GOLDMAN SACHS: UNA BRUTTA STORIA

Ciao Tontolina nel 2005 lo diceva Nonsoniente su questo sito, sono felice che a quasi tre anni di distanza lo affermi anche L'Emerito Presidente Cossiga

Per Generali 1984: correvano gli anni 1992/1993:
1) crollo elettorale della DC
2) Cosa nostra esce di seno e fa saltare le autosdrade e con esse il Giudice Falcone.
3) inizia tangentopoli che spazzerà via un'intera classe dirigente
4) 22 giugno 1992 Famoso incontro in acque internazionali sul famoso panfilo Brittania di proprietà di Sua Maesta Regina Elisabetta. Sembra che solo il direttore generale del Tesoro Mario Draghi se ne andò indignato.
5) L'Agenzia di Rating Moody’s, si accanisce contro l'Italia.
6) Inizia l'attacco della lira da parte della speculazione internazionale capeggiata da quel sant'uomo di Soros.
7) Incredibile atteggiamneto dell'allora Governatore della Banca d'Italia, che brucia 15 mila miliardi nell'inutile difesa della lira.
8) Svalutazione della lira nel settembre 1992 del 30%.

9) SUCCESSIVA SVENDITA DELLE AZIENDE ITALIANE AGLI STRANIERI, SOPRATTUTTO QUELLE LEGATE ALL'AGROALIMENTARE:
Locatelli, Invernizzi, Buitoni, Galbani, Negroni, Ferrarelle, Peroni, Moretti, Fini, Perugina, Mira Lanza e tante altre.

I britannici d’Oltremanica e quelli svezzati d’Oltreoceano non potevano che essere soddisfatti del comportamento tenuto dai loro amici italiani: l’operazione Britannia, infatti, garantì ai soli anglo-americani di accaparrarsi quasi il 50% (precisamente il 48%: 34 agli americani e 14 ai britannici) delle aziende italiane finite in mano straniera. Questi sono stati il 1992/ 1993, anni in cui l’Italia e la sua classe politica persero l’ultimo brandello di dignità.

L'industri agroalimentare ce l'hanno fottuta ancora 12 anni fa. Allora dovevamo gridare, adesso è troppo tardi

Ciao Mauro.
 
segnalo
http://ilpunto-borsainvestimenti.blogspot.com/2008/03/alitalia.html
ITALIANI POPOLO DI GIULLARI....

- La Spagna che ci ha rifilato Endesa per una cifra colossale (Grazie a Prodi)
- La Spagna che ci ha venduto Antonveneta a prezzi folli (Grazie a Veltroni)
- La Spagna che ci ha comprato un pezzo di telecom (e un altro pezzo lo comprerà poi...a prezi da saldo) Grazie a Prodi
- La Francia che è riuscita a mettere le mani sui passeggeri italiani (io non volerò mai air france) Grazie a Prodi
Alitalia è stata venduta per 138 milioni di euro (la metà di quanto costa un solo airbus)
(Le gare per la vendita NON sono state trasparenti fin dall'inizio era evidente che Prodi voleva regalare Alitalia ad Air france. E nessuno indaga perchè...neppure tu Berlusconi, e poi ti dici difensore dell'Italia ).

Ogni volta che Prodi è al governo l'Italia si impoverisce. La lunga mano della Goldman Sachs?

Forse Prodi fa parte della Commissione Trialterale o di Bildeberg? E' un incopetente? O un grande furbo?

Approfondite gente approfondite.

Vorrei solo ricordarvi che da maggio a oggi vi ho detto almeno 10 volte che Alitalia sarebe andata a 0,30.

Francamente non posso che ridere per coloro che hanno perso soldi in questi mesi...mentre io ho chiuso oggi la posizione short.

A proposito....il titolo Alitalia può andare a 0,20 nel breve.

saluti
 
Goldman Sachs: aggiotaggio sul petrolio
http://www.effedieffe.com/content/view/3314/179/

Da settimane ormai i media ripetono la «previsione» emessa da Goldman Sachs: «Il barile arriverà a 200 dollari». E ciò, «inevitabilmente». Quel che non dicono i media è che Goldman Sach gestisce (e manipola) il GSCI, l’indice dei prezzi delle materie prime più usato nel mondo, e nel GSCI il greggio ha un «peso» sproporzionato.

