Titoli di Stato area Euro GRECIA Operativo titoli di stato - Cap. 1 (3 lettori)

Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.

tommy271

Forumer storico
La crisi dell'euro è solo all'inizio

Nuovo appuntamento con "La Cassandra" di Alfonso Tuor. Ogni martedì su Ticinonews



Quella che doveva essere una settimana di passione per l'euro si concluderà molto probabilmente con un accordo tra i diversi Paesi europei per soccorrere la Grecia. Infatti le ultime notizie indicano che il Governo tedesco di Angela Merkel ha riposto in un cassetto il suo fermo «no» a qualsiasi salvataggio di Atene ed oggi sembra disponibile a partecipare ad un intervento europeo europea che dovrebbe realizzato in collaborazione con il Fondo Monetario Internazionale.

Il salvataggio europeo non risolverà comunque la crisi della moneta unica europea e dell'Europa. Si tratterà solo di una boccata di ossigeno destinata unicamente a rinviare il momento della verità. Le ragioni di questa affermazione derivano dal fatto che il disastro delle finanze pubbliche della Grecia non è la causa della cerisi, ma solo un sintomo. Il fondamento delle attuali difficoltà, che non vengono nemmeno minimamente affrontate da un piano di salvataggio, è la perdita di competitività non solo della Grecia, ma anche di Spagna, Portogallo, Irlanda, Italia e persino della Francia nei confronti della Germania e dell'Olanda. I dati sono inequivocabili. Basandosi su quelli dell'OCSE, emerge infatti che nel 1995 (quando l'euro non esisteva ancora) il costo unitario del lavoro in Grecia ed in Germania era uguale, mentre nel 2009 il costo unitario del lavoro in Grecia era del 17% superiore a quello tedesco.

Non sorprende che le esportazioni greche abbiano continuato a perdere quote di mercato nell'ultimo decennio. La perdita di competitività dell'economia spagnola e di quella italiana è ancora maggiore. Dal 1995 il costo unitario del lavoro spagnolo è aumentato del 30%; quello italiano del 75%. Quindi nel caso dell'Italia, gli imprenditori della Penisola che nel 1995 beneficiavano ancora di un costo unitario del lavoro inferiore a quello tedesco (esattamente il 60% di quello della Germania), oggi si trovano a dover competere appesantiti dallo svantaggio di un costo unitario del lavoro che è superiore del 30% a quello tedesco. Se si tengono in considerazione questi dati, non ci si sorprende di scoprire che mentre le esportazioni tedesche sono aumentate del 70% dall'inizio del 2000, quelle italiane sono cresciute solo del 20%.

Questo andamento economico divergente è il risultato dell'approccio nei confronti dell'euro seguito dai diversi Paesi. La Germania, abituata a convivere con un marco forte, ha seguito una dura politica di contenimento del costo del lavoro e dei costi dello stato (basti pensare alle riforme del mercato del lavoro attuate dal cancelliere Gerhard Schroeder con il programma «Agenda 2010»). Invece, l'Italia, la Grecia, la Spagna e il Portogallo, che erano abituati a recuperare competitività attraverso il meccanismo della svalutazione delle loro valute, non hanno saputo adeguare le loro politiche economiche ad un'Unione Monetaria che sottraeva loro la libertà di agire sul tasso di cambio. Anzi, alcuni di questi Paesi (come la Spagna e l'Irlanda) hanno fatto anche peggio: inebriati dal ribasso del costo del denaro, derivante dall'introduzione dell'euro, hanno investito pesantemente nel mattone, vivendo un periodo di euforia economica, che oggi si è trasformato in depressione dopo lo scoppio della spaventosa bolla creata negli anni scorsi nel settore immobiliare.

