La settimana era partita bene ed è terminata male.
Ieri pesanti aumenti dello spread su tutto il settore periferico dovrebbero spingere ad accelerare il passo per risolvere la questione greca.
Ormai ci si spinge pericolosamente verso il "tanto peggio/tanto meglio". La riunione straordinaria dell'Ecofin di martedì 14 dovrebbe cercare di stemperare la tensione.
Ma lasciatemi, in questa nota quotidiana, porre l'attenzione verso la Spagna ritornata ieri pericolosamente verso i massimi del periodo con un bond del Santander che ha mancato clamorosamente l'obiettivo di piazzare sul mercato un proprio titolo.
Il fallimento è in parte rientrato perchè le banche che hanno curato l'emissione ne hanno acquistato poi i titoli.
Ma cosa non andava in questi covered bond?
La banca spagnola pagava un premio dell'1,95% sopra il mid-swap, in sostanza un titolo a 5 anni con cedola al 4,625%.
Sin qui, tutto bene.
Solo che il sottostante era garantito da una serie di prestiti concessi a minicipalità e regioni autonome spagnole i cui bilanci sono da tempo sotto il mirino degli analisti.
Non è un mistero che in queste pieghe periferiche si possano nascondere buchi di bilancio non contabilizzati dallo stato spagnolo. E, questo, l'abbiamo già segnalato da tempo.
Il fallimento del collocamento è un ulteriore campanello d'allarme.
Grecia 1392 pb. (1370)
Irlanda 831 pb. (803)
Portogallo 769 pb. (734)
Spagna 251 pb. (242)
Italia 184 pb. (177)
Belgio 118 pb. (115)
Se Atene piange Madrid svende il
"ladrillo"
La Spagna vende case a domicilio
Il rischio default che si aggira in ambito comunitario e il rischio di forti attacchi speculativi da parte delle lobby del mattone, sta delineando scenari foschi e pure imbarazzanti per le super potenze della vecchia Europa.
Se la Grecia se la passa male – ha appena scritto a Deutsche Telekom per offrire al gruppo tedesco il 10% di Ote, la società telefonica nazionale. La Spagna non se la passa meglio, avendo annunciato una clamorosa campagna-vendita di abitazioni e appartamenti.
Il tour organizzato dal ministero dello Sviluppo madrileno è fuori dal comune. Così come fuori dal comune sono le drammatiche conseguenze della bolla immobiliare scoppiata nel 2008-2009. La Spagna conta quasi 700mila abitazioni e appartamenti rimasti tristemente vuoti. Costruiti durante il boom, oggi non hanno acquirenti.
Rappresentanti del governo spagnolo hanno già incontrato potenziali investitori – banche, fondi, società immobiliari – a Londra, Amsterdam e Parigi. Martedì saranno a Francoforte. Poi toccherà a Mosca e a Stoccolma. Il messaggio del ministro dello Sviluppo José Blanco è uno solo: i prezzi hanno toccato il fondo ed «è il momento migliore per investire».
Da Madrid Eva Santiago, una portavoce del ministero, precisa: «Il nostro obiettivo è di spiegare bene quale è la reale situazione del mercato immobiliare, dando dettagli sull’andamento dei prezzi regione per regione. Il 60% delle 680mila abitazioni rimaste invendute è residenza di villeggiatura. Il primo responso degli investitori è positivo».
A Parigi, dove la presentazione agli investitori si è svolta giovedì, erano presenti circa venti società. In media, secondo i dati del governo spagnolo, i prezzi delle proprietà immobiliari sono scesi del 15% rispetto ai picchi. In alcuni casi, come a Marbella, il crollo è stato del 40%. Nei comuni con più di 25mila abitanti il calo è stato del 25%.
Ormai nei paesi in crisi debitoria privatizzare e vendere è all’ordine del giorno pur di evitare il tracollo. Chissà se la crisi sotto sotto non stia facilitando paradossalmente un’integrazione sempre maggiore tra i paesi europei? In Spagna gli acquisti immobiliari da parte di residenti stranieri sono aumentati nel 2010 del 21%.
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