Goldman Sachs ha anche contribuito a far nascere il London ICE Futures Exchange, attraverso l’Atlanta Georgia ICE (International Commodities Exchange), che possiede la filiale di Londra, e di cui Goldman è comproprietaria: e l’ICE, dal gennaio 2006, è stato esentato dall’amministrazione Bush persino dalle lievissime regole vigenti in America. L’organo di controllo sui futures americani, la Commodities Futures Trading Commission, che già non brilla per poteri di repressione, non ha accesso nemmeno ai dati degli scambi dell’ICE di Londra.

L’ICE di Londra è stato oggetto di due inchieste del Congresso USA (al Senato nel giugno 2006, alla Camera bassa nel dicembre 2007) le quali hanno appurato che i rincari del greggio sono causati da contratti futures per miliardi di dollari, improvvisamente aumentati in quantità, che avvengono appunto in quel «buco nero» finanziario.

Il rapporto senatoriale del 2006 ha scritto: «Ci sono là pochi gestori di fondi che sono maestri nello sfruttare le teorie sul picco petrolifero e i momentanei colli di bottiglia della domanda-offerta (1), e facendo audaci previsioni di straordinari rincari imminenti, essi gettano benzina sul fuoco rialzista in una sorta di profezie auto-avverantisi».

Insomma è chiaro: Goldman Sachs si è data i mezzi per manipolare al rialzo i prezzi del petrolio, e lo sta facendo con grande zelo. La sola domanda è come mai, dopo un simile rapporto del Senato USA, i suoi dirigenti non siano stati chiamati in giudizio per aggiotaggio o, come minimo, per conflitto d’interesse. Misteri del popolo eletto.

Manipolare i rincari attraverso i futures è facilissimo, perchè all’ICE si può comprare sulla carta una partita di petrolio ad una data stabilita (future, appunto), versando in anticipo solo il 6% del prezzo. Con un margine così lieve, gli speculatori hanno in mano una leva moltiplicatrice da 16 ad 1. Rischiando mille dollari, generano una domanda di 16 mila dollari di petrolio. Domanda fittizia.

William Engdahl (2) infatti avanza il sospetto che la bolla speculativa petrolifera stia per scoppiare (come già quella edilizia sub-prime), e Goldman usi la sua «profezia» e le sue manipolazioni per rifilare agli ingenui investitori (tipicamente, i devastati fondi-pensione USA) contratti di cui la stessa Goldman si sta silenziosamente disfacendo. Sarebbe interessante vedere le posizioni sui futures petroliferi della stessa Goldman, dice Engdahl, per constatare se ha impiegato i suoi capitali sulla scommessa che il greggio andrà a 200; se, insomma, crede alla sua profezia.

Naturalmente, dato che l’ICE di Londra è una stanza oscura o un buco nero, è quasi impossibile saperlo. Ma Engdahl ricorda che nel 2001, quando a salire prodigiosamente erano i titoli delle «dot.com», ossia di micro-aziende neonate, con due o tre dipendenti, che promettevano mirabolanti avanzamenti nel software e nelle telecom e il cui valore azionario saliva in modo astronomico in base a quel che i media magnificavano di loro, avvenne proprio questo: alcuni lupi di Wall Street spingevano all’acquisto di tali azioni sopravvalutate, mentre loro, zitti zitti, le vendevano; o magnificavano le azioni di compagnie in cui le loro banche-madri avevano interessi.

Poi, la bolla delle dot.com scoppiò, l’indice NASDAQ crollò, e un’altra inchiesta del Congresso appurò che i lupi di Wall street avevano rifilato anche notizie esagerate ai grandi media ufficiali proprio per vendere a caro prezzo le azioni che stavano per cadere. Anche allora si seppe tutto «dopo», quando ormai i lupi avevano le tasche piene, i fondi-pensione le casse vuote, e senza conseguenze penali.