Quindi il salvataggio europeo non risolverà né i problemi della Grecia né quelli degli altri Paesi europei in difficoltà. L'impossibilità di riconquistare parte della competitività perduta attraverso la via della svalutazione farà sì che le misure di austerità varate dal Governo greco non faranno altro che aggravare la crisi economica del Paese con il risultato di rendere ardua anche la riduzione del disavanzo pubblico. Infatti vi è il rischio che la contrazione dell'economia sia tale che il rapporto tra deficit pubblico e PIL aumenti, nonostante le misure di austerità a causa della forte contrazione del denominatore. Lo stesso ragionamento vale per gli altri Paesi europei in difficoltà: le misure di austerità sono destinate ad approfondire la crisi e a far avvitare le loro economie.

Il salvataggio della Grecia non cambia questi dati di fondo e serve unicamente per rinviare le grandi decisioni. Lo sforzo chiesto a questi Paesi è infatti unicamente destinato a peggiorare la situazione economica e a far esplodere le tensioni politiche e sociali. Quindi è facile prevedere che la Grecia sia solo il pesce pilota di una crisi che molto probabilmente segnerà la fine dell'Unione monetaria europea. Tutti sostengono che questa eventualità è remota, poiché i costi dell'uscita dall'euro per un Paese come la Grecia sono enormi. Ciò è assolutamente vero. Infatti l'eventuale reintroduzione della dracma coinciderebbe sicuramente con una sua pesante svalutazione, mentre il debito pubblico e quello delle famiglie ed imprese greche, che diventerebbero immediatamente debito estero, rimarrebbero denominati in euro. Quindi, la situazione debitoria dei greci peggiorerebbe a tal punto che l'uscita dall'euro costringerebbe il Paese ad un default all'Argentina. Dunque, si tratterebbe di una scelta disperata.

Vi è un altro scenario molto più realistico, che parte da un Governo tedesco che non vuole essere sconfessato dalla Corte costitizionale e travolto dall'ira dell'opinione pubblica, poiché usa i soldi dei contribuenti per aiutare gli altri Paesi europei. La Germania sa che la Grecia non è l'unico Paese europeo in condizione precarie e che è molto probabile che si debba intervenire anche per salvare il Portogallo e la Spagna e forse anche l'Italia. Per Angela Merkel questo è inaccettabile. Quindi per Berlino è meglio studiare l'eventualità di un'uscita della Germania dall'euro, che sarebbe molto meno dolorosa dell'uscita della Grecia. Infatti, l'euro senza Germania si indebolirebbe ulteriormente e darebbe fiato alle economie europee deboli. Secondo alcuni, questa ipotesi è già allo studio in Germania e addirittura, secondo il quotidiano The Financial Times, sarebbe già pronto un piano tedesco per uscire dall'euro.

In conclusione, l'euro rischia di essere la prossima vittima sacrificale della crisi dei mutui subprime, nonostante il prevedibile intervento europeo di salvataggio della Grecia.

Alfonso Tuor

***
L'autorevole parere di Tuor da "Ticinonews.ch., un pò troppo pessimista ma con spunti su cui riflettere.
 

sethi

Forumer storico
La crisi dell'euro è solo all'inizio

Nuovo appuntamento con "La Cassandra" di Alfonso Tuor. Ogni martedì su Ticinonews



Quella che doveva essere una settimana di passione per l'euro si concluderà molto probabilmente con un accordo tra i diversi Paesi europei per soccorrere la Grecia. Infatti le ultime notizie indicano che il Governo tedesco di Angela Merkel ha riposto in un cassetto il suo fermo «no» a qualsiasi salvataggio di Atene ed oggi sembra disponibile a partecipare ad un intervento europeo europea che dovrebbe realizzato in collaborazione con il Fondo Monetario Internazionale.

