questo è del 2004 , sono i farmacisti dipendenti non titolari,
da sottolineare come si definiscono : commessi
I dipendenti delle farmacie sono stanchi di avere uno stipendio da commessi e di dover ora pagare un’imposta per gli orfani dei dipendenti della sanità
Tassa anacronistica, farmacisti in rivolta
La minaccia è seria: stanchi di avere uno stipendio da commessi, ma di essere costretti per legge a pagare tasse e balzelli che i veri commessi non pagano, sono pronti ad appendere il camice al chiodo: «Farmacisti? Andiamo a lavorare in salumeria». E promettono lettere a chiunque, dal capo dello Stato all’intero consiglio dei ministri, senza escludere i due rami del Parlamento. Perché è ai deputati e ai senatori che i farmacisti, come del resto tutti gli altri sanitari, devono l’introduzione di un nuovo «balzello»: 204 euro da versare all’Onaosi. Il provvedimento, che inizialmente riguardava i soli sanitari dipendenti pubblici, è stato esteso, grazie a un emendamento introdotto nella Finanziaria 2003, a tutti, compreso chi lavora in strutture private. E tra questi figurano i farmacisti non titolari. Quelli del Nordest, dopo aver ricevuto le cartelle esattoriali, da Mestre lanciano l’ultimatum: «Non possiamo pagare, a questo punto ce ne andiamo, lasciamo la professione». E seguono i dettagliati elenchi di tasse e tributi da pagare quando, per fare un esempio, lo stipendio lordo per un collaboratore è di 1600 euro.
Un passo indietro: cos’è l’Onaosi. L’acronimo sta per Opera nazionale per l’assistenza agli orfani dei sanitari italiani, trattasi di un ente senza scopo di lucro che vanta la bellezza di 120 anni di storia, sede centrale a Perugia. L’istituzione del contributo obbligatorio per i sanitari dipendenti da pubbliche amministrazioni risale a una legge deI 1901. Centouno anni dopo, con la Finanzia ria 2003 (legge 289/2002), il con tributo all’Onaosi diventa obbligatorio per tutti i sanitari, dipendenti pubblici o privati che siano; l’unica differenza sul quantum è fissata non dal reddito, ma dal l’età. Dell’Onaosi obbligatoria per tutti all’inizio pochi se ne accorgono, anche perché il provvedimento viene inserito in Finanziaria con il classico emendamento che a una lettera di un comma di un articolo ne sostituisce un’altra. La protesta scatta, quindi, adesso, giusto perché è in questi giorni che stanno arrivando le cartelle con le richieste di pagamento: 60 euro per il 2003, 144 per il 2004, totale 204 euro. Ma a che servono questi soldi? I farmacisti che aderiscono alle Associazioni farmacisti non titolari del Nordest come pure il Movimento nazionale liberi farmacisti, dicono che non servono assolutamente a niente. Della serie: soldi “buttati”, ancorché de deducibili dal reddito. L’Onaosi, ovviamente, è di parere diverso, sostenendo di assicurare una serie di prestazioni: «contributi in denaro a circa 4000 giovani assistiti, nuovi interventi speciali per soggetti assi disabili, possibilità di partecipare a corsi di formazione aziendale, circa 900 posti studio in varie città, sedi di prestigiose università italiane, strutture per vacanze estive e invernali, borse di studio per specializzazioni post lauream...». I farmacisti non titolari replicano: le forme di beneficenza ognuno dovrebbe sceglierle da sé e, comunque, è alquanto irrituale che siano obbligatorie per legge. Non paghi, i farmacisti si sono messi a spulciare carte, scoprendo nella relazione della Corte dei Conti relativa all’esercizio finanziario 1995-2000 parole tutt’altro che lusinghiere nei confronti del l’Onaosi: al di là del fatto che a un certo punto l’Opera pareva dovesse essere soppressa, la massima magistratura contabile ha sottolineato ad esempio che al l’aumento del patrimonio netto (da 327 miliardi di lire nel 1997 a 523 nel 2000) non corrispondevano adeguati interventi assistenziali.
Tant’è, per i farmacisti quello chiesto continua a restare «un iniquo balzello»: «Per esercitare la professione già dobbiamo pagare la quota di iscrizione all’ordine, senza contare i corsi Ecm, ma i nostri sono sempre stipendi da commessi». In attesa di carte bollate, la minaccia di appendere il camice rischia di diventare seria.