I segnali che la bolla petrolifera sia gonfiata deliberatamente dalla speculazione finanziaria non mancano. In aprile, l’analista petrolifero di Lehman Brothers, Michael Waldron, intervistato dal Telegraph, ha dichiarato: «L’offerta di petrolio sta superando la crescita della domanda. Le riserve sono in aumento dall’inizio dell’anno». Pochi giorni dopo a Dallas, si riuniva la American Association of Petroleum Geologists, da cui usciva questa indiscrezione: «I prezzi del greggio caleranno presto drammaticamente; sarà il gas naturale a mantenere una tendenza al rialzo a lungo termine». Infatti, «una delle cose che è molto importante comprendere è che la crescita della domanda mondiale in petrolio non è tanto forte», ha detto David Kelly, l’analista strategico della J.P.Morgan funds. Infatti la domanda è piatta, e ciò non giustifica i rialzi.

Cresce alquanto in Cina, ma cala in USA per la recessione americana: attualmente di 190 mila barili al giorno secondo i dati ufficiali dell’Energy Information Administration (ente del governo USA). E per valutare il dato occorre aver presente la differenza tra USA e Cina: la Cina consuma 7 milioni di barili al giorno, gli USA il triplo, 20,7 milioni barili al giorno. Un calo americano conta dunque molto più, sui mercati, di una accresciuta domanda cinese.

La quale, peraltro, non è poi così esplosiva come ci raccontano i media (e Goldman): secondo l’ente ufficiale USA suddetto, la domanda cinese aumenterà quest’anno di 400 mila barili/giorno, un aumento non tale da turbare i mercati, rispetto ai 3,2 milioni di barili al giorno che la Cina importa.

E’ nel più grosso consumatore mondiale, l’America, che si sta profilando un calo dei consumi, che diverrà via via più pronunciato quanto più la recessione americana morderà i consumi delle famiglie, colpite dai pignoramenti, dai debiti, dalla disoccupazione crescente. Secondo Master Card, in un rapporto del 7 maggio, la domanda americana di carburanti è scesa di un imponente 5,8 %.

Difatti, le riserve petrolifere americane aumentano («Per prepararsi alla guerra con l’Iran», dicono gli aggiotatori: ogni allarme è buono per tener alti i futures), mentre le raffinerie hanno ridotto i loro ritmi di raffinazione per affrontare la domanda calante: oggi lavorano all’85 per cento delle capacità, contro l’89 dell’anno scorso. E tengono basse le loro riserve di benzina allo scopo di sostenere i prezzi e i profitti.

Come non bastasse, nuovi giacimenti entreranno in produzione nel 2008, aumentando l’offerta. L’Arabia Saudita ha in progetto di aumentare di un terzo l’attività estrattiva, e di accrescere gli investimenti nel settore del 40%, per soddisfare la crescente domanda dell’Asia. Dall’anno prossimo la sua capacità di estrazione aumenterà dell’11% rispetto all’attuale.

Già nell’aprile scorso funziona il nuovo campo petrolifero saudita di Khursanyah, aggiungendo all’offerta globale mezzo milione di barili al giorno di pregiato Arabian Light Crude; dal 2009 il giacimento di Khurai, il più grosso dei nuovi progetti di sfruttamento sauditi, aggiungerà 1,2 milioni del miglior greggio (e al più basso costo estrattivo) alla offerta mondiale.

In Brasile, la Petrobras sta cominciando a sfruttare il giacimento offshore di Tupi, che si valuta in 8 miliardi di barili, e dovrà portare il Brasile fra i primi dieci produttori globali, sotto la Nigeria ma sopra il Venezuela. In USA, la US Geological Survey ha riferito di nuove riserve in un’area che va dal North Dakota al Montana, e che stima in 3,65 miliardi di barili.

L’Iraq ha riserve valutate non inferiori a quelle saudite, se solo il disordine americano non ne impedisse lo sfruttamento. E si tenga presente che già a 60 dollari il barile, diventano convenienti economicamente una quantità di pozzi chiusi quando il barile era a 27.

Insomma: la domanda non cresce, l’offerta aumenta - eppure, misteriosamente, i prezzi salgono. Non durerà molto: anche questa bolla scoppierà. Quando?

