Idee e grafici. - Cap. 2

ok ricaricato
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spero risalga ancora di 100 punti e dimezzo
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Dicono tanto ci va la gatta al lardo che ci lascia lo Zampino
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questa volta non sonno molto convinto
lo sentivo Stop attivato sul ultimo ingresso
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vediamo se risale :help:
 
Russia

Lo zar Putin alla conquista dell'Europa

Dopo la Saras di Moratti e la Erg di Garrone, ora pure la Pirelli. Vladimir Putin dopo essersi ripreso la Crimea continua con lo shopping nel Continente. Italia compresa. E le sanzioni varate dall’Occidente non colpiscono gli oligarchi: gli interessi in gioco sono troppi

di Maurizio Maggi e Luca Piana



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Lo chiamano Darth Vader, come il cattivone di “Guerre Stellari”, perché rappresenta la forza che Vladimir Putin ha scatenato per inginocchiare il mondo ai suoi piedi. Chi frequentava Mosca prima che fosse abbattuto il muro di Berlino, racconta però che Igor Sechin, all’epoca al servizio del Kgb in Africa, avesse un grado direttivo più importante di quello del presidente russo, impegnato in Germania Est.
Solo la discesa in politica dello zar del Cremlino, all’inizio degli anni Novanta, ha ribaltato le gerarchie. Putin comanda con pugno di ferro su Russia e dintorni, a cominciare dalla Crimea, Sechin, numero uno del colosso petrolifero statale Rosneft, si spinge ai quattro angoli del pianeta e compra quel che può. Soltanto nelle ultime settimane sono caduti nella sua rete la divisione brokeraggio prodotti petroliferi della banca d’affari Morgan Stanley, un’area di esplorazione per la ricerca di idrocarburi nella foresta amazzonica, nel bacino del fiume Solimões, l’aeroporto della capitale kirghiza Bishkek e, per finire, un pezzo da novanta dell’industria italiana: la Pirelli.

Lunedì 17 marzo Sechin ha annunciato di aver sborsato 500 milioni di euro per diventare il maggior azionista dell’azienda degli pneumatici, superando Marco Tronchetti Provera. Ormai l’elenco di società italiane di un certo peso finite in mani russe comincia a farsi serio, anche se il grande pubblico lega l’espansionismo degli oligarchi allo shopping delle megaville sui laghi, in Costa Smeralda o in Versilia. E a pregare perché si faccia sotto un russo granoso sono spesso i tifosi di calcio. Che per la loro squadra sognano i miliardi di Roman Abramovich, che ha fatto grande il Chelsea di Londra (e che, peraltro, ha acquistato Villa Bober a Desenzano e una seconda casa da 18 milioni a Sabaudia), o di Dmitry Rybolovlev, che ha rilevato il Monaco nella serie B francese e l’estate scorsa ha speso 60 milioni di euro solo per il fuoriclasse colombiano Radamel Falcao.

Dalle nostre parti, gli oligarchi non hanno ancora comprato nulla di così mediaticamente glamour, ma il loro pressing si fa incalzante. «Sono investitori industriali affidabili, interessati alla tecnologia e alla manodopera qualificata, due asset di cui l’Italia abbonda», sostiene lo storico dell’economia Giulio Sapelli. «Il loro è un interesse strategico. E credo siano potenziali acquirenti interessanti e interessati. Quindi, piuttosto che “Mamma li russi”, direi “Viva li russi”», chiosa con una battuta il docente della Statale di Milano.

Fatto sta che ormai permeano il sistema industriale e delle relazioni economiche di tutta Europa. Hanno colonizzato Londra e le loro società figurano fra quelle che pesano maggiormente sulle Borse internazionali, Wall Street compresa. Così che, quando il governo americano e l’Unione europea hanno compilato i rispettivi elenchi degli uomini di Putin a cui verrà impedito di volare all’estero, si sono ben guardati da infilarci gli oligarchi che maneggiano le leve del potere economico del Cremlino. Nella lista nera della Casa Bianca, la più dura, figurano politici come la presidente della Camera alta del Parlamento, Valentina Matviyenco, o il vice-premier Dimitri Rogozin. Ma nessuno dei manager e imprenditori che, in questi anni, hanno comprato a peso d’oro aziende occidentali.

