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Economica : Testo articolo
Sole 24 Ore di mercoledì 6 luglio 2011, pagina 1
Cara Lagarde, dimenticati si essere un'europea
di Rajan Raghuram
di Raghuram Rajan Oa che è cessato il polverone sulla nomina del nuoo direttore generale del Fondo monetario internazionale, l'organizzazione può tornare al suo core business, la gestione delle crisi. Christine Lagarde, insediatasi ieri alla guida del Fondo, è una tecnocrate competente e stimata ma avrà il suo daffare a gestire tre sfide importanti. La prima, e probabilmente la più facile, consiste nel ripristinare l'immagine pubblica dell'Fmi. La causa contro Dominique Strauss-Kahn va verso l'archiviazione, ma lo scandalo ha messo il Fondo sotto la lente di ingrandimento della stampa, che lo ha descritto come una burocrazia internazionale priva di controlli, con rimborsi spese illimitati e dominata da uomini privi del senso del limite. Fortunatamente, la verità è più prosaica. Gli alti funzionari dell'Fmi devono rispettare limiti rigorosi per i loro rimborsi spese e in generale sono meno pagati rispetto ai manager con analogo livello di competenza ed esperienza che lavorano nel settore privato. Il Fondo ha bisogno di linee divisorie più nette per distinguerei comportamenti accettabili da quelli inaccettabili, e di sanzioni più severe per le trasgressioni. Ma anche altre organizzazioni si sono trovate alle prese con problemi analoghi. L'Fmi deve fare i cambiamenti necessari e far arrivare all'esterno il messaggio che il caso Dsk è stata un'aberrazione, non la proverbiale punta dell'iceberg. La seconda e forse più impegnativa sfida è l'intricata situazione dell'Europa, dove il Fondo è stato apertamente coinvolto nei giochi politici dell'Eurozona. Di solito l'Fmi valuta se un Paese, dopo aver intrapreso misure di risanamento ragionevoli, è in grado o nodi rifondere il suo debito, ed eroga il prestito quando ritiene che lo sia. Forse influenzato dalle promesse di supporto finanziario dell'Eurozona (e dal desiderio dell'Europa di impedire che il contagio finanziario potesse propagarsi a Paesi come la IL NUOVO FMI Cara Lagarde, dimenticati di essere un'europea Spagna e magari l'Italia), l'Fmi ha valutato la sostenibilità del debito in Paesi come la Grecia in modo più roseo di quanto non abbia fatto nei mercati emergenti. Ma questo non ha "aiutato" questi Stati, perché la disponibilità di credito a buon mercato da parte dei Paesi di Eurolandia o da parte del Fondo serve solo ad accumulare ancora più debito. Un debito, a conti fatti, può essere rimborsato solo se un Paese produce più di quanto spende. E più alto è il debito, meno probabilità ci sono che possa realizzare quella combinazione di risanamento e crescita che gli consentirebbe di generare le eccedenze necessarie. Rimandare la ristrutturazione significa che la ristrutturazione futura sarà ancora più traumatica, e che arriverà dopo molti anni perduti per la crescita. Se i Paesi dell'Eurozona in difficoltà, in particolare la Spagna, ricominceranno a crescere in fretta, un modo per cavarsi d'impaccio forse ci può ancora essere. Ma non avendo insistito per una ristrutturazione anticipata del debito, l'Fmi è in difficoltà. Con gli investitori privati riluttanti a prestare altro denaro, o anche solo a rinnovare il credito già esistente, il grosso del debito greco, quando sarà il momento della ristrutturazione (o dell'eufemismo che si inventeranno per definirla), ricadrà sul settore pubblico. In che modo verranno ripartite le perdite tra le varie istituzioni dell'Eurozona e l'Fmi non lo sa nessuno. Per la prima volta nella sua storia, il Fondo potrebbe essere costretto a tagliare in modo drastico i suoi prestiti, e dovrà preparare a questa eventualità i suoi membri non europei. Prima o poi la strategia dell'Fmi, che dovrebbe focalizzarsi sui cittadini del Paese in difficoltà e sui suoi creditori, dovrà prendere le distanze da quella dell'Eurozona, più disposta a sacrificare gli interessi dei singoli Stati per quelli più generali dell'unione monetaria. La sfida che attende Lagarde sarà quella di tracciare una rotta per il Fondo indipendente dalla strategia dell'Eurozona, nonostante abbia partecipato in prima persona alla formulazione di quest'ultima La terza sfida per la neodirettrice concerne le circostanze della sua elezione. Non è inconcepibile che una serie di Paesi emergenti nei prossimi anni possa ritrovarsi in difficoltà fmanziarie. In quel caso, il Fondo esigerà gli stessi drastici cambiamenti di linea politica che aveva imposto in passato a quelle nazioni che bussavano alla sua porta, o Lagarde, per dimostrare che non riserva un trattamento di favore all'Europa, propenderà per interventi meno onerosi e più espansivi? Un Fondo più dolce e gentile non è nell'interesse di nessuno, men che mai dei Paesi in difficoltà e dei contribuenti di tutto il mondo. C'è ancora un'altra sfida, infine, che sembra pressante ma non lo è. Nella sua campagna perla nomina, Lagarde ha messo l'accento sulla necessità di una maggiore diversità nel top management dell'organizzazione. È chiaro che la cultura prevalente e la storia dell'Fmi favoriscono, per la selezione e la promozione dei funzionari, una certa categoria di persone (per esempio chi ha preso un dottorato in un'università americana). Questo background comune dei suoi dipendenti consente al Fondo di muoversi con prontezza quando si tratta di salvare un Paese, senza perdere tempo in dibattiti interminabili. Sul lungo periodo, una maggiore diversità è necessaria. Ma provare a introdurla troppo in fretta rischia di mettere in pericolo quello che è il maggiore punto di forza dell'Fmi.
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