dondiego49
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News
28/03/2014 12:24
Credit Suisse: Italia? Fidarsi è bene, ma non troppo
Rossana Prezioso
Ottimismo, ma con cautela, questo in sintesi il giudizio di Credit Suisse sull'Italia. Tanti i punti di luce e la base sempre più ampia del miglioramento, ma altrettanto pericolosi i passivi, passivi che hanno inciso talmente tanto nel passato e che sono peggiorati talmente tanto nel presente, da rendere difficile da parte dell'intero sistema Italia una disintossicazione completa. E soprattuto a breve termine. Tra queste voci, appunto, il debito, retaggio di anni passati, le cui dinamiche, secondo il report degli analisti svizzeri, si stanno muovendo nella giusta direzione. Quindi anche la disoccupazione, risultati degli anni recenti, che resta ancora preoccupantemente alta, così come preoccupantemente alta resta la desertificazione industriale e la perdita di competitività. In altre parole: una serie di fattori positivi e negativi che difficilmente riusciranno a impostare una fiducia negli investitori, perchè appunto il gioco degli equilibri, avendo a che fare con elementi così forti (e soprattutto difficilmente cancellabili o migliorabili nel breve) sarà esposto alle oscillazioni del ciclo economico globale. Tutto dipenderà ancora dalla crescita, quella crescita che deve arrivare il prima possibile per permettere allo status quo di avere benzina da bruciare sfruttando fattori come i tassi di interesse ormai a livelli storicamente bassi e un ampio avanzo primario strutturale. Ciò che spaventa è il fatto che il debito pubblico, nonostante una forte politica di austerity abbia toccato un nuovo massimo storico al 133% unita a una crescita estremamente bassa del prodotto interno lordo. Una crescita che è stata costantemente inferiore rispetto al resto dei paesi del Vecchio Continente. Un elemento anche questo radicato negli anni, negli ultimi venti precedenti la crisi, per l'esattezza Due scogli difficili da sormontare e davanti ai quali bisogna stabilire una priorità: l'urgenza maggiore, per Credit Suisse, sta alla crescita, perchè è attraverso quella che si potrebbe pensare a ribaltare, in una serie di effetti traino, il resto dell'economia. MA per quale motivo l'Italia ha "fallito" ormai da oltre un quarto di secolo? La colpa, dunque, non è nell'euro? Evidentemente no. Mancanza di riforme strutturali, perdita non solo di competitività in generale, ma anche per quanto riguarda le innovazioni tecnologiche, mai fatte con incisività, cosa che ha portato l'Italia ad arrancare. Altra zavorra il costo unitario del lavoro, appesantito anche da una serie di favoritismi e protezionismi vari. Ma attenzione: non si tratta di una situazione condannabile a priori: l'Italia potrebbe senza dubbio essere più competitiva e crescere più velocemente se venissero attuate riforme specifiche (e lo sarebbe stata tutt'oggi se quelle riforme fossero state fatte già vent'anni fa). Da aggiungere una scarsa capacità del paese di attrarre in termini di strumenti finanziari , pressione fiscale e soprattutto sistema giudiziario, nonché una serie di fattori chiave già da tempo individuati dal Fondo Monetario Internazionale, Commissione Europea e OCSE (e puntualmente ignorati). Un paradosso, però, si è creato: pur avendo l'Italia preso atto della situazione e soprattutto pur essendo conscia di quanto necessario fare, a bloccarla è la mancanza di una effettiva volontà o di una concreta capacità politica. Un punto non indifferente se si pensa che rafforzare il prodotto potenziale attraverso le riforme è fondamentale, un potenziale di crescita reale che da meno dell'1% potrebbe arrivare a un 1,5%, dati non eccelsi, e che comunque non assicurerebbero una ripresa sostanziale. sempre secondo le proiezioni di Credit Suisse, infatti, un lavoro di riforme strutturali potrebbe portare, se ben organizzato, all'abbattimento del debito Pil al 100% nei prossimi 10 anni, dall'attuale 133%. Il punto di partenza? La politica che, nella view degli analisti, potrebbe trovare in Renzi, se non l'esponente di una politica nuova, almeno quello di una presa di coscienza sull'urgenza delle riforme. Fonte: News Trend Online