Questo lo deciderà Goldman Sachs, quando riterrà di averci depredato e impoverito abbastanza. Per intanto, tutti i media gridano con il padrone: «Petrolio a 200!».
 
tontolina ha scritto:
Goldman Sachs: aggiotaggio sul petrolio
http://www.effedieffe.com/content/view/3314/179/

Da settimane ormai i media ripetono la «previsione» emessa da Goldman Sachs: «Il barile arriverà a 200 dollari». E ciò, «inevitabilmente». Quel che non dicono i media è che Goldman Sach gestisce (e manipola) il GSCI, l’indice dei prezzi delle materie prime più usato nel mondo, e nel GSCI il greggio ha un «peso» sproporzionato.

Goldman Sachs ha anche contribuito a far nascere il London ICE Futures Exchange, attraverso l’Atlanta Georgia ICE (International Commodities Exchange), che possiede la filiale di Londra, e di cui Goldman è comproprietaria: e l’ICE, dal gennaio 2006, è stato esentato dall’amministrazione Bush persino dalle lievissime regole vigenti in America. L’organo di controllo sui futures americani, la Commodities Futures Trading Commission, che già non brilla per poteri di repressione, non ha accesso nemmeno ai dati degli scambi dell’ICE di Londra.

L’ICE di Londra è stato oggetto di due inchieste del Congresso USA (al Senato nel giugno 2006, alla Camera bassa nel dicembre 2007) le quali hanno appurato che i rincari del greggio sono causati da contratti futures per miliardi di dollari, improvvisamente aumentati in quantità, che avvengono appunto in quel «buco nero» finanziario.

Il rapporto senatoriale del 2006 ha scritto: «Ci sono là pochi gestori di fondi che sono maestri nello sfruttare le teorie sul picco petrolifero e i momentanei colli di bottiglia della domanda-offerta (1), e facendo audaci previsioni di straordinari rincari imminenti, essi gettano benzina sul fuoco rialzista in una sorta di profezie auto-avverantisi».

Insomma è chiaro: Goldman Sachs si è data i mezzi per manipolare al rialzo i prezzi del petrolio, e lo sta facendo con grande zelo. La sola domanda è come mai, dopo un simile rapporto del Senato USA, i suoi dirigenti non siano stati chiamati in giudizio per aggiotaggio o, come minimo, per conflitto d’interesse. Misteri del popolo eletto.

Manipolare i rincari attraverso i futures è facilissimo, perchè all’ICE si può comprare sulla carta una partita di petrolio ad una data stabilita (future, appunto), versando in anticipo solo il 6% del prezzo. Con un margine così lieve, gli speculatori hanno in mano una leva moltiplicatrice da 16 ad 1. Rischiando mille dollari, generano una domanda di 16 mila dollari di petrolio. Domanda fittizia.

William Engdahl (2) infatti avanza il sospetto che la bolla speculativa petrolifera stia per scoppiare (come già quella edilizia sub-prime), e Goldman usi la sua «profezia» e le sue manipolazioni per rifilare agli ingenui investitori (tipicamente, i devastati fondi-pensione USA) contratti di cui la stessa Goldman si sta silenziosamente disfacendo. Sarebbe interessante vedere le posizioni sui futures petroliferi della stessa Goldman, dice Engdahl, per constatare se ha impiegato i suoi capitali sulla scommessa che il greggio andrà a 200; se, insomma, crede alla sua profezia.

Naturalmente, dato che l’ICE di Londra è una stanza oscura o un buco nero, è quasi impossibile saperlo. Ma Engdahl ricorda che nel 2001, quando a salire prodigiosamente erano i titoli delle «dot.com», ossia di micro-aziende neonate, con due o tre dipendenti, che promettevano mirabolanti avanzamenti nel software e nelle telecom e il cui valore azionario saliva in modo astronomico in base a quel che i media magnificavano di loro, avvenne proprio questo: alcuni lupi di Wall Street spingevano all’acquisto di tali azioni sopravvalutate, mentre loro, zitti zitti, le vendevano; o magnificavano le azioni di compagnie in cui le loro banche-madri avevano interessi.

Poi, la bolla delle dot.com scoppiò, l’indice NASDAQ crollò, e un’altra inchiesta del Congresso appurò che i lupi di Wall street avevano rifilato anche notizie esagerate ai grandi media ufficiali proprio per vendere a caro prezzo le azioni che stavano per cadere. Anche allora si seppe tutto «dopo», quando ormai i lupi avevano le tasche piene, i fondi-pensione le casse vuote, e senza conseguenze penali.

