giuseppe.d'orta
Forumer storico
Praticamente tutti i gruppi bancari che vendono piani previdenziali integrative hanno sul proprio sito un software che calcola il gap previdenziale.
Di solito, basta inserire pochi dati (data di nascita, tipo di lavoro, reddito attuale e poco altro) e, magicamente, ci viene detto che in pensione ci mancherà qualcosa come il 20% del proprio reddito (nei casi migliori).
Questi software vengono messi in mano anche ai vari venditori di polizze che si trasformano così, sempre magicamente, in "consulenti previdenziali".
Purtroppo, le cose sono molto più complicate di come questi software ce le vorrebbero presentare.
Solitamente, i software sono "tarati" per spaventare i lavoratori e presentargli un quadro più preoccupante di quello che effettivamente è (non che il problema non esista, ma non esiste nella misura in cui questi software dicono).
Sarebbe necessario informare i lavoratori (ed anche i "consulenti" di cui sopra) su come interpretare il dato sul gap previdenziale.
Gli studiosi dei sistemi pensionistici, normalmente, utilizzano il concetto di "tasso di sostituzione" per indicare il rapporto fra l'ultimo reddito percepito e la pensione attesa (abitualmente viene calcolato al lordo della tassazione). La differenza fra la stima dell'ultimo reddito percepito e quella della pensione viene anche chiamato gap pensionistico o previdenziale.
In primo luogo, non è detto che l'ultima retribuzione percepita sia il miglior parametro di riferimento per calcolare l'importo della pensione necessaria. Secondariamente, è tutt'altro che facile stimare l'andamento futuro dei propri redditi (in particolare per gli autonomi). Per di più, questi software, di solito, stimano anche il reddito passato sulla base del reddito attuale. La storia retributiva del lavoratore (specialmente se lavora da molti anni) indice in maniera drammatica sul gap pensionistico e per di più (diversamente da quella futura) può essere indicata con precisione evitando le inesattezze legate a qualunque stima.
In terzo luogo, spesso questi software calcolano il gap pensionistico al lordo dell'imposizione fiscale. L'effetto fiscale, invece, è importante: il gap previdenziale al netto dell'imposizione fiscale è assai piu' basso (mediamente un gap previdenziale lordo del 30% può ridursi ad un 20% a seguito dell'effetto tassazione) ed è ovvio che ciò che interessa il lavoratore è il dato netto. Nella stima del gap pensionistico, vi sono alcune variabili che incidono pesantemente nel risultato finale. Abbiamo già detto della stima del tasso di crescita del proprio reddito. Se si stima un tasso di crescita abbastanza elevato (ad esempio inflazione + 3%), il gap pensionistico viene più alto rispetto ad un tasso di crescita basso (inflazione + 1%), ma anche la pensione stimata (in valore assoluto) è più alta. Solo che il potenziale cliente ha l'impressione che la situazione sia peggiore.
Ci sono poi alcune variabili molto difficili da stimare come il tasso di crescita dell'economia nei prossimi anni. Questa variabile incide fortemente perché, nel sistema contributivo, il montante è rivalutato annualmente in base alla media del PIL degli ultimi 5 anni. Una differenza nel PIL "stimato" dell'1% può fare una differenza nel gap pensionistico del 15%. Ma quale sarà il PIL "giusto"? E' ovviamente impossibile da dire, è necessario, però, informare il lavoratore sulla aleatorietà di questo dato.
Si tratta, quindi, di maneggiare con cura questi strumenti, avendo le competenze necessarie sia per inserire i dati corretti che per interpretarne i risultati.
E' di tutta evidenza, però, che ciò che interessa le banche e le assicurazioni non è affatto fornire una informazione corretta ai lavoratori, bensì indurlo a sottoscrivere il proprio prodotto. Per questo, troppe informazioni potrebbero "confondere" il potenziale cliente invece di stimolarlo a comprare.
Il messaggio che deve arrivare è: "con la riforma, se non sottoscrivi questo prodotto, in pensione sarai molto più povero di adesso, firma qui, qui e qui".
Per questo, abbiamo ritenuto doveroso fornire un servizio di informazione indipendente e privo di conflitti d'interesse, come nel nostro stile, sul tema della previdenza e della riforma del TFR (chi è interessato può trovare le informazioni a questo indirizzo: http://investire.aduc.it/php/mostra.php?id=164030). Il tempo e lo sforzo organizzativo che ci è richiesto per questo servizio è veramente notevole, ma siamo convinti che il tema della previdenza sia uno dei temi centrali nel campo degli investimenti finanziari per i prossimi anni.