28/03/2014 12:24
Credit Suisse: Italia? Fidarsi è bene, ma non troppo
Rossana Prezioso
Ottimismo, ma con cautela, questo in sintesi il giudizio di Credit Suisse sull'Italia. Tanti i punti di luce e la base sempre più ampia del miglioramento, ma altrettanto pericolosi i passivi, passivi che hanno inciso talmente tanto nel passato e che sono peggiorati talmente tanto nel presente, da rendere difficile da parte dell'intero sistema Italia una disintossicazione completa. E soprattuto a breve termine. Tra queste voci, appunto, il debito, retaggio di anni passati, le cui dinamiche, secondo il report degli analisti svizzeri, si stanno muovendo nella giusta direzione. Quindi anche la disoccupazione, risultati degli anni recenti, che resta ancora preoccupantemente alta, così come preoccupantemente alta resta la desertificazione industriale e la perdita di competitività. In altre parole: una serie di fattori positivi e negativi che difficilmente riusciranno a impostare una fiducia negli investitori, perchè appunto il gioco degli equilibri, avendo a che fare con elementi così forti (e soprattutto difficilmente cancellabili o migliorabili nel breve) sarà esposto alle oscillazioni del ciclo economico globale. Tutto dipenderà ancora dalla crescita, quella crescita che deve arrivare il prima possibile per permettere allo status quo di avere benzina da bruciare sfruttando fattori come i tassi di interesse ormai a livelli storicamente bassi e un ampio avanzo primario strutturale. Ciò che spaventa è il fatto che il debito pubblico, nonostante una forte politica di austerity abbia toccato un nuovo massimo storico al 133% unita a una crescita estremamente bassa del prodotto interno lordo. Una crescita che è stata costantemente inferiore rispetto al resto dei paesi del Vecchio Continente. Un elemento anche questo radicato negli anni, negli ultimi venti precedenti la crisi, per l'esattezza Due scogli difficili da sormontare e davanti ai quali bisogna stabilire una priorità: l'urgenza maggiore, per Credit Suisse, sta alla crescita, perchè è attraverso quella che si potrebbe pensare a ribaltare, in una serie di effetti traino, il resto dell'economia. MA per quale motivo l'Italia ha "fallito" ormai da oltre un quarto di secolo? La colpa, dunque, non è nell'euro? Evidentemente no. Mancanza di riforme strutturali, perdita non solo di competitività in generale, ma anche per quanto riguarda le innovazioni tecnologiche, mai fatte con incisività, cosa che ha portato l'Italia ad arrancare. Altra zavorra il costo unitario del lavoro, appesantito anche da una serie di favoritismi e protezionismi vari. Ma attenzione: non si tratta di una situazione condannabile a priori: l'Italia potrebbe senza dubbio essere più competitiva e crescere più velocemente se venissero attuate riforme specifiche (e lo sarebbe stata tutt'oggi se quelle riforme fossero state fatte già vent'anni fa). Da aggiungere una scarsa capacità del paese di attrarre in termini di strumenti finanziari , pressione fiscale e soprattutto sistema giudiziario, nonché una serie di fattori chiave già da tempo individuati dal Fondo Monetario Internazionale, Commissione Europea e OCSE (e puntualmente ignorati). Un paradosso, però, si è creato: pur avendo l'Italia preso atto della situazione e soprattutto pur essendo conscia di quanto necessario fare, a bloccarla è la mancanza di una effettiva volontà o di una concreta capacità politica. Un punto non indifferente se si pensa che rafforzare il prodotto potenziale attraverso le riforme è fondamentale, un potenziale di crescita reale che da meno dell'1% potrebbe arrivare a un 1,5%, dati non eccelsi, e che comunque non assicurerebbero una ripresa sostanziale. sempre secondo le proiezioni di Credit Suisse, infatti, un lavoro di riforme strutturali potrebbe portare, se ben organizzato, all'abbattimento del debito Pil al 100% nei prossimi 10 anni, dall'attuale 133%. Il punto di partenza? La politica che, nella view degli analisti, potrebbe trovare in Renzi, se non l'esponente di una politica nuova, almeno quello di una presa di coscienza sull'urgenza delle riforme. Fonte: News Trend Online