Il salvataggio europeo non risolverà comunque la crisi della moneta unica europea e dell'Europa. Si tratterà solo di una boccata di ossigeno destinata unicamente a rinviare il momento della verità. Le ragioni di questa affermazione derivano dal fatto che il disastro delle finanze pubbliche della Grecia non è la causa della cerisi, ma solo un sintomo. Il fondamento delle attuali difficoltà, che non vengono nemmeno minimamente affrontate da un piano di salvataggio, è la perdita di competitività non solo della Grecia, ma anche di Spagna, Portogallo, Irlanda, Italia e persino della Francia nei confronti della Germania e dell'Olanda. I dati sono inequivocabili. Basandosi su quelli dell'OCSE, emerge infatti che nel 1995 (quando l'euro non esisteva ancora) il costo unitario del lavoro in Grecia ed in Germania era uguale, mentre nel 2009 il costo unitario del lavoro in Grecia era del 17% superiore a quello tedesco.

Non sorprende che le esportazioni greche abbiano continuato a perdere quote di mercato nell'ultimo decennio. La perdita di competitività dell'economia spagnola e di quella italiana è ancora maggiore. Dal 1995 il costo unitario del lavoro spagnolo è aumentato del 30%; quello italiano del 75%. Quindi nel caso dell'Italia, gli imprenditori della Penisola che nel 1995 beneficiavano ancora di un costo unitario del lavoro inferiore a quello tedesco (esattamente il 60% di quello della Germania), oggi si trovano a dover competere appesantiti dallo svantaggio di un costo unitario del lavoro che è superiore del 30% a quello tedesco. Se si tengono in considerazione questi dati, non ci si sorprende di scoprire che mentre le esportazioni tedesche sono aumentate del 70% dall'inizio del 2000, quelle italiane sono cresciute solo del 20%.

Questo andamento economico divergente è il risultato dell'approccio nei confronti dell'euro seguito dai diversi Paesi. La Germania, abituata a convivere con un marco forte, ha seguito una dura politica di contenimento del costo del lavoro e dei costi dello stato (basti pensare alle riforme del mercato del lavoro attuate dal cancelliere Gerhard Schroeder con il programma «Agenda 2010»). Invece, l'Italia, la Grecia, la Spagna e il Portogallo, che erano abituati a recuperare competitività attraverso il meccanismo della svalutazione delle loro valute, non hanno saputo adeguare le loro politiche economiche ad un'Unione Monetaria che sottraeva loro la libertà di agire sul tasso di cambio. Anzi, alcuni di questi Paesi (come la Spagna e l'Irlanda) hanno fatto anche peggio: inebriati dal ribasso del costo del denaro, derivante dall'introduzione dell'euro, hanno investito pesantemente nel mattone, vivendo un periodo di euforia economica, che oggi si è trasformato in depressione dopo lo scoppio della spaventosa bolla creata negli anni scorsi nel settore immobiliare.

Quindi il salvataggio europeo non risolverà né i problemi della Grecia né quelli degli altri Paesi europei in difficoltà. L'impossibilità di riconquistare parte della competitività perduta attraverso la via della svalutazione farà sì che le misure di austerità varate dal Governo greco non faranno altro che aggravare la crisi economica del Paese con il risultato di rendere ardua anche la riduzione del disavanzo pubblico. Infatti vi è il rischio che la contrazione dell'economia sia tale che il rapporto tra deficit pubblico e PIL aumenti, nonostante le misure di austerità a causa della forte contrazione del denominatore. Lo stesso ragionamento vale per gli altri Paesi europei in difficoltà: le misure di austerità sono destinate ad approfondire la crisi e a far avvitare le loro economie.

Il salvataggio della Grecia non cambia questi dati di fondo e serve unicamente per rinviare le grandi decisioni. Lo sforzo chiesto a questi Paesi è infatti unicamente destinato a peggiorare la situazione economica e a far esplodere le tensioni politiche e sociali. Quindi è facile prevedere che la Grecia sia solo il pesce pilota di una crisi che molto probabilmente segnerà la fine dell'Unione monetaria europea. Tutti sostengono che questa eventualità è remota, poiché i costi dell'uscita dall'euro per un Paese come la Grecia sono enormi. Ciò è assolutamente vero. Infatti l'eventuale reintroduzione della dracma coinciderebbe sicuramente con una sua pesante svalutazione, mentre il debito pubblico e quello delle famiglie ed imprese greche, che diventerebbero immediatamente debito estero, rimarrebbero denominati in euro. Quindi, la situazione debitoria dei greci peggiorerebbe a tal punto che l'uscita dall'euro costringerebbe il Paese ad un default all'Argentina. Dunque, si tratterebbe di una scelta disperata.

