Certo, la montagna di debito non deve necessariamente crollare (nessuno se lo augura, anche perché la via veloce alla riduzione del debito, come è noto, è il default), ma non può assolutamente innalzarsi ancora verso il cielo.
Il terzo elemento di straniamento è che il mondo come lo conoscevamo, in fasi di rallentamento ciclico, vedeva scendere, non salire, il petrolio e le materie prime. Se c'erano shock da offerta duravano pochi mesi. Oggi allo shock da domanda si affianca uno shock da offerta strutturale (e sul petrolio, per qualcuno, terminale). La situazione non è necessariamente drammatica, ma è certamente molto seria.
In questo strano e non esaltante nuovo mondo c'è per fortuna un quarto elemento positivo, ovvero i paesi emergenti, intesi non solo come economie in sviluppo ma come compratori di asset finanziari e reali. La ricostituzione dello zoccolo di riserve classiche (quelle da tenere in titoli a basso rischio di pronto smobilizzo alla bisogna) è ormai terminata per tutti, in Asia come in America Latina o in Russia. Da qui in avanti tutti i dollari che arriveranno nelle loro casse (e saranno ancora tanti, perché il disavanzo americano delle partite correnti, per quanto in calo, rimane elevato) verranno subito reinvestiti in azioni, foreste, immobili, silos di grano o di petrolio.
E' ben possibile, nel nuovo mondo, che la riduzione della leva delle banche e dei consumatori americani sia bilanciata dalla domanda reale e finanziaria dei paesi emergenti. Questa manovra di bilanciameno è però, oggettivamente, straordinariamente complessa e delicata. La simultaneità, a tratti, può venire a mancare e creare dei vuoti d'aria tanto nei mercati quanto nell'economia reale. Il peggio è alle spalle, ma il nuovo mondo non è necessariamente molto ospitale.
La leva di banche d'investimento, banche commerciali e fondi hedge si è ridotta nel corso della crisi ma non bisogna pensare che, a crisi finita, tornerà ai livelli di un anno fa. Risalira un poco, ovviamente, ma rimarrà definitivamente più bassa, e non di poco, rispetto ai tempi della felice innocenza. Definitivamente, in finanza, significa per qualche anno, ma in questo caso il fenomeno potrebbe protrarsi anche per uno o due decenni. La seconda ragione di straniamento è che, come scrive El Erian, alla riduzione della leva delle banche sta per affiancarsi la riduzione della leva del consumatore americano. Ci viene qui in mente un vecchio libro di Henry Kaufman del 1986 in cui si mostrava nella terza pagina di copertina un grafico impressionante sulla crescita inarrestabile del rapporto tra indebitamento e reddito nelle famiglie americane. Kaufman (un uomo serio e inteligente che aveva lavorato a .lungo alla Fed e che era diventato il guru pessimista dell'epoca, come oggi Marc Faber) definiva nsostenibile quel livello di indebitamento. Tanto insostenibile, in realtà, da avere continuato a salire per tutti gli anni Novanta e Duemila. Sì, si replicava, sale il debito ma scendono i tassi, per cui il cash flow non cambia. Oppure sì, sale il debito ma sale anche il valore degli asset (casa e azioni) per cui il rapporto debito-patrimonio non cresce (questo lo diceva sempre Greenspan). Ora però la sensazione di capolinea è molto diffusa e nessuno nella Fed si arrampica sui vetri per teorizzare un'ulteriore espandibilità dell'indebitamento, specie ora che il valore degli asset non sale più, mentre i tassi non sono più comprimibili. Certo, la montagna di debito non deve necessariamente crollare (nessuno se lo augura, anche perché la via veloce alla riduzione del debito, come è noto, è il default), ma non può assolutamente innalzarsi ancora verso il cielo.
Il terzo elemento di straniamento è che il mondo come lo conoscevamo, in fasi di rallentamento ciclico, vedeva scendere, non salire, il petrolio e le materie prime. Se c'erano shock da offerta duravano pochi mesi. Oggi allo shock da domanda si affianca uno shock da offerta strutturale (e sul petrolio, per qualcuno, terminale). La situazione non è necessariamente drammatica, ma è certamente molto seria.
In questo strano e non esaltante nuovo mondo c'è per fortuna un quarto elemento positivo, ovvero i paesi emergenti, intesi non solo come economie in sviluppo ma come compratori di asset finanziari e reali. La ricostituzione dello zoccolo di riserve classiche (quelle da tenere in titoli a basso rischio di pronto smobilizzo alla bisogna) è ormai terminata per tutti, in Asia come in America Latina o in Russia. Da qui in avanti tutti i dollari che arriveranno nelle loro casse (e saranno ancora tanti, perché il disavanzo americano delle partite correnti, per quanto in calo, rimane elevato) verranno subito reinvestiti in azioni, foreste, immobili, silos di grano o di petrolio.
E' ben possibile, nel nuovo mondo, che la riduzione della leva delle banche e dei consumatori americani sia bilanciata dalla domanda reale e finanziaria dei paesi emergenti. Questa manovra di bilanciameno è però, oggettivamente, straordinariamente complessa e delicata. La simultaneità, a tratti, può venire a mancare e creare dei vuoti d'aria tanto nei mercati quanto nell'economia reale. Il peggio è alle spalle, ma il nuovo mondo non è necessariamente molto ospitale.