I segnali che la bolla petrolifera sia gonfiata deliberatamente dalla speculazione finanziaria non mancano. In aprile, l’analista petrolifero di Lehman Brothers, Michael Waldron, intervistato dal Telegraph, ha dichiarato: «L’offerta di petrolio sta superando la crescita della domanda. Le riserve sono in aumento dall’inizio dell’anno». Pochi giorni dopo a Dallas, si riuniva la American Association of Petroleum Geologists, da cui usciva questa indiscrezione: «I prezzi del greggio caleranno presto drammaticamente; sarà il gas naturale a mantenere una tendenza al rialzo a lungo termine». Infatti, «una delle cose che è molto importante comprendere è che la crescita della domanda mondiale in petrolio non è tanto forte», ha detto David Kelly, l’analista strategico della J.P.Morgan funds. Infatti la domanda è piatta, e ciò non giustifica i rialzi.

Cresce alquanto in Cina, ma cala in USA per la recessione americana: attualmente di 190 mila barili al giorno secondo i dati ufficiali dell’Energy Information Administration (ente del governo USA). E per valutare il dato occorre aver presente la differenza tra USA e Cina: la Cina consuma 7 milioni di barili al giorno, gli USA il triplo, 20,7 milioni barili al giorno. Un calo americano conta dunque molto più, sui mercati, di una accresciuta domanda cinese.

La quale, peraltro, non è poi così esplosiva come ci raccontano i media (e Goldman): secondo l’ente ufficiale USA suddetto, la domanda cinese aumenterà quest’anno di 400 mila barili/giorno, un aumento non tale da turbare i mercati, rispetto ai 3,2 milioni di barili al giorno che la Cina importa.

E’ nel più grosso consumatore mondiale, l’America, che si sta profilando un calo dei consumi, che diverrà via via più pronunciato quanto più la recessione americana morderà i consumi delle famiglie, colpite dai pignoramenti, dai debiti, dalla disoccupazione crescente. Secondo Master Card, in un rapporto del 7 maggio, la domanda americana di carburanti è scesa di un imponente 5,8 %.

Difatti, le riserve petrolifere americane aumentano («Per prepararsi alla guerra con l’Iran», dicono gli aggiotatori: ogni allarme è buono per tener alti i futures), mentre le raffinerie hanno ridotto i loro ritmi di raffinazione per affrontare la domanda calante: oggi lavorano all’85 per cento delle capacità, contro l’89 dell’anno scorso. E tengono basse le loro riserve di benzina allo scopo di sostenere i prezzi e i profitti.

Come non bastasse, nuovi giacimenti entreranno in produzione nel 2008, aumentando l’offerta. L’Arabia Saudita ha in progetto di aumentare di un terzo l’attività estrattiva, e di accrescere gli investimenti nel settore del 40%, per soddisfare la crescente domanda dell’Asia. Dall’anno prossimo la sua capacità di estrazione aumenterà dell’11% rispetto all’attuale.

Già nell’aprile scorso funziona il nuovo campo petrolifero saudita di Khursanyah, aggiungendo all’offerta globale mezzo milione di barili al giorno di pregiato Arabian Light Crude; dal 2009 il giacimento di Khurai, il più grosso dei nuovi progetti di sfruttamento sauditi, aggiungerà 1,2 milioni del miglior greggio (e al più basso costo estrattivo) alla offerta mondiale.

In Brasile, la Petrobras sta cominciando a sfruttare il giacimento offshore di Tupi, che si valuta in 8 miliardi di barili, e dovrà portare il Brasile fra i primi dieci produttori globali, sotto la Nigeria ma sopra il Venezuela. In USA, la US Geological Survey ha riferito di nuove riserve in un’area che va dal North Dakota al Montana, e che stima in 3,65 miliardi di barili.

L’Iraq ha riserve valutate non inferiori a quelle saudite, se solo il disordine americano non ne impedisse lo sfruttamento. E si tenga presente che già a 60 dollari il barile, diventano convenienti economicamente una quantità di pozzi chiusi quando il barile era a 27.