Sechin, 53 anni, è uno dei più attivi. Un anno fa aveva sborsato 274 milioni per entrare nella Saras dei Moratti, rilevando il 21 per cento dell’azienda che gestisce la raffineria di Sarroch, in Sardegna, l’impianto a cui la famiglia milanese deve la sua fortuna. Una fetta di 178 milioni è andata ai fratelli Angelo e Massimo, il resto ai soci di minoranza. Curiosa coincidenza: in Borsa, dove Saras non ha mai fatto faville, in febbraio il titolo s’è messo a volare, guadagnando il 42 per cento in un mese. Il picco è stato raggiunto proprio nei giorni in cui Putin ha schierato le truppe ai confini con l’Ucraina.

Come affari e politica si intreccino lo conferma anche il caso di Mikhail Fridman, miliardario nato in Ucraina ma di nazionalità russa, uno dei fedelissimi di Putin, nonostante abbia accumulato le prime ricchezze ai tempi di Boris Eltsin. Domenica 16 marzo, proprio mentre la Crimea votava per mollare Kiev, con un assegno di 5,1 miliardi di euro si è impossessato delle attività petrolifere della RWE, secondo operatore del gas in Germania. Un blitz che ha ricordato ai tedeschi come anche la loro economia, votata all’export più spinto e intrecciata con tutta l’Europa orientale, veda nella Russia una risorsa. A dispetto delle beghe che ne possono nascere, come ricorda l’avventura italiana dello stesso Fridman e del suo Alfa Group, proprietario del colosso telefonico VimpelCom, quotato al Nasdaq. Questa la storia: nel 2011, per cattturare la compagnia italiana Wind, Fridman offre 6,5 miliardi di dollari all’allora proprietario, l’egiziano Naguib Sawiris, felicissimo di accettare. I soci internazionali di Vimpelcom, a cominciare dalla norvegese Telenor, insorgono, ritenendo l’offerta sballata, e riescono a coagulare contro l’operazione la maggioranza degli azionisti.

Una barricata insufficiente: Alfa Group si era garantita un pacchetto di titoli dotati di maggiori diritti di voto, e grazie a quelli vince la partita. Risultato: negli ultimi tre anni, dove il Nasdaq non ha mai smesso di galoppare, l’azione VimpelCom ha perso un terzo del proprio valore.

Se c’è una materia che scalda il cuore dell’orso russo, è però l’energia. E in particolare il gas che, via Ucraina, alimenta centrali elettriche, caloriferi e fornelli delle case italiane. Nel 2012, ultimo dato disponibile, l’Italia appariva più che mai un Paese che, per vivere, non può staccarsi dal tubo che sbuca a Tarvisio, in Friuli: il 35 per cento del gas importato arriva da lì, e il mercato interno dipende per il 90 per cento dalle forniture dall’estero. L’Italia, insomma, non può fare a meno si staccarsi dalla canna del gas moscovita.

Molti analisti, tuttavia, sostengono che la situazione non sia così sbilanciata. Per vari motivi. Primo punto: Mosca ha bisogno del gettito fiscale e dei dividendi che garantisce il colosso Gazprom, il monopolista di Stato guidato da Alexey Miller, un altro dei tentacoli di Putin. Secondo: i quattro quinti delle esportazioni della Russia dipendono dagli idrocarburi. Terzo: nel 2013, complici la crisi e i pochi giorni di freddo intenso, i consumi di metano in Italia sono diminuiti ancora, tornando ai livelli del 2002. E, come rivela il bilancio dell’Eni relativo al primo semestre del 2013, la compagnia guidata da Paolo Scaroni ha aumentato gli approvvigionamenti esteri solo dalla Russia (+69,1 per cento), mentre ha ridotto quelli libici (-3,4 per cento), norvegesi (-8,5 per cento) e algerini (-43,5 per cento). Fare a meno, almeno temporaneamente, delle forniture russe non sarebbe dunque impossibile.