Vi è un altro scenario molto più realistico, che parte da un Governo tedesco che non vuole essere sconfessato dalla Corte costitizionale e travolto dall'ira dell'opinione pubblica, poiché usa i soldi dei contribuenti per aiutare gli altri Paesi europei. La Germania sa che la Grecia non è l'unico Paese europeo in condizione precarie e che è molto probabile che si debba intervenire anche per salvare il Portogallo e la Spagna e forse anche l'Italia. Per Angela Merkel questo è inaccettabile. Quindi per Berlino è meglio studiare l'eventualità di un'uscita della Germania dall'euro, che sarebbe molto meno dolorosa dell'uscita della Grecia. Infatti, l'euro senza Germania si indebolirebbe ulteriormente e darebbe fiato alle economie europee deboli. Secondo alcuni, questa ipotesi è già allo studio in Germania e addirittura, secondo il quotidiano The Financial Times, sarebbe già pronto un piano tedesco per uscire dall'euro.

In conclusione, l'euro rischia di essere la prossima vittima sacrificale della crisi dei mutui subprime, nonostante il prevedibile intervento europeo di salvataggio della Grecia.

Alfonso Tuor

***
L'autorevole parere di Tuor da "Ticinonews.ch., un pò troppo pessimista ma con spunti su cui riflettere.



posto solo quanto scritto ieri con un semplice "a riconferma" non c'è unione di intenti
 

piergj

Forumer attivo
Costo del Lavoro ? Riduttivo quando si parla di Occidente...

Basare la propria analisi unicamente sulla base del costo del lavoro e dell'impossibilità (o meglio l'auspicio è poterlo fare) di svalutare è vecchio quanto sono vecchi gli studi economici affrontati da lorsignori.

premesso che sono per una moneta stabile ( e l'ho ribadito tante volte) la stabilità si guadagna sui mercati contenendo l'inflazione e presentando situazioni finanziarie sostenibili nel lungo periodo.

Il costo del lavoro è un fronte sul quale l'Occidente parte battuto in partenza contro i contenenti dove invece non esistono diritti sindacali minimi, welfare, etc etc....lo sappiamo benissimo. per cui insistere sul costo del lavoro rinunciando ad affrontare il nodo dell' INNOVAZIONE, dell' ISTRUZIONE SUPERIORE, della cultura dei GIOVANI, della valorizzazione del PATRIMONIO ARTISTICO E STORICO, della RICERCA (LEGATO AD INNOVAZIONE ED ISTRUZIONE).
Insomma è per altri campi che passa la sfida europea contro le realtà asiatiche e alcune in embrione presenti in Africa e medio oriente.

Svegliamoci, buttiamo dalla finestra i vecchi economisti

Saluti
 

buro67

Nuovo forumer
Il costo del lavoro è un fronte sul quale l'Occidente parte battuto in partenza contro i contenenti dove invece non esistono diritti sindacali minimi, welfare, etc etc....lo sappiamo benissimo. per cui insistere sul costo del lavoro rinunciando ad affrontare il nodo dell' INNOVAZIONE, dell' ISTRUZIONE SUPERIORE, della cultura dei GIOVANI, della valorizzazione del PATRIMONIO ARTISTICO E STORICO, della RICERCA (LEGATO AD INNOVAZIONE ED ISTRUZIONE).
e nel frattempo le persone dai 45/50 anni ai 65 anni le ammazziamo?
 

tommy271

Forumer storico
Basare la propria analisi unicamente sulla base del costo del lavoro e dell'impossibilità (o meglio l'auspicio è poterlo fare) di svalutare è vecchio quanto sono vecchi gli studi economici affrontati da lorsignori.

premesso che sono per una moneta stabile ( e l'ho ribadito tante volte) la stabilità si guadagna sui mercati contenendo l'inflazione e presentando situazioni finanziarie sostenibili nel lungo periodo.