Insomma: la domanda non cresce, l’offerta aumenta - eppure, misteriosamente, i prezzi salgono. Non durerà molto: anche questa bolla scoppierà. Quando?

Questo lo deciderà Goldman Sachs, quando riterrà di averci depredato e impoverito abbastanza. Per intanto, tutti i media gridano con il padrone: «Petrolio a 200!».
Ciao Lina..si e' una notizia che gira da qualche mese ormai..non so' se sia affidabile..uno spauracchio..o un'amara verita'..con la quale fare i conti.
E..parlando dell'Italia..se si arrivasse davvero a 200$..difficilmente riusciremmo ad essere ancora competitivi.
Ed allora..andremmo ancora piu' giu'..
La produttivita' ..gia' bassa..andrebbe a valori...da paese del 3° mondo!
Qui ..c'e' il rischio concreto di tornare ai primi anni 50...tutti poveretti..ma mi chiedo: avremmo quella voglia matta di allora di risorgere..e di rifare..il miracolo Economico??
Non lo so' sai..mi sembra che ci siamo reclinati troppo...siamo un Paese ..che non ha piu' l'orgoglio di ritornare..a contare..qualcosa...
Poi con questi politicastri..incapaci..e ladri..ma dove vuoi andare!!!
Ciao Lina..buona domenica..smackkkk
 
b.domenica anche a te

però dovresti pure sapere che il caro petrolio è detetrminato anche dalla richiesta dei furures da parte dei fondi di investimento leggi questa
da http://cobraf.wallstreetitalia.com/forum/topic.php?topic_id=5576&reply_id=105830


# 30 Maggio 2008 01:55

Man Group plc, la società quotata a Londra che gestisce hedge fund, "l'opposto di Mediolanum", perchè spende e investe per produrre risultati speculando in tutte le condizioni di mercato e poi la vengono cercare gli sceicchi per darle i soldi mentre Mediolanum spende tutto in promozione, commerciale e marketing perche rende meno di un Bot e quindi deve andare casa per casa a piazzare i prodotti (ed è la migliore tutto sommato)

ha guadagnato 3.5 miliardi di dollari netti l'anno scorso, probabilmente per due terzi fatti andando al rialzo sul petrolio, benzina, gas naturale, mais, soya e rame

notare che Man Group (EMG: scheda) ha avuto enormi riscatti per 11 miliardi ma dice il WSJ ha avuto influssi di 16 miliardi provenienti dal medio oriente ed asia (così gli sceicchi guadagnano due volte con il petrolio, vendendolo e poi investendo i proventi in Man che compra i future sul petrolio)


Detto questo è l'unica mega istituzione finanziaria che finora non ha avuto guai, grazie appunto alla speculazione sul petrolio e commodities, e ora che il fondatore si ritira questo mese sospetto che sia il "segnale" per venderla short


an's Assets, Profit Rise;
Ex-CEO Fink Plans Exit
By CASSELL BRYAN-LOW and MARGOT PATRICK
May 30, 2008

LONDON -- Man Group PLC, the world's largest public hedge-fund company, said assets under management increased by $4 billion to $78.5 billion during the past two months, and the company reported a big rise in annual net profit, underscoring the consolidation of the industry as the largest managers get larger.

Man on Thursday also said its deputy chairman and former chief executive, Stanley Fink, would step down.

The more-than-5% asset increase at the London-based group, which sells "fund-of-fund" products that invest in pools of hedge funds, comes as some other asset managers have seen investors withdraw money on the back of poor performance. Hedge funds often use debt to amplify returns and are designed to rise in up or down markets. The instruments are typically open only to wealthy individuals or institutions.

Chief Executive Peter Clarke said larger firms like Man have the resources to more easily handle efforts such as sales, compliance, and reporting to investors in the underlying funds. "The problem for a smaller firm is the person who knows the answer is also trying to run the money," Mr. Clarke said. And, while borrowing money remains a challenge for the industry, larger funds such as Man "can use their scale to continue to secure access to leverage."

That said, the level of investor withdrawals at Man did increase. Clients redeemed $10.7 billion in funds in the 12 months ended March 31, compared with withdrawals of $6.6 billion in the year-earlier period. Still, that was offset by a flow of $15.9 billion in new money from investors in the Middle East and Asia.