I problemi, ovviamente, sono di prospettiva. E riguardano anche gli interessi che i boss del gas hanno intrecciato con le aziende italiane. In Russia, l’Enel ha quattro centrali termoelettriche che si riforniscono dall’onnipresente Gazprom e sta installando una rete di contatori nella provincia di Belgrod, proprio ai confini con l’Ucraina. Mentre l’Eni, oltre a una serie di accordi con Rosneft nel campo delle esplorazioni nel mare di Barents e nel Mar Nero (per i quali «l’Eni finanzierà interamente i costi dell’esplorazione geologica e rimborserà i costi storici», come precisa il colosso moscovita), è impegnata nel mega-progetto di un gasdotto sotto il Mar Nero, che dovrebbe collegare la Russia all’Europa senza passare per l’Ucraina. Se la tensione scatenata dall’annessione della Crimea sale, possono esserci ricadute. L’operazione miliardaria deve essere interamente finanziata dalle banche, che potrebbero non volersi esporre se alle prime sanzioni rifilate all’entourage putiniano ne seguissero di più incisive. Scaroni, per inciso, è stato uno dei manager più accorati nel sottolineare i rischi che l’Europa corre in caso di escalation.

Finora, quando gli oligarchi sono sbarcati in Italia col portafoglio gonfio, il venditore non ha potuto lamentarsi. Il caso di Genova è da manuale. La Erg dei Garrone, proprietari della Sampdoria, dalla Lukoil di Mosca, guidata da Vagit Alekperov (nato a Baku, in Azerbaijan), tra il 2008 e il 2013 ha incassato 2,6 miliardi di euro per la raffineria Isab di Priolo, in provincia di Siracusa. Una vendita a rate, che ha portato la Lukoil al 100 per cento nel dicembre scorso. E non è finita, visto che anche Isab Energy e Isab Energy Services, che si occupano dell’energia prodotta con i residui della raffinazione, passerano entro giugno ai russi, pronti a sganciare altri 20 milioni. Vittorio Malacalza e i suoi figli Davide e Mattia, tifosi del Genoa e spesso indicati come potenziali acquirenti del club, hanno invece portato a casa oltre un miliardo vendendo un’acciaieria friulana a Rinat Achmetov, ucraino dal cuore russo, che a Londra possiede una delle più costose case di tutta la Gran Bretagna, una palazzina a tre piani da 136 milioni di sterline su Hyde Park. Era suo l’aereo con cui il premier ucraino Viktor Yanukovich, che stava per essere deposto, è scappato a Mosca quando a Kiev la rivolta stava vincendo.

Ci tengono, gli oligarchi dell’ex Urss, ad avere un aereo. Infinitamente ricchi, protetti dalla rete di alleanze che hanno costruito all’estero, sembrano in una botte di ferro. Ma se le cose andassero male, dicono a Mosca, a Vnukovo 2, l’aeroporto privato della capitale, c’è sempre un jet pronto a decollare. Facendo attenzione a non finire come Dmitry Firtash, l’ucraino filo-russo - in stretti rapporti con Gazprom - che poche settimane fa aveva comprato una controllata di Banca Intesa a Kiev. E che, a inizio marzo, è stato arrestato a Vienna, su mandato dell’americana Fbi.
 
Porca miseria
Sti yankee di merd......pensavo di far in tempo per un longhetto
ma più tardi :wall::wall:
Mentre ora vedo che si son rimangiato tutto:(

Pacco con contropaccotto ?????
oppure è un pull ???

:mmmm::mmmm:
 
:eek::eek::eek:

News

25/03/2014 09:05
Come volevasi dimostrare: nel 2015 la Grecia supererà l'Italia
Rossana Prezioso
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Nel World Economic Outlook il Fondo Monetario Internazionale ha dato un primo giudizio sulle previsioni di crescita a livello mondiale. Risultato? Una crescita presente, ma in misura minima e dalla forza altrettanto flebile, esposta alle intemperie delle tempeste esterne, davanti alle quali non avrà nessuna specifica difesa. Infatti i mali peggiori resteranno, con una fiducia intaccata da bassi investimenti interni, alta disoccupazione e scarsissima domanda con consumi sempre troppo piccoli per poter sostenere la ripresa. In effetti però, a dispetto di un euro troppo forte, le esportazioni hanno permesso una visione più ottimista proprio sul lato più potenzialmente fragile, ma il debito, anzi i debiti troppo elevati non permettono di prospettare sul lungo periodo una strategia completa. Strategia che manca proprio delle basi visto che le riforme incomplete (se non addirittura assenti) di molti stati, continuano a creare incertezze. Le politiche economiche accomodanti della Bce e le conseguenze, di riflesso, di quelle di altre banche centrali, potranno portare i loro benefici fino a un certo punto e solo in alcuni ambiti. Allargando la prospettiva a una visione più ampia che comprenda tutta l'Europa, il 2014 vedrà un Pil a +1,1%, che diventerà +1,4% nel 2015. Ma il dato che a noi riguarda più da vicino è un altro, ben più pesante: un arrocco è in vista tra Roma e Atene. Che fosse solo questione di tempo lo si sapeva già, quella che adesso è arrivata dal Fondo Monetario Internazionale è solo la conferma ufficiale. Per giunta nemmeno una novità. Dal 2015 la Grecia supererà l'Italia. E non di poco. Infatti Atene salterà l'ostacolo crescita a piè pari con un 3% nei prossimi 12 mesi mentre noi, invece, se sul 2014 potremo fare affidamento solo per un misero 0,6% nel prossimo anno vedremo, nel migliore dei casi, un Pil all'1,1%. NOn solo, ma tra i tanti talloni d'Achille dell'economia italiana, si vede un problema anche più grave: la disoccupazione che dal 12,4% del 2014 arriverà all'11,9% nel 2015. Un calo, senza dubbio, ma proporzionalmente inadeguato, in una situazione in cui la crescita resterà ancora al palo. Unica consolazione? Non saremo soli: Francia, Irlanda e Spagna sono richiamati a far crescere il proprio Pil di oltre il 2%. Impresa disperata oppure reale possibilità per chi le riforme le ha fatte? Non si tratta, però, solo di una questione di debito, ma anche di credito: farlo ripartire è basilare per il ripristino della crescita. E qui il nodo bancario rischia di essere un nodo gordiano pericolosissimo, un'incognita che non può essere ignorata. Fonte: News Trend Online
 
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25/03/2014 09:08
ING pronta ripagare altri 1,225 miliardi di euro allo Stato olandese
Financial Trend Analysis
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ING ha annunciato allo Stato olandese l'intenzione di versare 1,225 miliardi di euro il prossimo 31 marzo 2014. Si tratta di un pagamento di circa 100 milioni di euro superiore a quanto stabilito inizialmente nel piano di ristrutturazione corretto della Comunità Europa (novembre 2012). Il versamento include 817 milioni di risarcimento di titoli core tier 1 e 408 milioni di euro in premi e interessi. (GD) Autore: Financial Trend Analysis Fonte: News Trend Online
 
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25/03/2014 09:07
Kingfisher distribuirà 200 milioni di sterline agli azionisti
Financial Trend Analysis
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La catena di negozi di bricolage Kingfisher ha annunciato l'intenzione di distribuire 200 milioni di sterline ai propri azionisti. La società proprietaria delle insegne B&Q, Screwfix, Castorama e Brico Dépôt, ha chiuso l'esercizio 2013/2014 con un utile ante imposte di 744 milioni di sterline, in crescita del 4,1% rispetto ad un anno prima e in linea con le attese degli analisti. (RV) Autore: Financial Trend Analysis Fonte: News Trend Online
 
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25/03/2014 08:57
Segnali grafici negativi per Mediaset
Financial Trend Analysis
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Mediaset ha violato nella prima seduta dell'ottava scendendo al di sotto dei 2,90 euro la base del canale moderatamente calante disegnato dal top di febbraio. La discesa al di sotto di questo supporto costringe a cancellare l'ipotesi che il canale fosse solo una pausa correttiva della precedente ascesa, quella che gli analisti grafici chiamano un "banner" ed ad avanzare invece quella che la discesa avviatasi a febbraio sia destinata a durare. Sotto 3,70, media mobile a 100 giorni e primo supporto in caso di probabile proseguimento del ribasso, il target si sposterebbe a 3,30, linea che sale dai minimi di aprile 2013. Solo la violazione anche di questo sostegno costringerebbe a parlare di una vera e propria inversione di tendenza. Recuperi fino in area 3,90 non cancellerebbero i rischi di nuovi cali ma fornirebbero una opportunita' per alleggerire eventuali posizioni al rialzo in attesa di nuovi segnali di ripresa. Sopra 4,05 atteso un nuovo test di 4,30 e del picco di febbraio a 4,38. (AM) Autore: Financial Trend Analysis Fonte: News Trend Online



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