Di solito, basta inserire pochi dati (data di nascita, tipo di lavoro, reddito attuale e poco altro) e, magicamente, ci viene detto che in pensione ci mancherà qualcosa come il 20% del proprio reddito (nei casi migliori).
Questi software vengono messi in mano anche ai vari venditori di polizze che si trasformano così, sempre magicamente, in "consulenti previdenziali".
Purtroppo, le cose sono molto più complicate di come questi software ce le vorrebbero presentare.
Solitamente, i software sono "tarati" per spaventare i lavoratori e presentargli un quadro più preoccupante di quello che effettivamente è (non che il problema non esista, ma non esiste nella misura in cui questi software dicono).
Sarebbe necessario informare i lavoratori (ed anche i "consulenti" di cui sopra) su come interpretare il dato sul gap previdenziale.
Gli studiosi dei sistemi pensionistici, normalmente, utilizzano il concetto di "tasso di sostituzione" per indicare il rapporto fra l'ultimo reddito percepito e la pensione attesa (abitualmente viene calcolato al lordo della tassazione). La differenza fra la stima dell'ultimo reddito percepito e quella della pensione viene anche chiamato gap pensionistico o previdenziale.
In primo luogo, non è detto che l'ultima retribuzione percepita sia il miglior parametro di riferimento per calcolare l'importo della pensione necessaria. Secondariamente, è tutt'altro che facile stimare l'andamento futuro dei propri redditi (in particolare per gli autonomi). Per di più, questi software, di solito, stimano anche il reddito passato sulla base del reddito attuale. La storia retributiva del lavoratore (specialmente se lavora da molti anni) indice in maniera drammatica sul gap pensionistico e per di più (diversamente da quella futura) può essere indicata con precisione evitando le inesattezze legate a qualunque stima.
In terzo luogo, spesso questi software calcolano il gap pensionistico al lordo dell'imposizione fiscale. L'effetto fiscale, invece, è importante: il gap previdenziale al netto dell'imposizione fiscale è assai piu' basso (mediamente un gap previdenziale lordo del 30% può ridursi ad un 20% a seguito dell'effetto tassazione) ed è ovvio che ciò che interessa il lavoratore è il dato netto. Nella stima del gap pensionistico, vi sono alcune variabili che incidono pesantemente nel risultato finale. Abbiamo già detto della stima del tasso di crescita del proprio reddito. Se si stima un tasso di crescita abbastanza elevato (ad esempio inflazione + 3%), il gap pensionistico viene più alto rispetto ad un tasso di crescita basso (inflazione + 1%), ma anche la pensione stimata (in valore assoluto) è più alta. Solo che il potenziale cliente ha l'impressione che la situazione sia peggiore.
Ci sono poi alcune variabili molto difficili da stimare come il tasso di crescita dell'economia nei prossimi anni. Questa variabile incide fortemente perché, nel sistema contributivo, il montante è rivalutato annualmente in base alla media del PIL degli ultimi 5 anni. Una differenza nel PIL "stimato" dell'1% può fare una differenza nel gap pensionistico del 15%. Ma quale sarà il PIL "giusto"? E' ovviamente impossibile da dire, è necessario, però, informare il lavoratore sulla aleatorietà di questo dato.
Si tratta, quindi, di maneggiare con cura questi strumenti, avendo le competenze necessarie sia per inserire i dati corretti che per interpretarne i risultati.
E' di tutta evidenza, però, che ciò che interessa le banche e le assicurazioni non è affatto fornire una informazione corretta ai lavoratori, bensì indurlo a sottoscrivere il proprio prodotto. Per questo, troppe informazioni potrebbero "confondere" il potenziale cliente invece di stimolarlo a comprare.
Il messaggio che deve arrivare è: "con la riforma, se non sottoscrivi questo prodotto, in pensione sarai molto più povero di adesso, firma qui, qui e qui".
Per questo, abbiamo ritenuto doveroso fornire un servizio di informazione indipendente e privo di conflitti d'interesse, come nel nostro stile, sul tema della previdenza e della riforma del TFR (chi è interessato può trovare le informazioni a questo indirizzo: http://investire.aduc.it/php/mostra.php?id=164030). Il tempo e lo sforzo organizzativo che ci è richiesto per questo servizio è veramente notevole, ma siamo convinti che il tema della previdenza sia uno dei temi centrali nel campo degli investimenti finanziari per i prossimi anni.
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