Man's net profit of $3.47 billion for the fiscal year ended March 31 was more than double the $1.28 billion in fiscal 2007. The most recent figure reflects a $1.75 billion gain from Man's spinoff last year of its brokerage unit. Profit from continuing operations was $1.72 billion. Gross sales for the fiscal year were $15.9 billion, flat from the year earlier.
 
approposito del prezzo del petrolio
ho sentito l'intervista ad Ajmadinejad
che sostiene che i consumi mondiali non riescono ad assorbire tutta la produzione di petrolio


e denuncia il rincaro esorbitante del prezzo
che non è basato sullo scambio
tra
venditore (produttore di petrolio)
e
consumatore (raffinatore)



e ipotizza che il prezzo sia basato puiù sul gioco dei futures e cioè sulle scommesse
La gente non sa che c'è una bella differenza operare sulle opzioni che prevedono la consegna
e sui futures che sono scommesse vere e proprie
addirittura hanno costruito degli ETF sulle scommesse
 
Goldman Sachs: risultati 2° trim in linea attese
27 minuti fa - fo64

Goldman Sachs: risultati 2° trim in linea attese

In linea con le attese i risultati del 2° trimestre dell'americana Goldman Sachs, che ha chiuso il periodo in questione con una contrazione dell'utile del 10% a 2,05 mld usd, contro i 2,29 mld dello scorso anno. L'eps si è attestato a 4,58 usd contro i 4,93 usd di un anno fa. I ricavi si sono attestati a 9,42 mld di dollari, contro i 10,18 mld usd del 2° trimestre 2007.

http://www.investireoggi.it/notizie...risultati-2-trim-in-linea-attese-p614535.html
questa guadagna sempre
 
tontolina ha scritto:
Goldman Sachs: risultati 2° trim in linea attese
27 minuti fa - fo64

Goldman Sachs: risultati 2° trim in linea attese

In linea con le attese i risultati del 2° trimestre dell'americana Goldman Sachs, che ha chiuso il periodo in questione con una contrazione dell'utile del 10% a 2,05 mld usd, contro i 2,29 mld dello scorso anno. L'eps si è attestato a 4,58 usd contro i 4,93 usd di un anno fa. I ricavi si sono attestati a 9,42 mld di dollari, contro i 10,18 mld usd del 2° trimestre 2007.

http://www.investireoggi.it/notizie...risultati-2-trim-in-linea-attese-p614535.html
questa guadagna sempre
Mica troppo in linea Lina...

15:14 - Goldman Sachs: -11% utile netto II trimestre a 2,08 mld dollari -2-



(Il Sole 24 Ore Radiocor) - New York, 17 giu - "Date le
difficili condizioni di mercato, siamo compiaciuti di essere
stati in grado di registrare risultati vigorosi nel secondo
trimestre", ha commentato Lloyd Blankfein, il presidente e
amministratore delegato della banca.
"Continuiamo a beneficiare della nostra clientela, della
diversa organizzazione del business e dell'impegno ed
esperienza delle nostre persone", ha quindi aggiunto.
Piu' nel dettaglio i ricavi dal business dell'investment
banking sono stati pari a 1,69 miliardi, in calo del 2%
rispetto allo stesso trimestre 2007.
Dalle divisioni 'trading e principal investments', invece,
sono derivati introiti per 5,59 miliardi (-16%). Nell'ambito
di tale divisione, inoltre, le attivita' del fixed income,
currencies e commodities sono diminuite del 29% a 2,38
miliardi, accusando l'effetto dei minori proventi dai
prodotti per il credito e quello della perdita di 775
milioni correlata alle attivita' dei non-investment-grade.
Ed ancora, i ricavi derivanti dall'asset management e dai
servizi di securities sono stati pari a 2,15 miliardi, in
rialzo del 18% rispetto allo stesso periodo dell'anno prima.
Le spese operative si sono attestate a 6,59 miliardi
(-2%). Al trenta maggio, infine, il valore libro per ogni
azione di Goldman Sachs si attestava a 97,49 dollari.
Emi-

(RADIOCOR) 17-06-08 15:14:36 (0216) 3 NNNN
 

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