Il costo del lavoro è un fronte sul quale l'Occidente parte battuto in partenza contro i contenenti dove invece non esistono diritti sindacali minimi, welfare, etc etc....lo sappiamo benissimo. per cui insistere sul costo del lavoro rinunciando ad affrontare il nodo dell' INNOVAZIONE, dell' ISTRUZIONE SUPERIORE, della cultura dei GIOVANI, della valorizzazione del PATRIMONIO ARTISTICO E STORICO, della RICERCA (LEGATO AD INNOVAZIONE ED ISTRUZIONE).
Insomma è per altri campi che passa la sfida europea contro le realtà asiatiche e alcune in embrione presenti in Africa e medio oriente.

Svegliamoci, buttiamo dalla finestra i vecchi economisti

Saluti

La visione è un pò "elveticocentrica", gli stimoli però ci sono ...
 

tommy271

Forumer storico
Infatti, senza contare che, sempre nel frattempo, dalle università asiatiche stanno uscendo giovani meglio formati dei nostri.


Rimanere un pò agli angoli dei processi ci può far anche bene.
Le tensioni si dirigono in altre aree del globo.

Quanto poi alle università asiatiche di cosa parliamo?
Di Tokio, Pechino, New Delhi oppure di Ulan Bathor, Bangkok, Giakarta ...
 

tommy271

Forumer storico
Grecia vuole soluzione europea a vertice, non mendicherà -MinFin

martedì 23 marzo 2010 09:45


ATENE, 23 marzo (Reuters) - La Grecia ha aspettative positive per il vertice europeo del 25-26 marzo dove non si presenterà per mendicare. A dirlo è il ministro delle Finanze George Papaconstantinou.
"La Grecia non si presenterà al vertice Ue come un mendicante. Deve esserci un meccanismo politico che assicuri la stabilità della zona euro e sostenga gli sforzi compiuti da ogni paese", afferma il ministro durante una conferenza stampa.
"Vogliamo una soluzione europea" ribadisce.
Per Papaconstantinou il paese è in grado di continuare a finanziarsi sui mercati fino a quando continuerà ad attuare fedelmente il piano di stabilità varato.
 

tommy271

Forumer storico
Spread Grecia-Germania stringe in area 330 pb dopo ministro

martedì 23 marzo 2010 09:47


LONDRA, 23 marzo (Reuters) - Lo spread fra i decennali di riferimento greco e tedesco si è ristretto fino a un minimo di 330 punti base dai 344 di ieri in chiusura, dopo che il ministro delle Finanze greco George Papacostantinou ha detto oggi di aspettarsi risultati positivi dal summit Ue.
In restringimento anche il differenziale fra Germania e altri periferici come Irlanda e Portogallo.
Volatile lo spread con l'Italia che è oscillato fra un massimo di 88,3 e un minimo di 82,5.
 

piergj

Forumer attivo
Se continuiamo a non guardare al passato....

e nel frattempo le persone dai 45/50 anni ai 65 anni le ammazziamo?


...meglio che la storia non c'è nulla che possa insegnarci che i grandi cambiamenti, o meglio grandi figure storiche lo erano già da poco più ventenni, da Alessandro a Buonaparte. Io ho 45 anni e due figli. per cui ti dico. Con le attuali scuole, con le attuali Istituzioni, con l'attuale spreco finanziario statale, con le attuali organizzazioni sindacali e regole di prepensionamento. Non abbiamo futuro.

Saluti
 
Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.

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